Ordine professionale dei dottori commercialisti ha natura di ente pubblico non economico

Corte di Cassazione, sezioni unite civili, Sentenza 26 giugno 2019, n. 17118.

La massima estrapolata:

L’Ordine professionale dei dottori commercialisti ha natura di ente pubblico non economico a carattere associativo. Le risorse acquisite attraverso i contributi dagli associati hanno una prevalente finalità pubblica, in quanto dirette a finanziare il miglior esercizio di funzioni pubbliche assegnate dalla legge agli Ordini professionali, di conseguenza il danno che l’ente subisce in merito a tale risorse costituisce danno al patrimonio dell’ente stesso. La destinazione pubblica delle risorse gestite dall’ordine è rilevante per incardinare nella specie la giurisdizione del Giudice contabile.

Sentenza 26 giugno 2019, n. 17118

Data udienza 25 settembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Primo Presidente f.f.

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente di Sezione

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente di Sezione

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 5535/2017 proposto da:
(OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
– ricorrenti –
contro
PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA CORTE DEI CONTI, domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTI 25;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 366/2016, depositata il 28/07/2016, la sentenza n. 32/2017, depositata il 25/01/2017 e la sentenza n. 39/2017, depositata il 30/01/2017 della CORTE DEI CONTI – TERZA SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO – ROMA;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/09/2018 dal Consigliere ANTONIETTA SCRIMA;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

Con tre distinti atti di appello il Procuratore Regionale presso la Sezione Giurisdizionale Veneto della Corte dei Conti propose appello avverso le sentenze n. 199/2013, n. 326/2013 e n. 23/2014, con le quali la Sezione Giurisdizionale Veneto aveva dichiarato il proprio difetto di giurisdizione in favore del G.O., in relazione alla domande proposte dalla Procura Regionale presso la detta Sezione nei confronti del Presidente e i Consiglieri pro tempore dell’Ordine dei dottori commercialisti ed esperti contabili (O.D.C.E.C.) di (OMISSIS).
In particolare tali domande erano state proposte, nella causa conclusasi in primo grado con la sentenza n. 199/2013, nei confronti di (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
La Sezione Terza Giurisdizionale Centrale d’Appello, con le sentenze n. 366/2016, n. 39/2017 e n. 32/2017, accolse gli appelli proposti dal Procuratore Generale presso la Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti avverso, rispettivamente, le sentenze di primo grado n. 199/2013, n. 326/2013 e n. 23/2014 e, per l’effetto, dichiaro’ la giurisdizione di quella Sezione territoriale in relazione alle fattispecie dedotte in quei giudizi, rinviando alla Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per il Veneto, ai sensi del Regio Decreto 13 agosto 1933, n. 1038, articolo 105, per la pronuncia sul merito delle cause.
Avverso le menzionate sentenze della Terza Sezione Giurisdizionale Centrale di Appello della Corte dei Conti, (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
Il Procuratore Generale rappresentante il Pubblico Ministero presso la Corte dei Conti ha resistito con controricorso.
Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria scritta.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente deve ritenersi ammissibile l’impugnazione cumulativa con un unico atto avverso le tre richiamate sentenze, essendo per le stesse identica la questione di diritto dalla cui soluzione dipende la decisione delle relative cause in questa sede, e cio’ pure per evidente economia processuale, in ossequio al principio del giusto processo, e alla luce dell’orientamento della giurisprudenza che si e’ andata formando sul punto (arg. ex Cass., sez. un., 16/02/2009, n. 3692, Cass. 22/02/2013, n. 4490, Cass. 3/04/2013, n. 8075, Cass. 20/04/2016, n. 7940 e Cass. 22/02/2017, n. 4595, in materia tributaria, nonche’ Cass. ord., 26/03/2015, n. 6063, in tema di violazione del Codice della Strada).
2. Sempre preliminarmente va esaminata la questione relativa all’eccepita tardivita’ del ricorso con riferimento alla sentenza n. 366/16, la quale, ad avviso del Procuratore Generale rappresentante il Pubblico Ministero presso la Corte dei Conti, sarebbe stata notificata a mezzo pec all’avv. (OMISSIS) in data 26 luglio 2016 mentre l’impugnazione della stessa, effettuata con un unico ricorso, sarebbe stata notificata alla parte controricorrente in data 23 febbraio 2017, oltre il termine di cui all’articolo 325 c.p.c..
2.1. Al riguardo si osserva che i ricorrenti non hanno dedotto che le sentenze impugnate siano state notificate e che, con riferimento alla sentenza sopra richiamata vi e’ prova di comunicazione da parte della cancelleria in data 28 luglio 2016 mentre il controricorrente, che assume che sarebbe stata notificata tale sentenza, non ha fornito alcuna prova al riguardo, sicche’, dovendosi, pertanto, applicare il cd. termine lungo di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza in parola di cui all’articolo 327 c.p.c., e tenuto conto della sospensione feriale, il ricorso risulta notificato tempestivamente in data 23 febbraio 2017, prima della scadenza del termine in parola, fissata al 28 febbraio 2017, con riferimento alla sentenza n. 366/16.
3. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano “Violazione dell’articolo 103 Cost., e dell’articolo 1 del codice della giustizia contabile – Difetto di giurisdizione della Corte dei Conti”, per aver la Sezione Terza Giurisdizionale Centrale d’appello escluso la giurisdizione del G.O. in favore della Corte dei Conti.
In particolare, nel criticare le decisioni prese dalla predetta Sezione, i ricorrenti sottolineano come l’azione di responsabilita’ amministrativa davanti alla Corte dei Conti e’ finalizzata ad assicurare la corretta gestione delle risorse economiche della collettivita’ e non puo’ invece ritenersi sussistente laddove – come nel caso di specie non sia configurabile un diretto pregiudizio per siffatte risorse.
I ricorrenti richiamano Cass. n. 21226 del 14 ottobre 2011, con cui e’ stato negato il controllo di gestione della Corte dei Conti sugli ordini professionali, e citano altre decisioni di questa Corte nelle quali si ritiene che, in caso di assenza, nel bilancio dell’ente, di risorse finanziarie provenienti dal bilancio pubblico, non sussiste la giurisdizione contabile.
I ricorrenti sostengono di non poter condividere le conclusioni cui sono pervenuti i giudici della richiamata Sezione Centrale in tema di giurisdizione anche alla luce di quanto stabilito da queste Sezioni Unite con la sentenza n. 295 del 9 gennaio 2013, secondo cui “il parametro di riferimento della responsabilita’ erariale (e, quindi, della giurisdizione contabile) e’ rappresentato dalla provenienza dal bilancio pubblico dei fondi erogati e dal dovere facente capo a tutti i soggetti che tali fondi amministrano di assicurarne l’utilizzo per fini cui gli stessi sono destinati”.
Sulla base di tali considerazioni i ricorrenti sostengono, in primo luogo, come l’espressione “provenienza dal bilancio pubblico dei fondi erogati” non possa “essere intesa nel senso da ricomprendervi ogni lesione di un interesse pubblico monetizzabile” e, in secondo luogo, che il presunto danno da essi arrecato al loro Ordine di appartenenza, non possa essere qualificato, ne’ in astratto ne’ in concreto, come “danno erariale”, in quanto mancherebbe l’incidenza diretta o indiretta sul bilancio dello Stato oppure sulla c.d. “finanza pubblica allargata”.
3.1. Il motivo e’ infondato.
3.2. Va anzitutto evidenziato che l’Ordine professionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili si articola nel Consiglio nazionale e negli Ordini territoriali, la cui natura di enti pubblici non economici a carattere associativo e’ espressamente prevista dal Decreto Legislativo 28 giugno 2005, n. 139, articolo 6, che stabilisce pure che gli stessi sono soggetti esclusivamente alla vigilanza del Ministero della Giustizia (per la natura di enti pubblici non economici degli Ordini e dei Collegi professionali nazionali in genere, v. Cass., 14/10/2011, n. 21226, che ha, nel resto, esaminato la tematica – diversa rispetto a quella all’esame in questa sede – relativa alla soggezione degli Ordini e Collegi professionali al controllo di gestione della Corte dei Conti di cui alla L. 14 gennaio 1994, n. 20, articolo 3, comma 4, concludendo per l’esclusione di tale controllo).
3.3. Peraltro, la natura pubblica di tali enti e l’indubitabile qualificazione pubblica del patrimonio degli stessi e’ stata gia’ affermata da queste Sezioni Unite con la sentenza 17/05/1995, n. 5393.
3.4. Ne’ puo’ condividersi l’assunto dei ricorrenti secondo cui la giurisprudenza di legittimita’ avrebbe sancito il passaggio da un criterio di riparto della giurisdizione contabile fondato sulla natura soggettiva dell’ente ad un parametro rappresentato dalla necessaria provenienza delle risorse pubbliche erogate dal bilancio pubblico. Proprio da tale assunto i medesimi ricorrenti traggono la conclusione della sussistenza, nel caso di specie, della giurisdizione ordinaria, in quanto l’Ordine dei commercialisti non sarebbe destinatario di risorse pubbliche.
3.5. Va a tale proposito osservato che la pronuncia di queste Sezioni Unite n. 295 del 9/01/2013, cui i ricorrenti hanno fatto espresso riferimento a tale riguardo, e le successive che si sono espresse conformemente a questa (Cass., sez. un., 25/01/2013, n. 1774 e Cass., sez. un., 31/07/2017, n. 18991) hanno esaminato la specifica questione, del tutto diversa da quella all’esame, relativa alla sussistenza o meno della giurisdizione contabile nel caso di giudizi di responsabilita’ erariale instaurati nei confronti di amministratori di societa’ private destinatarie di contributi o finanziamenti pubblici ed in quel contesto “il punto di discrimine della giurisdizione ordinaria da quella contabile si e’, quindi, spostato dalla qualita’ del soggetto – che ben puo’ essere un privato o un ente pubblico non economico – alla natura del danno e degli scopi perseguiti”.
3.6. Nel caso in esame, invece, per le ragioni gia’ rappresentate, non puo’ essere posta in dubbio la natura pubblica dell’ente e la pubblicita’ delle sue funzioni.
3.7. La rilevanza della natura pubblica del soggetto che gestisce le risorse per finalita’ pubbliche, al fine che qui rilevano, e’ stata pure ribadita da queste Sezioni Unite con l’ordinanza n. 23860 del 21 dicembre 2012, in cui si afferma che “queste Sezioni Unite (ord. 7 maggio 2003 n. 6956) hanno gia’ chiarito che, a norma dell’articolo 103 Cost. comma 2, Regio Decreto 12 luglio 1934, n. 1214, articoli 13 e 44, Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 603, articolo 9, e Decreto del Presidente della Repubblica n. 15 maggio 1963, n. 858, articolo 127, la giurisdizione tendenzialmente generale (ancorche’ secondo ambiti la cui concreta determinazione e’ rimessa alla discrezionalita’ del legislatore) in materia di contabilita’ pubblica attribuita alla Corte dei Conti riguarda ogni controversia inerente alla gestione di denaro di spettanza dello Stato o di enti pubblici da parte di un agente contabile e, quindi, suppone necessariamente la qualita’ pubblica del titolare del denaro gestito”.
3.8. Inoltre, va evidenziata la natura tributaria dei contributi obbligatoriamente versati dai professionisti privati aderenti all’Ordine, richiamandosi sul punto Cass., sez. un., 29/11/2011, n. 1782, che, pur se riferita al Consiglio Nazionale Forense, afferma la natura tributaria delle tasse (diritti o contributi) di iscrizione agli albi relativi all’esercizio di determinate professioni, sottolineando la doverosita’ della prestazione e il collegamento della prestazione imposta alla spesa pubblica riferita a un presupposto economicamente rilevante, “costituito dal legittimo esercizio della professione per il quale e’ condizione l’iscrizione ad un determinato albo”, con la precisazione che “la spesa pubblica e’ quella relativa alla provvista dei mezzi finanziari necessari all’ente delegato dall’ordinamento al controllo dell’albo specifico nell’esercizio della funzione pubblica di tutela dei cittadini potenziali fruitori delle prestazioni professionali degli iscritti circa la legittimazione di questi ultimi alle predette prestazioni”. E la natura tributaria del contributo annuale previsto a carico degli avvocati ed in favore dei Consigli dell’Ordine di appartenenza e’ stata pure ribadita da queste Sezioni Unite con la sentenza n. 7666 del 24/03/2017.
3.9. Con riferimento alla questione all’esame, va sottolineato, altresi’, che, al fine del radicarsi della giurisdizione contabile, rileva senza dubbio anche la destinazione pubblica delle risorse gestite.
3.10. Invero, le risorse acquisite attraverso il versamento dei contributi dagli associati, lungi dall’avere una mera ed esclusiva finalita’ “privata” di autofinanziamento, hanno una prevalente finalita’ pubblica, in quanto dirette a finanziare il miglior esercizio di funzioni pubbliche assegnate dalla legge agli Ordini professionali essenzialmente per la tutela della collettivita’ nei confronti degli esercenti della professione, che giustifica l’obbligo della appartenenza all’Ordine professionale.
3.11. Tale assunto e’ confermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza 3 novembre 2005, n. 405, laddove afferma che: “La vigente normazione riguardante gli Ordini e i Collegi risponde all’esigenza di tutelare un rilevante interesse pubblico la cui unitaria salvaguardia richiede che sia lo Stato a prevedere specifici requisiti di accesso e ad istituire appositi enti pubblici ad appartenenza necessaria, cui affidare il compito di curare la tenuta degli albi nonche’ di controllare il possesso e la permanenza dei requisiti in capo a coloro che sono gia’ iscritti o che aspirino ad iscriversi. Cio’ e’, infatti, finalizzato a garantire il corretto esercizio della professione a tutela dell’affidamento della collettivita’”.
3.12. Come gia’ evidenziato dai magistrati contabili nelle sentenze impugnate, la destinazione pubblica (ovvero finalizzata al perseguimento di obiettivi meritevoli di tutela rafforzata da parte del legislatore) delle risorse gestite dall’Ordine e’ sicuramente rilevante per incardinare, nella specie, la giurisdizione del Giudice contabile.
3.12.1. In altri termini, le risorse economiche gestite dall’ente, a prescindere dalla loro provenienza, per il fatto stesso di entrare nel patrimonio dell’ente pubblico, destinato a fini pubblici, devono considerarsi pubbliche, con la conseguenza che il danno che l’ente subisce in merito a tali risorse costituisce danno al patrimonio dell’ente.
3.13. Per completezza si evidenzia che la rilevanza, ai fini della configurabilita’ della giurisdizione contabile, relativa al cd. danno erariale, dell’aspetto soggettivo (natura pubblica dell’ente) e dell’esistenza di un interesse pubblicistico riferibile a tale ente, per cui il suo patrimonio deve essere gestito, indipendentemente dalla provenienza delle sue singole componenti, con criteri rispondenti alla migliore realizzazione di quell’interesse, senza poter essere utilizzato per altre ragioni, e’ stato pure riaffermato da queste Sezioni Unite con l’ordinanza n. 17748 dell’8 settembre 2016.
4. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano l’illogicita’ della condanna alle spese processuali, le quali, a loro avviso, avrebbero dovuto essere compensate, per la natura della questione esaminata, o, in alternativa, “uniformate” tra di loro, evidenziando, a tale ultimo riguardo, che le tre sentenze impugnate sarebbero sostanzialmente identiche ed avrebbero risolto una sola identica questione sulla base di atti identici mentre le spese sarebbero state liquidate in modo del tutto diverso in ciascuna di esse.
4.1. Il motivo e’ inammissibile, in quanto si pone in contrasto con il precetto costituzionale secondo cui “le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti possono essere impugnate in Cassazione solo per motivi inerenti alla giurisdizione” (articolo 111 Cost., comma 8).
4.1.1. Il ricorso per cassazione contro le decisioni della Corte dei Conti, infatti, non e’ incondizionato, ma, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimita’, al quale va data continuita’ in questa sede, anche alla luce della sentenza n. 6 del 2018 della Corte Costituzionale, il ricorso per cassazione contro la decisione della Corte dei Conti e’ consentito soltanto per motivi inerenti alla giurisdizione, sicche’ il controllo di questa Corte e’ circoscritto all’osservanza dei meri limiti esterni della giurisdizione, non estendendosi ad asserite violazioni di legge sostanziale o processuale concernenti i modo d’esercizio della giurisdizione speciale. Ne consegue che, anche a seguito dell’inserimento della garanzia del giusto processo nella nuova formulazione dell’articolo 111 Cost., l’accertamento in ordine ad errores in procedendo o ad errores in iudicando rientra nell’ambito del sindacato afferente ai limiti interni della giurisdizione, trattandosi di violazioni endoprocessuali rilevabili in ogni tipo di giudizio e non inerenti all’essenza della giurisdizione o allo sconfinamento dai limiti esterni di essa, ma solo al modo in cui e’ stata esercitata (Cass., sez. un., 18/05/2017, n. 12497; v. anche Cass., sez. un., 9/06/2011 n. 12539; Cass., sez. un., 12/11/2003, n. 17014; Cass., sez. un., 12/06/1999, n. 325; Cass., sez. un., ord., 4/11/2002, n. 15438; Cass. 12/01/1984, n. 232 in tema di spese liquidate in una sentenza del Consiglio di Stato).
4.2. Risulta evidente, infatti, che le censure proposte con il motivo in scrutinio non investono questioni attinenti alla giurisdizione, cioe’ all’osservanza dei cosiddetti limiti esterni delle attribuzioni giurisdizionali della Corte dei Conti, ma attengono alla correttezza dell’esercizio delle attribuzioni medesime.
5. Conclusivamente, il ricorso va rigettato.
6. Non vi e’ luogo a provvedere in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore del controricorrente Procuratore Generale rappresentante il Pubblico Ministero della Corte dei Conti, stante la sua natura di parte solamente in senso formale (Cass., sez. un., 8/05/2017, n. 11139; Cass., sez. un., 27/02/2017, n. 4879; Cass., sez. un., 27/12/2016, n. 26995).
7. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo L nificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del gia’ citato articolo 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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