Sono imputabili per indebita compensazione di crediti inesistenti sia il legale rappresentante dell’impresa sia il commercialista

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 9 aprile 2019, n. 15506.

La massima estrapolata:

Sono imputabili per indebita compensazione di crediti inesistenti sia il legale rappresentante dell’impresa sia il commercialista che con lui partecipa indicando nel Modello F24 crediti inesistenti. Relativamente al reato di cui all’articolo 10-quater del Decreto Legislativo n 74 del 2000, infatti, il consulente fiscale è responsabile, a titolo di concorso, per la violazione commessa dal cliente, quando in modo abituale e ripetitivo costui sia stato ispiratore consapevole e cosciente della frode ancorché ne abbia beneficiato solo il cliente.

Sentenza 9 aprile 2019, n. 15506

Data udienza 15 febbraio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CERVADORO Mirella – Presidente

Dott. DI NICOLA Vito – Consigliere

Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere

Dott. LIBERATI Giovanni – Consigliere

Dott. CORBO Antonio – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
2. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
3. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza in data 19/01/2017 della Corte d’appello di Brescia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonio Corbo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale Pratola Pierluigi, che ha concluso per l’inammissibilita’ dei ricorsi;
udito, per i ricorrenti, l’avvocato (OMISSIS), che ha chiesto l’accoglimento dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 19 gennaio 2017, la Corte di appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza pronunciata dal Tribunale di Bergamo, per quanto di interesse in questa sede, ha confermato la dichiarazione di penale responsabilita’ di (OMISSIS), di (OMISSIS) e di (OMISSIS) per i reati di indebita compensazione di crediti inesistenti e di omesso versamento dell’IVA, con riferimento a tutte le condotte commesse a far data dall’8 luglio 2009, ha dichiarato, nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), l’estinzione per prescrizione dei reati di indebita compensazione di crediti inesistenti commessi fino alla data del 7 luglio 2009, ed ha rideterminato le pene nella misura ritenuta di giustizia.
Secondo quanto ricostruito dai giudici di merito, sono stati accertati plurimi fatti di reato. In particolare, (OMISSIS) e (OMISSIS) sono stati ritenuti responsabili, il secondo quale legale rappresentante della (OMISSIS), ed il primo quale concorrente, nell’esercizio dell’attivita’ professionale di commercialista incaricato della compilazione dei modelli F24, di aver omesso il versamento delle somme dovute a titolo di tributi di 54.032,90 Euro per l’anno d’imposta 2010, e di 72.534,78 Euro per l’anno d’imposta 2011, esponendo in compensazione nei modelli F24 crediti inesistenti (capo 12). (OMISSIS), poi, quale amministratore di fatto della ” (OMISSIS) s.r.l.”, e’ stato giudicato colpevole di aver omesso il versamento dell’I.V.A. dovuta per l’anno d’imposta 2008, per una somma di 396.038,00 Euro, entro il termine di legge, nella specie scaduto il 27 dicembre 2009 (capo 13). (OMISSIS) e (OMISSIS), ancora, sono stati condannati, il primo quale legale rappresentante della ” (OMISSIS) s.r.L.” fino al 14 gennaio 2009, e poi quale amministratore di fatto, il secondo quale legale rappresentante della medesima societa’ a far data dal 29 gennaio 2009, per aver omesso il versamento delle somme dovute a titolo di tributi di 77.045,00 Euro per l’anno d’imposta 2009, e di 118.297,18 Euro per l’anno d’imposta 2010, esponendo in compensazione, nei modelli F24, crediti inesistenti (capi 16 e 17).
2. Hanno presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello indicata in epigrafe l’avvocato (OMISSIS) per l’imputato (OMISSIS) e, personalmente, gli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS).
3. Il ricorso presentato nell’interesse di (OMISSIS) e’ articolato in quattro motivi.
3.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all’articolo 110 c.p. e Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10-quater nonche’ vizio di motivazione, a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c) ed e), avendo riguardo alla configurabilita’ della responsabilita’ a titolo di concorso nel reato di indebita compensazione di crediti inesistenti di cui al capo 12.
Si deduce che non vi sono elementi da cui desumere un contributo concorsuale del ricorrente nel reato commesso da (OMISSIS). Si premette che, ai fini della responsabilita’ del commercialista ex articolo 110 c.p., e’ necessario dimostrare la dazione di consigli o suggerimenti relativi ad artifici per realizzare uno scopo illecito, ovvero lo svolgimento di attivita’ dirette a garantire l’impunita’ del cliente o a suscitare o rafforzare il proposito criminoso del medesimo. Si osserva, poi, che le dichiarazioni del coimputato (OMISSIS), riportate in maniera parziale e disarticolata dalla Corte d’appello, evidenziano come quest’ultimo si sia addossato in pieno la decisione di commettere il reato di cui al capo 12, e, specificamente, la decisione di effettuare le compensazioni indicate in contestazione al fine di disporre del denaro per pagare i dipendenti, ed abbia inoltre escluso qualunque ruolo di determinatore o istigatore in capo a (OMISSIS), asserendo, tra l’altro, di averlo visto non piu’ di quattro o cinque volte.
3.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articoli 10-ter e 10-quater e articolo 2639 c.c., nonche’ vizio di motivazione, a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), avendo riguardo alla configurabilita’ della responsabilita’ del ricorrente per i reati di cui ai capi 13, 16 e 17 durante i periodi di sua sottoposizione a misure cautelari custodiali.
Si contesta la conclusione della sentenza impugnata, secondo cui il ricorrente deve ritenersi amministratore di fatto della ” (OMISSIS) s.r.l.”, perche’ l’articolo 2639 c.c. attribuisce tale qualifica a chi “esercita in modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione”. Si segnala che non puo’ certo parlarsi di attivita’ gestoria del ricorrente nel periodo compreso tra il novembre 2008 ed il novembre 2009, stante la sottoposizione del medesimo alla custodia cautelare in carcere prima ed agli arresti domiciliari poi, e l’apoditticita’ dell’affermazione secondo cui egli, nonostante l’applicazione delle misure coercitive, poteva inviare istruzioni a terzi e seguire l’attivita’ dello studio. Si aggiunge che la ritenuta inidoneita’ del padre, (OMISSIS), a gestire la ” (OMISSIS) s.r.l.”, perche’ privo di adeguata istruzione e formazione, contrasta con la dichiarazione di penale responsabilita’ anche di quest’ultimo.
3.3. Con il terzo motivo, si denuncia vizio di motivazione, a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), avendo riguardo alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Si rileva che il ricorrente ha reso al curatore fallimentare dichiarazioni utili a ricostruire i fatti per cui e’ processo, come si evince dalla motivazione della sentenza impugnata, ad esempio con riferimento al reato di cui al capo 13, avendo la Corte d’appello richiamato proprio quanto affermato dall’imputato nell’interrogatorio per ritenere inattendibili le scritture contabili della ” (OMISSIS) s.r.l.”.
3.4. Con il quarto motivo si chiede la dichiarazione di estinzione del reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10-quater relativamente al capo 16, per intervenuta prescrizione, con riferimento all’indebita compensazione riferibile all’anno 2009, in quanto l’ultimo modello F24 relativo a quell’anno e’ stato presentato in data 7 ottobre 2009.
4. Il ricorso presentato da (OMISSIS) e’ articolato in un unico motivo, con il quale si denuncia vizio di motivazione, a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), avendo riguardo alla configurabilita’ della responsabilita’ del ricorrente per i reati di cui ai capi 16 e 17.
Si deduce che egli era stato una mera “testa di legno”, anche perche’ di eta’ avanzata, ex-coltivatore diretto dotato di sola licenza elementare, recatosi nella sede della societa’ ” (OMISSIS) s.r.l.” non piu’ di un paio di volte, e che il meccanismo fraudolento delle indebite compensazioni era stato effettuato gia’ da epoca antecedente.
5. Il ricorso presentato da (OMISSIS) e’ articolato in un unico motivo, con il quale si denuncia vizio di motivazione, a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), avendo riguardo alla mancata concessione al ricorrente delle circostanze attenuanti generiche.
Si contesta che la Corte d’appello ha omesso di considerare lo stato di incensuratezza del ricorrente, e la sua condizione di umile muratore, e non ha offerto alcuna reale motivazione sul punto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono inammissibili per le ragioni di seguito precisate.
2. Il ricorso presentato da (OMISSIS) e’ inammissibile perche’ contenente censure diverse da quelle consentite in sede di legittimita’ e comunque manifestamente infondate.
2.1. Manifestamente infondate sono le censure formulate nel primo motivo, che contestano la configurabilita’ della responsabilita’, a carico del ricorrente, a titolo di concorso nel reato di indebita compensazione di crediti inesistenti di cui al capo 12, relativi alla societa’ (OMISSIS) di cui era legale rappresentante (OMISSIS), osservando che mancano elementi da cui desumere una condotta di (OMISSIS) di determinazione o di istigazione delle condotte illecite commesse da (OMISSIS), anche in considerazione dell’esatto contenuto delle dichiarazioni di quest’ultimo.
In giurisprudenza, proprio con riferimento al reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10-quater si e’ affermato che il consulente fiscale e’ responsabile, a titolo di concorso, per la violazione tributaria commessa dal cliente, quando, in modo seriale, ossia abituale e ripetitivo, attraverso l’elaborazione e commercializzazione di modelli di evasione, sia stato il consapevole e cosciente ispiratore della frode, anche se di questa ne abbia beneficiato il solo cliente (cosi’ Sez. 3, n. 1999 del 14/11/2017, dep. 2018, Addonizio, Rv. 272713-01).
La sentenza impugnata rappresenta che le compensazioni, effettuate dalla societa’ (OMISSIS) di cui era legale rappresentante (OMISSIS), e relative ad un importo pari a 54.032,90 Euro per il 2010, e a 72.534,78 per il 2011, attenevano a crediti sicuramente inesistenti, ed erano state effettuate sulla base di modelli F24 predisposto dallo studio ” (OMISSIS)”, poi ” (OMISSIS)”, facente capo a (OMISSIS). Segnala poi che (OMISSIS) ha dichiarato di aver curato personalmente la contabilita’ dell’impresa, di essersi affidato per la compilazione dei modelli F24 allo studio ” (OMISSIS)”, scelto dopo aver assunto informazioni su un “commercialista in gamba”, e di avere a tal fine consegnato documenti e fatture ad un’impiegata, chiedendo alla stessa di pagare il meno possibile. Conclude che la compilazione dei modelli F24 ed il meccanismo fraudolento delle compensazioni di crediti inesistenti sono riconducibili all’iniziativa del titolare dello studio ” (OMISSIS)”, poi ” (OMISSIS)”, e, quindi, a (OMISSIS), perche’: a) (OMISSIS) era persona priva di capacita’ e competenza fiscale per realizzare le indebite compensazioni; b) se la scelta di questa “strategia” fraudolenta fosse stata di (OMISSIS), non ci sarebbe stata alcuna necessita’ di rivolgersi allo studio di (OMISSIS); c) l’attivita’ delle segretarie dello studio non poteva svolgersi all’insaputa del titolare; d) (OMISSIS) e’ persona che ha dimostrato la propensione a realizzare tale specifico sistema di frode in relazione sia ad altri fatti oggetto del presente processo, e di cui ai capi 16 e 17, sia a reati oggetto di altro procedimento penale definito con sentenza ex articolo 444 c.p.p.; e) i crediti portati in compensazione erano palesemente inesistenti, perche’ quello dedotto per il 2010 atteneva all’esercizio del 2009, quando la societa’ (OMISSIS) non era ancora esistente, mentre il credito opposto nel 2011 non risultava dal modello 770 dei sostituti d’imposta per l’anno 2010.
Le conclusioni della sentenza impugnata sono immuni da vizi logici o giuridici. Innanzitutto, non e’ rilevabile alcun vizio di travisamento della prova con riferimento alle dichiarazioni di (OMISSIS), in quanto, in disparte da ogni altra considerazione, il contenuto delle stesse riportato in sentenza e’ sostanzialmente corrispondente a quanto afferma il ricorrente nell’atto di impugnazione. In secondo luogo, poi, la decisione e’ immune da vizi logici, ed in linea con il precedente giurisprudenziale richiamato, quando riferisce a (OMISSIS) la scelta di ricorrere al sistema delle indebite compensazioni, desumendola dai fatti indicati, posto che gli stessi possono legittimamente costituire, secondo “accettabili” massime di esperienza, indizi gravi, precisi e concordanti.
2.2. Manifestamente infondate sono anche le censure formulate nel secondo motivo, che contestano la configurabilita’ della responsabilita’, a carico del ricorrente, per i reati di omesso versamento dell’IVA e di indebita compensazione di crediti inesistenti di cui ai capi 13, 16 e 17, relativi alla societa’ ” (OMISSIS) s.r.l.”, e commessi tra il 2008 ed il 2009, posto che in quel periodo il medesimo ricorrente era sottoposto a misure coercitive.
La sentenza impugnata ha reputato (OMISSIS) colpevole: a) di aver omesso, nella sua qualita’ di amministratore di fatto della ” (OMISSIS) s.r.l.”, il versamento dell’I.V.A. dovuta per l’anno d’imposta 2008, per una somma di 396.038,00 Euro, entro il termine di legge, scaduto il 27 dicembre 2009 (capo 13); b) di avere omesso, nella sua qualita’ di legale rappresentante della ” (OMISSIS) s.r.l.” fino al 14 gennaio 2009, e poi di amministratore di fatto, il versamento delle somme dovute a titolo di tributi di 77.045,00 Euro per l’anno d’imposta 2009, e di 118.297,18 Euro per l’anno d’imposta 2010, esponendo in compensazione, nei modelli F24, crediti inesistenti (capi 16 e 17).
La Corte d’appello, a fondamento delle sue conclusioni, richiama innanzitutto le dichiarazioni di (OMISSIS), il quale ha detto che: a) egli era subentrato al figlio (OMISSIS) come amministratore della ” (OMISSIS) s.r.l.” per la sottoposizione del medesimo a misura coercitiva; b) nel periodo di detenzione del figlio la gestione dello studio era di fatto assicurata dalle dipendenti; c) il figlio aveva continuato a gestire di fatto lo studio. Rileva, poi, che dalle affermazioni di (OMISSIS) emerge come: a) la scelta di “appoggiarsi” nel 2009 ad altro studio e’ riferibile al medesimo ricorrente; b) l’impossibilita’ di pagare il debito IVA per il 2009 e’ meramente asserita, posto che il ricorrente non ha nemmeno indicato l’elenco dei clienti insolventi o in ritardo nei pagamenti degli onorari a lui spettanti, che, anzi, i clienti, lungi dall’allontanarsi da lui, come dal medesimo riferito al curatore fallimentare, sono stati “trasferiti” a ” (OMISSIS)”, anch’essa facente capo al ricorrente, e che la contabilita’ delle societa’ e’ per plurimi motivi, tra i quali la presenza di pagamenti senza causa, del tutto inattendibile. Osserva, quindi, che (OMISSIS): a) fu arrestato il 26 novembre 2008, scarcerato e sottoposto agli arresti domiciliari il 28 gennaio 2009, e poi rimesso in liberta’ in data 8 novembre 2009; b) salvo il periodo di carcerazione, durato due mesi, nell’ulteriore periodo non vi erano impedimenti insuperabili a seguire direttamente le attivita’ della ” (OMISSIS) s.r.l.”, posto che questa aveva sede esattamente nel suo indirizzo di residenza; c) l’inadempimento del debito IVA si e’ consumato il 27 dicembre 2009, ossia cinquanta giorni dopo la cessazione anche degli arresti domiciliari; d) le condotte di esposizione in compensazione di crediti inesistenti sono il frutto di una strategia “costante” ed ampiamente sperimentata. Rappresenta, ancora, che e’ inverosimile ritenere riferibile la gestione dello studio, per un intero anno, alla autonoma attivita’ delle impiegate, stante l’assoluta incapacita’ di (OMISSIS) a provvedervi, come dallo stesso ammesso.
Le conclusioni della Corte d’appello sono immuni da vizi logici o giuridici. In particolare, e’ spiegato dettagliatamente, e sulla base di elementi precisi, valutati secondo massime di esperienza “accettabili”, perche’ (OMISSIS) deve ritenersi attivo amministratore di fatto almeno a partire dal 29 gennaio 2009, con conseguente riferibilita’ al medesimo delle scelte di non pagare l’IVA, contestata al capo 13, e di procedere a compensazioni mediante l’esposizione di crediti inesistenti, contestate ai capi 16 e 17, e perche’ l’omesso pagamento del debito IVA non possa essere giustificato da una situazione di oggettivo impedimento. E’ data percio’ compiuta risposta alle censure del ricorrente.
2.3. Diverse da quelle consentite in sede di legittimita’ e comunque manifestamente infondate sono le censure formulate nel terzo motivo, che contestano la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, osservando che la sentenza impugnata ha valorizzato anche dichiarazioni del ricorrente per affermare la sussistenza dei reati.
La sentenza impugnata, con motivazione corretta, ha spiegato la sua decisione di negare la concessione delle circostanze attenuanti generiche per piu’ ragioni; ha evidenziato, precisamente, che: a) le ammissioni atteneva fatti ormai “innegabili”; b) l’imputato era dedito alla reiterazione di reati in materia fiscale; c) il medesimo aveva continuato a delinquere anche dopo la sia condanna con sentenza di patteggiamento e la sua sottoposizione a gravi misure cautelari. A fronte di questa motivazione, la richiesta di valutare diversamente l’importanza delle dichiarazioni confessorie, in particolare, costituisce mera richiesta di un diverso giudizio di fatti al fine di conseguire le circostanze attenuanti generiche, e, quindi, censura non consentita in sede di legittimita’.
2.4. L’inammissibilita’ dei motivi di ricorso esclude anche l’estinzione dei reati in contestazione per prescrizione.
Invero, gli stessi risultano commessi entro un arco di tempo anteriore alla pronuncia della sentenza di appello contenuto in sette anni e sei mesi, cui vanno aggiunti ulteriori dodici giorni di sospensione per l’astensione degli avvocati dalle udienze (cfr. le puntuali osservazioni della sentenza impugnata a pag. 24).
3. Il ricorso di (OMISSIS) e’ inammissibile perche’ contiene censure manifestamente infondate.
Il ricorrente, condannato per avere omesso, nella sua qualita’ di legale rappresentante della ” (OMISSIS) s.r.l.”, il versamento delle somme dovute a titolo di tributi di 77.045,00 Euro per l’anno d’imposta 2009, e di 118.297,18 Euro per l’anno d’imposta 2010, esponendo in compensazione, nei modelli F24, crediti inesistenti (capi 16 e 17), deduce di essere stato un mero prestanome, come tale privo di qualunque responsabilita’ per i fatti a lui attribuiti.
In giurisprudenza, si e’ affermato, con specifico riferimento ai reati tributari, che l’amministratore di una societa’ risponde del reato contestatogli (nella specie, emissione di fatture per operazioni inesistenti) quale diretto destinatario degli obblighi di legge, anche se questi sia mero prestanome di altri soggetti che abbiano agito quali amministratori di fatto, in quanto la semplice accettazione della carica attribuisce allo stesso doveri di vigilanza e controllo, il cui mancato rispetto comporta responsabilita’ penale o a titolo di dolo generico, per la consapevolezza che dalla condotta omissiva possano scaturire gli eventi tipici del reato, o a titolo di dolo eventuale per la semplice accettazione del rischio che questi si verifichino (Sez. F, n. 42897 del 09/08/2018, C., Rv. 273939-01). Si tratta, peraltro, dell’applicazione di un principio generale, affermato anche con riferimento alla commissione di altri reati, quali l’omesso versamento di ritenute previdenziali e assistenziali (Sez. 3, n. 7770 del 05/12/2013, dep. 2014, Todesco, Rv. 258850-01), o la bancarotta fraudolenta (Sez. 5, n. 7332 del 07/01/2015, Fasola, Rv. 262767-01).
La sentenza impugnata premette che (OMISSIS), figlio di (OMISSIS) nonche’ ex-coltivatore diretto, e munito di sola licenza elementare: a) e’ stato nominato amministratore della ” (OMISSIS) s.r.l.”, nel gennaio 2009, dopo l’arresto del figlio, succedendo ad altro amministratore il quale, pero’, si era dimesso dopo quindici giorni; b) e’ stato nominato amministratore di altre societa’ in liquidazione; c) e’ stato condannato per i reati di associazione per delinquere, truffa, dichiarazione fiscale infedele e occultamento o distruzione di documenti contabili. Osserva poi: “Non v’e’ dubbio che (OMISSIS) avesse piena responsabilita’ di rendersi conto e di prevedere, e quindi ha accettato in toto il rischio, che (OMISSIS), attraverso il padre, commettesse altri illeciti fiscali, oltre a quelli per cui aveva gia’ patteggiato in passato e a quelli per cui era in corso all’epoca un procedimento penale nell’ambito del quale (…) era stato arrestato (…)”. Precisa, quindi, che non vi sono elementi da cui desumere che l’accettazione della carica di amministratore sia avvenuta per costrizione.
Le conclusioni della sentenza impugnata sono del tutto in linea con i principi affermati dalla giurisprudenza in materia, e risultano fondate su elementi di fatto apprezzati in modo certamente non incongruo o scorretto. L’affermazione del ricorrente di essere stato un mero prestanome non evidenzia vizi logici con riguardo alla conclusione dei giudici di merito concernente la consapevolezza, quanto meno a titolo di dolo eventuale, delle condotte illecite realizzate dal figlio, e del suo personale contributo alla realizzazione delle stesse, per averle consentite assumendo la carica di legale rappresentante della societa’ in relazione alla quale sono stati commessi i reati per cui e’ stata pronunciata condanna.
4. Il ricorso di (OMISSIS) e’ inammissibile perche’ contiene censure diverse da quelle consentite in sede di legittimita’ e comunque manifestamente infondate.
Il ricorrente, condannato per avere omesso, nella sua qualita’ di legale rappresentante della ” (OMISSIS)”, delle somme dovute a titolo di tributi di 54.032,90 Euro per l’anno d’imposta 2010, e di 72.534,78 Euro per l’anno d’imposta 2011, esponendo in compensazione nei modelli F24 crediti inesistenti (capo 12), contesta la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, nonostante l’assenza di qualunque motivazione, e la presenza di elementi positivi come lo stato di incensuratezza e l’umile condizione di muratore.
La sentenza impugnata ha valutato, in proposito, sia il comportamento processuale, considerato non collaborativo, sia i decreti penali di condanna inflittigli, sia pure per fatti successivi a quelli in contestazione.
La motivazione indicata e’ fondata su elementi non contestati e giunge a conclusioni congrue. La contestazione concernente l’omessa valutazione dello stato di incensuratezza e delle umili condizioni socio-economiche non evidenzia lacune o comunque vizi logici, ma costituisce richiesta di rivalutazione delle risultanze istruttorie, non consentita in sede di legittimita’.
5. Alla dichiarazione di inammissibilita’ dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonche’ di ciascuno di essi singolarmente – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ – al versamento a favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro duemila, cosi’ equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila ciascuno a favore della Cassa delle Ammende.

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