Controllo della Corte di Cassazione sulle decisioni della Corte dei Conti

Corte di Cassazione, sezioni unite civili, Sentenza 26 giugno 2019, n. 17126.

La massima estrapolata:

Il controllo della Corte di Cassazione sulle decisioni della Corte dei Conti riguarda l’osservanza dei limiti esterni della giurisdizione e non si estende agli “ errores in judicando” o “in procedendo” il cui accertamento rientra nell’ambito del sindacato inerente i limiti interni della giurisdizione. (Nella fattispecie, il ricorso sosteneva che la Corte dei conti avesse attribuito a giudicati formatisi in sede civile un’efficacia che non avrebbero potuto avere in quanto assente una previsione legislativa, errore quindi riguardante il modo in cui il giudice contabile ha esercitato la propria giurisdizione, la cui valutazione resta estranea al controllo della Corte di cassazione).

Sentenza 26 giugno 2019, n. 17126

Data udienza 7 maggio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente

Dott. PETITTI Stefano – Presidente di sez.

Dott. DI IASI Camilla – Presidente di sez.

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 412-2018 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso la (OMISSIS) S.R.L., rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 281/2017 della CORTE DEI CONTI – SECONDA SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE DI APPELLO – ROMA, depositata il 17/05/2017;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/05/2019 dal Consigliere LUCIA TRIA;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso in via principale per l’inammissibilita’, in subordine per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega dell’avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

1. Con provvedimento adottato in data 12 settembre 2000 (OMISSIS), all’epoca direttore generale AUSL n. (OMISSIS) “Centro Molise” di Campobasso, dispose il licenziamento di (OMISSIS), direttore sanitario e medico del Presidio (OMISSIS), benche’ non fosse stato acquisito il parere preventivo del Comitato dei garanti presso la Regione Molise e il 28 agosto 2000 l’Assessore Regionale alla Sanita’ avesse comunicato alla AUSL che erano in corso le procedure per la costituzione del Comitato dei garanti ex articolo 23 CCNL per la dirigenza medica e veterinaria.
2. Nel giudizio di impugnazione del licenziamento instaurato dal (OMISSIS), la Corte d’appello di Campobasso – pronunciandosi sulla sentenza non definitiva del Tribunale di Campobasso – con sentenza n. 413/2005 dichiaro’ la nullita’ del recesso, in ragione della mancata acquisizione del parere preventivo obbligatorio del Comitato dei garanti previsto dall’articolo 23 CCNL per la dirigenza medica e veterinaria dell’8 giugno 2000, dopo avere chiesto all’ARAN l’interpretazione autentica di tale disposizione contrattuale.
3. Quindi il Tribunale di Campobasso, con sentenza definitiva n. 403/2007, confermo’ la dichiarazione di nullita’ del recesso anche per la natura discriminatoria dello stesso e per l’incompetenza del direttore generale ad adottarlo, trattandosi di atto di competenza dell’Ufficio per i procedimenti disciplinari; di conseguenza condanno’ la AUSL al pagamento del risarcimento dei danni in favore del (OMISSIS) per un totale di Euro 1.760.951,73.
4. Tale ultima sentenza fu confermata dalla Corte d’appello, con sentenza n. 500 del 2009 divenuta cosa giudicata.
5. Di conseguenza la Procura regionale della Corte dei conti avvio’ un’azione risarcitoria per danno erariale nei confronti del (OMISSIS) per Euro 1.018.360 mentre la restante parte del debito venne addebitata, con un distinto giudizio, al direttore generale della AUSL subentrato nel 2004, per non aver provveduto a reintegrare il (OMISSIS) benche’ diffidato a farlo.
6. Con sentenza n. 281/2017 la Seconda Sezione giurisdizionale centrale d’appello della Corte dei Conti – in accoglimento dell’appello del Procuratore Regionale per il Molise – riforma la sentenza n. 100/2012 della Sezione giurisdizionale per il Molise e, per l’effetto, condanna (OMISSIS) a pagare alla Gestione liquidatoria dell’AUSL n. (OMISSIS) di Campobasso Euro 1.018.360,00 con rivalutazione monetaria e interessi legali sulla somma rivalutata a decorrere dal 2 ottobre 2012 fino al soddisfo.
7. La Corte dei Conti, per quel che interessa, precisa che:
a) con la sentenza del Tribunale di Campobasso n. 403/2007 divenuta cosa giudicata e’ stato accertato, all’esito di un’accurata istruttoria, il carattere discriminatorio del licenziamento che rende doloso l’illecito contestato al (OMISSIS) che ha determinato il contenzioso conclusosi con la condanna risarcitoria per la AUSL;
b) sono state altresi’ sottolineate l’adozione del recesso senza attendere il parere preventivo del Comitato dei garanti nonche’ l’incompetenza del direttore generale, trattandosi di sanzione disciplinare che, in base al Decreto Legislativo n. 165 del 2001, deve essere adottata dall’Ufficio per i procedimenti disciplinari;
c) la Corte d’appello di Campobasso con sentenza n. 413/2005, anch’essa definitiva, ha ribadito il carattere persecutorio e la nullita’ del recesso per assoluta incompetenza del direttore generale;
d) tali statuizioni vanno confermate precisandosi che il calcolo della somma addebitata non e’ stato motivatamente contestato dal (OMISSIS) ne’ in primo grado ne’ nel giudizio di appello.
8. Il ricorso di (OMISSIS) domanda la cassazione di quest’ultima sentenza per un unico articolato motivo; resiste, con controricorso, il Procuratore generale presso la Corte dei conti.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1 – Sintesi delle censure.
1. Con l’unico motivo di ricorso si denunciano: difetto di giurisdizione; violazione e falsa applicazione degli articoli 3, 24, 103 e 111 Cost. nonche’ dell’articolo 6 CEDU; esercizio della giurisdizione nella sfera riservata al legislatore; abnormita’ della sentenza; violazione dei limiti esterni della giurisdizione; eccesso di potere.
Il ricorrente prospetta lo sconfinamento dei limiti esterni della giurisdizione contabile per l’adozione di una decisione che a suo avviso e’ anomala o abnorme in contrasto con i principi del giusto processo di cui all’articolo 6 della CEDU, principalmente per avere la Corte dei conti fatto riferimento alle sentenze passate in giudicato del Tribunale e della Corte d’appello di Campobasso, in assenza di una disposizione che preveda l’efficacia del giudicato civile nel processo contabile per danno erariale, diversamente da quanto disposto per il giudicato penale.
Pertanto, la sentenza impugnata sarebbe il frutto di un eccesso di potere giurisdizionale della Corte dei conti per invasione della sfera riservata al legislatore, perche’ con essa si e’ dato ingresso de plano alle sentenze rese nell’ambito del giudizio civile, in assenza di una norma che potesse consentirlo, dato il differente contenuto precettivo dell’articolo 2909 c.c. rispetto all’articolo 651 c.p.p. (che disciplina l’efficacia del giudicato penale di condanna fra l’altro nel giudizio di responsabilita’ amministrativa per danno erariale).
Tale vizio si sarebbe tradotto in una violazione del diritto di difesa del ricorrente e quindi dell’articolo 6 della CEDU perche’ la sentenza di condanna in oggetto sarebbe stata pronunciata, grazie al richiamo delle suindicate sentenze civili irrevocabili, in assenza di attivita’ istruttoria da parte della Corte dei conti e quindi senza accertare la sussistenza del dolo o della colpa grave del (OMISSIS).
2. – Esame delle censure.
2. Il ricorso e’ inammissibile, per le ragioni di seguito esposte.
3. L’articolo 111 Cost., u.c., sancisce: “Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso per cassazione e’ ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione”. In applicazione di tale principio, l’articolo 362 c.p.c. ribadisce che il ricorso per cassazione contro sentenze della Corte dei conti e’ ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.
Il concetto di “motivi inerenti alla giurisdizione” si collega ai confini della giurisdizione, che possono, con espressione sintetica, ritenersi essere di un duplice tipo: confini che distinguono le funzioni dello Stato e confini che, all’interno della funzione giurisdizionale, distinguono tra giudice ordinario, giudice amministrativo ed altri giudici speciali. La violazione dei confini costituisce una forma speciale di violazione di legge, perche’ riguarda specificamente le leggi che definiscono l’ambito della giurisdizione.
Si parla a tal proposito e con efficace espressione, di violazione dei “limiti esterni” della giurisdizione, cioe’ dei limiti correlati ai confini della giurisdizione (vedi, per tutte: Cass. SU 2 maggio 2016, n. 8586).
4. Come e’ stato di recente precisato, alla luce della sentenza n. 6 del 2018 della Corte costituzionale – la quale ha carattere vincolante perche’ volta ad identificare gli ambiti dei poteri attribuiti alle diverse giurisdizioni dalla Costituzione, nonche’ i presupposti e i limiti del ricorso ex articolo 111 Cost., comma 8, – il sindacato della Corte di cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione concerne le ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione per “invasione” o “sconfinamento” nella sfera riservata ad altro potere dello Stato ovvero per “arretramento” rispetto ad una materia che puo’ formare oggetto di cognizione giurisdizionale, nonche’ le ipotesi di difetto relativo di giurisdizione, le quali ricorrono quando la Corte dei Conti o il Consiglio di Stato affermino la propria giurisdizione su materia attribuita ad altro giudice o la neghino sull’erroneo presupposto di quell’attribuzione (Cass. 25 marzo 2019, n. 8311).
5. A cio’ consegue che e’ inammissibile il ricorso avverso una sentenza della Corte dei conti per violazione di norme di diritto o per violazione delle norme che regolano il processo davanti al giudice contabile o che ne disciplinano i poteri, essendo un simile ricorso basato sulla denuncia di vizi che attengono al modo in cui la Corte dei conti ha esercitato la propria giurisdizione (vedi, fra le tantissime: Cass. SU 12 novembre 2003, n. 17014; Cass. SU 3 dicembre 2008, n. 28653; Cass. SU 14 novembre 2018, n. 29285).
Mentre, l’eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera riservata al legislatore e’ configurabile solo allorche’ il giudice speciale abbia applicato non la norma esistente, ma una norma da lui creata, esercitando un’attivita’ di produzione normativa che non gli compete, e non invece quando si sia limitato al compito interpretativo che gli e’ proprio, anche se tale attivita’ ermeneutica abbia dato luogo ad un provvedimento “abnorme o anomalo” ovvero abbia comportato uno “stravolgimento” delle “norme di riferimento”, atteso che in questi casi puo’ profilarsi, eventualmente, un “error in judicando”, ma non una violazione dei limiti esterni della giurisdizione.
6. Nella specie, il ricorrente sostiene che la Corte dei conti abbia attribuito ai giudicati formatisi in sede civile un’efficacia che essi non avrebbero potuto avere e che, per effetto di questo errore, abbia emesso la propria decisione senza effettuare alcuna istruttoria specifica e quindi senza neppure accertare la sussistenza del dolo o della colpa grave del (OMISSIS).
Di qui l’inammissibilita’ del motivo di ricorso con il quale, sotto l’apparente denuncia di difetto di giurisdizione per superamento dei limiti esterni – in particolare, per eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera riservata al legislatore – che e’ non ipotizzabile nella specie, in sostanza si prospettano errori attinenti al modo in cui la Corte dei conti ha esercitato la propria giurisdizione.
Cosi’ si prefigurano vizi che, in ipotesi, riguarderebbero la correttezza dell’esercizio del proprio potere giurisdizionale da parte del giudice contabile, la cui valutazione resta comunque estranea al controllo effettuabile in questa sede che e’ circoscritto all’osservanza dei limiti esterni della giurisdizione e non si estende ad eventuali “errores in judicando” o “in procedendo” attribuiti al giudice speciale, il cui accertamento rientra nell’ambito del sindacato afferente i limiti interni della giurisdizione di tale giudice, salvo il caso di radicale stravolgimento delle norme di riferimento tale da ridondare in denegata giustizia (di recente: Cass. SU 14 novembre 2018, n. 29285).
7. Tale ultima evenienza qui non viene in considerazione in quanto – a prescindere dall’esistenza o meno di eventuali errori interpretativi, il cui esame esula dal presente giudizio – la fattispecie di danno su cui si e’ pronunciata la Corte dei conti e’ una tipica ipotesi di danno erariale c.d. indiretto, che e’ quel danno che amministratori o dipendenti della Pubblica Amministrazione hanno cagionato a “terzi” e che l’Amministrazione ha dovuto risarcire in esecuzione di un accordo transattivo o in ottemperanza ad una sentenza di condanna, cosi’ sopportandone l’onere (vedi, tra le tante, Corte dei conti, Sez. giur. app. 27 maggio 2015, n. 271 nonche’ Cass. SU 12 settembre 2017, n. 22251).
Nel relativo giudizio di responsabilita’ amministrativa dinanzi alla Corte dei conti – pur nella indipendenza che ne caratterizza la giurisdizione rispetto alla giurisdizione penale e civile – non si puo’ quindi non tenere conto del giudicato di condanna che, nella maggior parte dei casi, e’ civile.
8. All’affermata inammissibilita’ del ricorso consegue che non puo’ essere accolta l’eccezione con la quale si sollecitano queste SU a sollevare una questione di legittimita’ costituzionale – o anche effettuare un rinvio alla Corte EDU – in riferimento all’articolo 111 Cost. nonche’ all’articolo 117 Cost., in relazione all’articolo 6 della CEDU e all’articolo 1 del relativo Protocollo aggiuntivo.
Infatti, anche a prescindere dalla mancata indicazione delle norme cui si riferisce la suddetta eccezione, e’ assorbente l’assoluta mancanza di rilevanza di un qualunque dubbio di costituzionalita’ nel presente giudizio derivante dalla dichiarata inammissibilita’ del ricorso, che esclude di per se’ che un’eventuale questione di costituzionalita’ possa superare il vaglio di ammissibilita’ della Corte costituzionale (Corte Cost. n. 184/2006; Corte Cost. n. 1994; Corte Cost. n. 62/1993; Corte Cost. n. 10/1982; Corte Cost. n. 90/1968; Corte Cost. n. 132/1967).
3. – Conclusioni.
9. In sintesi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
10. Nulla va statuito sulle spese, in ragione della qualita’ di parte solo “in senso formale” del Procuratore generale presso la Corte dei conti (ex plurimis, Cass. SU 25 settembre 2017, n. 22251; Cass. SU 8 maggio 2017, n. 11139; Cass. SU 27 febbraio 2017, n. 4879; Cass. SU 27 dicembre 2016, n. 26995).
11. Si da atto della sussistenza dei presupposti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte del ricorrente.

P.Q.M.

La Corte, a Sezioni Unite, dichiara il ricorso inammissibile. Nulla per le spese del presente giudizio.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, si da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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