Ricorso in cassazione notificato depositato in cancelleria entro il termine perentorio di venti giorni

Corte di Cassazione, sezione prima civile, Ordinanza 2 aprile 2019, n. 9097.

La massima estrapolata:

Nel giudizio di legittimità, l’art. 371 bis c.p.c., là dove impone, a pena di improcedibilità, che il ricorso notificato sia depositato in cancelleria entro il termine perentorio di venti giorni dalla scadenza del termine assegnato, riguarda non solo l’ipotesi in cui la Corte di cassazione abbia disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti di un litisconsorte necessario cui il ricorso non sia stato in precedenza notificato, ma va riferito, con interpretazione estensiva, anche all’ipotesi in cui la Corte abbia disposto, ai sensi dell’art. 291 c.p.c., il rinnovo della notificazione del ricorso. Peraltro, non ricorrendo l’ipotesi del deposito tardivo dell’atto d’integrazione del contraddittorio, ma quella più radicale dell’inottemperanza all’ordine impartito dalla S.C., la pronuncia deve essere di inammissibilità e non già di improcedibilità del ricorso.

Ordinanza 2 aprile 2019, n. 9097

Data udienza 26 settembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12719/2014 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto presso il suo studio in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L. e (OMISSIS) S.R.L.;
– intimati –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 6071/13 depositata il 13 novembre 2013.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 26 settembre 2018 dal Consigliere Dott. Guido Mercolino.

RITENUTO

che con sentenza del 9 gennaio 2006 la Corte d’appello di Roma rigetto’ il gravame interposto da (OMISSIS) avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Roma il 28 giugno 2001, con cui era stata dichiarata inammissibile l’istanza d’insinuazione tardiva al passivo proposta dall’appellante nei confronti del fallimento (OMISSIS) S.r.l., ed avente ad oggetto l’ammissione al passivo di un credito di Lire 8.716.000, a titolo di trattamento di fine rapporto;
che il ricorso per cassazione proposto dalla (OMISSIS) fu accolto da questa Corte con sentenza del 26 maggio 2010, n. 12855/10, con cui fu enunciato il seguente principio di diritto:
“L’estinzione del procedimento di insinuazione tardiva del credito, per effetto della mancata o non tempestiva costituzione del creditore, non preclude, di per se’, la possibilita’ di far valere successivamente, anche nell’ambito della stessa procedura concorsuale, mediante riproposizione dell’istanza di insinuazione, il diritto sostanziale dedotto, in applicazione della regola, stabilita dall’articolo 310 c.p.c., comma 1, secondo cui, in via di principio, l’estinzione del processo non incide sui diritti sostanziali fatti valere in giudizio e sul diritto di riproporli in altro giudizio, rispondendo tale soluzione al principio di autonomia dell’azione rispetto al processo, applicabile anche alla fase, speciale e sommaria ma di natura giurisdizionale, destinata a concludersi con decreto”;
che il giudizio fu quindi riassunto dinanzi alla Corte d’appello di Roma, che con sentenza del 13 novembre 2013 ha dichiarato improcedibile la domanda;
che avverso la predetta sentenza la (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo;
che gl’intimati non hanno svolto attivita’ difensiva.

CONSIDERATO

che con ordinanza del 23 marzo 2017 e’ stata disposta la rinnovazione della notificazione del ricorso nei confronti (OMISSIS), essendo risultato che la stessa era tornata in bonis nel corso del giudizio di rinvio, ed essendo stata pertanto ritenuta invalida la notifica effettuata dalla ricorrente nei confronti del curatore del fallimento, rimasto contumace a seguito dell’interruzione e della riassunzione del predetto giudizio, nel domicilio eletto presso il procuratore precedentemente costituito, il quale aveva rifiutato di ricevere copia dell’atto, confermando che nelle more del giudizio di rinvio era stata disposta la chiusura nel fallimento;
che l’ordinanza e’ stata ritualmente comunicata al difensore della ricorrente, il quale non ha fornito la prova dell’avvenuta rinotificazione del ricorso nel termine di novanta giorni all’uopo fissato, avendo omesso di provvedere, nel termine di venti giorni dalla scadenza del termine assegnatogli, al deposito in Cancelleria dell’atto rinotificato alla societa’ in bonis;
che trova pertanto applicazione l’articolo 371-bis c.p.c., riferibile non solo all’ipotesi in cui sia stata ordinata l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’articolo 331 c.p.c., ma anche, in via estensiva, all’ipotesi in cui, come nella specie, sia stata disposta, ai sensi dell’articolo 291 c.p.c., la rinnovazione della notificazione nei confronti di una parte intimata fin dall’origine, ma attraverso una notifica affetta da invalidita’ (cfr. Cass., Sez. lav., 21/11/2013, n. 26141; Cass., Sez. V, 25/07/2012, n. 13094);
che peraltro, non ricorrendo l’ipotesi del deposito tardivo dell’atto d’integrazione del contraddittorio, ma quella piu’ radicale dell’inottemperanza all’ordine impartito da questa Corte la pronuncia deve essere d’inammissibilita’ e non gia’ d’improcedibilita’ del ricorso (cfr. Cass., Sez. I, 25/01/2017, n. 1930);
che la mancata costituzione degl’intimati esclude la necessita’ di provvedere al regolamento delle spese processuali.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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