L’eliminazione delle vedute abusive

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|| n. 438.

L’eliminazione delle vedute abusive

L’eliminazione delle vedute abusive, che consentono di affacciarsi e guardare nel fondo altrui, non necessariamente deve essere disposta dal giudice tramite la demolizione di quelle porzioni immobiliari costituenti il “corpus” della violazione denunciata, ben potendo la violazione medesima essere eliminata per altra via, mediante idonei accorgimenti, i quali, pur contemperando i contrastanti interessi delle parti, rispondano ugualmente al precetto legislativo da applicare al caso oggetto di cognizione. Spetta, poi, al giudice dell’esecuzione la determinazione delle concrete modalità dell’opera o la scelta tra diverse articolazioni concrete di opere aventi comuni finalità e connotazioni.

Sentenza|| n. 438. L’eliminazione delle vedute abusive 

Data udienza 10 ottobre  2023

Integrale

Tag/parola chiave: Proprieta’ – Limitazioni legali della proprieta’ – Rapporti di vicinato – Aperture (finestre) – Veduta (nozione, caratteri, distinzioni) – In genere abusiva – Eliminazione – Modalità – Demolizione delle porzioni immobiliari costituenti il ‘corpus’ della violazione – Necessità – Esclusione.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SECONDA SEZIONE CIVILE

composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice Presidente

Dott. BERTUZZI Mario Consigliere

Dott. FALASCHI Milena Consigliere

Dott. VARRONE Luca Consigliere

Dott. CHIECA Danilo Consigliere-Relatore

ha pronunciato la seguente
SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 6184/2018 R.G. proposto da: Es.Na., elettivamente domiciliata in Roma alla via … presso lo studio dell’avv. Pa.Ma.Ge., rappresentata e difesa dagli avv.ti Gi.Tr. e Ug.An.Ri.

– ricorrente –

contro

Te.Lo., elettivamente domiciliata in Roma alla via … presso lo studio dell’avv. St.Se.Ca., rappresentata e difesa dall’avv. Gi.Tr.

– controricorrente –

avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA n. 663/2017 pubblicata il 16 novembre 2017

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 10 ottobre 2023 dal Consigliere Danilo Chieca.

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Fulvio Troncone, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso

Uditi gli avv.ti Gi.Tr. e Ug.An. Ri. per la ricorrente

L’eliminazione delle vedute abusive

FATTI DI CAUSA

Te.Lo., nell’allegata qualità di proprietaria di un fabbricato adibito a uso abitativo sito in Gioiosa Ionica (RC), contrada(Omisiss), conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Locri -sezione distaccata di Siderno, Es.Na., proprietaria confinante, lamentando, fra l’altro, che costei avesse realizzato un ampliamento del suo edificio a due piani, anche mediante l’avanzamento e la sopraelevazione dell’immobile preesistente, così da realizzare una servitù di veduta senza l’osservanza delle distanze prescritte dalla legge. Chiedeva, pertanto, previo accertamento dell’inesistenza della relativa servitù a carico del suo fabbricato, la condanna della convenuta all’eliminazione o regolarizzazione delle vedute illegittimamente create, oltre che al risarcimento dei danni cagionati. Radicatosi il contraddittorio, si costituiva in giudizio la Te.Lo., unitamente al proprio coniuge Ro.Lo., volontariamente intervenuto nel processo. Entrambi, per quanto in questa sede ancora interessa, contestavano il fondamento delle avverse pretese, chiedendone il rigetto. All’esito dell’espletata istruttoria, con sentenza n. 6/2003 del 10 gennaio 2003, il Tribunale adìto condannava i convenuti all’eliminazione delle vedute dirette e oblique create a carico del fondo della Te.Lo., «mediante la rimozione dei manufatti all’uopo realizzati», come meglio descritti nella relazione redatta dal c.t.u. nominato in corso di causa, nonchè al risarcimento dei danni, liquidati in via equitativa in complessivi 3.000 euro, ponendo a loro carico anche le spese processuali. La decisione veniva appellata dai coniugi Ro.Lo Es.Na. dinanzi alla Corte distrettuale di Reggio Calabria, la quale, con sentenza n. 663/2017 del 16 novembre 2017, in parziale accoglimento dell’esperito gravame, così definitivamente statuiva: (1)accertato il difetto in capo al Lombardo della qualità di comproprietario dell’immobile dal quale veniva esercitata l’abusiva servitù di veduta, annullava le statuizioni condannatorie rese nei suoi confronti dal primo giudice, eccetto quella inerente alle spese di lite; (2)confermava, nel resto, la pronuncia impugnata; (3)condannava in solido gli appellanti alla rifusione delle spese del grado. Contro questa sentenza, notificata ex art. 285 c.p.c. il 19 dicembre 2017, la Es.Na. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.

La Te.Lo. ha resistito mediante la notifica di un controricorso.

Con ordinanza interlocutoria n. 6578/2019 del 6 marzo 2019, non ravvisando i presupposti per la pronuncia in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375, comma 1, nn. 1) e 5) c.p.c., la Sesta Sezione Civile ha rimesso la causa alla pubblica udienza di questa Sezione semplice, giusta il disposto dell’art. 380-bis, ultimo comma, del medesimo codice.

Nei termini di cui all’art. 378 c.p.c. il Pubblico Ministero ha depositato memoria, con la quale ha concluso per il rigetto del ricorso, e la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

L’eliminazione delle vedute abusive

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso viene denunciata la nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., per avere la Corte d’Appello erroneamente disatteso il motivo di gravame volto a denunciare il vizio di extrapetizione e ultrapetizione in cui era incorso il Tribunale. Si deduce, al riguardo: che il primo giudice aveva condannato la Es.Na. alla rimozione di tutte le opere descritte nella relazione peritale redatta dal c.t.u., senza considerare che alcune di queste (in particolare il vano scala e il sottotetto) risultavano prive di vedute e che, rispetto ad altre, era stata accertata dell’ausiliario l’inosservanza delle distanze legali fra costruzioni, questione estranea al thema decidendum; che, inoltre, detto giudice, anziché valutare se le vedute aperte dalla Es.Na. rispettassero le distanze prescritte dalla legge, si sarebbe preoccupato di verificare se i manufatti realizzati nel suo fondo violassero le distanze rispetto alle preesistenti vedute esercitabili dall’edificio di proprietà dell’attrice; che in tal modo, in spregio al principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato, egli aveva finito per trasformare d’ufficio l’actio negatoria servitutis esperita dalla Te.Lo. così qualificata nella stessa sentenza di primo grado- in una non proposta actio confessoria servitutis.

L’eliminazione delle vedute abusive

Con il secondo motivo viene lamentata la nullità della sentenza per motivazione omessa o meramente apparente. Si rimprovera alla Corte reggina di avere, al pari del Tribunale, fondato la propria decisione sull’acritico recepimento delle conclusioni rassegnate dal c.t.u., il quale, nel suo elaborato, non si era premurato di indicare le vedute dirette od oblique aperte dalla convenuta in violazione delle distanze legali. A causa delle evidenziate lacune della relazione peritale, l’impugnata sentenza non consentirebbe di comprendere sulla base di quali elementi il collegio calabrese abbia potuto riconoscere la fondatezza della pretesa avanzata dall’attrice e conseguentemente condannare la Es.Na. al ripristino dello status quo ante. Con il terzo motivo è prospettato l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti. Si sostiene che la Corte distrettuale avrebbe tralasciato di considerare: (a)che il contestato ampliamento dell’immobile della Es.Na. era stato eseguito assumendo come riferimento la < ultrasessantennale linea di confine> con la proprietà Te.Lo. coincidente con il punto di giunzione dei rispettivi muri di fabbrica costruiti in aderenza; (b)che la Te.Lo. aveva realizzato un muro di cinta al muro di fabbrica della Es.Na., circostanza da cui era evincibile che lo spostamento della linea di confine fra i due fondi fosse avvenuto successivamente alla sopraelevazione operata dall’odierna ricorrente; (c)che, ai fini del computo delle distanze da osservare per l’apertura delle vedute, doveva aversi riguardo alla linea di confine di cui alla precedente lettera a), e non invece a quella, ad andamento irregolare, segnata dal muro di cinta. Viene soggiunto che, sulla scorta di tali elementi, erroneamente trascurati dal giudice d’appello, doveva ritenersi provata la legittimità delle opere in questione.

Con il quarto motivo è dedotta la violazione o falsa applicazione dell’art. 99 c.p.c., nonché degli artt. 901, 905 e 906 c.c.

L’eliminazione delle vedute abusive

Si imputa alla Corte territoriale di aver immotivatamente condannato la Es.Na. alla demolizione dei manufatti che consentono l’esercizio delle vedute, quando invece sarebbe stato sufficiente ordinare la predisposizione di idonei accorgimenti atti ad impedire la possibilità di guardare e affacciarsi sul fondo della vicina, come peraltro espressamente richiesto, in via alternativa, dalla stessa attrice. Oltretutto, detti accorgimenti erano già stati preventivamente adottati dalla convenuta al momento della realizzazione delle opere contestate, in modo da rendere di fatto impossibile l’«inspicere et prospicere in alienum». Nell’ordine logico si appalesa prioritario lo scrutinio del secondo motivo, con il quale viene denunciato un vizio di nullità della sentenza che, ove ritenuto sussistente, comporterebbe l’assorbimento improprio delle ulteriori censure sollevate dalla ricorrente.

L’eliminazione delle vedute abusive

Il motivo è infondato.

La Corte distrettuale ha fornito congrua e logica spiegazione delle ragioni per le quali deve ritenersi sussistente, nel caso di specie, la dedotta violazione delle distanze prescritte dalla legge per l’apertura di vedute. In particolare, il collegio reggino ha richiamato a sostegno del decisum le risultanze della c.t.u. espletata in primo grado e i rilievi fotografici allegati alla relazione peritale, riproducenti lo stato dei luoghi, dai quali ha tratto la conclusione che nel caso di specie «le distanze delle vedute sulla proprietà aliena sono, di fatto, nulle, e pertanto realizzate in aperta violazione degli artt. 905 e 906 c.c.» (pag. 12 della sentenza, primo periodo).

Da quanto precede appare, quindi, evidente che la motivazione della sentenza non soltanto esiste materialmente, ma risulta comprensibile e non affetta da palese illogicità o contraddittorietà.

In proposito, è utile rammentare che, per costante giurisprudenza di questa Corte:

-a seguito della riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c. disposta dal D.L. n. 83 del 2012, convertito con modificazioni dalla L. n. 134 del 2012, il sindacato di legittimità sulla motivazione è ormai da ritenere ristretto alla sola verifica dell’inosservanza del c.d. «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, della Carta fondamentale, individuabile nelle ipotesi -che si tramutano in vizio di nullità della sentenza per difetto del requisito di cui all’art. 132, comma 2, n. 4) c.p.c.- di «mancanza assoluta di motivi sotto il profilo materiale e grafico», di «motivazione apparente», di «contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili» e di «motivazione perplessa od incomprensibile», esclusa qualunque rilevanza della mera «insufficienza» o «contraddittorietà» della motivazione; con la precisazione che l’anomalia motivazionale deve emergere dal testo del provvedimento impugnato, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (cfr., ex permultis, Cass. n. 20598/2023, Cass. n. 20329/2023, Cass. n. 3799/2023, Cass. Sez. Un. n. 37406/2022, Cass. Sez. Un. n. 32000/2022, Cass. n. 8699/2022, Cass. n. 7090/2022, Cass. n. 24395/2020, Cass. Sez. Un. n. 23746/2020, Cass. n. 12241/2020, Cass. Sez. Un. n. 17564/2019, Cass. Sez. Un. 19881/2014, Cass. Sez. Un. 8053/2014);

L’eliminazione delle vedute abusive

-spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, fra le complessive risultanze probatorie, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare i fatti in discussione, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvi i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr. Cass. n. 28311/2022, Cass. n. 18944/2021, Cass. n. 19523/2019, Cass. Sez. Un. n. 19525/2018). Proseguendo nell’ordine logico, va ora scrutinato il terzo motivo, con il quale si contesta l’erroneità e l’incompletezza dell’accertamento compiuto dalla Corte di merito in ordine alla sussistenza della denunciata violazione delle distanze legali per l’apertura di vedute. Tale motivo, pur non incorrendo nella preclusione stabilita dal combinato disposto dei commi 4 e 5 dell’art. 348-ter c.p.c. per il caso di duplice pronuncia conforme di merito (c.d. «doppia conforme») -non operante rispetto ai giudizi di appello introdotti, come nella specie, con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione anteriormente all’11 settembre 2012 (arg. ex art. 54, comma 2, D.L. n. 83 del 2012, convertito con modificazioni dalla L. n. 134 del 2012), è comunque inammissibile sotto altro profilo. Invero, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il fatto di cui ella lamenta l’omesso esame è stato preso in considerazione dalla Corte d’Appello, la quale l’ha però ritenuto sprovvisto di prova e conseguentemente non ne ha tenuto conto ai fini della decisione. Si legge, infatti, alle pagg. 11-12 della sentenza gravata: «Dai rilievi fotografici allegati alla c.t.u., acquisita nel primo grado di giudizio, ed ancora dalla descrizione delle opere e dalle considerazioni contenute nell’elaborato peritale, è agevole riscontrare che parte delle opere realizzate dalla Es.Na. oltrepassano, in linea d’aria, il confine delle rispettive proprietà delle parti in causa, segnato dal muro di cinta. Ciò si è verificato poiché quest’ultimo manufatto (il muro), eretto sulla linea di confine tra le corti, è di andamento obliquo (e rientrante) rispetto alla costruzione in aderenza dei fabbricati, cosicchè il balcone realizzato al primo piano nella porzione edificata dalla Es.Na. risulta invadere l’area soprastante la corte di proprietà della Te.Lo. Sul punto l’appellante assume che la costruzione del muro di confine fu postuma rispetto alla realizzazione del balcone (il cui spigolo si trovò giocoforza a prospicere in alienum), ma che le parti, a seguito della modifica dello stato dei luoghi, non avrebbero concordato la demolizione dello spigolo della veduta preesistente, “venuto a ricadere nell’area sovrastante la corte della Te.Lo.”. Ebbene, della menzionata circostanza non vi è prova in atti (tanto riguardo alla preesistenza, quanto degli accordi intervenuti tra le parti), di talché detta affermazione non può che avere quale unico effetto processuale quello di confermare quanto già rilevato dal c.t.u. incaricato dal giudice di primo grado e da quest’ultimo evidenziato nella sentenza impugnata, che il collegio ritiene di dover condividere…».

L’eliminazione delle vedute abusive

A ben vedere, quindi, sotto l’apparente deduzione del vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c., la sollevata censura degrada verso l’inammissibile richiesta di una rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito (cfr. Cass. n. 4247/2023, Cass. n. 17702/2022, Cass. Sez. Un. n. 21973/2021, Cass. Sez. Un. n. 34476/2019).

A ciò va aggiunto che, secondo il consolidato insegnamento di questo Supremo Collegio, l’omesso esame di cui alla citata disposizione del codice di rito deve riguardare non già una semplice questione o un punto, bensì un vero e proprio “fatto” in senso storico e normativo, un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza naturalistica, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante. Nell’accezione indicata, non costituiscono, invece, fatti le argomentazioni o deduzioni difensive, gli elementi istruttori, una moltitudine di fatti e circostanze o il vario insieme dei materiali di causa (cfr. Cass. n. 5616/2023, Cass. n. 976/2021, Cass. n. 17536/2020, Cass. 22397/2019). Anche se riguardato da questo diverso punto di vista, il motivo si appalesa inammissibile, posto che la stessa ricorrente fonda la censura sull’asserita , senza indicare un preciso fatto storico non esaminato dal giudice d’appello. Gli altri due motivi, ovvero il primo e il quarto in base all’ordine seguìto dal ricorrente, possono essere esaminati insieme perchè intimamente connessi.

Essi appaiono fondati e meritano, pertanto, di essere accolti, per le ragioni di seguito illustrate. Dalla stessa lettura della sentenza impugnata si ricava che in primo grado la Te.Lo. aveva semplicemente richiesto l’eliminazione delle vedute abusivamente aperte dalla Es.Na. sul fondo di essa attrice, senza espressamente instare per l’abbattimento delle opere che consentono l’esercizio di tali vedute e mostrando, anzi, sia pure attraverso l’improprio richiamo alla previsione di cui all’art. 901 c.c. in tema di luci irregolari, di reputare sufficiente alla tutela del proprio diritto l’adozione di eventuali misure accomodatrici meno radicali dell’ordine di demolizione. A fronte di una domanda formulata in questi termini, il Tribunale adìto avrebbe, quindi, dovuto limitarsi a condannare la convenuta all’eliminazione delle vedute di cui era stata accertata l’illegittima costituzione.

L’eliminazione delle vedute abusive

Come, infatti, ripetutamente affermato da questa Corte, l’eliminazione delle vedute abusive che consentono di affacciarsi e guardare verso il fondo altrui non necessariamente deve essere disposta dal giudice tramite la demolizione di quelle porzioni immobiliari costituenti il “corpus” della violazione denunciata, ben potendo porsi rimedio alla violazione medesima per altra via, mediante l’adozione di accorgimenti -come, ad esempio, l’arretramento del parapetto o l’apposizione di pannelli che rendano impossibile l’«inspicere et prospicere in alienum»- idonei a contemperare i contrastanti interessi delle parti e ugualmente rispondenti al precetto legislativo da applicare al caso oggetto di cognizione, e spettando, poi, al giudice dell’esecuzione determinare le concrete modalità di attuazione dell’obbligo di fare imposto dalla sentenza (cfr. Cass. n. 14194/2011, Cass. n. 9640/2006, Cass. n. 2959/2005, Cass. n. 10649/2004, Cass. n. 1450/1996, Cass. n. 2343 /1995). Alla stregua del suenunciato principio di diritto, al quale si intende prestare adesione, appaiono fondate le doglianze mosse dalla ricorrente contro l’impugnata sentenza, che ha confermato l’ordine di demolizione impartito dal Tribunale, omettendo, fra l’altro, di verificare se da parte della Es.Na. fossero già stati predisposti -come da lei sostenuto- validi accorgimenti atti ad impedire stabilmente e permanentemente la possibilità di «inspectio et prospectio» sul fondo della Te.Lo. (cfr. Cass. n. 1450/1996). La riconosciuta fondatezza dei motivi esaminati non impone la cassazione con rinvio dell’impugnata sentenza, in quanto, non risultando necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, a norma dell’art. 384, comma 2, seconda parte, c.p.c., mediante pronuncia di condanna della Es.Na. all’eliminazione delle vedute dirette e oblique abusivamente aperte sul fondo della Te.Lo., come descritte nella relazione redatta dal consulente tecnico d’ufficio nominato in prime cure; fermo restando che le concrete modalità di attuazione del dictum dovranno essere stabilite dal competente giudice dell’esecuzione, su ricorso della parte interessata, ai sensi dell’art. 612 del medesimo codice. Le spese dell’intero giudizio, da regolarsi in base all’esito complessivo e finale della lite, possono essere compensate per 1/3 e per la restante frazione poste a carico della Es.Na., in ragione della sua prevalente soccombenza. Per la relativa liquidazione si rimanda al dispositivo.

L’eliminazione delle vedute abusive

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il quarto motivo di ricorso, respinti gli altri; cassa l’impugnata sentenza, in relazione ai motivi accolti, e, decidendo nel merito, condanna Esterina Es.Na. all’eliminazione delle vedute dirette e oblique abusivamente aperte sul fondo di proprietà di Teresa Te.Lo.; compensa fra le parti 1/3 delle spese dell’intero giudizio e condanna la Es.Na. a rifondere alla Te.Lo. i restanti 2/3 delle spese dei due gradi di merito, come liquidate per l’intero nelle relative sentenze, e di quelle del presente grado di legittimità, liquidate in tale già ridotta misura in complessivi 1.200 euro (di cui 200 per esborsi); il tutto oltre al rimborso forfettario delle spese generali e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 10 ottobre 2023.

Depositato in cancelleria l’8 gennaio 2024.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Le sentenze sono di pubblico dominio.

La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.

Benchè le linee guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica non richiedano espressamente l’anonimizzazione sistematica di tutti i provvedimenti, e solo quando espressamente le sentenze lo prevedono, si possono segnalare anomalie, richiedere oscuramenti e rimozioni, suggerire nuove funzionalità tramite l’indirizzo e-mail info@studiodisa.it, e, si provvederà immediatamente alla rimozione dei dati sensibili se per mero errore non sono stati automaticamente oscurati.

Il presente blog non è, non vuole essere, né potrà mai essere un’alternativa alle soluzioni professionali presenti sul mercato. Essendo aperta alla contribuzione di tutti,  non si può garantire l’esattezza dei dati ottenuti che l’utente è sempre tenuto a verificare.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *