Occupazione abusiva: proprietario prova danno subito

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|3 febbraio 2025| n. 2610.

Occupazione abusiva: proprietario prova danno subito

Massima: In tema di risarcimento del danno da occupazione senza titolo di un bene immobile da parte di un terzo, il proprietario è tenuto ad allegare, quanto al danno emergente, la concreta possibilità di godimento perduta e, quanto al lucro cessante, lo specifico pregiudizio subito (sotto il profilo della perdita di occasioni di vendere o locare il bene a un prezzo o a un canone superiore a quello di mercato), di cui, a fronte della specifica contestazione del convenuto, è chiamato a fornire la prova anche mediante presunzioni o il richiamo alle nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza. Pertanto, se il danno da perdita subita di cui il proprietario chiede il risarcimento non può essere provato nel suo preciso ammontare, esso è liquidato dal giudice con valutazione equitativa, se del caso mediante il parametro del canone locativo di mercato.

Ordinanza|3 febbraio 2025| n. 2610. Occupazione abusiva: proprietario prova danno subito

Integrale

Tag/parola chiave: RESPONSABILITÀ E RISARCIMENTO – Danno – Risarcimento – Occupazione senza titolo di immobile – Danno emergente – Liquidazione – Onere probatorio del danneggiato. (Cc, articoli 832, 1223, 2043 e 2697; Cpc, articolo 115)

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FALASCHI Milena – Presidente

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. PICARO Vincenzo – Consigliere

Dott. MARCHEIS Chiara Besso – Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere Rel

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso 6251-2021 proposto da:

Ro.Sa., rappresentato e difeso dall’avv. AN.VE.ed elettivamente domiciliato all’indirizzo PEC del difensore iscritto nel REGINDE;

– ricorrente –

contro

La.Gi. e La.Ma.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1283/2020 della CORTE DI APPELLO di CATANIA, depositata il 18/07/2020;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Stefano Oliva nella camera di consiglio del 29 ottobre 2024.

Occupazione abusiva: proprietario prova danno subito

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 4942/2017 il Tribunale di Catania accoglieva la domanda di rilascio di un appartamento sito in Randazzo proposta da La.Gi. e La.Ma. nei confronti di Ro.Sa., qualificando quest’ultimo come mero detentore del bene oggetto di causa.

Con la sentenza impugnata, n. 1283/2020, la Corte di Appello di Catania rigettava il gravame interposto dal Romano avverso la decisione di prime cure, confermandola.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione Ro.Sa., affidato a tre motivi.

Gli intimati, La.Gi. e La.Ma., non hanno svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità. A seguito di proposta di definizione anticipata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. la parte ricorrente, con istanza del 12.10.2023, ha chiesto la decisione del ricorso.

In prossimità dell’odierna adunanza camerale, la parte ricorrente ha depositato memoria.

Occupazione abusiva: proprietario prova danno subito

RAGIONI DELLA DECISIONE

Preliminarmente il collegio dà atto che, a seguito della pubblicazione della sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 9611 del 10 aprile 2024, non sussiste alcuna incompatibilità del presidente della sezione o del consigliere delegato, che abbia formulato la proposta di definizione accelerata, a far parte, ed eventualmente essere nominato relatore, del collegio che definisce il giudizio ai sensi dell’art. 380-bis.1, atteso che la proposta non ha funzione decisoria e non è suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva, né la decisione in camera di consiglio conseguente alla richiesta del ricorrente si configura quale

fase distinta del giudizio di cassazione, con carattere di autonomia e contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta stessa. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la nullità della sentenza e la violazione degli artt. 132 c.p.c. e 111 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3, 4 e 5, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe deciso sulla base di una motivazione apparente, omettendo di considerare che il Romano era venuto a conoscenza della pendenza del giudizio soltanto a seguito della notificazione, nei suoi confronti, dell’ordinanza ammissiva del suo interrogatorio formale, e che, dunque, egli aveva diritto di essere rimesso in termini per la proposizione di domanda riconvenzionale di usucapione. Inoltre, la Corte distrettuale avrebbe dovuto accogliere la sospensione del giudizio di merito in pendenza di altra causa, nella quale era stata proposta la domanda di accertamento dell’usucapione di cui anzidetto. La censura è inammissibile per la parte in cui denunzia il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, perché nella fattispecie si configura una ipotesi di cd. doppia conforme.

Inammissibile è anche la contestazione del diniego della richiesta di remissione in termini, poiché la sentenza impugnata non dà atto che la questione sia stata riproposta, in appello, mediante specifico motivo di gravame. Il ricorrente, nel proporre oggi l’argomentazione, non deduce di aver proposto impugnazione avverso il diniego disposto dal Tribunale, onde la censura va ritenuta nuova.

In ogni caso, sul punto, va ribadito che la parte dichiarata contumace, che sceglie di costituirsi in ritardo, accetta il giudizio nello stato in cui esso si trova al momento della costituzione, con tutte le preclusioni eventualmente già maturate, e non ha diritto ad essere rimesso in termini per il compimento di attività processuali o difensive che avrebbe potuto compiere se si fosse costituito tempestivamente, ove non dimostri di non avere potuto conoscere, per causa a lui non imputabile, della pendenza del giudizio; cosa che, nel caso di specie, il Romano non ha dedotto di aver fatto.

Per quanto invece attiene la contestazione circa la decisione di non sospendere il giudizio, in pendenza di altra causa nella quale era stata proposta la domanda di usucapione che l’odierno ricorrente non aveva introdotto nel giudizio definito con la decisione oggi impugnata, essendosi costituito tardivamente in prime cure, va rilevata innanzitutto la genericità della censura: il ricorrente, infatti, non riporta, nemmeno per stralcio, gli atti processuali dai quali emergerebbe la sussistenza della ragione di opportunità a sostegno dell’invocata sospensione del giudizio di merito. In ogni caso, va rilevato che la censura è manifestamente infondata, posto il principio, che merita di essere ribadito, secondo cui la decisione sulla sussistenza, o meno, dei presupposti di cui all’art. 295 c.p.c. non implica esercizio di attività decisoria e non è dunque soggetta ad impugnazione, se non sotto il limitato profilo della competenza, e dunque mediante lo strumento dell’apposito regolamento (cfr., ex multis, Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 399 del 12/01/2006; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 8374 del 24/08/1998; Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 7710 del 09/03/2022). Infine, nel caso di specie i presupposti per la concessione dell’invocata sospensione neppure sussistevano, posto che i due giudizi – come emerge da pag. 2 della sentenza impugnata – pendevano in diversi gradi, dal momento che quello asseritamente presupposto era ancora pendente in prime cure, per cui al più avrebbe potuto configurarsi l’applicazione dell’art. 337 c.p.c.

Con il secondo motivo, il ricorrente denunzia la nullità della sentenza e la violazione degli artt. 132 c.p.c., 111 Cost., 948 e 1401 e ss. c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 4 e 5, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto conseguita, nella fattispecie, la prova della proprietà prevista per l’azione di rivendicazione. La censura è inammissibile.

La Corte di Appello, dopo aver inquadrato la domanda sub specie di rivendicazione, ha ritenuto conseguita la prova della proprietà del bene oggetto di causa, avendo la parte attrice dimostrato il suo diritto sino a risalire ad un acquisto a titolo originario, poiché “… dagli atti della procedura esecutiva instaurata dalla curatela del fallimento della SE. Srlrisulta che l’appartamento in oggetto è stato trasferito dall’impresa costruttrice Fr.Da. Srlalla stessa SE. Srle che, poi, quest’ultima ha, a sua volta, nominato – ex artt. 1401 e ss. c.c. – quali destinatari dell’acquisto la Lanza ed il Lazzaro, che ne sono quindi divenuti proprietari in forza di atti negoziali che consentono di risalire fino alla proprietaria (Fr.Da. Srl) a titolo originario” (cfr. pag. 4 della sentenza). Con tale passaggio motivazionale, la Corte distrettuale ha evidenziato che gli attori in rivendicazione avevano fornito la prova del loro titolo di proprietà sino a risalire al costruttore del bene, che evidentemente, in quanto tale, ne era proprietario a titolo originario, avendolo (appunto) edificato.

Occupazione abusiva: proprietario prova danno subito

A tale ricostruzione il ricorrente contrappone una lettura alternativa del fatto e delle prove, allegando che la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto del fatto, ritenuto decisivo, che l’atto di nomina degli odierni intimati non sarebbe mai stato depositato in atti del giudizio di merito. In proposito, va ribadito, da un lato, che, in presenza di una ipotesi di c.d. doppia conforme, la deduzione del vizio di omesso esame di fatto decisivo è precluso; dall’altro lato, che il motivo di ricorso non può mai risolversi in un’istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova

pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790). Né è possibile proporre un apprezzamento diverso ed alternativo delle risultanze istruttorie e documentali, dovendosi ribadire il principio per cui “L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006; conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014).

Nel caso di specie, infine, la motivazione della sentenza impugnata non risulta viziata da apparenza, né da manifesta illogica, ed è idonea ad integrare il c.d. minimo costituzionale e a dar atto dell’iter logico-argomentativo seguito dal giudice di merito per pervenire alla sua decisione (cfr. Cass., Sez. Un., Sentenza n. 8053 del 07/04/2014). Con il terzo motivo, proposto in via subordinata, il ricorrente denunzia la violazione degli artt. 1218, 1223 e 1226 c.c., nonché la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c. ed insufficienza della motivazione, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente riconosciuto agli odierni intimati il danno da occupazione senza titolo del bene oggetto di causa, parametrandolo al valore locativo. La censura è infondata.

La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione dei principi recentemente espressi dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui “In tema di risarcimento del danno da occupazione senza titolo di un bene immobile da parte di un terzo, il proprietario è tenuto ad allegare, quanto al danno emergente, la concreta possibilità di godimento perduta e, quanto al lucro cessante, lo specifico pregiudizio subito (sotto il profilo della perdita di occasioni di vendere o locare il bene a un prezzo o a un canone superiore a quello di mercato), di cui, a fronte della specifica contestazione del convenuto, è chiamato a fornire la prova anche mediante presunzioni o il richiamo alle nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza” (Cass., Sez. Un., Sentenza n. 33645 del 15/11/2022). Pertanto, “… se il danno da perdita subita di cui il proprietario chiede il risarcimento non può essere provato nel suo preciso ammontare, esso è liquidato dal giudice con valutazione equitativa, se del caso mediante il parametro del canone locativo di mercato” (Cass., Sez. Un., Sentenza n. 33645 del 15/11/2022). In definitiva, il ricorso va rigettato.

Occupazione abusiva: proprietario prova danno subito

Nulla per le spese del presente giudizio di legittimità, in difetto di svolgimento di attività difensiva da parte intimata. Poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., va applicato -come previsto dal terzo comma, ultima parte, dello stesso art. 380-bis c.p.c.- il quarto comma dell’art. 96 c.p.c., con conseguente condanna della parte ricorrente al pagamento di una somma -nei limiti di legge- in favore della cassa delle ammende.

Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento della somma di Euro 2.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, addì 29 ottobre 2024.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2025

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