Le Luci e Vedute
Saggio dottrinario e giurisprudenziale costantemente aggiornato in forza dei collegamenti ipertestuali con sentenze della cassazione attuali
Articolo aggiornato al 30 agosto 2023
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Luci e vedute – II^ edizione 9.3.2016
Luci e Vedute – pdf – I^ edizione 24.3.2011
Sommario
A) Introduzione
Nell’ambito delle distanze tra le costruzini ricopre un ruolo fondamentale l’istituto anche questo di matrice civilistica delle “luci e Vedue” riportato nel Libro III – Capo II – sezione VII – artt. 900 e ss.
In tale paragrafo si cercherà di affrontare, con un taglio sistematico giurisprudenziale, la tematica delle luci e delle vedute in alcuni dei loro aspetti, essendo argomenti di vasta portata.
Orbene, in linea di principio l’interesse di ciascun proprietario a ricevere aria e luce dalle finestre del proprio edificio, rispettando le dovute distanze come si avrà modo di specificare, è potenzialmente in conflitto con l’interesse del vicino a non trovarsi esposto a sguardi indiscreti o a minacce della sicurezza propria e dei propri beni.
Il codice civile regola in maniera dettagliata la possibilità di ottenere luce e aria dal fondo del vicino aprendo delle finestre o balconi sul muro che, oltre a far entrare luce e aria nella costruzione, permettono anche di guardare il fondo del vicino, fatto che non sempre potrebbe essere gradito per le resistenze del vicino.
Pertanto, pur non volendo essere ripetitivo, la funzione principale di queste norme sta nella necessità di contemperare due esigenze contrapposte entrambe meritevoli di tutela.
A) Da un lato il diritto del proprietario del fondo a goderne nel modo migliore possibile. Nel caso delle luci e delle vedute ciò consiste nella possibilità di illuminare ed arieggiare meglio gli ambienti per una migliore fruibilità e salubrità.
B) Dall’altro lato, in contrasto, vi è il diritto del vicino a non vedere lese la propria riservatezza e sicurezza che potrebbero essere effettivamente compromesse dall’apertura di finestre.
Le aperture praticabili nel muro rivolto verso il fondo altrui sono giuridicamente (Codice Civile) qualificate finestre e possono essere esclusivamente di due: le luci e le vedute.
art. 900 c.c. Specie di finestre
Le finestre o altre aperture sul fondo del vicino sono di due specie: luci, quando danno passaggio alla luce e all’aria, ma non permettono di affacciarsi sul fondo del vicino; vedute o prospetti, quando permettono di affacciarsi e di guardare di fronte, obliquamente o lateralmente.
Secondo oramai un principio espresso a più riprese dalla Giurisprudenza e della dottrina in tema di aperture sul fondo del vicino deve escludersi[1] l’esistenza di un tertium genus diverso dalle luci e delle vedute; ne consegue che l’apertura priva delle caratteristiche della (o del prospetto) non può che essere qualificata giuridicamente come luce.
Sul punto di recente la Cassazione
Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|17 novembre 2021| n. 34824
ha affermato che in tema di aperture sul fondo del vicino, non ammettendo la legge l’esistenza di un “tertium genus” oltre alle luci ed alle vedute, va valutata quale luce e, pertanto, sottoposta alle relative prescrizioni legali, anche in difetto dei requisiti a tale scopo prescritti dalla legge, l’apertura che sia priva del carattere di veduta o prospetto. In tal caso, dunque, il proprietario del fondo vicino può sempre pretenderne la regolarizzazione, tenuto conto che il possesso di luci irregolari, sprovvisto di titolo e fondato sulla mera tolleranza del vicino, non può condurre all’acquisto, per usucapione della corrispondente servitù.
Differente dal concetto di luci e vedute è il diritto di panorama.
Il diritto di panorama è il diritto di ciascuno di godere dello spazio, della luce e, per quando possibile, del verde nella prossimità della propria abitazione.
Questo diritto, tuttavia, non corrisponde a una specifica fattispecie normativa.
La sua tutela è dunque regolata dalle medesime norme sulle distanze fra le costruzioni, sulle luci e sulle vedute (artt. 900-907 c.c.) e, più in generale, dal diritto di proprietà (art. 832 c.c.).
Secondo la Suprema Corte[2] la panoramicità del luogo consiste in una situazione di fatto derivante dalla bellezza dell’ambiente e dalla visuale che si gode da un certo posto che può trovare tutela nella servitù altius non tollendi[3], non anche nella servitù di veduta, che garantisce il diritto affatto diverso di guardare e di affacciarsi sul fondo vicino.
A parità di condizioni generali, il panorama costituisce un vantaggio, una qualità positiva per un appartamento, di cui accresce il pregio e, di conseguenza, il valore economico.
Allo stesso modo della posizione, dell’esposizione, dell’altezza del piano rispetto al suolo, il panorama raffigura una qualità, specifica e individuale, la cui esistenza accresce, in misura più o meno considerevole, il valore dell’unità abitativa anche rispetto alle altre unità immobiliari presenti nello stesso edificio.
Tale violazione, logicamente comporta un risarcimento specifico e sul punto, di recente, è intervenuto anche il Consiglio di Stato[4] secondo il quale, il cd “diritto al panorama”, di matrice prevalentemente pretoria, viene ricondotto nell’ambito delle norme del Codice Civile inerenti alle distanze, alle luci ed alle vedute (artt. 900 – 907 c.c.).
In particolare, in tema di diritto al panorama, la Corte di Cassazione[5] ha avuto modo di chiarire che si è in presenza di una “servitù altius non tollendi[6] nella quale l’utilitas è rappresentata dalla particolare amenità di cui il fondo dominante viene ad essere dotato per il fatto che essa attribuisce ai suoi proprietari il godimento di una particolare visuale, esclusa essendo la facoltà del proprietario del fondo servente di alzare costruzioni o alberature – quand’anche per altri versi consentite – che pregiudichino o limitino tale visuale. La servitù in questione è una servitù negativa, perché conferisce al suo titolare non la facoltà di compiere attività o di porre in essere interferenze sul fondo servente, ma di vietare al proprietario di quest’ultimo un particolare e determinato uso del fondo stesso.
Poiché, dunque, il panorama costituisce un valore aggiunto ad un immobile, che ne incrementa la quotazione di mercato e che corrisponde ad un interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico, la sua lesione, derivante dalla sopraelevazione o costruzione illegittima di un fabbricato vicino, determina un danno ingiusto da risarcire: infatti, il pregiudizio consistente nella diminuzione o esclusione del panorama goduto da un appartamento e tutelato dalle norme urbanistiche, secondo determinati standard edilizi a norma dell’art. 872 c.c., costituisce un danno ingiusto, come tale risarcibile la cui prova va offerta in base al rapporto tra il pregio che al panorama goduto riconosce il mercato ed il deprezzamento commerciale dell’immobile susseguente al venir meno o al ridursi di tale requisito[7].
Occorre individuare i parametri utili per poter quantificare la somma dovuta.
A tal fine, la giurisprudenza[8] ha configurato, come termini di paragone, il pregio per il panorama di cui gode l’appartamento e che è riconosciuto dal mercato immobiliare ed il deprezzamento commerciale dell’immobile susseguente al venir meno della panoramicità.
Fatto questo necessario inciso sul diritto di panorama è opportuno già analizzare alcune problematiche sorte in merito alle scale, i ballatoi e le porte.
Secondo Giurisprudenza consolidata, avendo la funzione di consentire il passaggio delle persone non possono configurare vedute a meno che quando – indipendentemente dalla funzione primaria del manufatto – risulti obiettivamente possibile, in via normale, per le particolari situazioni o caratteristiche di fatto, anche l’esercizio della prospectio ed inspectio su o verso il fondo del vicino.
Infatti secondo alcune sentenze di merito[9] una porta non può essere considerata semplice luce irregolare, poiché la sua funzione non è quella di illuminare un locale e di consentire il passaggio dell’aria, ma quella di consentire il passaggio delle persone ovvero di impedirlo e quindi può essere aperta senza rispettare le distanze prescritte negli artt. 905 e 906 c.c. per le vedute, salvo che sia strutturata in modo da consentire di guardare nel fondo del vicino (porta – finestra).
In altre parole, si ha la dicotomia di porta-finestra quando tali aperture oltre al loro utilizzo principale (ossia il diritto di passaggio) permettono l’affaccio.
Tale principio è stato, come detto, espresso più volte dalla Corte di Cassazione[10], secondo la quale in tema di limitazioni legali della proprietà, le scale, i ballatoi e le porte, pur essendo fondamentalmente destinati all’accesso dell’edificio, e soltanto occasionalmente od eccezionalmente utilizzabili per l’affaccio, possono configurare vedute quando – indipendentemente dalla funzione primaria del manufatto – risulti obiettivamente possibile, in via normale, per le particolari situazioni o caratteristiche di fatto, anche l’esercizio della prospectio ed inspectio su o verso il fondo del vicino.
In tema, è rilevante anche altro intervento della Cassazione
Corte di Cassazione, sezione II civile, sentenza 26 luglio 2016, n. 15458
a mente del quale l’art. 900 cod. civ. stabilisce che le finestre e le altre aperture sul fondo del vicino sono di due specie: “luci”, quando danno passaggio alla luce e all’aria, ma non permettono di affacciarsi sul fondo del vicino; “vedute o prospetti”, quando permettono di affacciarsi e di guardare di fronte, obliquamente o lateralmente.
Essenziale rilievo, ai fini dello scrutinio della censura in esame, assume la definizione del concetto di “finestra” e di “altra apertura”.
Questa Corte – si continua a leggere nella sentenza in commento – ha affermato che, ai fini dell’applicabilità delle norme di cui agli artt. 900 e segg. cod. civ., per “porta” deve intendersi un’apertura praticata in una parete o in una recinzione al fine di crearvi un passaggio, mentre per “finestra” (che può costituire veduta o luce a seconda che consenta o meno l’affaccio) deve intendersi quella apertura praticata nelle pareti esterne di un edificio al fine di consentire l’areazione e l’illuminazione degli ambienti interni (Sez. 2, Sentenza n. 1954 del 27/04/1989, Rv. 462590).
Anche il concetto di “apertura” presuppone un’apertura praticata in una parete o in una recinzione; anche se tale concetto è stato esteso dalla giurisprudenza fino a ricomprendervi la terrazza di copertura dell’edificio e il lastrico solare (Sez. 2, Sentenza n. 7267 del 12/05/2003, Rv. 562925; Sez. 2, Sentenza n. 5718 del 10/06/1998, Rv. 516271; Sez. 2, Sentenza n. 2084 del 05/04/1982, Rv. 419948; Sez. 2, Sentenza n. 2698 del 11/05/1979, Rv. 399018).
Va tuttavia considerato che l’”apertura” presuppone, in ogni caso, la realizzazione di una fabbrica, di un’opera creata dall’uomo; mentre non è configurabile un’”apertura” in mancanza di opera dell’uomo e con riferimento all’assetto naturale dei terreni. In altri termini, il concetto di apertura implica – anzitutto sul piano logico – il riferimento a costruzioni o installazioni umane; non vi può essere, invece, apertura se si è già all’aperto, nel naturale piano di campagna dei fondi.
A conclusione delle esegetiche argomentazione la Cassazione ha affermato il seguente principio:
A tenore dell’art. 900 cod. civ., le luci sono costituite dalle finestre e dalle altre aperture sul fondo del vicino che danno passaggio alla luce e all’aria, ma non permettono di affacciarsi sul fondo predetto; ne consegue che non costituisce “luce” una rete metallica apposta all’aperto sul confine col fondo del vicino, la quale non svolga la funzione di dare luce ed aria ad una fabbrica, ma serva solo alla protezione delle proprietà o – trattandosi di fondi in dislivello – anche di tutela della incolumità delle persone.
Sempre secondo la Cassazione[11] al fine di configurare la veduta da terrazze, lastrici solari e simili, è necessario che queste opere, oggettivamente considerate, abbiano quale destinazione normale e permanente, anche se non esclusiva, quella di rendere possibile l’affacciarsi sull’altrui fondo vicino, così da determinare il permanente assoggettamento al peso della veduta: e non occorre che tali opere siano sorte per l’esclusivo scopo dell’esercizio della veduta, essendo sufficiente che esse per l’ubicazione, la consistenza e la struttura, abbiano oggettivamente la detta idoneità.
L’esistenza di un’opera muraria munita di parapetti e di muretti, dai quali sia obiettivamente possibile guardare e affacciarsi sul fondo del vicino, è sufficiente a integrare una veduta e il possesso della relativa servitù, senza che occorra anche la continuità dell’utilizzazione dell’opera e l’esercizio effettivo dell’affaccio, essendo la continuità dell’esercizio della veduta normalmente assorbita nella situazione obiettiva dei luoghi e non occorre che tali opere siano sorte per l’esercizio esclusivo della veduta, essendo sufficiente che rendano possibile tale esercizio.
Da ultimo nuovamente la Cassazione
Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 10 ottobre 2018, n. 24956.
è tornata sul punto affermando che in tema di limitazioni legali della proprieta’, le scale, i ballatoi e le porte, pur essendo fondamentalmente destinati all’accesso dell’edificio, e soltanto occasionalmente od eccezionalmente utilizzabili per l’affaccio, possono configurare vedute quando – indipendentemente dalla funzione primaria del manufatto – risulti obiettivamente possibile, in via normale, per le particolari situazioni o caratteristiche di fatto, anche l’esercizio della prospectio ed inspectio su o verso il fondo del vicino.
Peraltro, a norma dell’articolo 900 c.c., per veduta – prospetto deve intendersi l’apertura destinata per sua normale e prevalente funzione a guardare e ad affacciarsi verso il fondo del vicino, cioe’ le finestre, i balconi, le terrazze e simili, mentre tale qualifica non spetta, di regola, ad altri manufatti, portoni, ballatoi etc., destinati principalmente all’ingresso e al passaggio delle persone e non a consentire la sosta e l’affaccio verso il fondo altrui.
Soprattutto le porte sono destinate, in generale, all’accesso a locali ed alla uscita da essi e, pertanto, e’ necessario che una loro eventuale congiunta destinazione funzionale alla veduta risulti da elementi non equivoci, che denuncino stabilmente tale ulteriore funzione, la quale non puo’ desumersi dal fatto che, al momento della loro apertura e fino alla loro chiusura, esse possano occasionalmente permettere di guardare sui fondi circostanti
Infine, in materia di apertura di luci o vedute, le norme sulle distanze legali attribuiscono al privato una posizione di diritto soggettivo, sul quale, in mancanza di una espressa previsione di legge, non possono incidere atti della p.a. come le concessioni edilizie; ne deriva che la controversia nascente dal mancato rispetto di tali norme rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, senza che in contrario assuma rilievo l’idoneità delle stesse norme a costituire per la p.a. direttive nella formazione dei piani di zona, cui devono conformarsi le suddette concessioni edilizie[12].
Conforme è anche una sentenza del Tribunale di Bologna[13] secondo la quale nelle controversie in tema di rispetto di luci e distanze legali la concessione edilizia attiene esclusivamente ai rapporti tra privato costruttore e pubblica amministrazione, ed è pertanto ininfluente con riguardo ai rapporti esclusivamente privatistici tra privati confinanti; ne discende che il confinante non può dolersi dell’inosservanza delle prescrizioni contenute nella concessione edilizia, se tale violazione non integri, al tempo stesso, un’inosservanza delle norme di cui agli artt. 901 c.c. e segg., poste a tutela di diritti soggettivi.
B) Le luci
Per luci si intende il diritto, iure proprietatis e jure servitutis (le differenza saranno affrontate dopo), di effettuare sul proprio fabbricato aperture verso il fondo del vicino allo scopo di attingere luce ed aria (funzione positiva), senza affacciarsi (funzione negativa) su quello, stabilendo i requisiti di altezza e di sicurezza (collocazione di inferriate e grate fisse) alla cui sussistenza è condizionata la limitazione del diritto del vicino.
In particolare secondo la previsione del codice civile rientrano nel concetto di luce: le aperture munite di inferriate con maglie di cmq. 3 massimo, con il davanzale a non meno di m. 2,5 dal pavimento del piano terreno o a non meno di m. 2 dei piani superiori e a non meno di m. 2,5 dal fondo del vicino sono chiamate luci [14].
Esse consentono solamente il passaggio della luce e dell’aria, ma non un comodo e facile affaccio.
Inoltre, tali requisiti non sono assoluti, poiché ai sensi dell’art. 902 c.c. anche se manca uno di quest’ultimi, ma comunque sia inibita la veduta del fondo del vicino, siamo in presenza di luci, anche se il vicino avrà comunque il diritto di chiederne la conformità.
Esse possono essere aperte nel muro proprio o nel muro comune, ma in questo caso occorre il consenso del confinante, a meno che non si tratti di una sopraelevazione a cui egli non ha voluto contribuire.
In altre parole, le luci possono infatti avere le più svariate dimensioni, da semplici fori o feritoie a grandi aperture.
La luce non presenta all’esterno alcun aggetto o sporgenza, ma deve essere a filo della parete.
Infine, possono essere chiuse quando si costruisce in aderenza.
art. 901 c.c.[15] Luci
Le luci che si aprono sul fondo del vicino devono:
1) essere munite di un’inferriata idonea a garantire la sicurezza del vicino e di una grata fissa in metallo le cui maglie non siano maggiori di tre centimetri quadrati;
2) avere il lato inferiore a un’altezza non minore di due metri e mezzo dal pavimento o dal suolo del luogo al quale si vuole dare luce e aria, se esse sono al piano terreno, e non minore di due metri se sono ai piani superiori;
3) avere il lato inferiore a un’altezza non minore di due metri e mezzo dal suolo del fondo vicino, a meno che si tratti di locale che sia in tutto o in parte a livello inferiore al suolo del vicino e la condizione dei luoghi non consenta di osservare l’altezza stessa.
B) – 1) Le luci irregolari
art. 902 c.c. apertura priva dei requisiti prescritti per le luci L’apertura che non ha i caratteri di veduta o di prospetto è considerata come luce, anche se non sono state osservate le prescrizioni indicate dall’articolo 901.
Il vicino ha sempre il diritto di esigere che essa sia resa conforme alle prescrizioni dell’articolo predetto.
In materia di luci e vedute, un’apertura priva dei caratteri della veduta o del prospetto è considerata luce, anche se carente dei requisiti di cui all’art. 901 c.c.; in tale ipotesi, il vicino ha sempre facoltà[16] di chiederne la “regolarizzazione“, di domandare cioè che la luce “irregolare” sia resa conforme alle prescrizioni del predetto articolo.
Inoltre, è bene già anticipare che non è acquisibile per usucapione[17] o per destinazione del padre di famiglia una servitù di luce irregolare sia perché difetta il requisito dell’apparenza, sia perché, ai sensi dell’art. 902 c.c. il vicino ha sempre il diritto di esigerne la regolarizzazione[18].
In merito alla regolarizzazione, la S.C.[19] ha stabilito che l’art. 901, c.c. ha una previsione – ai numeri 2 e 3 – secondo la quale le luci che si aprono sul fondo del vicino devono avere, quanto all’altezza, un doppio requisito: a) un’altezza minima interna (con riferimento al posizionamento del lato inferiore della luce) non minore di m. 2,50 dal pavimento o dal suolo del luogo al quale si vuole dare aria e luce, se esse sono al piano terra, e non minore di 2 metri, se sono ai piani superiori; b) un’altezza esterna non minore di 2,50 metri dal suolo del fondo vicino, a meno che si tratti di un locale che sia in tutto o in parte a livello inferiore al suolo del vicino e la condizione dei luoghi non consenta di osservare l’altezza stessa.
Anche perchè con altra pronuncia la stessa Corte[20] ha avuto modo di stabilire categoricamente: le aperture che il proprietario apre sul muro, quando sono tamponate con vetrocemento, sono da considerarsi luci irregolari e come tali non conformi a quanto previsto dall’art. 901 del codice civile. Sono da considerarsi luci irregolari, infatti, tutte quelle parti del muro che per la natura del materiale impiegato, per la struttura o la conformazione o per il modo nel quale siano state inserite nel muro e rese con questo solidale, non possono dirsi parte integrante della preesistente costruzione, in difetto dei requisiti di stabilità, consistenza, sicurezza e coibenza, sì da costituire un semplice mezzo per impedire l’affaccio o il solo passaggio dell’aria.
Principio in piena contraddizione con altro della medesima Corte secondo cui, invece, non costituiscono luci in senso tecnico giuridico, soggette alla disciplina dell’art. 901 c.c., quelle parti del muro perimetrale nelle quali sia stato inserito materiale di altra natura, quale in particolare il vetrocemento, il quale, pur consentendo il passaggio della luce, presenta caratteristiche analoghe a quelle del materiale impiegato per la costruzione del muro ed adempie alla medesima funzione di delimitazione e di riparo assegnata a quest’ultimo.
Viceversa, vanno considerate luci irregolari quelle altre parti del muro le quali, o per la natura del materiale impiegato, o per la struttura o conformazione di questo, o per il modo nel quale esso sia stato inserito nel muro e reso con questo solidale, non possono dirsi parte integrante della preesistente costruzione, in difetto dei necessari requisiti di stabilità, consistenza, sicurezza, coibenza, si’ da costituire un semplice mezzo per impedire l’affaccio od il solo passaggio dell’aria.
Ritornando sul tema della regolarizzazione dell’apertura irregolare, secondo recente Cassazione[21], è stata, nuovamente segnalata la necessità di dotarla dei tre requisiti strutturali previsti dall’art. 901 c.c. e cioè: l’inferriata, la grata in metallo e l’altezza;
- L’inferriata serve a garantire la sicurezza del vicino (si ritiene infatti sicura un’inferriata di dimensioni tali da impedire il passaggio di una persona);
- la grata serve ad impedire l’immissione nel fondo del vicino di cose gettate dalla finestra;
- l’altezza minima, sia interna che esterna, serve ad impedire l’esercizio della veduta sul fondo vicino. Con l’ulteriore precisazione che tutti gli elementi sono essenziali e che nessun elemento componente dell’apertura, come davanzale o grata metallica, deve fuoriuscire dal profilo esterno del muro, nel quale la luce è realizzata.
B) – 2) Le luci sul muro di confine
art. 903 c.c. luci nel muro proprio o nel muro comune
Le luci possono essere aperte dal proprietario del muro contiguo al fondo altrui.
Se il muro è comune, nessuno dei proprietari può aprire luci senza il consenso dell’altro; ma chi ha sopraelevato il muro comune può aprirle nella maggiore altezza a cui il vicino non abbia voluto contribuire.
Per l’apertura di luci, inoltre, non è prevista alcuna distanza dal fondo vicino; esse, pertanto, possono essere realizzate anche sul muro di confine, tenendo presente che:
1) se il muro è comune, nessuno dei proprietari può aprire luci senza il consenso dell’altro; il consenso deve essere manifestato per iscritto[22], deve conseguentemente reputarsi irrilevante l’eventuale consenso manifestato oralmente.
2) se tuttavia uno dei proprietari ha sopraelevato il muro comune, egli acquista il diritto di aprire luci nella maggiore altezza cui il vicino non abbia voluto contribuire (art. 903 c.c.).
Esula dall’applicazione della normativa prevista dagli artt. 901 e 904 c.c. quell’apertura che si apre in un muro comune tra un vano e l’altro del medesimo edificio con lo scopo di dare ad uno di essi aria e luce attraverso l’altro.
Tale apertura non costituisce estrinsecazione del diritto di proprietà, ossia manifestazione di una facultas del diritto di dominio, ma ponendo in essere in via effettuale l’invasione della sfera di godimento della proprietà altrui, ha sostanza, struttura e funzione di uno ius in re aliena acquistabile, quindi, ex lege mediante usucapione o destinazione del padre di famiglia, sempreché l’apertura si concreti in opere visibili e permanenti destinate ad un inequivoco e stabile assoggettamento del vano, sì da rilevare all’esterno l’imposizione di un peso a suo carico per l’utilità dell’altro[23].
Su tale punto da ultimo è intervenuta la Cassazione
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 22 marzo 2016, n. 5594
affermando il seguente principio: la facoltà di trasformare una veduta illegittima in luce, quale si desume dall’art. 903 c.c., presuppone che anche questa debba essere aperta lungo il medesimo muro preesistente, in mancanza del quale non può darsi trasformazione dell’una apertura nell’altra. È pertanto da escludere che la veduta esercitata da un balcone posto a distanza inferiore a quella di cui all’art. 905, cpv. c.c., possa essere eliminata e trasformata in luce previo tamponamento su tre lati del balcone stesso, cioè creando ex novo dei muri che, a loro volta, integrerebbero gli estremi di una costruzione da tenere a distanza ancora maggiore, in quanto la reintegrazione di un diritto leso non può essere attuata provocando una lesione di tipo diverso.
B) – 3) Il diritto di chiudere le luci
art. 904 c.c. Diritto di chiudere le luci
La presenza di luci in un muro non impedisce al vicino di acquistare la comunione del muro medesimo né di costruire in aderenza.
Chi acquista la comunione del muro non può chiudere le luci se ad esso non appoggia il suo edificio.
L’art. 904 c.c. attribuisce al vicino (rectius, al proprietario del fondo finitimo) il potere di chiudere le luci mediante costruzione in appoggio – previo acquisto della comunione – o in aderenza al muro nel quale esse sono aperte, vietando pertanto ogni altra differente modalità di chiusura o oscuramento delle luci.
La natura di tale diritto
Orbene, viene in aiuto una delle prime, se non la prima dal dopo guerra ad oggi, tra le pronunce della Cassazione[24] in merito agli istituti trattati: il diritto che ha il proprietario di aprire luci nel muro di un suo fabbricato, costruito sul confine, con il fondo del vicino, non pone in essere, per dette luci, un jus in re aliena, e, cioè una servitù, ma costituisce un’estrinsecazione del diritto di proprietà, in re propria, riconosciuto al proprietario dalla legge, e non derivante da una concessione contrattuale da parte del vicino, o da una concessione precaria, per amicizia o cortesia, da parte del vicino medesimo.
Tali luci, una volta aperte, secondo l’osservanza delle norme stabilite dall’art.901 c.c. danno vita ad un diritto condizionato; e, cioè, esse possono essere chiuse solo quando si verifichino le ipotesi tassativamente previste dall’art. 904 c.c. (anche se in realtà come da sentenza del Tribunale di Bologna successivamente riportata, tale principiò non è più assoluto)
Il codice vigente ha conservato, per il vicino, la facoltà di sopprimere le luci di tolleranza nell’ipotesi, già prevista dal codice civile del 1865, dell’appoggio della sua costruzione a quella del proprietario del fondo contiguo; ma ha concesso altresì la facoltà di oscurare dette luci, anche in una seconda ipotesi; se, cioè il vicino costruisce in aderenza del fondo contiguo, un suo edificio o un suo manufatto murario. Un questo secondo caso, però, deve trattarsi di una costruzione autonoma, che non si concreti in un atto di semplice vessazione o emulazione; e, cioè, di una costruzione la cui finalità non si esaurisca nell’aggravio e nel danno del fondo del vicino, con l’oscuramento delle luci aperte nel suo muro; ma che abbia una qualsiasi utilità, anche per chi abbia posto in essere detta costruzione.
Le luci di tolleranza debbono tenersi distinte dalle servitù attive di luce ad aria che il proprietario abbia acquistato sul fondo del vicino; l’esistenza di siffatte servitù impedisce, in ogni caso, al vicino la richiesta della medianza del muro o l’oscuramento, con costruzione in aderenza.
Per contro, l’esistenza delle cosiddette luci di tolleranza impedisce al vicino di oscurarle o sopprimerle, solo nelle ipotesi tassativamente specificate nell’art. 904 del vigente codice civile.
Ai fini della tutela possessoria[25], basta ricorra l’ipotesi del possesso di un diritto qualunque esso sia, che si esplichi su di una cosa corporale; e che si estrinsechi in atti di materiale godimento, qualunque sia la qualifica giuridica di tale godimento (nella specie, è stato ritenuto tutelabile, con l’azione di spoglio, il possesso di semplici luci di tolleranza).
Sono ammessi, in sede possessoria accertamenti anche di carattere petitorio, quando questi siano indispensabili ai fini possessori e senza che si alteri, per ciò, la natura del giudizio possessorio. Ciò si verifica in tutti i casi in cui il convenuto eccepisca; feci, sed iure feci; e, cioè nei casi in cui il convenuto, specie in materia di compossesso, abbia per legge o per contratto, anche un diritto proprio nei confronti del diritto dell’attore; e sorge, perciò la necessità di vedere se egli abbia mantenuto la sua azione nei limiti precisi del suo diritto.
In un’altra nota sentenza la S.C.[26] ha osservato, senza volere però essere ripetitivo ma solo al fine di rendere più chiaro possibile il concetto, che in merito all’art. 904 c.c. si prevedono due distinte ipotesi diversamente regolate, nelle quali la facoltà del proprietario del muro al mantenimento delle luci aperte su di esso è considerata recessiva rispetto al diritto potestativo del vicino di chiuderle:
1) la prima, che ha come presupposto l’esercizio da parte del vicino del diritto di acquistare la comunione del muro altrui, nella quale la chiusura delle luci su tale muro esistenti è subordinata alla condizione che questi, acquistata la comunione, realizzi in appoggio al muro stesso un’opera qualificabile come “edificio”;
2) la seconda, che attiene alla realizzazione da parte del vicino di un manufatto posto solo in aderenza al muro altrui dotato di luci, senza l’acquisto della comunione di esso, né di appoggio ad esso, nella quale, riconoscendo il diritto potestativo di chiudere dette luci, nessuna specifica caratteristica o modalità di realizzazione del manufatto è prevista, salvo che integri i requisiti di una “costruzione” stabile e permanente tale da recare da sola un’utilità al proprietario o a chi ne usi.
In altre parole il diritto di chiudere le luci presenti nel muro del vicino, costruendo in aderenza a questo, non può esercitarsi, per il principio generale del divieto degli atti emulativi[27] di cui all’art. 833 stesso codice, al solo scopo di arrecare nocumento e molestia al vicino, senza alcun vantaggio proprio[28].
Pertanto, tale disciplina è ispirata all’esigenza dell’equo contemperamento dei contrapposti interessi.
Ebbene superando il principio su esposto della Sentenza del ’48, il diritto di chiudere le luci nell’immobile confinante, da parte del proprietario del fondo posto a sua volta a confine con il predetto bene, non si esaurisce nelle ipotesi della costruzione “in appoggio” o “in aderenza”, le quali, per quanto oggetto di unica e peculiare previsione normativa, non sono tassative ed esaustive, né costituenti il numerus clausus dei casi legittimanti l’esercizio del diritto stesso[29].
Infine, ulteriore deroga viene data dalla normativa antisismica[30], poiché l’art. 9, 3° comma, l. 25 novembre 1962 n. 1684 prescrive, con riguardo alle costruzioni nelle zone sismiche, l’adozione nei fabbricati contigui di appositi giunti di oscillazione, il concetto generale di costruzioni in aderenza deve essere adeguato nelle località anzidette al disposto della legislazione speciale e va, pertanto, riferito a quello che fra i due edifici contigui preveda la sola distanza configurata dal giunto idoneo a consentire la libera ed indipendente oscillazione; ne discende che la facoltà del vicino di chiudere le altrui finestre lucifere è consentita, ai sensi dell’art. 904 c.c., quando costruisca in aderenza con la osservanza delle disposizioni antisismiche, lasciando fra i due fabbricati il giunto di oscillazione[31].
C) Le Vedute
Per le vedute è pregnante il concetto di esclusione ovvero: quando non ci sono le caratteristiche per le luci regolari ed irregolari si tratta di vedute.
Esse devono essere tenute a distanza di un metro e mezzo dal vicino, anche quando le costruzioni sono a diversa altezza.
La stessa distanza vale per i balconi, le terrazze ed altri sporti che consentono l’affaccio.
La distanza non va rispettata se tra i due fondi passa una via pubblica di qualunque larghezza essa sia [32].
Deve considerarsi ormai jus receptum che la prospectio sia elemento necessario, insieme con l’inspectio, per la qualificazione delle aperture come vedute.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione[33] sono intervenute, al fine di meglio specificare quando possa parlarsi correttamente di veduta, affermando che affinché sussista una veduta a norma dell’art. 900 c.c., è necessario, oltre al requisito della inspectio anche quello della prospectio nel fondo del vicino, dovendo detta apertura non solo consentire di vedere e guardare frontalmente, ma anche di affacciarsi, vale a dire di guardare non solo di fronte, ma anche obliquamente e lateralmente, così assoggettando il fondo alieno ad una visione mobile e globale.
In altre parole, [34] può configurarsi una veduta, quando l’apertura, il terrazzo o il balcone da cui essa sia praticata risultino “muniti di parapetto” atto a consentire, almeno, di guardare e di mostrarsi senza esporsi al pericolo di cadute. Ne consegue che va esclusa l’esistenza di una veduta allorquando il parapetto di un terrazzo non consente, in concreto, neanche una inspectio comoda e non pericolosa – in quanto manifestamente inidoneo a preservare l’eventuale osservatore dal pericolo di cadute – ed ha solo la funzione di delimitazione della platea.
Sul punto è tornata nuovamente la Cassazione
Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 10 febbraio 2020, n. 3043.
riaffermando che la servitù di veduta viene definita come il diritto del titolare di un fondo di affacciarsi sul fondo del vicino e di godere della vista senza incontrare, prima di una certa distanza, ostacoli di alcun genere: un’apertura che non possa essere considerata come veduta è una luce irregolare (articolo 902 Codice civile). In base a questo principio è stato escluso che la semplice copertura di un edificio priva di parapetto possa assumere i caratteri di terrazza da qualificare come veduta o, più semplicemente, come luce, anche se su di essa si possa normalmente accedere. La praticabilità può semmai rilevare per qualificare il bene come luce irregolare, ben potendo il vicino anche in questo caso pretendere l’adeguamento ai requisiti previsti dalla legge per le luci.
La assenza di parapetto su una terrazza di copertura di un edificio costituisce elemento decisivo per escludere che l’opera abbia i caratteri della veduta o del prospetto, anche se essa sia di normale accessibilità e praticabilità da parte del proprietario. La praticabilità può valere ai fini della qualificazione della situazione come luce irregolare, in ordine alla quale il vicino ha sempre il diritto di esigere l’adeguamento ai requisiti stabiliti per le luci. Per escludere anche questa seconda configurazione giuridica è necessario accertare, avuto riguardo all’attuale consistenza e destinazione dell’opera, oggettivamente considerata, e alle sue possibili e prevedibili utilizzazioni da parte del proprietario, se e quali limitazioni, ancorché diverse e minori di quelle derivanti da un’apertura avente i caratteri della veduta o del prospetto, possano discenderne a carico della libertà del fondo vicino altrui.
Le vedute oblique o laterali verso il fondo del vicino devono essere a distanza di almeno 75 centimetri.
Qui il legislatore ha previsto una distanza minore, in ragione della limitata possibilità di inspicere da parte di chi esercita la veduta.
In conclusione, a differenza delle luci, le vedute o prospetti hanno invece la caratteristica di consentire di guardare fuori (finestre vere e proprie, dette finestre prospettiche, loggiati) oppure di sporgersi oltre la parete su cui insistono (balconi).
C) – 1) I presupposti
Dunque è opportuno a tal’uopo affrontare, anche se in piccola parte già è stato fatto, i presupposti nonché le caratteristiche che devono avere determinate aperture per essere classificate come vedute.
In particolare, l’art. 900 individua le vedute in relazione alla loro funzione di consentire la inspectio e la prospectio in alienum, a prescindere dalle caratteristiche costruttive dell’apertura.
Non solo, ma la inspectio e la prospectio devono avere carattere oggettivo e non soggettivo[35], a prescindere dal comportamento e dagli intendimenti di chi esercita la veduta e fermo restando che le vedute devono consentire congiuntamente l’agevole inspectio e prospectio senza pericoli e senza che si debba ricorrere a mezzi anormali[36]: in questo senso concordano sia la giurisprudenza e sia la dottrina.
Per rendere applicabile l’obbligo delle distanze è sufficiente che sussista un’apertura ricavata in un manufatto in sopraelevazione artificiale rispetto al fondo del vicino, così come si verifica nel caso della finestra, del balcone e del parapetto di una terrazza, da cui si possa guardare sul fondo del vicino sottostante ad essi, anche se di poco.
Se si tratta invece di un luogo naturalmente elevato – come può accadere nei fondi a dislivello – la norma sulle distanze non è applicabile, salvo che sul ciglio della scarpata naturale sia costruito un parapetto, dal quale la veduta sul fondo del vicino possa esercitarsi con comodità e senza pericolo.
Infatti, secondo la Cassazione[37] il muro, che abbia funzione di contenere un terrapieno creato ex novo dall’opera dell’uomo, va equiparato a un muro di fabbrica e come tale assoggettato al rispetto delle distanze legali tra costruzioni, mentre non può considerarsi costruzione il muro di contenimento realizzato per contenere smottamenti o frane in una situazione di fondi a dislivello naturale.
Mentre quando tale muro ha una funzione di divisione tra le proprietà, anche secondo ultimo adagio della Cassazione [38] non può dar luogo all’esercizio di una servitù di veduta, sia perché ha solo la funzione di demarcazione del confine e/o di tutela del fondo, sia perché, anche quando consente di “inspicere” e “prospicere” sul fondo altrui, è inidoneo a costituire una situazione di soggezione di un fondo all’altro, a causa della reciproca possibilità di affaccio da entrambi i fondi confinati
Ulteriormente, l’obbligo del rispetto delle distanze legali trova applicazione anche quando la veduta viene esercitata dal piano terreno[39] di una costruzione (nella fattispecie, dal portico inserito nel fabbricato), non occorrendo che l’apertura sia in tal caso munita di parapetto, come richiesto dall’art. 905 c.c. soltanto con riferimento a “balconi o altri sporti, terrazze, lastrici solari e simili”, essendo disagevole e pericoloso, avvenendo dall’alto, l’affaccio dai medesimi in assenza di protezione.
Non possono, invece, essere considerati sporti assimilabili alle vedute o ai balconi quelli con funzione meramente decorativa[40] (come la mensole, le lesene, i cornicioni, le grondaie e simili), che comunque non possano servire come luogo per esercitare la veduta, sicché per essi non sono previsti obblighi di distanze legali.
La S.C.[41], poi, confermando un principio oramai consolidato nella stessa giurisprudenza di legittimità ha affermato che le porte, ballatoi, e la scale di ingresso alle abitazioni (nel caso di specie una scala a chicciola), che in genere non costituiscono vedute, in quanto destinate fondamentalmente all’accesso, e solo occasionalmente od eccezionalmente utilizzabili per l’affaccio, possono configurare vedute quando, per le particolari situazioni e caratteristiche di fatto, risultino obiettivamente destinate, in via normale, anche all’esercizio della prospectio ed inspectio su o verso il fondo del vicino.
La S.C.[42], invece, ha escluso che avesse carattere di veduta un’apertura munita di una struttura metallica, incorporata nel muro di confine.
Ai fini sempre delle distanze costituisce poi veduta l’apertura che consente un affaccio anche se non completata e rifinita.
Nel caso di specie la S.C.[43] ha affermato che le aperture – costituenti veduta – erano praticate, rifinite, essendo dotate di soglie sporgenti, sia pure di poco, dal filo del muro, così implicitamente ritenendo che per loro collocazione consentivano l’inspectio e la prospectio sul fondo del vicino: la mancanza dei serramenti era circostanza del tutto irrilevante.
Inoltre costituisce costruzione[44], ai fini del rispetto della distanza delle costruzioni dalle vedute, qualsiasi opera, di qualsiasi natura, che si elevi stabilmente dal suolo e che ostacoli l’esercizio della veduta, intesa come possibilità sia di inspectio che di prospectio (nella specie, è stato ritenuto conforme ai suddetti principi l’accertamento del giudice di merito che aveva qualificato costruzione una scala metallica ancorata al suolo da una piattaforma di cemento ed alta circa quindici metri).
Quanto alla nozione di fondo su cui può esercitarsi la veduta; per fondo deve intendersi, in senso estensivo, ogni immobile, recintato o meno, coperto o scoperto.
Ed infatti, la dizione fondo – usata dal vecchio e dal nuovo codice – è dizione generica che deve essere intesa in senso lato, come comprendente ogni immobile scoperto o coperto, praticabile o non.
La comodità (o quanto meno la non disagevolezza) della inspectio e della prospectio, alla stregua dell’art. 900 c.c. va accertata con riferimento al fondo dal quale la veduta è esercitata[45] e non già al fondo oggetto della veduta stessa.
Infine, appare non poco importante questa pronuncia di legittimità[46] secondo cui tenuto conto che requisiti per l’esistenza di una veduta sono non soltanto la inspectio ma la prospectio, la possibilità di affacciarsi sul fondo del vicino deve essere determinata con riferimento a una persona di altezza normale e non di statura media, posto che il concetto di statura media, essendo indicativo di un unico valore numerico, intermedio fra un minimo e un massimo, non si identifica con quello di altezza normale che comprende una serie di valori di diversa entità matematica entro suddetti limiti.
Anche se la stessa Corte[47] si era espressa contrariamente affermando che – ai sensi dell’art. 900 c.c. che non determina un comportamento tipico per l’atto di affacciarsi – consiste nella possibilità di vedere e di guardare non solo di fronte ma obliquamente e lateralmente sul fondo del vicino, in modo da consentire una visione mobile globale, rimesso all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se non per vizi di motivazione, verificare in concreto se l’opera in considerazione delle caratteristiche strutturali e delle posizioni degli immobili rispettivamente interessati permetta ad una persona di media altezza l’affaccio sul fondo del vicino o il semplice prospetto.
In merito è ritornata sul punto la S.C.[48] affermando il principio che se il parapetto non ha una altezza che consente un comodo affaccio in tutta sicurezza, lateralmente ed obliquamente, non possono essere invocate le distanze minime per il diritto di veduta previste degli artt. 905 e 907 c.c.
In particolare, si legge nella sentenza, che i giudici di merito, in primo ed in secondo grado, hanno adeguatamente motivato le rispettive pronunce, partendo dalla corretta premessa, secondo cui per configurarsi gli estremi di una veduta ai sensi dell’art. 900 u.p. c.c, conseguentemente, soggetta alla regole di cui ai successivi artt. 905 e 907, è necessario che le c.d. inspectio et prospectio in alienum, vale a dire le possibilità di “affacciarsi e guardare di fronte, obliquamente o lateralmente”, siano esercitabili in condizioni di sufficiente comodità e sicurezza, ed escludendo in concreto, sulla scorta di ragionevoli considerazioni basate, ex art. 115 co. 2 c.p.c., su nozioni di comune esperienza, che tali condizioni ricorressero nel caso di specie, in cui il muretto perimetrale del terrazzo è risultato essere alto soltanto cm. 90.
La sola considerazione, basata su un dato di oggettiva inconfutabilità, che tale altezza corrisponda, più o meno, a quella del “basso ventre” di una persona di ordinaria statura (da intendersi, come già è stato precisato dalla Corte di legittimità[49], compresa tra i limiti minimi e massimi che normalmente si registrano nell’ambito della popolazione, e non necessariamente coincidente con la media di tali valori) così da non consentire l’adeguata protezione del “petto” della stessa nell’eventuale affaccio (che comporterebbe intuibili e pericolosi sbilanciamenti in avanti dell’osservatore), risulta di per sé sola sufficiente ad escludere il requisito della sicurezza, a prescindere dalla rilevanza o meno dell’esiguità dello spessore del muretto in questione, manufatto che per la sua ridotta elevazione rispetto al pavimento neppure può definirsi un “parapetto”.
Ancora sul punto la Cassazione[50] con ultimo adagio ha nuovamente affermato: ai fini della sussistenza di una veduta, è necessario, oltre al requisito della “inspectio”, anche quello della “prospectio”, dovendo l’apertura consentire non solo di guardare frontalmente, ma anche di affacciarsi, e quindi di guardare anche obliquamente e lateralmente, in modo da assoggettare il fondo alieno ad una visione mobile e globale. Nella valutazione del requisito della “prospectio”, va seguito il criterio secondo cui la possibilità di affacciarsi sul fondo del vicino deve essere determinata con riferimento ad una persona di altezza normale e non già di statura media.
Si legge nella sentenza in commento che la Corte di Cassazione, con la pronuncia resa in data 4-8-2004, cassava con rinvio la sentenza del 27-4-2000 della Corte di Appello di Firenze, osservando che ai fini della sussistenza di una veduta é necessario, oltre al requisito della inspectio, anche quello della prospectio, dovendo l’apertura consentire non solo di guardare frontalmente, ma anche di affacciarsi, e quindi di guardare anche obliquamente e lateralmente, in modo da assoggettare il fondo alieno ad una visione mobile e globale; laddove nella sentenza impugnata, mentre si sosteneva che qualunque persona di statura media é in grado di inspicere sul fondo altrui da un parapetto alto 155 cm., nulla si diceva riguardo alla prospectio, e cioé all’affaccio.
Il giudice di legittimità, di conseguenza, nel rilevare che tale omissione integrava la violazione, ai fini della distinzione tra luci e vedute, dell’articolo 901 c.c., disponeva che la situazione venisse nuovamente presa in esame alla luce dell’esposto principio di diritto, affinché fosse valutata anche la possibilità di affaccio; con la precisazione che il giudice di rinvio avrebbe dovuto “pure……esaminare” la “questione afferente al parametro utilizzato”, e cioé “la statura media, su cui la critica pure si appuntava”.
Cosi’ statuendo, il giudice di legittimità chiaramente invitava il giudice di rinvio ad attenersi, nella valutazione del requisito della prospectio, al criterio seguito dalla giurisprudenza prevalente, secondo cui la possibilità di affacciarsi sul fondo del vicino deve essere determinata con riferimento a una persona di altezza normale e non di statura media, posto che il concetto di statura media, essendo indicativo di un unico valore numerico, intermedio fra un minimo e un massimo, non si identifica con quello di altezza normale, che comprende una serie di valori di diversa entità matematica entro i suddetti limiti[51].
Il giudice di rinvio, senza recepire l’effettiva portata del decisum e discostandosi dal richiamato indirizzo giurisprudenziale, nel valutare se la finestra realizzata dal (OMISSIS) consentisse la possibilità non soltanto di inspicere, ma anche di prospicere sul fondo dell’attore, ancora una volta utilizzava il parametro della persona di altezza “media”, omettendo ogni indagine circa la possibilità di affaccio da parte di una persona di altezza “normale”.
Di conseguenza, in accoglimento dei motivi, s’imponeva la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Firenze.
C) – 2) Vedute dirette, oblique, laterali, ad appiombo e le relative distanze
art. 905. c.c. distanza per l’apertura di vedute dirette e balconi
Non si possono aprire vedute dirette verso il fondo chiuso o non chiuso e neppure sopra il tetto del vicino, se tra il fondo di questo e la faccia esteriore del muro in cui si aprono le vedute dirette non vi è la distanza di un metro e mezzo.
Non si possono parimenti costruire balconi o altri sporti, terrazze, lastrici solari e simili, muniti di parapetto che permetta di affacciarsi sul fondo del vicino, se non vi è la distanza di un metro e mezzo tra questo fondo e la linea esteriore di dette opere.
Il divieto cessa allorquando tra i due fondi vicini vi è una via pubblica[52].
art. 906 c.c. distanza per l’apertura di vedute laterali od oblique
Non si possono aprire vedute laterali od oblique sul fondo del vicino se non si osserva la distanza di settantacinque centimetri, la quale deve misurarsi dal più vicino lato della finestra o dal più vicino sporto.
art. 907 c.c. distanza delle costruzioni dalle vedute
Quando si è acquistato il diritto di avere vedute dirette verso il fondo vicino, il proprietario di questo non può fabbricare a distanza minore di tre metri, misurata a norma dell’articolo 905.
Se la veduta diretta forma anche veduta obliqua, la distanza di tre metri deve pure osservarsi dai lati della finestra da cui la veduta obliqua si esercita.
Se si vuole appoggiare la nuova costruzione al muro in cui sono le dette vedute dirette od oblique, essa deve arrestarsi almeno a tre metri sotto la loro soglia.
Alla stregua del dettato normativo, per definire se una veduta sia diretta, obliqua o laterale, occorre tener conto della collocazione (posizione) del confine del fondo rispetto al muro in cui si trova la finestra o lo sporto o l’apertura o il manufatto da cui la veduta è esercitata, a prescindere dalla posizione di chi guarda.
L’affacciarsi di fronte costituisce veduta diretta sul fondo del vicino, situato in tutto o in parte di fronte alla veduta.
Considerando, peraltro, lo sguardo o la visuale come una unica linea retta, che parte dall’insieme dei due occhi della persona che guarda, possono individuarsi diversi modi con cui tale visuale si rapporta con la linea di confine.
Possono così configurarsi vedute dirette anche da finestre o aperture che si trovino su muri non paralleli al confine con il fondo del vicino, purché formino un angolo acuto con il confine stesso. In particolare, la veduta non cessa di essere diretta se permette di affacciarsi e di indirizzare lo sguardo solo in alcune delle direzioni proprie della comune veduta diretta.
Per altra sentenza della S.C.[53] l’art. 905, primo comma, c.c., nel disciplinare la distanza dalle vedute chiarisce espressamente che tale distanza va rispettata con riferimento al “fondo” e non alla parte del fondo prospiciente la veduta. Da un punto di vista logico la stessa conclusione si impone con riferimento all’art. 907, ultimo comma, c.c., nel quale si parla di distanza della “costruzione” in genere dalla veduta e non della parte della costruzione perpendicolare alla veduta.
Una conferma indiretta della esattezza di tale interpretazione viene dalla sentenza 7 luglio 2011 n. 14953 delle Sezioni unite della medesima Corte, la quale, con riferimento all’art. 9 del d.m. 2 aprile 1968 n. 1444, che prevede una distanza di 10 metri delle costruzioni dalle “pareti finestrate”, ha affermato che tale disposizione esige in maniera assoluta il rispetto della distanza in questione, essendo destinata a disciplinare le distanze tra le costruzioni e non tra queste e le vedute, in modo che sia assicurato un sufficiente spazio libero che risulterebbe inadeguato se comprendesse soltanto quello direttamente antistante alle finestre in direzione ortogonale, con esclusione di quello laterale.
Inoltre, per altra recente Cassazione[54] in tema di acquisto per usucapione[55], ai sensi dell’art. 1061, comma 1, c.c., di una servitù di veduta, le opere permanenti destinate al relativo esercizio devono essere visibili in maniera tale da escludere la clandestinità del possesso e da far presumere che il proprietario del fondo servente abbia contezza della situazione di obiettivo asservimento della sua proprietà, per il vantaggio del fondo dominante. Il requisito di visibilità, pertanto, può far capo ad un punto d’osservazione non necessariamente coincidente col fondo servente, purché il proprietario di questo possa accedervi liberamente, come nel caso in cui le opere siano visibili da una vicina via pubblica.
Si continua a legger nella sentenza menzionata che l’art. 905, I comma c.c., stabilendo che non si possono aprire vedute dirette verso il fondo chiuso o non chiuso “e neppure sopra il tetto del vicino”, ammette implicitamente che anche la semplice veduta su di un tetto costituisce un peso, legittimo soltanto se assistito dal corrispondente diritto di servitù.
Quest’ultimo attribuisce al fondo dominante l’utilitas dell’inspectio e della prospectio in alienum, cui corrisponde per il fondo servente il peso costituito dalla limitazione della riservatezza che da ciò deriva.
Tale peso grava sul fondo servente che sia edificato o non, indipendentemente dalla destinazione ad attività civili o produttive. E grava su di esso nella sua interezza economico-giuridica, e non già sulle sole porzioni sensibili alla perdita di riservatezza.
Non rileva, dunque, che il peso sia o non avvertibile nelle parti del fondo servente che maggiormente vi sono esposte, e ciò è ancor più vero nel caso di veduta sul tetto, dal quale normalmente la veduta stessa non è percepibile (in tale direzione, il precedente specifico di Cass. n. 319/82 afferma che l’apertura di vedute in violazione del disposto dell’art. 905 c.c. sul tetto di proprietà esclusiva di un condomino, non esclude il pregiudizio degli altri condomini i quali, pertanto, possono agire in negatoria servitutis, in quanto i vincoli che derivano da una veduta non incidono soltanto sul proprietario del tetto, dal momento che come fondo servente deve essere considerato l’intero immobile condominiale, nel suo complesso e nella sua unità strutturale e funzionale).
Ma allora vuoi dire che è sufficiente che le opere destinate all’esercizio della servitù siano visibili da qualsivoglia altro punto d’osservazione, anche esterno al fondo servente, purché il proprietario di questo possa accedervi liberamente, come nel caso in cui le opere siano visibili da una vicina via pubblica. L’esigenza di conoscibilità oggettiva del peso è ugualmente soddisfatta anche in tale ipotesi.
Nello specifico caso della servitù di veduta è stato, altresì, affermato dalla Corte[56] che le finestre che si aprono nel muro perimetrale di confine debbono considerarsi obiettivamente visibili dal fondo vicino, oggetto della veduta. Ove in questo esista una costruzione coperta da tegolato, per giungere a ritenere la non visibilità di tali finestre e la non usucapibilità della relativa servitù di veduta, deve essere dimostrata l’esistenza di una situazione di fatto tale che il proprietario del fondo oggetto della veduta non abbia avuto possibilità alcuna di vederle o notarle da alcun luogo viciniore e, altresì, si sia trovato in condizione di non dover accedere sul tegolato nel periodo di maturazione dell’usucapione avversa. Questo accertamento, da farsi caso per caso, deve tener conto non solo dei luoghi viciniori che normalmente o comunque concretamente sono frequentati o erano frequentabili dal proprietario del fondo suddetto, ma, in particolare e per il solo caso in cui ogni altra possibilità sia da escludere, deve aver riguardo al comportamento di diligenza che il proprietario stesso deve tenere circa l’ispezione, il controllo e la riparazione del tegolato, secondo le condizioni di vetustà e le modalità di costruzione del medesimo.
Si hanno, invece, vedute laterali od oblique quando la veduta formi un angolo acuto con il confine del vicino ovvero quando il tratto di muro, da cui si esercita la veduta, formi un angolo retto rispetto al confine.
Il diritto di veduta, in forza del disposto dell’art. 907, ultimo comma, c.c., comprende peraltro anche la facoltà di guardare dall’alto in basso verso il fondo del vicino, per una profondità verticale di almeno 3 metri dalla soglia della veduta stessa.
Difatti, secondo la S.C.[57] la veduta laterale, che ricorre quando il confine del fondo del vicino ed il muro dal quale si esercita la veduta formano un angolo di 180 gradi, può essere esercitata, oltre che di lato, anche in basso, verticalmente, assumendo, così, le caratteristiche della veduta in appiombo, che deve, perciò, considerarsi espressamente ammessa dal codice civile che, proprio per specificare i limiti normali di tale veduta (e della veduta obliqua in basso), impone a colui che vuole appoggiare la nuova costruzione al muro da cui si esercita la veduta di arrestarsi almeno a tre metri sotto la soglia della medesima (art. 907 c.c.).
Ricorre, conseguentemente, la servitù di veduta in appiombo tutte le volte in cui, per i maggiori contenuti della zona di rispetto prevista nel caso concreto, essa determini, per il fondo sul quale si esercita verticalmente, una restrizione dei poteri normalmente inerenti al diritto di proprietà delineati dalle norme sulle distanze, risolvendosi così in un peso imposto a tale fondo per il vantaggio (utilità) del fondo dal quale la veduta si esercita, come nel caso delle vedute esercitate anche verticalmente dai proprietari dei singoli piani di un edificio condominiale dalle rispettive aperture fino alla base dell’edificio.
Ai fini della veduta in appiombo o in verticale, la configurazione della veduta come diretta, obliqua o laterale è irrilevante, nel senso che l’inclinazione assunta dalla visuale non è importante quando questa si esercita in verticale.
Ove si verta in materia di vedute jure servitutis, se il fondo servente appartenga a più persone, potranno aversi più visuali distinte, con conseguente diversa configurazione del tipo di veduta (diretta, laterale od obliqua).
Secondo la giurisprudenza della Cassazione[58] si ha, peraltro, veduta diretta solo quando sia consentito guardare di fronte al fondo del vicino, senza che occorra volgere lo sguardo lateralmente; mentre le vedute laterali od oblique non consentono di volgere il capo da un lato, per guardare nel fondo del vicino.
Pertanto, si ha veduta diretta sul fondo del vicino quando la parete in cui sono aperti la finestra o il balcone è parallela al confine del fondo vicino o forma con questo un angolo acuto.
Non sono tuttavia aperture rilevanti ai fini delle distanze, quelle da cui il proprietario eserciti la veduta su un proprio fondo che si frapponga, come superficie libera, rispetto alle contigue proprietà altrui.
In particolare, non può esservi veduta legalmente intesa quando le visuali si dirigano sul fondo proprio e non raggiungano il confine del fondo vicino, perché ostacolate da un muro proprio, di cinta o di fabbrica.
In ogni caso, quando la legge presuppone una veduta solo diretta – come nel caso di cui all’art. 905 – o soltanto una veduta laterale od obliqua – come nel caso di cui all’art. 906 – o infine una veduta diretta formante anche veduta obliqua – come nel caso di cui all’art. 907, secondo comma – si devono prendere a riferimento i fondi su cui si esercitano le singole vedute da un’unica apertura, anche se tali fondi non siano contigui all’apertura stessa.
La distanza delle costruzioni dalle vedute va misurata riferendosi al punto più vicino dell’opera da cui si esercita la veduta del fondo del vicino.
E’ bene precisare, come ha avuto modo da ultimo la Cassazione
Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 18 ottobre 2018, n. 26263
che il precetto relativo al divieto di edificare ad una distanza inferiore a tre metri da una veduta già esistente disposto dall’art. 907 Cc, non riguarda solo le costruzioni intese nell’accezione comune di edifici, ma attiene anche ai muri di cinta. Questo perché la norma tende a tutelare il diritto di veduta e, quindi, la possibilità di guardare nel fondo del vicino senza l’utilizzo di mezzi artificiali ovvero di sporgere il capo e vedere nelle diverse direzioni in modo agevole e non pericoloso, in termini giuridici il diritto alla inspectio e della prospectio. Conseguentemente, tale diritto risulta violato con l’edificazione di un corpo di fabbrica a distanza inferiore rispetto a quella prevista dalla norma citata, fermo restando che, pur in presenza della violazione delle distanze il Giudice è, in ogni caso, tenuto a determinare specificamente se l’edificazione ostacoli effettivamente l’esercizio del diritto di veduta con le modalità sopra dette.
Il calcolo delle distanze delle nuove costruzioni dalle altrui vedute ai sensi dell’art. 907 c.c. che richiama l’art. 905 c.c. va operata dalla faccia esteriore del muro nel quale si aprono le vedute dirette e non già dal punto di massima sporgenza delle stesse che si aprono “a compasso” verso l’esterno, come si avra modo di specificare in tema di infissi.
Inoltre secondo la S.C.[59] nel caso in cui la linea di confine tra due proprietà sia costituita da un muro comune, nella misurazione della distanza di cui all’art. 906 c.c.per l’apertura di vedute verso tale muro, il punto di arrivo va posto nella faccia del muro stesso prospiciente la proprietà in cui la veduta è esercitata e non già nella linea mediana di esso.
Sul punto è tornata da ultimo la Cassazione
Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 9 agosto 2018, n. 20690
affermando nuovamente una serie di principi:
in ordine alla misurazione delle distanze, criterio fondamentale e’ quello per cui la distanza legale della costruzione dal confine o da altro fabbricato deve sussistere da ogni punto della costruzione medesima (Cass. 9 novembre 1970 n. 1367). Al sistema di misurazione lineare, proprio delle distanze tra edifici, si contrappone quello radicale, proprio delle distanze rispetto alle vedute (Cass. 25 luglio 1972 n. 2548). Rispetto a queste ultime appare netta la esclusione dal computo di cornicioni, fregi e comunque di tutti quei manufatti la cui qualificazione ornamentale e accessoria trova evidente supporto nel fatto di non essere destinati all’esercizio della veduta (Cass. 21 luglio 1980 n. 4773). Infatti per la misurazione delle distanze dalle vedute, l’articolo 905 c.c., comma 1 pone, come dati di riferimento, da un lato la faccia esteriore del muro in cui si aprono le vedute dirette, dall’altro la linea di confine, dovendo correre dall’uno all’altro lo spazio di almeno un metro e mezzo; pertanto, la distanza minima da osservare va calcolata con esclusivo riguardo all’immediato piano di superficie dell’apertura verso l’esterno e non al piano sul quale la veduta e’ stata praticata, senza che, di conseguenza, rilevi l’eventuale maggiore distanza delle altre parti dello stesso muro, fermo restando che tali previsioni non valgono ad attestare la legittimita’ dell’apertura di una veduta a distanza di un metro e mezzo dal fondo del vicino nel caso in cui essa viene attuata nel muro di confine, mediante arretramento ad incasso nel solo piano elevato (v. Cass. 27 luglio 1988 n. 4790).
Per la giurisprudenza di questa Corte di Cassazione, nel caso in cui il confine tra due fondi sia rappresentato da un muro comune, il punto di arrivo nella misurazione della distanza di cui all’articolo 905 c.c. per l’apertura di vedute verso lo stesso, e’ costituito dalla faccia del muro prospiciente l’immobile da cui la veduta e’ esercitata e non da quella opposta sita dalla parte del fondo di proprieta’ esclusiva dell’altro comproprietario del muro, ne’ dalla sua linea mediana (Cass. n. 2499 del 1986; Cass. n. 1061 del 1979; Cass. n. 5894 del 1978; Cass. n. 4051 del 1977). Dunque i tratti salienti, che caratterizzano le pronunce sul punto, riguardano l’individuazione della faccia esterna del muro, nel quale si apre la veduta, quale punto dal quale effettuare la misurazione, “la distanza delle vedute dal confine, quando queste si aprono in un incasso del muro, deve essere di un metro e mezzo calcolato dalla faccia esterna del muro medesimo….” (Cass. 8 marzo 1980 n. 1576) ovvero della linea estrema del balcone, “….la misurazione della distanza di una veduta dal fondo del vicino si effettua dalla faccia esteriore del muro in cui si aprono le finestre ovvero dalla linea estrema del balcone, o, in genere, del manufatto dal quale di esercita la veduta stessa…”, (Cass. 25 maggio 1981 n. 3428, con indifferenza per le strutture portanti del fabbricato).
Bisogna, pertanto, tracciare un piano ideale sul confine e misurare perpendicolarmente ad esso la distanza dal punto più sporgente della costruzione.
Le prescrizioni relative alle distanze per l’apertura di vedute dirette e balconi, contenute nell’art. 905 c.c, devono essere poste in relazione all’altra norma, di cui all’art. 873 del medesimo codice.
Da ciò consegue che ove nel compiere la costruzione non sia stata rispettata la distanza, dal fondo del vicino fissata, dal codice o dai regolamenti locali non si possano aprire vedute iure proprietatis, tuttavia il pacifico principio appena espresso trova contemperamento nella possibilità di accordi inter partes che deroghino alle distanze legali nelle costruzioni e, con esse, alle conseguenti distanze per l’apertura di vedute dirette od indirette[60].
É bene, a tal punto, anche precisare, attività già esposta nel paragrafo “le distanze tra le costruzioni ex artt. 873 e ss c.c.[61]“, che secondo la S.C.[62] il termine «costruire» (o «fabbricare») adoperato dall’articolo 907 del c.c. – in tema di distanza delle costruzioni dalle vedute – non riguarda esclusivamente i manufatti in calce e mattoni (o cemento), cioè le opere che hanno le caratteristiche di un edificio o. comunque, di una fabbrica in muratura, ma comprende ogni opera avente il carattere della stabilità e una certa consistenza, indipendentemente dalla natura del materiale con cui è stata realizzata, dalla forma e dalla destinazione di essa.
Il regime legale delle distanze delle costruzioni dalle vedute, prescritto dall’art. 907 c.c., non è applicabile, stante il disposto dell’art. 879, secondo comma, c.c.– per il quale alle costruzioni che si fanno in confine con le piazze o le vie pubbliche non si applicano le norme relative alle distanze – non solo quando la strada o la piazza pubblica si frappongano tra gli edifici interessati, ma anche nel caso in cui le stesse delimitino ad angolo retto, da un lato, il fondo dal quale si gode la veduta, e, dall’altro, il fondo sul quale si esegue la costruzione[63]
In merito all’art. 907 c.c. secondo ultima Cassazione
Corte di Cassazione, sezione II civile, sentenza 23 maggio 2016, n. 10618
la canna fumaria non è una costruzione, ma un semplice accessorio di un impianto e quindi non trova applicazione la disciplina di cui all’art. 907. Nel caso di specie le caratteristiche dei manufatti di cui si discute si tratta in sostanza di semplici tubi in materiale metallico.
La Cassazione con altra pronuncia[64] ha affermato che la deroga di cui all’ultimo comma dell’art. 905 c.c., secondo la quale le norme che prescrivono determinate distanze per l’apertura di vedute dirette e balconi non possono trovare applicazione, per la espressa previsione del terzo comma, quando tra i due fondi vicini vi sia, una via pubblica; gli stessi principi valgono anche quando la strada non separa i due fondi, non essendo necessario che i due fondi si fronteggino essendo sufficiente che essi siano confinanti con la via pubblica, indipendentemente dalla loro reciproca collocazione.
È pacifico che l’esenzione dall’obbligo delle distanze legali non può interferire, nei rapporti fra proprietari di fondi contigui o frontistanti rispetto alla pubblica strada, sulle pretese che all’uno derivino, ai sensi degli artt. 871 ed 872 c.c., dall’inosservanza da parte dell’altro delle disposizioni dei regolamenti edilizi.
In aggiunta, altra deroga si ha qualora le previsioni contenute in un piano di lottizzazione e nei progetti esecutivi ad esso allegati, con le quali si consente l’apertura di luci o vedute a distanza inferiore a quella minima legale, danno luogo alla costituzione di altrettante servitù prediali rispettivamente a favore e contro ciascuno dei lotti del comprensorio e vincolano gli acquirenti di questi ultimi, se richiamate ed espressamente accettate nei singoli atti di acquisto, sempre che l’immobile da cui si esercita la servitù di veduta sia stato realizzato in conformità alle prescrizioni del piano di lottizzazione[65].
Infine, l’esenzione dall’obbligo del rispetto della distanza stabilita dall’ultimo comma dell’art. 905 c.c., per l’apertura di vedute dirette verso il fondo del vicino, non è limitata al solo caso dell’inserimento tra i due fondi di una via pubblica, ma va estesa anche al caso in cui tra le due proprietà fronteggiantisi esista una strada privata soggetta a servitù pubblica di passaggio [66], al caso cioè in cui il pubblico transito si eserciti su una porzione di terreno appartenente ad uno dei frontisti.
Ai fini dell’esistenza di una servitù di pubblico transito, sono necessari la generalità dell’uso del bene da parte di una collettività indeterminata di individui considerati uti cives, cioè titolari di interessi di carattere generale, e non uti singuli, ed inoltre l’oggettiva idoneità del bene all’attuazione di un fine di pubblico interesse, configurabile nel senso più ampio, anche come mera comodità. Tali presupposti devono sussistere da tempo immemorabile, od essersi manifestati per un tempo, comunque, sufficiente al maturare dell’usucapione. L’inclusione della strada negli strumenti urbanistici non ha, per contro, efficacia decisiva, ben potendo, tuttavia, assumere rilievo unitamente agli altri elementi di prova.
D) La disciplina per il Condominio e/o Comunione
[67]
In senso generale bisogna precisare[68] che le norme sulle distanze, rivolte fondamentalmente a regolare con carattere di reciprocità i rapporti fra proprietà individuali, contigue e separate, sono applicabili anche tra i condomini di un edificio condominiale, purché siano compatibili con la disciplina particolare relativa alle cose comuni, cioè quando l’applicazione di queste ultime non sia in contrasto con le prime; nell’ipotesi di contrasto, la prevalenza della norma speciale in materia di condominio determina l’inapplicabilità della disciplina generale sulla proprietà, quando i diritti o le facoltà da questa previsti siano compressi o limitati per effetto dei poteri legittimamente esercitati dal condomino secondo i parametri previsti dall’art. 1102 c.c. (applicabile al condominio per il richiamo di cui all’art. 1139 c.c.), atteso che, in considerazione del rapporto strumentale fra l’uso del bene comune e la proprietà esclusiva, non sembra ragionevole individuare, nell’utilizzazione delle parti comuni, limiti o condizioni estranei alla regolamentazione e al contemperamento degli interessi in tema di comunione.
Principio generale riposto anche in ultima pronuncia della S.C.[69] secondo la quale, appunto, in tema di condominio, ove il giudice constati, con riguardo alla cosa comune[70], il rispetto dei limiti di cui all’articolo 1102 c.c.e della struttura dell’edificio condominiale, deve ritenersi legittima l’opera realizzata anche senza l’esatta osservanza delle norme dettate per regolare i rapporti tra proprietà contigue. Infatti, le norme sulle distanze, rivolte fondamentalmente a regolare con carattere di reciprocità i rapporti fra proprietà individuali, contigue e separate, sono applicabili anche tra i condomini di un edificio condominiale, purché siano compatibili con la disciplina particolare relativa alle cose comuni, cioé quando l’applicazione di quest’ultime non sia in contrasto con le prime; nell’ipotesi di contrasto, la prevalenza della norma speciale in materia di condominio determina l’inapplicabilità della disciplina generale sulla proprietà, quando i diritti o le facoltà da questa previsti siano compressi o limitati per effetto dei poteri legittimamente esercitati dal condomino secondo i parametri previsti dall’articolo 1102 c.c.
In tema, nuovamente è ritornata la Cassazione[71] affermando che in tema di condominio le norme sulle distanze, rivolte fondamentalmente a regolare con carattere di reciprocità i rapporti fra proprietà individuali, contigue e separate, sono applicabili anche tra i condomini di un edificio condominiale, a condizione, però, che siano compatibili con la disciplina particolare relativa alle cose comuni; propriamente, in ipotesi di contrasto, la norma speciale in materia di condominio prevale e determina l’inapplicabilità della disciplina generale sulla proprietà, allorché i diritti o le facoltà da tal ultima disciplina previsti siano compressi o limitati per effetto dei poteri legittimamente esercitati dal condomino secondo i parametri previsti dall’art. 1102 c.c. (applicabile al condominio per il richiamo di cui all’art. 1139 c.c.); in tal guisa non sembra ragionevole individuare, nell’utilizzazione delle parti comuni, limiti o condizioni estranei alla regolamentazione e al contemperamento degli interessi in tema di comunione.
Inoltre, in tema di condominio negli edifici, qualora il proprietario di un’unità immobiliare del piano attico agisca in giudizio per ottenere l’ordine di rimozione di una canna fumaria posta in aderenza al muro condominiale e a ridosso del suo terrazzo, la liceità dell’opera, realizzata da altro condomino, deve essere valutata dal giudice alla stregua di quanto prevede l’art. 1102 c.c., secondo cui ciascun partecipante alla comunione può servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso, non rilevando, viceversa, la disciplina dettata dall’art. 907 c.c. sulla distanza delle costruzioni dalle vedute, atteso che la canna fumaria (nella specie, trattavasi di un tubo in metallo) non è una costruzione, ma un semplice accessorio di un impianto (nella specie, trattavasi del forno di una pizzeria).
In definitiva, per la Cassazione riportata, le norme sulle distanze sono applicabili anche tra i condomini di un edificio condominiale, a condizione, tuttavia, che siano compatibili con la disciplina particolare relativa alle cose comuni; propriamente, in ipotesi di contrasto, la norma speciale in materia di condominio prevale e determina l’inapplicabilità della disciplina generale sulle distanze; in tal guisa, ove il giudice constati il rispetto dei limiti tutti di cui all’art. 1102 c.c., deve ritenersi legittima l’opera – eventualmente una canna fumaria posta in aderenza al muro perimetrale e a ridosso del terrazzo a livello di proprietà di un determinato condomino – quantunque realizzata in violazione delle norme dettate per regolare i rapporti tra proprietà esclusive, distinte e contigue.
E’ opportuno, poi, specificare, come da ultima pronuncia della cassazione[72], che la legittimazione ad agire per la specifica tutela dei diritti di veduta non può che appartenere ai singoli condomini. In assenza di ogni altra allegazione quanto alla possibilità di coesistenza di vedute di singoli condomini e di vedute quali, ad esempio, quelle delle finestre delle scale del condominio, il diritto di veduta a favore delle singole unità abitative è proprio del titolare della proprietà di ciascun singola appartamento e, pertanto, non del Condominio, ma del singolo condomino-proprietario.
Con una non lontana sentenza la stessa Corte di Cassazione[73] ha affermato che l’apertura di finestre ovvero la trasformazione di luce in veduta su un cortile comune rientra nei poteri spettanti ai singoli condomini ai sensi dell’art. 1102 c.c., posto che i cortili comuni, assolvendo alla precipua finalità di dare aria e luce agli immobili circostanti, sono utilmente fruibili a tale scopo dai condomini stessi, senza incontrare le limitazioni prescritte, in materia di luci e vedute, a tutela dei proprietari degli immobili di proprietà esclusiva.
Deroga espressa già da altre sentenze[74] secondo cui quando un cortile è comune a due corpi di fabbrica e manca una disciplina contrattuale vincolante per i comproprietari al riguardo, il relativo uso è assoggettato alle norme sulla comunione in generale, e in particolare alla disciplina di cui all’art. 1102, primo comma, cod. civ, in base al quale ciascun partecipante alla comunione può servirsi della cosa comune, sempre che non ne alteri la destinazione e non ne impedisca il pari uso agli altri comunisti. L’apertura di finestre su area di proprietà comune ed indivisa tra le parti costituisce, pertanto, opera inidonea all’esercizio di un diritto di servitù di veduta, sia per il principio nemini res sua servit, sia per la considerazione che i cortili comuni, assolvendo alla precipua finalità di dare aria e luce agli immobili circostanti, ben sono fruibili a tale scopo dai condomini, cui spetta anche la facoltà di praticare aperture che consentano di ricevere aria e luce dal cortile comune o di affacciarsi sullo stesso, senza incontrare le limitazioni prescritte, in tema di luci e vedute, a tutela dei proprietari dei fondi confinanti di proprietà esclusiva.
Per una maggiore disamina è utile, comunque, segnalare che a tali pronunce si e arrivati superando una contraria precedente Giurisprudenza [75] secondo la quale, invece, il partecipante alla comunione non poteva, senza il consenso degli altri, servirsi della cosa comune ai fini dell’utilizzazione di altro immobile di sua esclusiva proprietà distinto dai fondi al servizio dei quali questa sia stato originariamente destinata, perché il relativo uso si sarebbe in tal guisa rivolto nell’imposizione di fatto di una vera e propria servitù a carico della cosa comune e a favore dell’anzidetto immobile. Ne derivava che l’obbligo stabilito dall’art. 905 c.c. di rispettare le distanze per l’apertura di vedute dirette sussisteva anche nel caso in cui lo spazio tra edifici vicini era costituito da un cortile comune la cui la presenza imponeva a carico dei proprietari dei fabbricati frontistanti dei limiti ancora più severi di quelli fissati dalle norme sulle distanze, in quanto l’esecuzione di nuove costruzioni (porte a piano terreno, finestre e balconi) non poteva alterare la destinazione del cortile consistente nel dare luce ed aria agli edifici su di esso prospettanti.
Tale deroga trova una limitazione anche in un’altra pronuncia della Cassazione [76] la quale stabilisce che, salva l’opposizione, per motivi di sicurezza o di estetica, degli altri partecipanti alla comunione, al condominio è consentito aprire nel muro comune, sia esso maestro oppure no, luci sulla strada o sul cortile; tuttavia, qualora il muro comune assolva anche la funzione di isolare e dividere la proprietà individuale di un condominio dalla proprietà individuale di altro condominio, ricorrono anche gli estremi per l’applicabilità dell’art. 903, II comma, c.c., con la conseguenza che, in tal caso, l’apertura della luce resta subordinata sia alle condizioni ed alle limitazioni previste dalle norme in materia di condominio (con riguardo agli interessi riconosciuti a tutti i partecipanti alla comunione e alle regole stabilite circa l’uso delle cose comuni da parte dei singoli condomini) sia, alla stregua del II comma del cit. art. 903 c.c., al consenso del condominio vicino, in considerazione dell’interesse del medesimo alla riservatezza della sua proprietà individuale.
Infine, è bene segnalare anche quest’ultima sentenza secondo cui il condomino, proprietario del piano sottostante al tetto comune può aprire su esso abbaini e finestre – non incompatibili con la sua destinazione naturale – per dare aria e luce alla sua proprietà, purché le opere siano a regola d’arte e non ne pregiudichino la funzione di copertura, né ledano i diritti degli altri condomini sul medesimo [77].
Inoltre, in virtù di un’ulteriore pronuncia della S.C.[78], a conferma di altre sentenze espresse dalla medesima Cassazione, il condomino che abbia trasformato il proprio balcone in veranda, elevandola sino alla soglia del balcone sovrastante, non è soggetto, rispetto a questa, all’osservanza delle distanze prescritte dall’art. 907 c.c.nel caso in cui la veranda insista esattamente nell’area del balcone, senza debordare dal suo perimetro, in modo da non limitare la veduta in avanti e a piombo del proprietario del balcone sovrastante, giacché l’art. 907 citato non attribuisce a quest’ultimo la possibilità di esercitare dalla soletta o dal parapetto del suo balcone una inspectio o prospectio obliqua verso il basso e contemporaneamente verso l’interno della sottostante proprietà.
Altra ultima Cassazione[79] richiama l’orientamento già espresso dalla Corte[80] secondo il quale il condomino che abbia trasformato il proprio balcone in veranda, elevandola sino alla soglia del balcone sovrastante, non é soggetto, rispetto a questa, all’osservanza delle distanze prescritte dall’articolo 907 c.c., nel caso in cui la veranda insista esattamente nell’area del balcone, senza debordare dal suo perimetro, in modo da non limitare la veduta in avanti e appiombo del proprietario del balcone sovrastante; é invece soggetto alla normativa sulle distanze quando la costruzione insista su altra area del terrazzo non ricadente in quella del sovrastante balcone.
La ratio di tale orientamento – si continua a leggere nella sentenza in commento – come già scritto in precedenza, deve ravvisarsi nel fatto che tra le normali facoltà attribuite al titolare della veduta diretta od obliqua esercitata da un balcone è compresa senz’altro quella di inspicere e prospicere in avanti ed appiombo, ma non quella di sogguardate verso l’interno della sottostante proprietà coperta dalla soglia del balcone, non potendo trovare tutela, salvo che non esista al riguardo una specifica disciplina negoziale, la sua pretesa di esercitare la veduta con modalità abnormi e puramente intrusive, ossia sporgendosi oltre misura dalla ringhiera o dal parapetto[81].
Tuttavia il principio, secondo tale ultima sentenza, come sopra enunciato non è applicabile alla fattispecie trattata in esame perchè il ricorrente ha costruito, sul proprio terrazzo, una tettoia pur in assenza, al piano soprastante, di un balcone aggettante. Nella sentenza impugnata, infatti, si da atto che era stata ostruita la visuale da una finestra e non da un balcone e ne discende che la veduta dalla finestra è stata sicuramente limitata rispetto alla situazione precedente alla costruzione; in tal senso si è espressa anche la stessa Corte con la sentenza 15186/2011, richiamata in ricorso dal ricorrente e che, contrariamente a quanto dallo stesso sostenuto, aveva appunto confermato la sentenza della Corte di Appello nella parte in cui aveva ritenuta illegittima la costruzione in caso identico. In fatto, pertanto, la costruzione, come rilevato dalla Corte di Appello, ha impedito effettivamente il diritto di veduta appiombo.
La sentenza della Corte di Appello è inoltre immune da critiche, con riferimento ai principi di diritto applicati, che sono conformi alla giurisprudenza di questa Corte[82] che ha affermato:
- che l’articolo 907 c.c., che vieta di costruire a distanza inferiore di tre metri dalle vedute dirette aperte sulla costruzione del fondo finitimo, pone un divieto assoluto, la cui violazione si realizza in forza del mero fatto che la costruzione é a distanza inferiore a quella stabilita, a prescindere da ogni valutazione in concreto se essa sia o meno idonea ad impedire o ad ostacolare l’esercizio della veduta[83]; la norma infatti enuclea in favore del titolare della veduta un diritto perfetto al rispetto della distanza legale da parte della costruzione del vicino, senza introdurre ulteriori condizioni;
- che non possono rilevare le esigenze di contemperamento con i diritti di proprietà ed alla riservatezza del vicino, avendo operato già l’articolo 907 c.c.il bilanciamento tra l’interesse alla medesima riservatezza ed il valore sociale espresso dal diritto di veduta, in quanto luce ed aria assicurano l’igiene degli edifici e soddisfano bisogni elementari di chi li abita;
- che non divergono da tale principio le pronunce della medesima Corte di Cassazione[84] che, in determinati casi, ai fini della tutela del diritto di veduta, richiedono una valutazione circa l’idoneità dell’opera del vicino ad ostacolarne l’esercizio, valorizzando, in tale prospettiva, la finalità della norma, che è indubbiamente quella di assicurare al titolare del diritto una quantità sufficiente di aria e di luce e di consentirgli la inspectio e la prospectio nel fondo altrui; tale valutazione è ritenuta necessaria non in tutti i casi, ma soltanto laddove l’opera eseguita non integri un fabbricato in senso tecnico e proprio, ma un manufatto diverso (quale ad esempio una rete plastificata o una recinzione in telo), non costituente costruzione in senso tecnico, pur nell’accezione molto ampia accolta dalla giurisprudenza; con riferimento a tali manufatti si sostiene che essi, ai fini della tutela del diritto di veduta, appaiono assimilabili al fabbricato soltanto a condizione che effettivamente ne ostacolino l’esercizio;
- che questo stesso orientamento conferma che nel caso in cui l’opera abbia le caratteristiche di costruzione in senso proprio tale accertamento non è necessario;
- che la valutazione che l’opera ostacoli in concreto il diritto del vicino è richiesta non già in funzione limitativa del relativo diritto di veduta, ma al fine di estenderne la tutela anche a quei manufatti non aventi la caratteristica di fabbricato in senso proprio.
Per quanto riguarda le luci, vi è una importante deroga rispetto alla regola generale, come anche statuito da ultima Cassazione
Corte di Cassazione|Sezione 2|Civile|Ordinanza|| n. 12175
secondo la quale, appunto, le aperture di luci che si aprono tra un vano e l’altro dello stesso edificio condominiale, a differenza di quelle che si aprono su un fondo aperto altrui e alle quali fa riferimento l’articolo 900 c.c., sono prive della connotazione di precarietà e mera tolleranza che caratterizza le luci contemplate negli articoli da 901 a 904 c.c.. Ne consegue che, in ordine ad esse, è ipotizzabile, in favore di chi ne beneficia, nonostante il mancato consenso del vicino, l’acquisto della relativa servitù per usucapione in virtù del protratto possesso correlato all’effettiva esistenza dello stato di fatto. (In applicazione di detto principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva riconosciuto, nell’ambito di uno stesso edificio condominiale, l’avvenuta usucapione della servitù consistente nel diritto a mantenere una finestra collocata tra una cucina di proprietà esclusiva di un condomino e il vano scala di proprietà esclusiva di altro condomino).
E) Lo Jure servitutis
L’apertura di una veduta fa sorgere in chi ne è il titolare, una serie di poteri-doveri, la cui regolamentazione può formare il contenuto della servitù di veduta.
Certo è che il diritto di veduta può nascere o in forza
1) del diritto di proprietà
o in forza
2) di convenzione costitutiva di servitù[85].
In particolare, quando la veduta sia aperta nel rispetto dei limiti fissati dalla legge, si è in presenza di un diritto di veduta, in ragione del diritto di proprietà (jure proprietatis).
Quando la veduta sia, invece, aperta in base ad una convenzione scritta tra vicini, che consenta la deroga alle distanze fissate dalla legge, si è in presenza di una veduta, in forza di servitù prediale (jure servitutis).
In tal caso, la servitù di veduta si traduce in un peso gravante sul fondo del vicino, a vantaggio del fondo da cui la veduta è esercitata.
L’autorizzazione all’apertura di una veduta a distanza inferiore, da quella legale e la rinuncia a pretenderne l’eliminazione avendo ad oggetto la costituzione di un vincolo di natura reale sul bene, comportando un peso a carico di uno degli immobili e una corrispondente utilitas immediatamente fruibile a vantaggio dell’altro, richiedono, ai sensi dell’art. 1350 c.c., la forma scritta “ad substantiam “[86].
In sostanza, la veduta jure proprietatis non è null’altro che l’esercizio di una facoltà normalmente inerente al diritto di proprietà di un fondo costruito, con la conseguenza che, se un proprietario apre una veduta, nel rispetto delle distanze legali, il vicino non può opporvisi; mentre la veduta jure servitutis è quella aperta a distanza minore da quella legale, fissata dagli artt. 905 e 906 c.c.
Fermo restando che – in base ai principi generali sulle servitù prediali – ai fini del sorgere di una servitù, deve essere configurabile una utilità per il fondo dominante e un peso per il fondo servente.
Difatti, secondo la Corte [87] del “palazzaccio” rientra nel potere dispositivo delle parti costituire delle servitù di contenuto atipico ed è, quindi, consentito convenire a favore di un fondo e a carico di un altro fondo la servitù di aria e luce, giacché il contenuto di una limitazione legale della proprietà immobiliare può essere incluso in una servitù vera e propria di maggiore portata, attraverso la quale il fondo venga agevolato, in misura maggiore di quella che stabilisce la legge, mediante l’onere imposto al vicino; in tal caso, l’esercizio della servitù rimarrà disciplinato dal titolo costitutivo di essa ed il vicino, proprietario del fondo servente, perderà le facoltà, attribuitegli dall’art. 904 c. c., di chiedere la medianza del muro per costruirvi in appoggio o di chiudere la luce con una costruzione in aderenza, poiché proprio a quel fine tende la costituzione della servitù, creando a carico del proprietario di quel fondo l’obbligo di sopportare la luce e di non operarne mai la soppressione.
In base ai principi generali sulle servitù la servitù di veduta può essere costituita[88] per
- contratto,
- testamento,
- pronuncia dell’autorità giudiziaria,
- usucapione o per destinazione del padre di famiglia.
In particolare, quando nasca per convenzione, la servitù necessita dello scambio dei consensi da parte dei vicini interessati, intesi a definirla in tutti gli elementi necessari per individuarla e disciplinarla.
In ogni caso, la servitù di origine convenzionale può essere costituita dal proprietario del fondo servente, dal superficiario[89], dall’enfiteuta, dal nudo proprietario e, se il fondo servente appartenga a più proprietari, da tutti i comproprietari. (ad es. occorre l’unanimità dei consensi di tutti i condomini).
Quanto alla servitù di veduta costituita per testamento, essa è l’unica ad essere costituita unilateralmente, nell’ambito delle servitù volontarie: si pensi al caso in cui il testatore imponga all’erede di costituire una servitù di veduta in favore di un fondo, ovvero attribuisca al legatario il diritto di ottenere la costituzione di una servitù di veduta, a carico del fondo dell’erede o di altro legatario.
La servitù di veduta può in ogni caso – come ogni altra servitù prediale – essere costituita anche con pronuncia dell’autorità giudiziaria.
In tal caso, la pronuncia giudiziale costitutiva della servitù è configurata non alla stregua delle pronunce di accertamento dichiarativo, quali possono essere quelle che decidono controversie, in ordine all’esistenza o non di una servitù; ma alla stregua delle sentenze costitutive, di cui all’art. 2932 c.c.
Da ultimo, la servitù di veduta può nascere anche per destinazione del padre di famiglia (art. 1062 c.c.), quando il fondo servente ed il fondo dominante siano appartenuti ad un unico proprietario e questi abbia lasciato una situazione di fatto dei luoghi, tale da permettere l’insorgere di una servitù.
Ma tale argomento sarà affrontato al prossimo paragrafo.
E) – 1) Modifiche comportanti aggravio di servitù
[90]
Sono state ritenute modifiche gravatorie della servitù di veduta:
- la trasformazione di una finestra munita di inferriata in porta priva di inferriata;
- l’abbassamento del parapetto da cui si esercita la veduta da una finestra o da una terrazza;
- l’ingrandimento in altezza di una finestra;
- lo spostamento, rispetto al suo asse, dell’apertura o il suo allargamento;
- la trasformazione di una terrazza in un vano abitabile, con trasformazione del parapetto esistente in finestra;
- la trasformazione di una finestra in un ballatoio pensile (in conseguenza del maggior numero di persone che, sostando sul terrazzo, possono esercitare la veduta);
- la trasformazione di una finestra in una terrazza, che renda più gravosa la condizione del fondo servente;
- la sostituzione di una terrazza con una finestra, posto che la finestra praticata in un vano chiuso consente una permanenza più comoda, agevole e protetta dagli agenti atmosferici esterni, con possibilità per il proprietario di guardare senza essere visto;
- come già analizzato, anche l’installazione di una scala a chicciola può configurare un aggravio di servitù quando, per le particolari situazioni e caratteristiche di fatto, risulta obiettivamente destinata, in via normale, anche all’esercizio della prospectio ed inspectio su o verso il fondo del vicino.
E) – 2) Modifiche non comportanti aggravio di servitù
[91]
Sono invece ritenute modifiche che non comportano aggravamento della servitù:
- In generale, secondo ultima Cassazione(Corte di Cassazione, sezione seconda civile, ordinanza 23 novembre 2017, n. 27909), la possibilita’ di restare in maniera piu’ comoda ad esercitare una veduta non costituisce aggravamento della servitu’ di veduta. Non costituisce aggravamento della servitu’ di veduta, ai sensi dell’articolo 1067 c.c., la trasformazione di un precedente affaccio occasionale.
- l’inserimento, in una veduta, di sportelli o persiane, prima non esistenti;
- la sostituzione del davanzale di un parapetto di mattoni con un parapetto in lastre di pietra o di marmo;
- l’aumento del parapetto fino ad un’altezza tale da non consentire comunque un comodo affaccio;
- lo spostamento in altezza di una finestra o di una terrazza, lungo lo stesso asse;
- la sostituzione di una finestra con una terrazza;
- il cambiamento del luogo di esercizio della servitù di veduta (art. 1068, secondo comma, c.c.);
- lo spostamento verso l’alto, di una finestra, a seguito della sopraelevazione del pavimento;
- lo spostamento in altezza di una terrazza, posto che tale spostamento comporta un semplice cambiamento del luogo di esercizio della servitù preesistente, per il quale non è richiesto un nuovo titolo;
- la chiusura di un lato del terrazzo con un muro e una finestra. Si è peraltro in presenza di una nuova servitù nel caso di edificazione
- in un nuovo piano sopraelevato – di una veranda coperta, con davanzale di affaccio in luogo del parapetto affacciatoio del preesistente terrazzo: in tal caso si è al di fuori della ipotesi prevista dall’art. 1067, trattandosi di nuova servitù e non già di innovazione o aggravamento della preesistente servitù.
- la fissazione di una rete plastificata con collegamento precario alla parete[92];
- Secondo Cassazione[93] in alcuni casi in tema di servitù, la trasformazione in porta di una finestra, la quale è destinata alla veduta verso l’immobile altrui, dà luogo al mutamento da servitù di veduta a servitù di passaggio, posto che la funzione precipua della porta è, appunto, il transito da un luogo all’altro. (Fattispecie relativa alla trasformazione di una finestra prospiciente un lastrico solare in porta-finestra).
- La collocazione di sporti sulla colonna d’aria altrui non integra una servitù considerato che il calcolo delle distanze delle nuove costruzioni dalle altrui vedute ai sensi dell’art. 907 c.c. che richiama l’art. 905 c.c.va operata dalla faccia esteriore del muro nel quale si aprono le vedute dirette e non già dal punto di massima sporgenza delle stesse che si aprono “a compasso” verso l’esterno. Piuttosto, la collocazione degli sporti di cui si dice integra gli estremi di un’attività regolamentata dall’art. 840 c.c. e con valutazione di merito la sentenza, in presenza di un’oggettiva utilità, ha escluso l’esistenza di un atto emulativo, nonostante, non sembra che sia stato dedotto che gli infissi non avevano altro scopo che quello di nuocere o recare molestia altrui. Così deciso dalla Cassazione[94], con altra pronuncia
E) – 3) Cause di estinzione della servitù di veduta
Quanto alle cause di estinzione delle servitù di veduta: esse sono le stesse cause tipiche previste, per tutte le servitù, dagli artt. 1072-1078 c.c.: confusione, prescrizione, impossibilità dell’esercizio e del godimento, perdita del diritto dell’enfiteuta, rinuncia, perimento totale (a parte le cause tipiche previste dalle leggi speciali).
Vale peraltro la pena di soffermarsi, sia pure schematicamente, sulle cause di estinzione delle servitù di veduta.
- Estinzione per confusione. Si verifica quando il fondo dominante ed il fondo servente, già appartenenti a soggetti diversi, passano in proprietà ad un unico soggetto. In tal caso, l’estinzione si verifica immediatamente; ma la originaria servitù non rinasce se il nuovo unico proprietario rivenda, subito dopo, uno dei due fondi acquistati. Fermo ovviamente restando che l’estinzione si verifica solo se l’acquisto del dominio sui due fondi sia pieno e non limitato, ipotesi questa che può verificarsi nei casi di nuda proprietà, usufrutto, eredità accettata con beneficio di inventario ecc.
- Estinzione per prescrizione. Si verifica, per esempio, quando il vano di apertura della finestra, costruito in muratura, venga chiuso e la finestra perda la sua caratteristica essenziale, diventando solo una parte del muro in cui era stata aperta. In particolare, il non uso, protratto per un ventennio – decorrente dal momento in cui ebbe inizio l’esercizio della veduta – comporta l’estinzione della servitù per prescrizione.
- Estinzione per impossibilità dell’esercizio della servitù di veduta. Tale causa di estinzione opera quando il mancato esercizio si sia protratto per il tempo indicato dalla legge, quali che siano le ragioni che l’abbiano determinato. In tal caso, la servitù diventa inutile, sicché l’estinzione, per impossibilità dell’esercizio, ben può essere equiparata al caso della estinzione per prescrizione.
- Estinzione per perdita del diritto dell’enfiteuta. Poiché la servitù dura fin che duri l’enfiteusi, la servitù di veduta si estingue anche nei casi di cessazione dell’enfiteusi, previsti dalla normativa del codice, se l’enfiteusi è perpetua, o al termine del tempo prefissato per la scadenza, se temporanea.
- Estinzione per rinuncia totale o parziale. Tale causa di estinzione si concretizza in una manifestazione di volontà del titolare della servitù, a mezzo di atto scritto e trascritto, a norma degli artt. 1350 e 2643 c.c. Peraltro, poiché la servitù – come diritto reale parziale – è esercitabile erga omnes, la rinuncia non può avere alcun destinatario determinato. Conseguentemente, la rinuncia non ha natura ricettizia, anche se deve essere manifestata in forma scritta, a norma dell’art. 1350, salva la trascrizione per l’opponibilità ai terzi.
- Estinzione per perimento totale del fondo servente o dominante. Tale causa di estinzione si verifica in presenza della distruzione materiale e permanente di uno dei fondi, con esclusione di una qualsiasi utilizzabilità dei fondi. Peraltro, la ricostruzione dell’immobile crollato o demolito può dar luogo a una nuova servitù ove intervenga entro il ventennio successivo al crollo (art. 1074 c.c.). Si tenga in proposito presente che la distruzione dell’immobile oggetto di servitù non è causa di estinzione della servitù quando quest’ultima possa essere esercitata, sia pure con diverse modalità, ma nei limiti e per gli scopi per i quali era stata originariamente costituita. La minore ipotesi del perimento parziale del fondo potrà comportare, invece, una diminuzione di godimento della servitù, non anche la sua estinzione.
- Estinzione per altre cause tipiche previste dalle leggi speciali ed in particolare dalla legge sulle espropriazioni (art. 52 della legge 25 giugno 1865, n. 2359 – abrogata dal decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327). In tal caso, al titolare del fondo dominante spetterà una quota parte dell’indennità di esproprio corrisposta al titolare del fondo espropriato.
F) Usucapione della minor distanza
[96]
Anche il diritto ad avere una luce o una veduta a distanza non regolamentare può essere usucapito, l’importante è che vi siano tutti i requisiti perché ciò avvenga: soprattutto la durata della presenza di tale luce o veduta, come per gli altri casi di vent’anni.
In particolare, il possesso della servitù di veduta, ai fini dell’usucapione, decorre dal momento in cui l’opera è stata ultimata e destinata al suo scopo e cioè dal momento in cui è sorta la possibilità di effettuare l’affaccio.
Sotto questo profilo, ai fini dell’usucapione, non è necessario l’esercizio continuato nel tempo della veduta e dell’affaccio, potendo bastare anche l’esercizio ad intervalli, a condizione che sussista il requisito della visibilità e cioè che l’opera relativa alla servitù sia visibile dal titolare del fondo servente. Sicché, se l’apertura è costruita in una posizione tale per cui il vicino non possa scorgerla con la diligenza ordinaria – sia che si guardi dall’edificio, che dal fondo asservito, che dalle adiacenze di esso – dovrà ritenersi insussistente il requisito della visibilità.
Presupposto logico-giuridico dell’attuazione della disciplina della distanza delle costruzioni dalle vedute di cui all’art. 907 c.c. e l’anteriorità dell’acquisto del diritto alla veduta sul fondo vicino rispetto all’esercizio, da parte del proprietario di quest’ultimo, della facoltà di costruire.
Pertanto, nel caso in cui l’usucapione del diritto di esercitare la servitù di veduta si sia maturata, per compimento del termine utile, dopo l’ultimazione dell’edificio costruito sul fondo vicino, il titolare della servitù non può richiedere l’arretramento di tale edificio alla distanza prevista dalla citata norma. Né vale invocare in contrario il principio della retroattività degli effetti dell’usucapione, in quanto, se è vero che l’usucapiente diventa titolare del diritto usucapito sin dalla data d’inizio del suo possesso, tuttavia i suddetti effetti sono commisurati alla situazione di fatto e diritto esistente al compimento del termine richiesto: ne consegue che se, durante il maturarsi del termine, il soggetto, che avrebbe potuto contestare l’esercizio della veduta, ha modificato tale situazione, avvalendosi della facoltà di costruire sul proprio fondo, e a tale situazione che occorre far riferimento per stabilire il contenuto ed i limiti del diritto di veduta usucapito[97].
La continuità si distingue, pertanto, dall’interruzione del possesso, giacché la prima si riferisce al comportamento del possessore, mentre la seconda deriva dal fatto del terzo che privi il possessore del possesso (interruzione naturale) o dall’attività del titolare del diritto reale che compia un atto di esercizio del diritto medesimo (nella specie [98], il possessore di una servitù di veduta ne aveva dismesso per un certo periodo l’esercizio, eliminando con la schermatura di una terrazza ogni possibilità di inspectio e di prospectio sul fondo limitrofo).
Poiché non è necessaria l’esistenza di un titolo per costituire una servitù per destinazione del padre di famiglia – la trascrizione, sarà irrilevante ai fini dell’opponibilità ai terzi.
In ogni caso, non può essere equiparato ad un titolo costitutivo della servitù per destinazione del padre di famiglia l’atto ricognitivo della servitù, che costituisce solo negozio di accertamento, posto che in tanto può farsi luogo alla ricognizione di una servitù, in quanto sussista – perché sorta in precedenza – la servitù stessa.
Secondo la Suprema Corte[99] qualora si aprano fra un vano e l’altro dell’edificio condominiale, le luci, essendo prive della connotazione della precarietà e della mera tolleranza, sono sottratte alla disciplina prevista dagli artt. 900-904 c.c.con riferimento all’ipotesi in cui le stesse si aprano sul fondo altrui; pertanto, è possibile – a favore di chi ne beneficia – acquisire la relativa servitù, per destinazione del padre di famiglia, o per usucapione, in virtù del possesso correlato all’oggettiva esistenza dello stato di fatto nel quale si manifesta l’assoggettamento parziale di in immobile a servizio od utilità dell’altro.
Invece, come già è stato analizzato in precedenza, il possesso di luci irregolari, sprovvisto di titolo e fondato sulla mera tolleranza del vicino, non può condurre all’acquisto per usucapione o per destinazione del padre di famiglia della relativa servitù, in quanto la servitù di aria e luce – che è negativa, risolvendosi nell’obbligo del proprietario del fondo vicino di non operarne la soppressione – non è una servitù apparente, atteso che l’apparenza non consiste soltanto nell’esistenza di segni visibili ed opere permanenti, ma esige che queste ultime, come mezzo necessario all’acquisto della servitù, siano indice non equivoco del peso imposto al fondo vicino in modo da fare presumere che il proprietario di questo ne sia a conoscenza. Né la circostanza che la luce sia irregolare è idonea a conferire alla indicata servitù il carattere di apparenza, non essendo possibile stabilire dalla irregolarità se il vicino la tolleri soltanto, riservandosi la facoltà di chiuderla nel modo stabilito, ovvero la subisca come peso del fondo, quale attuazione del corrispondente diritto di servitù o manifestazione del possesso della medesima[100].
Sempre in tema di usucapione, infine, quando l’interruzione del termine[101]necessario ad usucapire derivi, ai sensi dell’articolo 1165 c.c., dal riconoscimento del diritto del proprietario della cosa su cui il possesso è esercitato, siffatto riconoscimento, per essere operante a tali fini, deve provenire direttamente dal soggetto che lo manifesta o da soggetto abilitato ad agire in nome e per conto di quest’ultimo.
G) La tutela
Come già si è avuto modo di parlarne in merito all’istituto delle distanze tra le costruzioni, il proprietario ha diritto – qualora venga realizzata una luce o una veduta ex art. 900 c.c. senza rispettarne i limiti stabiliti – alla riduzione in ripristino ex art. 2933 c.c.[102] (di natura reale, qualificabile come negatoria servitutis[103]) ed al risarcimento del danno[104] (di natura obbligatoria).
Proprio in merito al risarcimento del danno la Corte di Piazza Cavour[105] ha confermato un orientamento consolidato della medesima Corte secondo il quale l’esercizio di un diritto reale in forma abusiva, perché insussistente, determina una limitazione automatica del diritto di godimento dell’altrui proprietà, tale da poter configurare l’esistenza di un danno in re ipsa, che, come tale, non necessita di una specifica attività probatoria.
Ma, tale azione di cui all’art. 907 c.p.c., relativa alla distanza delle costruzioni dalle vedute, ha natura giuridica, presupposti di fatto e contenuto precettivo diversi da quelli relativi alla disciplina di cui all’art. 873 c.p.c. che regolamenta la distanza tra le costruzioni al diverso fine di evitare la formazione di intercapedini dannose; ne consegue che al proprietario che richieda in giudizio la tutela del suo dominio da abusi del vicino concretantisi in violazione delle norme sulle distanze tra le costruzioni, non può essere accordata, perché estranea all’oggetto della sua domanda, la tutela di diritti di veduta e non può, pertanto, disporsi l’arretramento di una sopraelevazione per il mancato rispetto della distanza da tale veduta, invece che per il mancato rispetto della distanza tra costruzioni[106].
Per ultimo adagio della Cassazione
Corte di Cassazione, sezione II civile, sentenza 16 febbraio 2017, n. 4192
la titolarità del diritto reale di veduta costituisce una condizione dell’azione al fine di esigere l’osservanza da parte del vicino delle distanze di cui all’art. 907 cod. civ. e, come tale va accertata anche di ufficio dal giudice, salvo che da parte del convenuto non vi sia stata ammissione, esplicita o implicita, purché inequivoca, della relativa sussistenza.
In materia di vedute infatti l’obbligo di osservare la distanza dalle vedute prescritta dall’art. 907 cod. civ. presuppone che colui che ha costruito per primo abbia acquistato, ad es. per usucapione o per convenzione, il diritto ad avere vedute verso il fondo vicino
Sempre secondo la Corte di Piazza Cavour[107] in tema di risarcimento del danno per lesione dei diritti reali – nella specie, del diritto di veduta – rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito (il cui mancato esercizio non è censurabile in sede di legittimità) attribuire al danneggiato il risarcimento per equivalente anziché quello in forma specifica, salvo il dovere, imposto dall’art. 2933, secondo comma, c.c., di provvedere nel primo senso se la distruzione della cosa è di pregiudizio per l’economia nazionale.
A parere di altra pronuncia della stessa Corte[108]il giudice adito con domanda di condanna alla demolizione di una veduta abusiva può imporre, in luogo della demolizione, gli specifici accorgimenti che eliminano la veduta solo in presenza di una richiesta in tal senso di colui che ha aperto la veduta.
Principio ripreso da un sentenza della Corte d’Appello di Ancona[109] ovvero: il Giudice può disporre, in via alternativa, alla demolizione delle porzioni immobiliari per mezzo delle quali sono esercitate o esercitabili le vedute abusive, l’esecuzione e, dunque, la predisposizione di specifici ed opportuni accorgimenti, idonei ad inibire tali vedute, purché la parte processuale che ne abbia interesse chieda espressamente al Giudice l’esercizio di siffatto potere. In tal senso, nel caso concreto è stato dichiarata infondata la censura sollevata verso la sentenza del giudice di prime cure per non aver previsto nessuna soluzione alternativa alla demolizione delle opere oggetto di esame, atteso che l’appellante, pur avendo nel motivo di gravame prospettato la possibilità di ottenere il rispetto delle distanze di cui all’art. 905 c.c. con mezzi diversi dalla demolizione, non aveva poi nelle conclusioni dell’atto di appello, richiesto che la Corte di Appello adita disponesse concretamente soluzioni alternative alla demolizione, essendosi limitato genericamente a richiedere il rigetto delle domande attrici.
Contraria risulta, però essere, una pronuncia della Suprema Corte[110], a mente della quale in presenza di una domanda diretta all’eliminazione di vedute, perché esercitate da distanza inferiore a quella di legge, la statuizione del giudice che consente (in alternativa all’obbligo di eliminazione) l’arretramento delle vedute stesse, senza la necessità di eliminarle, è perfettamente in linea con la domanda, senza che sia necessaria, al riguardo, una specifica richiesta della parte convenuta.
Logicamente, anche in merito all’art. 906. c.c., il quale assoggetta l’apertura di vedute laterali od oblique sul fondo contiguo alla distanza di cm. 75 da misurarsi dal più vicino lato della finestra o dal più vicino sporto, è attribuito[111] al vicino in caso di violazione il diritto di agire per ottenere la condanna al ripristino della distanza legale inosservata, mediante arretramento della finestra o dello sporto da cui le vedute siano esercitate o esercitabili, ovvero in alternativa, e sempreché il convenuto ne abbia fatta espressa richiesta, attraverso l’adozione di specifici ed opportuni accorgimenti (quali la collocazione di pannelli stabiliti in vetro retinato opaco) idonei ad evitare che tali vedute siano esercitabili a distanza inferiore a quella legale.
L’apprezzamento circa l’adeguatezza dei correttivi concretamente adottati è riservato al giudice del merito e si sottrae al sindacato di legittimità se congruamente motivato.
Per quanto riguarda, invece, l’onere probatorio chi agisce giudizialmente per fare dichiarare la inesistenza a carico del proprio fondo di una servitù di veduta diretta deve limitarsi a provare che sul fondo del vicino si apre una veduta a distanza inferiore a un metro e mezzo dal confine, in quanto l’art. 905 c.c.gli dà diritto di pretenderne l’eliminazione, mentre incombe al convenuto, ai sensi dell’art. 2697 c.c. per evitare il riconoscimento di tale diritto, fornire la prova di un titolo che gli attribuisca la servitù di veduta. Soltanto se affermi che la veduta sia stata aperta in sostituzione di un’altra veduta di cui ammetta o non contesti la conformità al diritto, l’attore deve, altresì, dimostrare il presupposto su cui si basa la sua pretesa, cioè la difformità della nuova veduta rispetto a quella preesistente[112].
Ancora sul punto di recente la Cassazione
Corte di Cassazione, civile, Sentenza|19 gennaio 2022| n. 1614.
ha riaffermato che chi agisce giudizialmente per fare dichiarare la inesistenza a carico del proprio fondo di una servitu’ di veduta diretta deve limitarsi a provare che sul fondo del vicino si apre una veduta a distanza inferiore a un metro e mezzo dal confine, in quanto l’articolo 905 c.c. gli da’ diritto di pretenderne l’eliminazione, mentre incombe al convenuto, ai sensi dell’articolo 2697 c.c., per evitare il riconoscimento di tale diritto, fornire la prova di un titolo che gli attribuisca la servitu’ di veduta. Soltanto se affermi che la veduta sia stata aperta in sostituzione di un’altra veduta di cui ammetta o non contesti la conformita’ al diritto, l’attore deve, altresi’, dimostrare il presupposto su cui si basa la sua pretesa, cioe’ la difformita’ della nuova veduta rispetto a quella preesistente (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 20871 del 29/09/2009 Rv. 609961; Sez. 2, Sentenza n. 5734 del 13/06/1994 Rv. 487045; Sez. 2, Sentenza n. 1605 del 24/04/1975 Rv. 375196).
Si legge, poi, nel caso ci specie che avendo poi il (OMISSIS) suffragato la domanda con una perizia di parte corredata di rilievi fotografici e chiesto – gia’ con l’atto introduttivo – la nomina di un consulente tecnico di ufficio (consulente “percipiente”, trattandosi di accertamento di fatti: cfr. tra le varie Sez. 3, Ordinanza n. 3717 del 08/02/2019 Rv. 652736; Sez. 3, Sentenza n. 6155 del 13/03/2009 Rv. 607649 e con cio’ si risponde all’ulteriore eccezione contenuta a pagg. 10 e ss. del controricorso e 2 e ss. della memoria), non si comprende di quale altro onere avrebbe dovuto farsi carico l’odierno ricorrente al fine di veder tutelare davanti ai giudici di merito il suo diritto alla eliminazione di vedute che si assumevano aperte nel muro posto a confine col suo fondo (il “cortile scoperto”, si ripete).
In particolare, poi, il vicino che eccepisca la natura pubblica della porzione di terreno che separa il suo fabbricato, su cui ha aperto vedute a distanza inferiore a quella legale, da quello antistante, acquistato da altri con il medesimo titolo unitamente a tale porzione, ha l’onere di provare tale natura demaniale, e a tal fine le risultanze catastali concernenti la particella in contestazione hanno valore meramente indiziario, ancorché risalenti al tempo dell’istituzione del catasto, perché prive di efficacia negoziale, mentre le note di conferma del Comune al riguardo hanno carattere unilaterale[113].
G) – 1) L’azione volta a regolarizzare le servitù ex art. 902 c.c.
In virtù dell’art. 902, oltre alle azioni su elencate, vi è un’ulteriore e diversa azione ovvero: in materia di diritti reali, la domanda volta ad obbligare il vicino alla regolarizzazione di una luce, pur costituendo quantitativamente un minus rispetto alla actio negatoria servitutis[114], rappresenta un qualcosa di diverso rispetto a quest’ultima; ne consegue che – proposta domanda originaria di riduzione a distanza legale di una servitù di veduta diretta ed indiretta sul proprio fondo – costituisce domanda nuova, come tale inammissibile in appello, quella volta ad ottenere la regolarizzazione di una luce irregolare, atteso che l’accoglimento di detta domanda imporrebbe l’esecuzione di opere non ricomprese nel petitum originario[115].
Principio, ripreso da altra recente Cassazione
Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|28 luglio 2021| n. 21615.
secondo la quale: i presupposti, la “ratio” e la disciplina sulle distanze per l’apertura di vedute, da un lato e di luci, dall’altro, sono differenti: mentre nel primo caso si intende essenzialmente tutelare il proprietario dall’indiscrezione del vicino, impedendo a quest’ultimo di creare aperture a distanza inferiore a quella di un metro e mezzo, la cui inosservanza può essere eliminata solo con l’arretramento o la chiusura della veduta, nel secondo, diversamente, si regolamenta il diritto a praticare sul proprio fabbricato delle aperture verso il fondo del vicino, finalizzate solo ad attingere luce ed aria, stabilendo i requisiti di altezza e di sicurezza cui è condizionata la limitazione del diritto del vicino medesimo, il cui rispetto può ottenersi in qualunque tempo dal proprietario del fondo confinante, attraverso la semplice regolarizzazione delle aperture create in loro violazione. Ne consegue che, ove venga proposta una domanda di riduzione alla distanza legale di una servitù di veduta, diretta ed indiretta, sul proprio fondo, costituisce domanda nuova, come tale inammissibile in appello, quella volta ad ottenere la regolarizzazione di una luce irregolare, atteso che il suo accoglimento imporrebbe l’esecuzione di opere non ricomprese nel “petitum” originario.
Inoltre, viola il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato il giudice di merito che, adito allo scopo di sentir dichiarare l’illegittimità di alcune vedute aperte in una costruzione eretta in sopraelevazione, ne abbia imposto la regolarizzazione invece come “luci”. Diversi sono infatti, i presupposti per l’una e l’altra disciplina, riguardando l’art. 905 c.c.le aperture che consentono di inspicere e di prospicere, cioè di vedere ed affacciarsi verso il fondo del vicino, ed invece gli artt. 901 e 902 c.c. il diritto di praticare aperture in direzione di quello per attingere luce ed aria; così come diversi sono i rimedi, poiché l’inosservanza delle distanze dettate dall’art. 905 c.c. può essere eliminata soltanto dall’arretramento o chiusura delle vedute, mentre le prescrizioni sulle luci possono farsi rispettare attraverso la loro semplice regolarizzazione[116].
Sentenza che riprende a pieno il principio più volte enunciato dalla stessa suprema Corte[117] in senso più generale ovvero: i diritti assoluti – reali o di status – si identificano in sé e non in base alla loro fonte, come accade per i diritti di obbligazione, sicché, l’attore può mutare il titolo in base al quale chiede la tutela del diritto assoluto senza incorrere nelle preclusioni (artt. 183, 189 e 345 c.p.c.) e negli oneri (art. 292 c.p.c.) della modificazione della causa petendi, né viene a concretarsi una violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato se il giudice accoglie il petitum sulla scorta di un titolo diverso da quello invocato. Infatti, la proprietà e gli altri diritti reali di godimento appartengono alla categoria dei cosiddetti “diritti autodeterminati”, individuati, cioè, in base alla sola indicazione del loro contenuto, rappresentato dal bene che ne costituisce l’oggetto, onde, nelle azioni a difesa di tali diritti, la causa petendi si identifica con il diritto stesso (diversamente da quanto avviene in quelle a difesa dei diritti di credito, nelle quali la causa petendi si immedesima con il titolo), mentre il titolo, necessario ai fini della prova di esso, non ha alcuna funzione di specificazione della domanda.
Ne consegue che, nel corso del giudizio inteso alla tutela del diritto di proprietà dall’altrui esercizio di una veduta, dedotto come illegittimo perché derivante dall’intervenuta trasformazione di un’originaria luce, mediante la condanna del convenuto al ripristino degli accorgimenti impeditivi della veduta previsti dall’art. 901 c.c., l’allegazione di un titolo – quale l’insussistenza di una servitù di veduta – diverso rispetto a quello posto originariamente a fondamento della domanda – quale il diritto ad ottenere la conformazione dell’apertura alle caratteristiche della luce – altro non rappresenta se non un’integrazione delle difese, aggiungendosi un ulteriore elemento di valutazione a quello precedentemente dedotto, che non dà luogo alla proposizione di una domanda nuova, così come non implica alcuna rinunzia a che il primo titolo dedotto venga anch’esso se del caso preso in considerazione, e, tanto meno, influisce in alcun modo sulle conclusioni, che restano, comunque, cristallizzate nel medesimo petitum consistente nella richiesta di accertamento della lesione del diritto di proprietà e di pronunzia idonea all’eliminazione della situazione lesiva.
Conseguentemente, decisa la controversia in primo grado sulla base dell’un titolo, non è preclusa in secondo grado la decisione sulla scorta dell’altro o di entrambi, giacché trattasi di argomentazioni difensive intese a specificare le ragioni della tutela del diritto reale in discussione che non immutano l’originario thema decidendum e possono, pertanto, essere svolte dalla parte interessata non solo nell’atto di appello ma lungo tutto il corso del giudizio di secondo grado.
G) – 2) Le azioni Possessorie
Premesso che tale aspetto è stato già affrontato in altro scritto a cui si rimanda la lettura[118], è bene, subito precisare che in generale la tutela del possesso è solo provvisoria se in seguito prevalgono le ragioni del proprietario in un successivo giudizio petitorio.
Le due azioni devono essere proposte entro l’anno dall’avvenuto spossessamento o dalla turbativa.
Questo termine è di decadenza con natura sostanziale, quindi non soggetto alla sospensione feriale dei termini processuali.
Inoltre la proposizione dell’azione al di fuori del termine prescrizionale può essere eccepita solo ad istanza di parte, in quanto, vertendo il termine suddetto su diritti disponibili, rimane escluso il potere officioso del giudice di rilevare l’inosservanza. Per il computo del termine si dovrà fare riferimento al primo atto effettivamente lesivo, quando i successivi siano posti in essere con le stesse modalità, altrimenti se i successivi episodi lesivi integrassero una lesione autonoma, diversa, a partire da questa dovrebbe cominciare a decorrere il termine
Orbene l’apertura di luci – eseguita e mantenuta jure proprietatis – costituisca estrinsecazione di una facoltà rientrante nel contenuto del diritto di proprietà fondiaria e del relativo possesso sull’immobile, consentita quale che sia la distanza dall’altrui fondo (art.903 c.c.) – quindi anche con aperture nel muro posto al confine con fondo alieno – e meritevole di tutela petitoria e possessoria[119].
In tema di possesso di servitù di veduta, agli effetti della tutela restitutoria di cui all’art.1168 c.c., non è necessario accertare che la veduta sia esercitata in forza di un regolare titolo di acquisto[120], essendo sufficiente, invece, la corrispondenza tra l’esercizio di fatto delle facoltà della parte istante ed il contenuto della servitù prediale, in forza di un accertamento, demandato al giudice di merito, incentrato sull’esistenza di opere che consentono il possesso delle predette facoltà e del pregiudizio che ad esse deriverebbero dalla costruzione della controparte.
Tuttavia [121], non basta l’elemento obiettivo di una qualsiasi modificazione dello stato di fatto a concretare lo spoglio e la turbativa in senso tecnico, ma occorre che lo stato di fatto integri gli estremi di un possesso o di una detenzione tutelabile con l’azione di spoglio o di manutenzione, costituendo ciò il presupposto dell’azione medesima.
Pertanto, poichè l’accertamento dell’esistenza di un possesso o di una detenzione tutelabile rappresenta un prius rispetto all’accertamento sulla pretesa immutazione dello stato di fatto,qualora si invochi la tutela possessoria in ordine ad una veduta il cui esercizio si assuma turbato dalla violazione da parte del vicino delle distanze legali prescritte per le costruzioni antistanti le vedute, non sconfina dai limiti del giudizio possessorio ma anzi procede ad un esame preliminarmente necessario il giudice che,innanzitutto, accerti se la finestra abbia i caratteri di una vera e propria veduta ovvero di una semplice luce.
Inoltre, sempre secondo la S.C.[122], per la configurabilità del possesso di servitù di veduta, tutelabile con l’azione di spoglio, non è necessario che l’opera da cui questa è esercitata sia destinata esclusivamente all’affaccio sul fondo del vicino se, per ubicazione, consistenza e caratteristiche, il giudice del merito ne accerti l’oggettiva idoneità all’inspicere ed al prospicere in alienum, come nel caso di vedute da terrazze, lastrici solari, ballatoi, pianerottoli, porte di accesso, scale, così da determinare il permanente assoggettamento al peso della veduta, non occorrendo che tali opere siano sorte per l’esclusivo scopo dell’esercizio della veduta, essendo sufficiente che esse, per l’ubicazione, la consistenza e la struttura, abbiano oggettivamente la detta idoneità.
In merito all’azione di manutenzione, secondo la Cassazione[123], la stessa non richiede che l’opera dalla quale nasce la turbativa del possesso sia completata, essendo al riguardo sufficiente l’obiettiva percezione della lesione del possesso da essa determinata.
Nel caso di specie, come già è stato analizzato in precedenza[124] i Giudici hanno addirittura accertato che le aperture – costituenti veduta – erano praticate, rifinite, essendo dotate di soglie sporgenti, sia pure di poco, dal filo del muro, così implicitamente ritenendo che per loro collocazione consentivano l’inspectio e la prospectio sul fondo del vicino: la mancanza dei serramenti era circostanza del tutto irrilevante. Ed invero, la sentenza impugnata ha ancora accertato che soltanto in sede esecutiva, evidentemente a seguito del provvedimento interdittale, furono apposte le chiusure in vetrocemento, non essendo a tal fine idonee quelle che aveva installato la resistente.
Nell’azione di manutenzione, l’elemento psicologico della molestia possessoria consiste nella volontarietà del fatto, tale da comportare una diminuzione del godimento del bene da parte del possessore e nella consapevolezza della sua idoneità a determinare una modificazione o limitazione dell’esercizio di tale possesso, senza che sia, per converso, richiesta una specifica finalità di molestare il soggetto passivo, essendo sufficiente la coscienza e volontarietà del fatto compiuto a detrimento dell’altrui possesso, che pertanto si presume ove la turbativa sia oggettivamente dimostrata: nella specie, come e visto, e stata accertata l’avvenuta lesione del possesso che ha reso necessario l’intervento del giudice e la sua attuazione in sede esecutiva.
In particolare[125], nel caso di trasformazione del tetto in terrazzo, munito di riparo o ringhiera, che venga a trovarsi a distanza inferiore a quella legale rispetto all’altrui fondo, il comodo affaccio esercitabile su di questo costituisce turbativa del possesso del vicino. Tale possesso è reclamabile con l’azione di manutenzione ed alla predetta turbativa è possibile porre rimedio con l’esecuzione di opere idonee, secondo l’insindacabile apprezzamento del giudice di merito in quanto sorretto da coerente motivazione, ad evitare l’affaccio a distanza inferiore a quella legale.
In conclusione, qualora sia invocata la tutela possessoria delle distanze legali, ha natura petitoria[126]– e, come tale, non può trovare ingresso nel relativo giudizio, ai sensi dell’art. 705 c.p.c. – l’eccezione sollevata dal convenuto in ordine alla legittimità della costruzione, perché realizzata nel rispetto delle norme urbanistiche vigenti. Al riguardo, infatti, non può invocarsi il principio formulato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 25 del 1992 che, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 705, comma primo, c.p.c. (nella parte in cui detta norma subordinava la proposizione del giudizio petitorio alla definizione della controversia possessoria e all’esecuzione della decisione nel caso derivasse o potesse derivare un pregiudizio irreparabile al convenuto), infrange soltanto il divieto, per il convenuto in possessorio, di agire in petitorio “finché il primo giudizio non è finito o la decisione non sia stata eseguita” , senza per contro estendere i suoi effetti nell’ambito del giudizio possessorio, ponendo nel nulla il divieto per il convenuto di sollevare difese di natura petitoria.
NOTE
[1] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 28 settembre 2007, n. 20577. Nella specie, la S.C. ha ritenuto che l’apertura-lucernario con portello apribile verso l’alto, realizzata sul tetto di un immobile a pochi centimetri di distanza dalla terrazza del vicino, fosse qualificabile come luce e non come veduta
[2] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 12 aprile 2006, n. 8572
[3] Per una maggior approfondimento sulla servitù aprire il seguente link
http://3.70.129.172/2011/04/22/servitu-prediali/
[4] Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 27 gennaio 2015, n. 362, per la lettura integrale aprire il seguente link Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 27 gennaio 2015, n. 362
[5] Corte Corte di Cassazione, sezione II, sentenza20 ottobre 1997, n. 10250
[6] Per un maggiore approfondimento sull’istituto delle aprire il seguente link
http://3.70.129.172/2011/04/22/servitu-prediali/
[7] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 18 aprile 1996, n. 3679
[8] cfr. Corte Corte di Cassazione, sentenza n. 3679
[9] Trib. Benevento, 14 ottobre 2008 e Trib. Desio, 03 gennaio 2006. Nel caso particolare affrontato trattandosi di una saracinesca, l’apertura non può essere considerata veduta né luce irregolare, essendo pacifica la sua funzione, non essendo destinata al prospicere e all’inspicere, né a far passare luce e aria; la saracinesca ha l’unico, scopo, di consentire (o impedire) il passaggio di persone e autovetture. Essa pertanto non risulta compresa tra le ipotesi di cui agli artt. 903 e ss. c.c.
[10] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 13 gennaio 2006, n. 499 e Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 22 gennaio 2004, n. 1005
[11] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 13 ottobre 2004, n. 20205
[12] Corte di Cassazione, Sez. Unite, sentenza 22 settembre 1997, n. 9342
[13] Trib. Bologna, Sez. II, 03 marzo 2008
[14] Non può essere considerata luce una apertura larga 30 cm, situata ad un’altezza di 117 cm dal pavimento del luogo in cui si trova e a 178 cm dal suolo del fondo vicino, ma deve la stessa essere qualificata veduta, avendo le caratteristiche per la inspectio e la prospectio, ossia i requisiti tipici richiesti – appunto – per la veduta. Trib. Trani, 01 ottobre 2004
[15] Dal codice Napoleonico 1809 (Stamperia Simoniana, Napoli 1809)
Art. 676 “Il proprietario di un muro non comune contiguo al fondo altrui, può formare in questo muro delle luci o finestre con inferriate e invetriate fisse. Queste finestre devono essere munite di cancelli di ferro, le cui maglie avranno un decimetro (circa tre pollici ed otto linee) di apertura al più, ed un telajo ad invetriata fissa”.
Art. 677 “Queste finestre o luci non si possono collocare a minore altezza di 26 decimetri (otto piedi) al di sopra del pavimento o suolo della camera, che si vuole illuminare, se questa è a pian terreno, e di diciannove decimetri sei piedi) al di sopra del pavimento, se questa è nei piani superiori.”
Art. 678 “Non possono aprirsi vedute dirette o finestre a prospetto, né balconi o altri simili sporti sul fondo chiuso o non chiuso del vicino, se tra il detto fondo ed il muro in cui si formano le dette opere non vi è la distanza di diciannove decimetri (sei piedi.”
Art. 679 “La distanza, di cui si parla nei due precedenti articoli, si computa dalla faccia esteriore del muro in cui si fa l’apertura; e se vi sono balconi o altri simili sporti, dalla linea esteriore sino alla linea di separazione dé due fondi.”
[16] Il vicino ha sempre il diritto di chiedere la regolarizzazione delle luci che non siano conformi alle prescrizioni legislative. Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 09/06/1999, n. 5672
[17] Per un maggior approfondimento sulle azioni possesorie aprire il seguente link http://3.70.129.172/2013/02/18/il-possesso-lusucapione-e-le-azioni-a-tutela-del-possesso/
[18] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 05 luglio 1999, n. 6949
[19] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 21 luglio 2005, n. 15292. Si legge in sentenza che la Corte d’Appello di Napoli, con sentenza 11 aprile 2001, accoglieva in minima parte l’appello principale, riconoscendo il diritto ad attuare mediante l’impiego di vetrocemento la regolarizzazione delle luci imposta dal tribunale, però, bisogna aggiungere, qualora ciò non permetta una possibile veduta nel fondo vicino.
[20] Corte di Cassazione, sezione II, 25 giugno 2001, n. 8675.
[21] Corte di Cassazione, sentenza del 10 gennaio 2013, n. 512, per la lettura integrale aprire il seguente link Corte di Cassazione, sentenza del 10 gennaio 2013, n. 512. Nel caso in esame, si continua a leggere nella sentenza, la Corte napoletana, pur avendo riconosciuto che il muro posto a confine tra le proprietà X e Y costituiva il parapetto del terrazzo della fabbrica D realizzata dalla X , ed essendo sovrastato da una cancellata in ferro alta m. 1,50, realizzava una luce irregolare, e però, nel disporre la regolarizzazione di tale apertura non teneva conto della normativa di cui al n. 2 dell’art. 901 c.c., e cioè ometteva di disporre la sopraelevazione del muro ad un’altezza non inferiore a metri 2,50 da suolo calpestabile del terrazzo della Y considerato che il terrazzo di cui si dice è collocato ad un piano superiore rispetto al piano terreno. Il calcolo aritmetico tra la misura del basso parapetto in muratura e la misura della cancellata che lo sovrastava, prospettato dalla Corte di Appello di Napoli, non è in grado di modificare lo stato di irregolarità della luce di cui si dice perché la cancellata in ferro sovrastante il parapetto alto un metro identifica in tutta la sua grandezza lo spazio dell’apertura che andava regolarizzata. Insomma, lo spazio identificato dalla cancellata esistente andava considerato quale apertura sul fondo del vicino il cui lato inferiore esterno ed interno non doveva essere posto ad una altezza inferiore di m. 2,50 dal suolo di calpestio ovvero dal suolo del terrazzo della X
[22] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 29 agosto 1998, n. 8611
[23] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 08 marzo 2001, n. 3441 e Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 10 settembre 1999, n. 9637
[24] Corte di Cassazione, sentenza n. 59 del 1 7 gennaio 1948
[25] Cfr. par.G) La tutela, da pag, 75
[26] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 25 giugno 2001, n. 8671
[27] Cfr. IL DIVIETO DEGLI ATTI DI EMULAZIONE, per la consultazione aprire il seguente link http://3.70.129.172/2012/11/06/il-divieto-degli-atti-di-emulazione-ex-art-833-c-c/
[28] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 28 novembre 1992, n. 12759
[29] Trib. Bologna, Sez. II, 10/07/2006
[30] Cfr. LE DISTANZE TRA LE COSTRUZIONI, lettera A) Introduzione e la disciplina generale, per la consultazione aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2011/03/03/le-distanze-tra-le-costruzioni-ex-artt-873-e-ss-c-c/
[31] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 16 agosto 1993, n. 8744
[32] In tema di distanze tra vedute, l’ultimo comma dell’art. 905 c.c. esclude l’obbligo della distanza prevista per l’apertura di vedute dirette verso il fondo del vicino, quando tra le due proprietà contigue vi sia una pubblica via, e tale prescrizione non presuppone necessariamente che questa separi i fondi medesimi, ma richiede soltanto che essi siano confinanti con la strada pubblica, indipendentemente dalla loro reciproca collocazione (Nella specie, la S.C., alla stregua del principio enunciato, ha ritenuto che i giudici del merito avevano erroneamente ritenuto che il proprietario di un edificio confinante con una strada pubblica e contiguo ad altro fabbricato, posto in linea con il primo, fosse obbligato ad osservare la distanza stabilita per l’apertura delle vedute dirette).
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 14 febbraio 2002, n. 2159
[33] Corte di Cassazione, sentenza Civile, SS.UU., 28 novembre 1996 n. 10615, da ultimo Trib. Roma, Sez. V, 29 aprile 2010
[34] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 11 novembre 1994, n. 9446
[35] Per determinare una veduta, a sensi dell’art. 900 c.c., occorre aver riguardo alla destinazione permanente e normale dell’opera, da ricercarsi non già nelle intenzioni del proprietario, ma nella natura dell’opera oggettivamente considerata, in quanto nel suo uso normale determini il normale e permanente assoggettamento del fondo vicino all’onere della veduta o del prospetto. Trib. Genova, Sez. stralcio, 30 gennaio 2007
[36] Un’apertura munita di inferriata, che consenta di guardare sul fondo sottostante mediante una manovra di per sè eccezionale e poco agevole per una persona di normale conformazione fisica, costituisce una luce e non una veduta, con la conseguenza che, nel caso in cui essa non sia conforme alle prescrizioni indicate nell’art.901 cod. civ., il proprietario del fondo vicino può sempre esigerne la regolarizzazione, non potendo la mera tolleranza della sua difformità dalle prescrizioni di legge, ancorchè protratta nel tempo, far sorgere, per usucapione, un diritto a mantenerla nello stato in cui si trova. Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 19 ottobre 2005, n. 20200
[37] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 04 novembre 2004, n. 21107
[38] Corte di Cassazione, sentenza del 7 aprile 2014, n. 6927, per la lettura del testo integrale aprire il seguente link Corte di Cassazione, sentenza del 7 aprile 2014, n. 6927
[39] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 29 marzo 2005, n. 6576
[40] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 26 gennaio 2005, n. 1556
[41] Corte di Cassazione, sentenza del 5 novembre 2012 n. 18904, per la lettura del testo integrale aprire il seguente link Corte di Cassazione, sentenza del 5 novembre 2012 n. 18904
[42] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 25 ottobre 2006, n. 22844
[43] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del n. 104 del 7 gennaio 2013, per la consultazione del testo integrale aprire il seguente link Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del n. 104 del 7 gennaio 2013
[44] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 06 settembre 2005, n. 17802 e Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 13 ottobre 2004, n. 20205
[45] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 17 gennaio 2002, n. 480 e Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 05 gennaio 2000, n. 27
[46] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 05 dicembre 2003, n. 18637 e Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 19 ottobre 2005, n. 20200
[47] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 17 novembre 2003, n. 17343
[48] Corte di Cassazione, sentenza del 5 novembre 2012, n. 18910, per la consultazione del testo integrale aprire il seguente link Corte di Cassazione, sentenza del 5 novembre 2012, n. 18910
[49] Corte di Cassazione, sentenze nn. 76267/93, 3285/87
[50] Corte di Cassazione, sentenza del 30 giugno 2015, n. 13412, per la consultazione del testo integrale aprire il seguente link Corte di Cassazione, sentenza del 30 giugno 2015, n. 13412
[51] Corte di Cassazione, sentenza 5 novembre 2012 n. 18910; Corte di Cassazione, sentenza 17 novembre 2003 n. 17343; Corte di Cassazione, sentenza 23 febbraio 1983 n. 1382
[52] L’ultimo comma dell’art 905 cod. civ., il quale esclude l’obbligo di osservare una distanza minima per l’apertura di vedute dirette verso il fondo del vicino quando tra i due fondi contigui vi sia una via pubblica, non presuppone necessariamente che questa separi i fondi medesimi e che questi si fronteggino, ma richiede soltanto che essi siano confinanti con la strada pubblica, indipendentemente dalla loro reciproca collocazione, sicché i fondi possono anche essere contigui o trovarsi ad angolo retto; ciò in quanto l’esonero dal divieto è giustificato dall’identificazione della strada pubblica come uno spazio dal quale chiunque può spingere liberamente lo sguardo sui fondi adiacenti. Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 20 febbraio 2009, n. 4222
[53] Corte di Cassazione sezione II sentenza del 5 luglio 2012, n. 11302, per la lettura del testo integrale aprire il seguente link Corte di Cassazione sezione II sentenza del 5 luglio 2012, n. 11302
[54] Corte di Cassazione, sentenza del 17 novembre 2014, n. 24401, per la lettura del testo integrale aprire il seguente link Corte di Cassazione, sentenza del 17 novembre 2014, n. 24401
[55] http://3.70.129.172/2013/02/18/il-possesso-lusucapione-e-le-azioni-a-tutela-del-possesso/
[56] Corte di Cassazione, sentenza n. 5671/77
[57] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 11 febbraio 1997, n. 1261
[58] Corte di Cassazione, sentenza del 17 febbraio 1958, n. 513 e Corte di Cassazione, sentenza del 3 novembre 1956, n. 4109
[59] Corte di Cassazione, sentenza del 10 aprile 1986, n. 2499
[60] Trib. Genova, Sez. III, 19 maggio 2008, Trib. Cassino, 09 ottobre 2007
[61] Cfr. LE DISTANZE TRA LE COSTRUZIONI, lettera F) Nozione di costruzione, per la consultazione aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2011/03/03/le-distanze-tra-le-costruzioni-ex-artt-873-e-ss-c-c/
[62] Corte di Cassazione, sezione II, 23 marzo 2004, n. 5764. Nella specie, in cui il giudice del merito aveva ritenuto che il manufatto di cui si doleva l’attore «non ostacola in alcun modo gli esercizi di luce, vedute e prospetti sia diretti che obliqui dell’appartamento sovrastante dell’attore», la Suprema Corte, in applicazione del principio esposto sopra, ha ritenuto carente e insufficiente la motivazione della sentenza gravata perché non spiegava per quali ragioni la tettoia non fosse di ostacolo alla veduta, specie considerato che con il gravame si era sostenuto che la tettoia stessa, realizzata con materiale plastico, compatto, consistente, ancorché di spessore sottilissimo e di colore bianco trasparente, ma destinato per la sua funzione a permanere in loco e a diventare opaco, costituiva un manufatto idoneo a incidere negativamente sull’esercizio della veduta
[63] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 24 giugno 2009, n. 14784
[64] Corte di Cassazione, sentenza del 11 settembre 2013 n. 20848, per la lettura del testo integrale aprire il seguente link Corte di Cassazione, sentenza del 11 settembre 2013 n. 20848
[65] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 03 marzo 2009, n. 5104
[66] Trib. Monza, 19 novembre 2007, Corte di Cassazione, sentenza n.13485/2000; Corte di Cassazione, sentenza n.4895/1989
[67] Cfr. LE DISTANZE TRA LE COSTRUZIONI, lettera G) Le distanze legali ed il condominio, per la consultazione aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2011/03/03/le-distanze-tra-le-costruzioni-ex-artt-873-e-ss-c-c/
[68] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 14 aprile 2004, n. 7044 e Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 18 marzo 2010, n. 6546. La sentenza impugnata aveva annullato la delibera condominiale con cui alcuni condomini erano stati autorizzati a trasformare in balcone le finestre dei rispettivi appartamenti senza osservare le distanze legali rispetto ai preesistenti balconi delle proprietà sottostanti. La Corte, nel cassare la decisione di appello, ha ritenuto legittima l’esecuzione delle opere, avvenuta nell’ambito delle facoltà consentite dall’art. 1102 c.c. nell’uso dei beni comuni – la facciata dell’edificio – atteso che la realizzazione del balcone non aveva provocato alcuna diminuzione di aria e di luce alla veduta esercitata dal condomino sottostante
[69] Corte di Cassazione, sentenza del 11 febbraio 2014, n. 3094, per lalettura del testo integrale aprire il seguente link Corte di Cassazione, sentenza del 11 febbraio 2014, n. 3094
[70] Per una maggior approfondimento sulla comunione aprire il seguente link
http://3.70.129.172/2011/08/23/la-comunione/
[71] Corte di Cassazione, sentenza del 3 marzo 2014, n. 4936, per la lettura del testo iuntegrale aprire il seguente link Corte di Cassazione, sentenza del 3 marzo 2014, n. 4936 cfr. Corte di Cassazione, sentenza 14.4.2004, n. 7044; Corte di Cassazione, sentenza 18.3.2010, n. 6546
[72] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 27 gennaio 2016, n. 1549, per la consultazione del testo integrale aprire il seguente link Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 27 gennaio 2016, n. 1549
[73] Corte di Cassazione, sentenza del n. 13874 del 9 giugno 2010
[74] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 26 febbraio 2007, n. 4386, Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 19 ottobre 2005, n. 20200, Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 27 febbraio 2007, n. 4617 e Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 16 marzo 2006, n. 5848
[75] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 20 giugno 2000, n. 8397
[76] Corte di Cassazione, sentenza del 12 giugno 1981, n. 3819
[77] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 12 febbraio 1998, n. 1498
[78] Corte di Cassazione, sentenza del 11 luglio 2011, n. 15186, per la lettura del testo integrale aprire il seguente link Corte di Cassazione, sentenza del 11 luglio 2011, n. 15186
[79] Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 27 marzo 2014, n. 7269, per la lettura del testo integrale aprire il seguente link Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 27 marzo 2014, n. 7269
[80] Corte di Cassazione, sentenza n. 9562 del 1997; Corte di Cassazione, sentenza n. 17317 del 2007
[81] Corte di Cassazione, sentenza n. 13012/2000
[82] Corte di Cassazione, sentenza 12033/2011; Corte di Cassazione, sentenza 955/2013
[83] cfr, in precedenza, Corte di Cassazione, sentenza n.11199 del 2000; Corte di Cassazione, sentenza n.12299 del 1997
[84] Corte di Cassazione, sentenza n.5764 del 2004; Corte di Cassazione, sentenza n.1598 del 1993
[85] Per una maggior approfondimento sulla servitù aprire il seguente link
http://3.70.129.172/2011/04/22/servitu-prediali/
[86] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 07 luglio 2006, n. 15430
[87] Corte di Cassazione, sentenza del 11 maggio 1983, n. 3258
[88] Cfr. Il Sole 24 Ore – Dossier – Repertorio di Urbanistica ed Edilizia – Le distanze in edilizia, vedute o prospetti – pag. 38 – SAIE 2008
[89] Per una migliore disamina del diritto di superficie aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2012/05/29/il-diritto-di-superficie/
[90] Cfr. Il Sole 24 Ore – Dossier – Repertorio di Urbanistica ed Edilizia – Le distanze in edilizia, vedute o prospetti – pag. 39 – SAIE 2008
[91] Cfr. Il Sole 24 Ore – Dossier – Repertorio di Urbanistica ed Edilizia – Le distanze in edilizia, vedute o prospetti – pag. 39 – SAIE 2008
[92] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 9 febbraio 1993, n. 1598
[93] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 04 maggio 2010, n. 10746
[94] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 16 ottobre 2012, n. 17680, per la lettura de testo integrale aprire il seguente link Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 16 ottobre 2012, n. 17680
[95] Cfr. Il Sole 24 Ore – Dossier – Repertorio di Urbanistica ed Edilizia – Le distanze in edilizia, vedute o prospetti – pag. 40 – SAIE 2008
[96] Per un maggior approfondimento sull’usucapione aprire il seguente link http://3.70.129.172/2013/02/18/il-possesso-lusucapione-e-le-azioni-a-tutela-del-possesso/
[97] Corte di Cassazione, sentenza del 9 aprile 1976, n. 1239
[98] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 13 dicembre 1994, n. 10652
[99] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 22 giugno 2006, n. 14442. Nella specie è stata affermata l’esistenza, per effetto del possesso ad usucapionem, della servitù gravante sul terrazzino del sovrastante vano (ubicato nell’edificio condominiale), nel quale si apriva fuoriuscendo con un torrino verticale – una condotta che, partendo da un foro praticato nel solaio del sottostante terraneo, svolgeva la funzione, oltre che di “lucernario”, di “sfiatatoio” a favore di quest’ultimo
[100] Corte di Cassazione, sezioni unite, sentenza 21 novembre 1996, n. 10285, Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 17 giugno 2004, n. 11343 e Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 4 gennaio 2002, n. 71
[101] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 26 marzo 2008, n. 7847. Nella specie è stato negato che, per il solo fatto dell’utilizzo del plurale nelle missive indirizzate al proprietario confinante, nelle quali ci si obbligava ad eliminare affacci e luci abusive, il mittente avesse manifestato anche la volontà della propria consorte di dismettere le predette servitù illegittime in favore dell’immobile di proprietà esclusiva di quella. Cfr Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 29 novembre 2006, n. 25250 e Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 23 giugno 2006, n. 14654
[102] La domanda di eliminazione delle vedute aperte sul muro perimetrale comune deve essere proposta nei soli confronti del proprietario delle vedute stesse e non nei confronti di tutti i condomini del fabbricato sul quale le vedute si aprono. Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 20 luglio 1999, n. 7745
[103] L’azione negatoria è rivolta ad una pronuncia che accerti la libertà dell’immobile posseduto; l’attore in negatoria deve provare la proprietà e non anche la libertà del fondo, gravando sul convenuto l’onere di provare l’esistenza del preteso diritto. Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 28 novembre 1991, n. 12762
[104] Il danno conseguente alla violazione delle norme del codice civile (ed integrative di queste) relative alle distanze da rispettare in caso di costruzione di balconi o terrazze che permettano di affacciarsi sul fondo vicino si identifica nella violazione stessa, costituendo un asservimento “de facto” del fondo predetto, con conseguente obbligo di risarcimento danni senza la necessità di una specifica attività probatoria. Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 24 febbraio 2000, n. 2095
[105] Corte di Cassazione, sentenza del n. 6778 del 4 maggio 2012, per la lettura del testo integrale aprire il seguente link Corte di Cassazione, sentenza del n. 6778 del 4 maggio 2012
[106] Corte di Cassazione, sentenza del 4 aprile 2000, n. 4087
[107] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 16 gennaio 2007, n. 866
[108] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 03 maggio 1996, n. 4093
[109] App. Ancona, 08 gennaio 2010
[110] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 29 luglio 2004, n. 14368
[111] Corte di Cassazione, sentenza del del 22 febbraio 1994, n. 1693
[112]Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 29 settembre 2009, n. 20871 e Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 13 giugno 1994, n. 5734
[113] Corte di Cassazione, sentenza del 3 luglio 1999, n. 6885
[114] Cfr LE AZIONI A TUTELA DELLA PROPRIETÀ, per la consultazione aprire il seguente collegamento on-line
[115] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 23 ottobre 2009, n. 22553 e Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 27 dicembre 2004, n. 24024
[116] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 02 febbraio 2009, n. 2558
[117] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 21 novembre 2006, n. 24702, Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 02 febbraio 2009, n. 2558, Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 26 novembre 2008, n. 28228, Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 23 novembre 2007, n. 24446, Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 20 novembre 2007, n. 2414, Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 17 luglio 2007, n. 15915 e Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 20 luglio 2005, n. 15248
[118] Cfr. LE AZIONI A TUTELA DEL POSSESSO, per la consultazione aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2013/02/18/il-possesso-lusucapione-e-le-azioni-a-tutela-del-possesso/
[119] Corte di Cassazione, sentenza del 26 gennaio 2000, n.868, Corte di Cassazione, sentenza del 19 marzo 1996, n. 2293; Corte di Cassazione, sentenza del 4 giugno 1993, n.62
[120] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 25 luglio 2005, n. 15558 e Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 13 ottobre 2004, n. 20205
[121] Corte di Cassazione, sentenza del 24 maggio 1968, n. 1594
[122] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 13 ottobre 2004, n. 20205, Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 05 maggio 1998, n. 4526 e Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 17 novembre 2003, n. 17341
[123] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del n. 104 del 7 gennaio 2013, per la lettura del testo integrale aprire il seguente link Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del n. 104 del 7 gennaio 2013
[124] Cfr. par.fo lettera C) Le Vedute, C) – 1) I presupposti pag. 134
[125]Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 07 maggio 2008, n. 11201. Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della corte di merito, che aveva ritenuto sufficiente, per impedire il ravvicinato affaccio sul fondo dell’attore, dal terrazzo ricavato dal convenuto sul tetto del suo edificio eliminando le tegole, un muretto alto 80 cm, spesso 20 cm, ed un cancelletto alto 110 cm, privo di punte di lancia. Cfr Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 25 luglio 2005, n. 15557 e Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 12 maggio 2003, n. 7267
[126] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 20 aprile 2006, n. 9285
Egregio Avvocato,
Sono proprietario di un vano di 40 mq uso garage / deposito. E’ provvisto sul soffitto da un passaggio per la luce solare m 1,00 x 0,50 che corrisponde sul calpestio di un marciapiede sovrastante di proprieta’ privata.
Da questo marciapiede si accede ad un ufficio postale POSTE ITALIANE.
Per adeguamento alle nuove norme , l’ufficio ho dovuto costruire una pedana fissa in metallo non spostabile, per ingresso ai disabili.
Mi ha coperto questa apertura ,chiudendo del tutto il passaggio della luce-
POTEVA FARLO’?
Non mi ha chiesto alcun permesso e penso che potevano anche fare in modo di non coprirlo costruendolo in modo diverso ma forse piu’ complicato per loro da realizzare.
Cosa mi consiglia di fare ?
La ringrazio porgendo cordiali saluti.
Egr. sig. Andrea,
avrei la necessitàdi prendere contezza dello stato dei luoghi.
Le ho inviato una e-mail all’indirizzo di posta da Lei utilizzato e La invito a prenderne visione.
Qualora desideri mi ritenga giàdisponibile per un’assistenza legale (r.disa@studiodisa.it 0818774842).
La ringrazio per la fiducia riposta.
Le ricordo, infine, di iscriversi alla newsletter e di seguirmi su facebook ) e su Twitter (https://twitter.com/AvvRenatoDIsa) per essere quotidianamente aggiornato.
Cordiali saluti.
Egr, Avvocato vorrei sottoporle un quesito in merito a questo tema.
quando ho acquistato la mia villetta, in un complesso trifamiliare, presentava un’apertura aperta sul muro confinante tar il mio box e quello del vicino ad altezza di circa 2.50. essendo un box detta feritoia è stata sempre chiusa da delle tavole appoggiate per sorreggere i scaffali.
Nel tempo (ormai 5 anni fa) ho chiesti al comune il cambio di destinazione d’uso del BOX in bagno che è stato accordato e per far questo è stato alzata una parete divisoria difronte al muro del box che ha lasciato un intercapedine, ed il vecchio muro (con l’apertura) intatto. La vecchia luce come detto era gia chiusa con delle tavole di legno e probabilmente il vicino non ha mai realizzato la cosa. Ora nonostante il cambi di destinazione rilasciato dal comune con la nuova cubatura e progetto depositato, il vicino intima di far riaprire il tutto perché non ha dato autorizzazione. E’ vero che può farlo? il muro con la vecchia luce è ancora li è stato alzato un nuovo tramezzo all’interno del mio locale a distanza di 15-20cm creando quasi un “intercapedine”. Inoltre avendo successivamente venduto casa il vicino non solo sta creando problemi a me ma anche al nuovo proprietario che se dovesse riportare il locale a BOX intima l’annullamento della vendita con i danni.Vi prego aiutatemi datemi un consiglio.
Buonasera, chiedo cortesemente di aiutarmi. Domanda: posso aprire una finestra su una strada privata considerando che sempre sulla stessa strada (rampa di accesso al piano seminterrato) e sempre sullo stesso muro io ho già3 finestre? La finestra che vorrei riaprire è stata murata o mai costruita (esistono solo le persiane di legno “false” ); in sostanza trattasi di una serie di villini identici che presentano 4 finestre per ogni piano che si affacciano su un vialetto che permette l’accesso al piano seminterrato (un tempo erano villette monofamiliari, con il passare degli anni sono state frazionate in tre appartamenti.
Non riesco a capire se ho diritto di aprire la finestra visto che esistono giò delle servitù di affaccio.
Grazie
Egregio Avvocato,
Le chiedo cortesemente un parere in merito alle prescrizioni della Commissione Edilizia a una mia richiesta di Permesso di Costruire per Ristrutturazione Edilizia come definita dall’art. 3, comma 1 lettera d) del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
L’edificio da demolire si trova a distanza di 1,75m dal confine di proprietà, al di làdel quale si trova un lotto con un fabbricato distante ben più di 10 metri.
L’edificio che saràrealizzato al suo posto erediteràil diritto di trovarsi alla medesima distanza, inferiore da quanto prescritto dalle normative vigenti (ovvero 5metri dal confine).
Il Comune richiede, però, che le aperture su quel fronte restino invariate nella posizione e nella dimensione, o che vengano del tutto chiuse.
A mio parere le vedute devono rispondere esclusivamente a quanto previsto dall’art. 905 del Codice Civile -in assenza di ulteriori specifiche nelle norme locali- pertanto la distanza della parete di 1,75m rispetto al confine con altra proprietà(maggiore di 1,50m) ci consente di modificare le aperture senza considerarle abusive e senza chiedere convenzioni coi confinanti.
Questo varrebbe sia se volessi oggi aprire nuove finestre su quel prospetto della casa esistente, sia se volessi farlo domani sulla medesima facciata dell’edificio nuovo.
Ne consegue che, nella mia richiesta di Permesso di Costruire, posso liberamente prevedere aperture su quel muro, indipendentemente dallo stato di fatto.
Dall’Ufficio Tecnico l’invito solo verbale a modificare il progetto, pena la bocciatura in Commissione, perché “le finestre devono seguire il muro”.
Io non sono del tutto persuasa, ma non vorrei spingere il committente verso un ricorso che farebbe slittare molto in làl’inizio dei lavori.
Se ho torto, modifico subito il progetto e lo inoltro nuovamente alla Commissione Edilizia.
Ma se ho ragione, quali argomenti inattaccabili posso portare, oltre a un articolo del Codice Civile?
La ringrazio per la cortese attenzione che vorràriservare alla questione
Salve,
a riguardo della questione vorrei sottoporle il mio caso specifico, per il quale sono giunto su questa pagina cercando chiarimenti in rete.
Ho aperto un foro di areazione per la cucina su un muro confinante, interamente di mia proprietà, che si affaccia su un giardino condominiale. Il fabbricato confinante dista invece circa 10 mt.
Ora, da un passaggio della sua trattazione sul tema, ovvero “le luci possono infatti avere le più svariate dimensioni, da semplici fori o feritoie a grandi aperture”, mi sembra di capire che anche questo foro di fatto possa essere considerato una luce legale, anche se di fatto realizzato per un’altra esigenza.
Sbaglio? Ho comunque diritto di poter aprire un foro su un muro confinante, che sia di mia proprietà, rispettando le prescrizioni del c.c.?
Egr. sig. Dave,
al netto della lettura del regolamento condominiale e dell’entitàdell’opera, in realtàcredo che quest’ultima, ai sensi dell’art. 1102 c.c. applicabile al Condominio, non sia lesiva del diritto degli altri condomini.
Le ho inviato una e-mail all’indirizzo di posta da Lei utilizzato e La invito a prenderne visione.
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Cordiali saluti.
Egregio Avv. D’Isa,
desideravo avere un consiglio da lei a seguito di un lavoro effettuato su di una parete Condominiale.
Ho acquistato una nuova casa e per questioni di tranquillitàpersonale nonchè sicurezza, mia e del condominio, ho deciso di spostare il contatore del gas dall’interno dell’appartamento all’esterno
Ho attivato il supporto tecnico del gestore richiedendo sopralluogo propedeutico lo spostamento
Trattandosi di un piano terra (non ho il terrazzo) il preventivo prevedeva la realizzazione di una nicchia interna alla parete condominiale.
La richiesta, da parte del gestore, propedeutica lo start dei lavori è stata
1) la realizzazione di una nicchia interna di misure xy
2) l’autorizzazione alla modifica dell’impianto da parte dell’amministratore
Ho provveduto
a) a richiedere dall’amministratore tale autorizzazione e ad ottenerla
b) ad effettuare il lavoro della nicchia
c) ad accettare il preventivo del gestore, ora sono in attesa dell’intervento di modifica dell’impianto
Nel frattempo alcuni condomini (con il supporto dell’amministratore il quale sostiene di non aver autorizzato opere murarie) desiderano incontrarmi con il fine di richiedere di ripristinare la situazione precedente (facciata)
Le domande sono:
1) Esiste norma, sentenza, etc che attribuisca a sottoscritto qualche tutela di fronte al fattore sicurezza ed al fatto che non posso (per una questione di stato ansioso) assolutamente tenere il contatore del gas dentro casa? Mi auguro di non dover produrre certificazione medica a supporto in quanto sarebbe frustrante
2) Se non era sufficiente l’autorizzazione dell’amministratore, non doveva quest’ultimo informare il consiglio del condominio al fine di indire una riunione propedeutica, “prima” di autorizzare la modifica dell’impianto?
La ringrazio in anticipo per qualsiasi consiglio
Cari saluti
D
Egr. Sig. Andrea,
credo che non vi sia un effettiva diminutio dell’utilizzo della servitù condominiale/comune, in caso di installazione di persiane ad anta, considerando che le stesse molto probabilmente, una volta aperte saranno in adiacenza al muro.
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Cordiali saluti.
Egr. avv. Renato D’isa,
la ringrazio per aver pubblicato online questa trattazione su un tema di ampio interesse.
Le espongo il problema che ho:
sono proprietario di un appartamento posto al pian terreno di uno stabile formato da un piano rialzato (diviso in 2 appartamenti di altri privati) e un altro appartamento in mansarda (di altro privato).
Tutti e 4 i nuclei famigliari hanno, in condivisione di proprietà, un passaggio su 2 lati della casa che da accesso alla strada comunale. Questo passaggio ha una larghezza superiore ai 2 metri. Un lato di questo passaggio è costituito dal muro della casa, e l’altro da una recinzione che delimita la proprietàda un’altra. Quello costituito dal muro della casa possiede due mie finestre più la porta di ingresso.
Quando ho acquistato questo appartamento, alle finestre che aprono su questo passaggio comune, erano installate delle tapparelle e la porta era un portoncino. Avendo ristrutturato l’appartamento ho scelto di sostituire i serramenti e (sugli altri 3 lati della casa) ho sostituito le tapparelle con delle persiane (con regolare denuncia in comune ect).
Al momento di porre le persiane ad anta su questo “passaggio comune” uno dei proprietari del piano superiore, mi ha minacciato dicendo che sarei andato a ostacolare il passaggio togliendo dei diritti alla sua persona.
Ora, le chiedo, posso io istallare le persiane ad anta o potrei incorrere con problemi giudiziari e dover, una volta installate, rimuovere le persiane?
Potrebbe essere così gentile da esporre il suo parere in merito? Glie ne sarei grato! In attesa di una risposta, colgo l’occasione per porgere cordiali saluti.
Egr. sig. Danilo
dalla Sua descrizione mi è difficile comprendere lo stato dei luoghi senza una presa visione degli stessi anche a mezzo servizio fotografico.
Le rammento, però, che a prescindere dalla destinazione del fondo, se vi è effettiva diminuzione di luce il proprietario ha sempre il diritto al rispristino, qualora non via siano i diritto per chiudere tale luce.
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Cordiali saluti.
Buonasera.
Ho letto i messaggi di chi si è giàrivolto a Lei ma non ho trovato nulla che faccia al caso mio.
Sono il proprietario di un terrazzo (dal piano ammezzato dell’appartamento si scende a piano strada per accedervi) su cui affacciano due luci di un fondo (teoricamente locabili ad esercizi commerciali (?) accessibili dal piano strada).
Sopra a queste due luci (distanti tra loro circa 1mt, a filo del mio pavimento, presumibilmente a non più di 2,20mt di altezza dal pavimento del fondo) c’è il balconcino dal quale ho accesso al terrazzo.
Per problemi di stabilitàdelle putrelle che lo sorreggono ho fatto erigere un muretto che dia un sostegno supplementare, perpendicolarmente alla facciata e tra le due luci, a circa 50cm da ognuna, per una larghezza di 10cm e lunghezza di 1mt.
Il proprietario dei fondi ne richiede l’abbattimento, perché a suo dire viene ridotta la luminositàdel fondo.
Vista la destinazione d’uso del fondo (non abitativa) e che la luminositànella peggiore delle ipotesi possa essere “semplicemente” diminuita ma non assente, posso rifiutarmi di abbattere il muro di sostegno?
Grazie mille.
Gentile sig.ra ISA
la Sua situazione necessitàdi un ulteriore approfondimento necessario, allo stato mi è impossibile darle una risposta al Suo quesito, dovrei avere contezza dei luoghi, dei titoli, e degli strumenti urbanistici. Di certo tale “oscuramento” appare illegittimo, almeno nelle modalità, se tale apposizione è avvenuta entro l’anno potrei suggerire una azione possessoria.
La ringrazio per la fiducia riposta.
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Cordiali saluti.
Buongiorno avvocato, il mio problema è leggermente diverso. Mia madre e le sue sorelle hanno ereditato dai miei nonni una vecchia casa in un piccolo centro storico.la peculiaritàdi tale casa sta nel fatto che la camera da letto è sprovvista di una finestra munita di inferriata a circa 4 metri di altezza dal pavimento della strada.Tale finestra naturalmente non permette alcun affaccio ma serve solo a dare luce ed aria alla camera da letto.tale finestra affaccia sul balcone dell’appartamento del piano di sopra (non si tratta di condominio).I proprietari di tale appartamento nel 1986 hanno costruito una veranda (loro dicono che il nonno li aveva autorizzati).Solo che negli ultimi anni (dopo la morte del nonno) questi hanno occluso la finestra (forse con un pannello od un mobile).la nostra stanza così non ha più luce nè aria e se non saniamo questa situazione quell’immobile non riusciremo a venderlo.All’Ufficio tecnico del Comune e alla locale Polizia Municipale tergiversano (i proprietari in questione sono ben ammanicati) e parlano di una famigerata pratica di condono presentata ma finora mai pagata.Io non so assolutamente come funzioni la cosa.A lei cosa ne sembra?
Egregio sig. Giovanni
in merito al Suo quesito avrei la necessitàdi leggere il suo atto d’acquisto, nonchè avere contezza dei luoghi anche a mezzo reportage fotografico, il tutto da inviare al mio indirizzo e-mail r.disa@studiodisa.it.
Il Suo vicino potrebbe chiedere in qualsiasi momento il riepetto delle norme fatta salva l’usucapione della servitù di veduta e/o affaccio decorsa nell’ultimo ventennio.
La scrittura privata per essere opponibile ai terzi (nel caso di specie Lei) deve essere trascritta tranne nel caso sia stata giàmenzionata nel suo atto d’acquisto.
Le ho inviato una e-mail all’indirizzo di posta da Lei utilizzato e La invito a prenderne visione.
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La ringrazio per la fiducia riposta.
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Cordiali saluti.
Gentile avvocato buonasera, prima di tutto grazie per la sua esaustiva relazione su Internet.
Leggendo il suo saggio mi è venuto il dubbio di trovarmi davanti ad un problema: recentemente abbiamo acquistato un appartamento, in uno stabile molto vecchio, che ho provveduto a ristrutturare, posizionando un pavimento in laminato (altezza 2cm) su quello esistente.
In una delle camere da letto abbiamo una finestra (la cui altezza dal pavimento è inferiore a 150cm) che dàdirettamente sul terrazzo di un vicino (temo ad un’altezza dal suolo inferiore ai 2 metri).
Il vicino oggi si è lamentato del mio diritto di affaccio, sostenendo di aver accordi scritti con il precedente proprietario che di fatto limiterebbero questo mio diritto. Consideri che su questa finestra è applicata da sempre una grata in linea con il muro esterno ed io vi ho applicato una rete di plastica per evitare che il gatto possa uscire.
Il vecchio proprietario, in sede di stipula, ha dichiarato che dal 1967 non sono state fatte opere che prevedevano autorizzazione del Comune e quindi presumo che la finestra ci sia da prima perché la vedo nelle piante catastali.
Ho da chiederle cortesemente un paio di chiarimenti:
– il mio vicino può chiedere in qualsiasi momento il rispetto delle norme, indipendentemente dal fatto che la finestra esista da prima del 1967? Preciso che l’immobile si trova in una zona che da vent’anni è divenuta centro storico.
– nel caso in cui il precedente proprietario avesse firmato una limitazione di un diritto, tale annotazione sarebbe dovuta essere trascritta al catasto?
– nel caso in cui invece tale limitazione di diritto fosse valida solamente con scrittura privata, potrei invocare il vizio di forma con il precedente proprietario considerato che non sono stato informato?
Ringraziandola anticipatamente, porgo cordiali saluti
Giovanni Sassu
Egregio Avvocato,
Le scrivo per chiederle delucidazioni riguardo all’esistenza di alcune vedute irregolari sulle mia proprietà. Vivo al primo piano in un immobile, abitato al pian terreno da altre due famiglie. Le due abitazioni al pian terreno sono entrambe munite di finestre che affacciano direttamente nel mio giardino. Le distanze prescritte dalla legge sono inesistenti e l’altezza da terra del bordo inferiore delle finestre non è superiore al metro e mezzo. I due proprietari degli immobili sottostanti hanno acquistato da meno di vent’anni, ma di fatto le finestre esistono da più tempo considerando i vecchi proprietari.
Spinti dal quieto vivere, né io né la mia famiglia ci siamo mai mossi contro l’esistenza delle finestre, ma ora a causa di un’uso lesivo di queste, vedo la mia privacy costantemente danneggiata dalla onnipresenza di vicini appostati dietro i vetri ad intromettersi nella mia vita casalinga.
Mi è parso di capire dall’articolo da Lei proposto, che dopo un certo numero di anni subentra per usucapione la servitù di veduta, a tal riguardo volevo sapere se questa possa in qualche modo essere revocata e possa essere richiesto la creazione di punti luce a sostituzione delle preesistenti finestre.
La ringrazio anticipatamente per l’attenzione,
Josephine Gerace
Egregio Avvocato,
Le scrivo per chiederle delucidazioni riguardo all’esistenza di alcune vedute irregolari sulle mia proprietà. Vivo al primo piano in un immobile, abitato al pian terreno da altre due famiglie. Le due abitazioni al pian terreno sono entrambe munite di finestre che affacciano direttamente nel mio giardino. Non esistono distanze e l’altezza da terra
Gentile sig.ra Giusy Fieni,
in merito al Suo quesito Le rappresento che
all’art. 904 c.c., ovvero la possibilitàdi chiudere le luci, si prevedono due distinte ipotesi diversamente regolate, nelle quali la facoltàdel proprietario del muro al mantenimento delle luci aperte su di esso è considerata recessiva rispetto al diritto potestativo del vicino di chiuderle:
1) la prima, che ha come presupposto l’esercizio da parte del vicino del diritto di acquistare la comunione del muro altrui, nella quale la chiusura delle luci su tale muro esistenti è subordinata alla condizione che questi, acquistata la comunione, realizzi in appoggio al muro stesso un’opera qualificabile come “edificioâ€ÂÂ;
2) la seconda, che attiene alla realizzazione da parte del vicino di un manufatto posto solo in aderenza al muro altrui dotato di luci, senza l’acquisto della comunione di esso, né di appoggio ad esso, nella quale, riconoscendo il diritto potestativo di chiudere dette luci, nessuna specifica caratteristica o modalitàdi realizzazione del manufatto è prevista, salvo che integri i requisiti di una “costruzione†stabile e permanente tale da recare da sola un’utilitàal proprietario o a chi ne usi (principiò giàaffermato nella sentenza del ’48)
In altre parole il diritto di chiudere le luci presenti nel muro del vicino, costruendo in aderenza a questo, non può esercitarsi, per il principio generale del divieto degli atti emulativi di cui all’art. 833 stesso codice, al solo scopo di arrecare nocumento e molestia al vicino, senza alcun vantaggio proprio.
Pertanto, tale disciplina è ispirata all’esigenza dell’equo contemperamento dei contrapposti interessi.
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La ringrazio per la fiducia riposta.
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Cordiali saluti.
Egregio Avvocato, La ringrazio per averci offerto questa trattazione che consente anche ai non esperti di capirci meglio qualcosa. Vorrei approfittarne per farle una domanda relativa ad un caso pratico.
Ho comprato un immobile molto vecchio, durante i lavori di ristrutturazione è stata scoperta una luce nel muro di confine col vicino, chiusa non so da quanto tempo, ho pensato di riaprirla per aumentare la circolazione d’aria all’interno del locale ma, parlandone col vicino, lui dice che non posso farlo perchè quella luce fu chiusa 35 anni fa circa anche col consenso (verbale) del vecchio proprietario (del mio immobile) e perciò lui dice di aver usucapito il diritto a tener chiusa la luce che va nella sua proprietà. E’ possibile una cosa del genere? Si può usucapire il diritto a tener chiusa una luce anche se il muro è mio?
La ringrazio in anticipo qualora vorràdarmi un Suo cortese parere.
Gentilissimo Avv.D’Isa
Le spiego il mio caso sperando di riuscire ad essere più chiara possibile. Io e la mia famiglia siamo in affitto in un appartamento composto da piano terra,il nostro, primo piano dove abita la figlia del proprietario e la mansarda. Siamo qui da dieci anni e siamo sempre stati in regola con i pagamenti e tutto mentre la famiglia che abitadi sopra ci ha sempre mancato di rispetto. Le spiego il perché. Innanzitutto sul nostro contratto non c’è scritto che all interno del vialetto si potessero parcheggiare due auto ma anni fa i miei genitori dissero verbalmente che una macchina posta alla fine del vialetto poteva essere messa tranquillamente. Da un podi anni però hanno posto anche l altra macchina di grossa cilindrata coprendo le finestre del bagno e camera da letto. Le finestre si possono aprire limitatamente e per poco tempo essendci posta la macchina. Ora il problema é che sopratutto di notte vengono sbattute le portiere dando rumori e soprassalti durante la notte dormendo sopratutto con le finestre all interno aperte. Purtroppo con queste persone non si può parlare in quanto giàieri notte ,all una, il signore ha iniziato ad offendere minacciare e tirare pugni sulle finestre. Inoltre il signore alcune volte accende la macchina solo per accendere il motore producendo inquinamento davanti le due quasi tre finestre . Davanti il cancello c’è il passo carabile e davanti le nostre finestre però non c’è nessun marciapiede essendo il vialetto molto piccolo e stretto . Volevo sapere gentilmente se c’è qualche norma o legge che ci tuteli qual’ora si dovessero ripetere .
La ringrazio anticipatamente e Le chiederei se per favore potrebbe rispondermi via email.
Le Auguro una buona serata.
Caterina.
Gentile Sig.ra Stefania,
resto in attesa dell’invio (r.disa@studiodisa.it) delle foto, del regolamento condominiale e del verbale di assemblea.
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Cordiali saluti.
Gentilissimo Avv.D’Isa
Ho acquistato un appartamento sul cui balcone affaccia una finestra dell’appartamento attiguo, il cui proprietario ha provveduto a chiuderla dall’interno realizzandovi un muro.
Approfittando della attuale ristrutturazione del fabbricato avevo chiesto al vicino e all’assemblea condominiale di poter murare dall’esterno tale finestra.
L’assemblea condominiale ha rifiutato tale ipotesi, perché altera la facciata del fabbricato. Il mio vicino ha inoltre precisato che è sua intenzione riaprire la finestra per avere aria e luce anche da sud visto che il suo appartamento ha un unico affaccio sulla strada opposta. Le chiedo se è possibile che il mio vicino possa avere una finestra che affaccia sul mio balcone, visto che le proprietàsono ora diverse (forse all’epoca di realizzazione del fabbricato i 2 appartamenti erano della stessa proprietà?). Resto in attesa di un riscontro per inviarle le fotografie che chiariscono meglio la questione.
Gent.mo avvocato, le espongo la mia situazione.
Possiedo un appartamento che presenta un’apertura che dàsulla terrazza dell’edificio confinante. Tale apertura è posta ad un’altezza di 1,86 m rispetto alla quota interna e a più di 3 m dalla terrazza del vicino ed ha sempre avuto un’inferriata a maglia quadrata. Io ho rimosso questa inferriata ed il vicino mi ha (per adesso informalmente) chiesto di metterla nuovamente, a suo dire temendo, più che i miei sguardi sul suo fondo (la finestra è comunque alta), la possibilitàche io acquisisca qualche diritto che non gli consenta più in làdi edificare in aderenza chiudendo la mia apertura.
Le chiedo:
1) Anche senza inferriata, la finestra si configura a mio parere come luce, anche se irregolare (non consente agevolmente – cioè senza salire su una scala – la visione dell’edificio del vicino). Che tipo di diritto potrei acquisire? Basta una richiesta formale di regolarizzazione (a cui non darei seguito) per evitare l’acquisizione di tale eventuale diritto o può stipularsi una scrittura privata con cui rinuncio giàda ora a qualunque diritto?
2) Posso trasformare (e come) la luce in veduta in base al fatto che i due edifici (sul lato perpendicolare al confine) prospettano sulla via pubblica?
Grazie mille.
Egr. Sig. Carlo,
credo che il Suo diritto sia stato leso, ma le notizie da Lei fornitemi per quanto esaustive nell’ambito descrittivo però dovrebbero essere completate in forza dalla lettura del regolamento condominiale.
Inoltre, come più volte giàsottolineato in altri commenti, dovrei avere contezza dello stato dei luoghi attraverso immagini fotografiche da poter inviare anche a mezzo e-mail.
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Cordiali saluti.
Egr. Avv. D’Isa, un condomino puo costruire un box nel posto auto di proprieta (parcheggio condominiale interrato) e chiudere un punto luce condominiale (inglobandolo nel proprio box) senza chiedere il permesso dell assemblea di condominio ( raccogliendo solamente le firme della maggioranza, non di tutti, i condomini?)
Cordialmente
Egr. Avv. D’Isa
Sono proprietario di un appartamento in un condominio e proprietario di un posto auto nel parcheggio condominiale nell’interrato ( parcheggio condominiale inferiore ai 300mq). Il mio vicino ha costruito un box con pannelli fissi sul posto auto di proprieta adiacente al mio , inglobando pero’ completamente nel box il punto luce del muro condominiale.Ora il mio posto auto trovandosi all angolo del parcheggio (quindi tra il pannello del vicino ed il muro perimetrale del parcheggio ) si trova completamente al buio…
Posso imporre al vicino di smontare il box visto che ha oscurato il punto luce condominiale danneggiando quindi me ( oscurandomi il posto auto) e di conseguenza anche il condominio.?.Tenendo presente che il vicino nn ha chiesto nemmeno l autorizzazione dell assemblea per costruire tale box ed oscurare tale punto luce ..( preoccupandosi solamente di raccogliere firme generiche tra i vari inquilini..)
Cordiali Saluti
Carlo
Gentile sig.ra, gradirei leggere, oltre il suo titolo di servitù, tale richiesta se è stata fornita per iscritto.
Allo stato, ma mi riservo di rettificare tale risposta al netto della lettura dei documenti richiesti, è onere del proprietario garantire il legittimo diritto di servitù da Lei esercitato.
Le ho inviato una e-mail all’indirizzo di posta da Lei utilizzato e La invito a prenderne visione.
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La ringrazio per la fiducia riposta.
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Cordiali saluti.
Gent.mo Avvocato,
le prospetto il mio caso;
Il mio vicino di casa ha usucapito un terreno comunale adiacente la sua abitazione unitamente ad una stradina che da accesso al mio fabbricato. Ora Le chiedo se tutto ciò sia regolare e se avessi dovuto ricevere notizia del procedimento di usucapione in qualitàdi titolare di servitù di passaggio. Oggi mi sento dire che lui è proprietario e se voglio passare devo contribuire al 50% delle spese da lui sostenute per cementificare l’originario sentiero naturale.
La ringrazio anticipatemente.
Egr. sig. Mario,
mi perdoni per il ritardo nella redazione della risposta ma purtroppo per impegni lavorativi non mi è stato possibile attenzionare prima il Suo quesito, ciò premesso, comunque, al fine di risponderle senza riserve gradirei visionare lo stato dei luoghi attraverso un reportage fotografico.
Tendenzialmene c’è la possibilitàdi mitigare il diritto (sacrosanto) alla luce con il diritto alla riservatezza fino al punto però di non ledere del tutto il primo.
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La ringrazio per la fiducia riposta.
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Cordiali saluti.
Gentile Avvocato,
vorrei proporle il mio caso. Nel mio giardino affaccia una luce che corrisponde ad un lucernario di una cantina posizionata al livello inferiore al piano del mio giardino. Questa luce in particolare è all’interno di una specie di incavo o rientro profondo circa 1m che io utilizzo in parte come magazzino. Lasciando libera tale luce da occlusioni posizionate immediatamente avanti ad essa, posso oscurare in parte tale luce con delle piante o delle canne di bambu di modo da coprire (per ragioni di estetica) tale incavo/magazzino dove si trova la luce? Ci sono dei limiti o delle norme entro i quali una luce può essere oscurata o va lasciata completamente libera di ricevere luce? Il vicino si è giàlamentato di tali piante e quindi vorrei sapere come procedere.
Grazie
Egr. sig. Luca Barberio,
al fine di rendere una giusta risposta Le sarei grato se mi girasse a mezzo e-mail le autorizzazioni Comunali ottenute, o la SCIA depositata, ed alcune foto che descrivano i detti immobili e le relative finestre.
Le ho inviato una e-mail all’indirizzo di posta da Lei utilizzato e La invito a prenderne visione.
Qualora desideri mi ritenga giàdisponibile per un’assistenza legale.
La ringrazio per la fiducia riposta.
Le ricordo, infine, di iscriversi alla newsletter e di seguirmi su facebook (http://www.facebook.com/pages/Studio-Legale-DIsa/108030575930006) e su Twitter (https://twitter.com/AvvRenatoDIsa) per essere quotidianamente aggiornata.
Cordiali saluti.
Egregio A..to D’isa
sono proprietario di un appartamento al piano primo nell’ambito di un villino trifamiliare.
le mie finestre affacciano sul giardino esclusivo dell’appartamento al piano terra sottostante.
la facciata dell’edificio dista 4,5 mt dal confine con altro fondo, nell’altro fondo c’è un villino costruito a 5,50 mt dal confine.
entrambe i villini sono stati costruiti nel 1967.
Ho esigenza di traslare una delle finestre ed effettuare un leggero ampliamento della stessa.
per effettuare la variazione, oltre all’espletamento della formalitàurbanistiche, ho avuto l’avallo, accordo scritto, da parte del proprietario del piano sottostante.
basta l’avallo del proprietario del primo fondo sul quale affaccia la finestra ?
oppure devo avere anche l’avallo da parte del proprietario del fondo confinante contiguo con quello del piano terra?
Specifico che nell’area del fondo attiguo di fronte alla finestra da modificare c’è soltanto giardino.
Specifico che la traslazione della finestra ha il fine di ripristinare la vista appiombo, vista appiombo che è inibita al 50% da una tettoia che il proprietario del piano trerra ha costruito a copetrtura del suo ingresso ma attacandosi al mio davanzale.
per buon vicinato realizzero’ la variazione a mie spese.
grazie anticipatamente per la disponibilità.
La ringrazio molto
La ringrazio molto
Gentile sig.ra Elena
assolutamente ha diritto al ripristino dello stato dei luoghi, se dai titoli o in forza di una usucapione avvenuta tale luce non poteva essere “oscurata”.
Le ricordo inoltre di inviarmi a mezzo e-mail tutta la documentazione necessaria qualora desideri maggiori delucidazioni.
Le ho inviato una e-mail all’indirizzo di posta da Lei utilizzato e La invito a prenderne visione.
Qualora desideri mi ritenga giàdisponibile per un’assistenza legale.
La ringrazio per la fiducia riposta.
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Cordiali saluti.
egr.Avvocato vorrei sottoporle il mio problema: ho un magazzino piano terra che prendeva luce da un lucernario sul soffitto che è anche il pavimento di un terrazzino dell’inquilino del piano di sopra. Questo inquilino ha ripavimentato il suo terrazzino sopra il vetro cemento e quindi tlo ha reco cieco . Poteva farlo? posso agire nei suoi confronti per ripristinare la luce oppure non ne ho diritto? grazie
egr.Avvocato vorrei sottoporle il mio problema: ho un magazzino piano terra che prendeva luce da un lucernario sul soffitto che è anche il pavimento di un terrazzino dell’inquilino del piano di sopra. Questo inquilino ha ripavimentato il suo terrazzino sopra il vetro cemento e quindi tlo ha reco cieco . Poteva farlo? posso agire nei suoi confronti per ripristinare la luce oppure non ne ho diritto? grazie
Egr. Architetto,
se siamo entro l’anno, si potrebbe azionare una possessoria al fine di agire per le Sue richieste nell’ordine esatto in cui le ha poste, ovvero per fare arretrare l’opera o in subordine per farla abbassare.
Le ricordo inoltre di inviarmi a mezzo e-mail tutta la documentazione necessaria qualora desideri maggiori delucidazioni.
Le ho inviato una e-mail all’indirizzo di posta da Lei utilizzato e La invito a prenderne visione.
La ringrazio per la fiducia riposta.
Qualora desideri mi ritenga giàdisponibile per un’assistenza legale.
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Cordiali saluti.
Buongiorno.
Vorrei condividere una situazione reale.
Il mio vicino ha piantato fasci di canne di bambù (10/12 di diam. di 5/6 cm.) alte oltre 12/15 metri ad una distanza di circa 1 metro dal mio confine. La mia casa è a 3 metri dal confine e tali canne, oltre a precludere la vista e il sole, producono una importante produzione di foglie secche. Posso farle spostare a tre metri di distanza oppure farle abbassare a 3 metri di altezza? Oppure posso farle togliere del tutto?
Grazie per l’attenzione.
Claudio Conti
Buongiorno.
Vorrei condividere una situazione reale.
Il mio vicino ha piantato fasci di canne di bambù (10/12 di diam. di 5/6 cm.) alte oltre 12/15 metri ad una distanza di circa 1 metro dal mio confine. La mia casa è a 3 metri dal confine e tali canne, oltre a precludere la vista e il sole, producono una importante produzione di foglie secche. Posso farle spostare a tre metri di distanza oppure farle abbassare a 3 metri di altezza? Oppure posso farle togliere del tutto?
Grazie per l’attenzione
Gentile sig.ra Maria,
se sono state mantenute le prescrizioni d’altezza ai sensi e per gli effetti dell’art. 901 c.c. non credo che possano sorgere contestazioni.
Gradirei comunque visionare tale apertura a mezzo reportage fotografico.
Le ricordo inoltre di inviarmi a mezzo e-mail tutta la documentazione necessaria qualora desideri maggiori delucidazioni.
Le ho inviato una e-mail all’indirizzo di posta da Lei utilizzato e La invito a prenderne visione.
La ringrazio per la fiducia riposta.
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Cordiali saluti.
Buongiorno,
vorrei avere se possibile un riscontro ad un fatto successo:
sto restaurando una casa, dove una parete, di mia proprietàè confinate a fondo terzi, coltivato per oto; su tale parete ho aperto 3 luci, le quali hanno il classico davanzale che sporge 4/5 cm., ….qs. è contestabile da parte di terzi? dev’essere rasato al muro? è costruzione oppure è considerato come riparo, sgoccialatoio dell’aperture?
La ringrazio per il Suo riscontro.
Maria Teresa
Egr. sig. Marco,
la giurisprudenza è concorde nel ritenere che non è acquisibile per usucapione o per destinazione del padre di famiglia una servitù di luce irregolare sia perché difetta il requisito dell’apparenza, sia perché, ai sensi dell’art. 902 c.c. il vicino ha sempre il diritto di esigerne la regolarizzazione.
Pertanto se tali aperture rientrano nel concetto di luce irregolare Lei avràil diritto di adire il Tribunale al fine di regolarizzare tali luci.
Le ricordo inoltre di inviarmi a mezzo e-mail tutta la documentazione necessaria qualora desideri maggiori delucidazioni.
Le ho inviato una e-mail all’indirizzo di posta da Lei utilizzato e La invito a prenderne visione.
La ringrazio per la fiducia riposta.
Qualora desideri mi ritenga giàdisponibile per un’assistenza legale.
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Cordiali saluti.
Egregio avvocato
le scrivo per esporle la mia situazione.
Sono divenuto usufruttuario della mia abitazione tramite atto di donazione a giugno 2013.
La costruzione adiacente alla mia con luci irregolari, presenti da oltre 50-60 anni, è stata acquistata nel luglio 2013 da nuovi proprietari i quali, giustamente, inizieranno i lavori di ristrutturazione a giorni; senza però modificare le luci irregolari che si affacciano sul cortile di mia proprietà.
Ho fatto presente al geometra della committenza, la mia volontàdi far applicare l’art. 902 del Cod.Civ.. Il professionista mi ha risposto che la mia richiesta non può essere valida dal momento in cui le finestre sono tali da oltre 50-60 anni, cosa vera e sicuramente dimostrabile; ma, a parere mio, interpretando l’art. 902, questo non dovrebbe pregiudicare il mio diritto a far rispettare la mia tutela.
Ringrazio e porgo cordiali saluti
Egr. Sig. Francesco,
qualora siano stati vani i tentativi bonari, Le consiglio di inviare una r/r al conduttore/gestore e per conoscenza al proprietario, non essendo suolo condominiale (almeno così mi è parso dalla Sua descrizione) l’amministratore non sarebbe soggetto legittimato in tale controversia, lamentandosi, appunto del comportamento “invasivo”, determinante una riduzione di aria e luce del Suo garage, e per lo effetto diffidando il conduttore/gestore a ripristinare lo status quo ante (spostando il tappeto di qualche centimetro); logicamente si faccia seguire da un legale nella redazione della lettera.
In merito alle relative spese, beh non avendo la sfera magica (mi perdoni la battuta), non posso essere d’aiuto, in quanto le variabili da considerare sono molteplici.
Le ricordo inoltre di inviarmi a mezzo e-mail tutta la documentazione necessaria qualora desideri maggiori delucidazioni.
Le ho inviato una e-mail all’indirizzo di posta da Lei utilizzato e La invito a prenderne visione.
La ringrazio per la fiducia riposta.
Qualora desideri mi ritenga giàdisponibile per un’assistenza legale.
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Cordiali saluti.
Egregio avvocato, ho trovato la sua pubblicazione interessantissima ed esaustiva. Mi permetto di sottoporle la mia problematica, sperando in una sua risposta.
Nel cantinato del mio condominio possiedo un box che riceve luce ed aria esclusivamente da una botola esterna fornita di una grata in ferro posta sul marciapiedi facente parte del condominio medesimo. Il gestore del negozio sovrastante il box ha arbitrariamente posto su detta grata uno spesso zerbino in fibra sintetica che la copre per intero, togliendo così completamente la luce e l’aria al sottostante mio box. Considerato che sono andati a vuoto vari inviti bonari finalizzati ad ottenere la riduzione in pristino o quantomeno a ridurre la lunghezza dello zerbino al fine di ottenere un benché minimo di luce ed aria, cosa posso fare a tutela del mio diritto? Nella determinazione di una necessaria azione legale da intentare contro il gestore dell’esercizio commerciale ed contro il proprietario del locale, quali sono le prospettive circa la sentenza e le relative spese? E’ obbligato l’amministratore ad intervenire per la risoluzione del problema?
La ringrazio
Francesco Greco
Egr. Sig. Davide
da quanto tempo insiste quest’albero davanti al Suo balcone ?
Potrebbe nuovamente interpellare tramite legale l’amministratore al fine di ripristinare lo status quo ante.
Le ricordo inoltre di inviarmi a mezzo e-mail tutta la documentazione necessaria qualora desideri maggiori delucidazioni.
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La ringrazio per la fiducia riposta.
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Cordiali saluti.
Egr. avvocato,
sono proprietario di un appartamento al primo piano di un fabbricato in condomio. l’ appartamento ha un balcone che affaccia su un giardino di proprietàdi un altro condomino al piano terra. Su tale giardino insiste un albero il cui tronco dista dalla ringhiera del mio balcone di circa 3.00 m. L’albero ha una vegetazione molto fitta e l’estensione dei rami arriva ad un’altezza tale da superare ampiamente il parapetto del balcone, oltre ad essere molto vicini allo stesso. Atteso che vengono rispettate le distanze dell’albero dal confine (inteso come ringhiera del balcone), questa situazione potrebbe configurarsi come perdita del diritto alla veduta e quindi equiparare i rami dell’albero ad una costruzione? inoltre la vicinanza dei rami comporta problemi di carattere igienico-sanitari.
Preciso che il proprietario dell’albero, essendo residente in altra città, effettua una potatura parziale ( in verticale e non in orizzontale poichè utilizza i rami per ripararsi dal sole) solo nel periodo che domicilia nell’appartamento, quest’anno la potatura è stata effettuata nella settimana di ferragosto! quattro anni fa scrissi una nota all’amministratore del condominio, purtroppo ad oggi nulla è cambiato, cosa mi consiglia?
Gentile signora Monia,
nel premettere le mie scuse per la ritardata risposta stante il periodo feriale mio e dei mie collaboratori,
in merito al Suo quesito Le posso segnalare la deroga, confermata anche da ultimissima Cassazione, disciplinata dalla Legge 9 gennaio 1989, n. 13 “Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati†secondo la quale le opere che hanno per oggetto le innovazioni da attuare negli edifici privati dirette ad eliminare le barriere architettoniche di cui all’articolo 27, primo comma, della legge 30 marzo 1971, n. 118, ed all’articolo 1, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384, nonché la realizzazione di percorsi attrezzati e la installazione di dispositivi di segnalazione atti a favorire la mobilitàdei ciechi all’intemo degli edifici privati possono essere realizzate in deroga alle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi, anche per i cortili e le chiostrine interni ai fabbricati o comuni o di uso comune a più fabbricati.
E’ fatto salvo l’obbligo di rispetto delle distanze di cui agli articoli 873 e 907 del codice civile nell’ipotesi in cui tra le opere da realizzare e i fabbricati alieni non sia interposto alcuno spazio o alcuna area di proprietào di uso comune.
Secondo, poi, ultimissima Cassazione
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 3 agosto 2012 n. 14096
anche l’ascensore può ritenersi un elemento necessario per l’abitabilitàdi un appartamento (a prescindere dalla effettiva utilizzazione degli edifici considerati da parte di persone portatrici di handicap) e dunque la sua installazione può avvenire anche in deroga alla normativa sulle distanze minime.
Nella valutazione del Legislatore, l’installazione dell’ascensore o di altri congegni idonei ad assicurare l’accessibilità, l’adattabilitàe la visitabilitàdegli edifici, costituisce elemento che deve necessariamente essere previsto dai progetti relativi alla costruzione dei nuovi edifici, ovvero alla ristrutturazione di interi edifici.
Per la Cassazione gli ascensori sono diventati funzionali ad assicurare la vivibilitàdell’appartamento al pari di luce, acqua e gas.
Le ricordo inoltre di inviarmi a mezzo e-mail tutta la documentazione necessaria qualora desideri maggiori delucidazioni.
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La ringrazio per la fiducia riposta.
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Cordiali saluti.
egr avvocato le sottopongo il mio caso. ho aquistato un appartamento ad un primo piano rialzato con giardino al quale si accede tramite una scala. su tale giardino sono presenti tutte le luci dei garage degli altri condomini. per esigenze personali una di queste scale è stata trasformata in rampa di accesso per mia sorella portatrice di handicap su sedia a rotelle. un condomino contesta che tale rampa copre in parte l’accesso della luce solare nel suo locale sottostate adibito a rustico abitativo. come dobbiamo comportarci? Monia Di Giacomo
Egr. sig. Andrea
prima di tutto dovrebbe accedere agli atti per avere contezza del progetto e dei relativi titoli abilitativi, dopodicchè se c’è stata questa riduzione di panorama, potrebbe eventualmente citare in giudizio il vicino, il Comune potrebbe essere responsabile laddocve ci siano delle violazioni di legge in merito al rilascio dei permessi.
Le ricordo inoltre di inviarmi a mezzo e-mail tutta la documentazione necessaria qualora desideri maggiori delucidazioni.
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La ringrazio per la fiducia riposta.
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Cordiali saluti.
salve le scrivo per spiegarle una particolare situazione mio padre ha comprato una villa nel 1992 in collina con un panorama che spazia a 180 gradi che affaccia sul mare a destra e prosegue verso sinistra fino alla montagna nel centro si vede tutta la cittàsulle colline intermedie i vari paesi frazioni e via dicendo in poche parole un panorama da cartolina da lasciare senza fiato con albe fantastiche dal mare (destra) e tramonti a dir poco fiabeschi con giochi di luce nelle belle giornate (sinistra ) in fatti narrate nelle poesie di Gabriele D’Annunzio come la bella addormentata perchè nelle belle giornate il sole che scende dietro la linea dell’orizzonte crea un effetto con le cime montuose che sembrano una donna addormentata ,il punto è per farla breve l’immobile giàesisteva dal 1980, il problema è che il confinante proprietario del terreno con progetto approvato dal comune di pescara nel 2011 ha costruito una bella Trifamiliare a 2 piani + la mansarda bloccandomi tutta la vista al pian terreno, poi al primo piano terrazzo cucina e salotto mi blocca la vista centrale almeno di un buon 90 gradi andando al di sopra dell’orizzonte per non parlare della cittàsottostante che a dire la veritàdi notte con tutte quelle lucette che sbrilluccicano erano uno spettacolo (alla fine dell’anno over de top del top ,pensi che a capodanno del 2009 e 2010 ho fatto pagare la cena 200 euro a persona per un totale di 25 persone ) al terzo piano ci sono le camere da letto che pur troppo non hanno le finestre sul panorama; adesso quello che mi chiedevo e che mi interessava sapere è di quanto ha svalutato l’immobile ? SICCOME ANCORA IN FASE DI COSTRUZIONE COME POSSO FARE PER BLOCCARE I LAVORI ? ULTIMA DOMANDA SE SI PUO’ BLOCCARE ALMENNO L’INNALZAMENTO DELLA MANSARDA GIUSTO PER CONSENTIRE UN QUIETO VIVERE ACCETTABILE E RIDONANDOMI IL MIO PANORAMA AL MENO DAL PRIMO PIANO ; ULTIMISSIMA DOMANDA SE DEVO PROCEDERE PER VIE LEGALI POSSO CITARE ANCHE IL COMUNE ?? la prego mi risponda al più presto prima che finiscano di fare il tetto
Egr. Sig. Marco,
La ringrazio per aver postato anche la foto, ma al fine di rendere giustizia alla Sua domanda, dovrei porle alcuni quesiti, del tipo; il suo vicino è disponibile eventualmente alla privazione di luce qualora lei, con l’apposizione di una grata in legno ad es., dovesse avanzare fino al limite, insomma trasformando la veduta in una semplice luce? Inoltre lo strumento urbanistico cosa prevede in merito?
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La ringrazio per la fiducia riposta.
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Cordiali saluti.
Buonasera avvocato,in primis volevo ringraziarla per la sua pagina molto utile.
Volevo sapere se posso spostare la ringhiera del mio terrazzo fino al limite di esso. Prima la ringhiera era posta a 1.5m dalla fine del terrazzo ma voglio usare anche quella parte senza avere dei conflitti con il mio vicino: il punto più vicino dal terrazzo al balcone del vicino dista circa 2,40m. So di sicuro che la ringhiera non va bene perchè si tratta di veduta vs il vicino.Posso mettere dei vasi con dei cespugli, delle frangivento o alzare un muro ?Le allego una foto del terrazzo col link .Grazie
Gentile Kromake,
prima di tutto gradirei visionare il tutto,
di certo la trsformazione in una gattaiola in veduta, perchè non permette l’affaccio, ma consente comunque di potere “visionare il fondo vicino”, credo, che sia una modifica non autorizzata, e pertanto da contrastare preliminarmente con una diffida.
La luce non deve permettere alcuna possibilitàdi “veduta” laterale, diretta oppure obliqua, per tale efftto la normativa parla di un’altezza precisa da terra.
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Cordiali saluti.
Buon pomeriggio,
innanzi tutto La ringrazio per aver scritto questo articolo ricco ed esauriente.
Ho deciso di scrivere, perché da quando ho comprato casa (meno di un anno) ho un problema con una finestra del vicino che affaccia sulla mia proprietÃÂÂ
La mia casa è indipendente, con un piccolo resede antistante di circa 40mq. Confino a ovest e a est con 2 case appartenenti allo stesso proprietario, il nostro vicino.
Al momento dell’acquisto, sul nostro resede affacciava una gattaiola del vicino di 15x15cm circa, che non era più in uso (messa dal proprietario precedente, con il basculante in plastica opaca e bloccato) ed era inserita in un’apertura di circa 40x40cm.
Qualche mese fa il vicino a nostra insaputa ha sostituito questa gattaiola con una finestra in vetro trasparente completamente apribile grande quanto tutta l’apertura da 40x40cm, e nonostante le nostre richieste di non aprirla per questioni di privacy, più volte l’abbiamo trovata completamente spalancata e addirittura il vicino ci si è sporto per insultarci durante una discussione. La finestra è quasi raso terra, rispetto al nostro giardino, quindi non è una veduta, ma solo il punto luce del suo sgabuzzino.
La finestra dall’interno del suo appartamento è alta da terra meno di 1,60 mt e dall’esterno meno di 10cm (la sua casa è ad un livello inferiore rispetto alla nostra).
Lui dice di volere luce e aria, gli abbiamo proposto un vasistas o almeno delle sbarre o una grata ecc, ma non ne vuole sapere.
Lui afferma che l’attuale finestra corrisponde alle condizioni originali della pianta (prima della gattaiola e quindi prima ancora che lui acquistasse la casa).
Secondo la Sua esperienza ci sono le condizioni per richiedere la messa a norma secondo l’articolo 901? o di chiedere che la condizione sia ripristinata a quando c’era la gattaiola? oppure è possibile costruirci davanti qualcosa non appoggiandoci al suo muro, magari un muretto forato, una grata, qualcosa che non ostruisca luce e aria ma che preservi la nostra sicurezza?
La ringrazio per il tempo dedicato alla lettura, e spero di non essere stata troppo prolissa.
Grazie ancora
Gentile sig.ra Ilaria
Prima di darle una risposta sarebbe necessario leggere il regolamento condominiale, ma, comunque, le condizioni previste dall’art. 901 c.c. sono applicabili qualora il regolamento non preveda nulla in merito.
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Cordiali saluti.
Buongiorno, vorrei sapere se è sempre possibile aprire una presa d’aria in un bagno cieco senza chiedere il premesso al condominio dirimpettaio e quali caratteristiche deve avere tale presa d’aria-Grazie
Gentile sig.ra Lucia,
sempre al netto di una verifica dello stato dei luoghi attraverso un reportage fotografico (da poter inviare al mio indirizzo e-mail r.disa@studiodisa.it), in merito al risarcimento del danno con ultimissima pronuncia la Corte di Piazza Cavour ha confermato un orientamento consolidato della medesima Corte secondo il quale l’esercizio di un diritto reale in forma abusiva, perché insussistente, determina una limitazione automatica del diritto di godimento dell’altrui proprietà, tale da poter configurare l’esistenza di un danno in re ipsa, che, come tale, non necessita di una specifica attivitàprobatoria.
Anche se la richiesta mi sembra eccessiva.
Tutt’al più, anche se difficile da provare, potrebbe far valere in riconvenzionale un risarcimento danno dovuto “all’invasione” non autorizzata dei gatti che le reca fastidi di vario genere.
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Cordiali saluti.
Egr. Avvocato,
abito in un appartamento con balcone confinante con quello del vicino e diviso in origine solo da una vetrata alta poco più di un metro. Per difendermi dai gatti del vicino che entravano in casa ho posto un pannello in anodizzato e vetro alto fino al celino sovrastante e che purtroppo (dato che mi sbagliarono le misure) sporge fuori dal balcone di una ventina di cm. Il vicino comunque non si è opposto fino al 2004, quando mi arrivò una lettera del suo avvocato in cui mi si chiedeva di rimuovere la vetrata da me posta. Io feci presente il problema dei gatti, ma l’avvocato mi rispose che dovevo rimuoverla lo stesso altrimenti mi avrebbe fatto causa. Ed ecco arrivati al punto, non mi ha mai fatto causa se non fino a quest’anno, dopo nove anni, quando mi è arrivata una citazione con cui hanno chiesto di condannarmi a rimuovere la vetrata perchè riduce aria luce e veduta e a risarcire danni per 5.000 euro. Vorrei sapere se davvero il mio pannello provoca danni al vicino, non riesco a trovare un caso simile al mio e a capire, grazie mille
Gentile Sig.ra Lucia,
credo che ci siano i presupposti per una possessoria (azione legale) in danno del vicino,
ma dovrei porle alcune domande per avere maggiori certezze.
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Cordiali saluti.
Egr Avvocato,
ho letto con molto interesse le sue risposte sull’argomento e la ringrazio per aver condiviso le sue esperienze. Sono però indecisa sul da farsi riguardo al mio caso : ho una finestra al piano terra che si affaccia su cortile di altra proprietà. Davanti ad essa è parcheggiata in modo continuativo un’automobile a filo del muro, di fatto ostacolando la veduta e riducendo la luce. Il proprietario dell’auto si rifiuta di spostarla adducendo il fatto che la finestra è dotata di inferriata da cui non ci si puo’ sporgere. In effetti la ‘prospectio’ per ovvie ragioni di sicurezza (essendo al piano terra …) non è consentita dalla inferriata. Che ne pensa? grazie, Lucia
Egr. Sig. Marco,
il limite temporale è dato dalla S.C.I.A. (Art. 22, comma 1, T.U. edilizia, D.P.R. 380/2011 – Gli interventi costituiti da semplici modifiche prospettiche – come per esempio apertura o chiusura di una o più finestre, di una o più porte) da presentare al Comune per l’inizio attività, ha un’efficacia per 3 anni, con successiva proroga, ma per il caso di specie non credo che il Comune, per la tutela dei terzi, possa non intervenire nel caso in cui Lei optasse per i 3 anni per la Sua ristrutturazione.
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Cordiali saluti.
Egr. Sig. Marco,
qualora il Suo vicino sia munito delle autorizzazioni comunali e rispetti i parametri dello strumento urbanistico, per la relativa servitù è necessario un accordo scritto, anche per la quantificazione della indennità.
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Le ho inviato una e-mail all’indirizzo di posta da Lei utilizzato e La invito a prenderne visione.
La ringrazio per la fiducia riposta.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter e di seguirmi su facebook (http://www.facebook.com/pages/Studio-Legale-DIsa/108030575930006) e su Twitter (https://twitter.com/AvvRenatoDIsa) per essere quotidianamente aggiornato.
Cordiali saluti.
Egregio avvocato
Sono a richiederle un parere legale in merito ad un problema relativo a luci e vedute.
Nel mio appartamento ho una finestra in vetro cemento con apertura a 2 mt da terra. So che sarebbe possibile sostituirlo con un serramento fisso con vetro satinato in modo da non modificare le caratteristiche attuali, volevo sapere se, per non incorrere in sanzioni devo abbattere il vetrocemento e mettere immediatamente il nuovo serramento o se ho il tempo di finire la ristrutturazione e metterlo con tutti gli altri serramenti in modo da non rovinarlo, o se c’è un tempo limite per dover fare l intervento?
La ringrazio anticipatamente porgendole distinti saluti
Buonasera,
sono a richiederle un parere legale per un problema che stò avendo in fase di ristrutturazione.
Sono proprietario di un appartamento al 2 piano facente parte di una palazzina di 4 appartamenti, il condomine che abita al piano sottostante vorrebbe far passare delle tubazioni ( acqua gas e scarico ) sulla mia facciata , quindi sulle mie pareti per portarle nel suo sottotetto perchè vorrebbe farci un mini appartamento pur non avendo pagato oneri in comune.
Volevo sapere se legalmente aveva bisogno del mio consenso oppure se ha il diritto di farlo senza chiedere al sottoscritto?
Con l’occasione porgo distinti saluti
Complimenti per l’organicitàe la completezza dell’opera.
Mi preme farLe rilevare giusto una considerazione, in tema di cc.dd. “vedute in appiombo”, introdotte per la prima volta dalla S.C. (Cass. civ., Sez. II, 11/02/1997, n. 1261), e non ulteriormente elaborata in seguito.
La suddetta giurisprudenza riguardava una speciale evenienza in cui l’art.907, co.3, c.c. veniva a ricevere interpretazione estensiva, ricomprendendo le vedute laterali o, meglio, UNA PARTICOLARISSIMA ipotesi limite di VEDUTA LATERALE: il caso in cui quest’ultima -non espressamente contemplata dalla norma- venga a coincidere con quella obliqua -viceversa, contemplata dal legislatore- verso il basso (una “veduta in appiombo”, appunto).
Ora, la novitàdella sentenza riguarda il fatto che -cito testualmente- <> alla tutela di cui all’art.907, co.3 c.c., <> (in tale ipotesi esattamente coincidenti da un punto di vista ottico/geometrico); con ciò, andandosi inoltre a precisare -in tema di diritti jure servitutis (e non jure proprietatis!)- la concreta descrizione casistica attagliata all’astratta ipotesi geometrica qui considerata.
Tuttavia, l’autorevole interprete non ha voluto -né avrebbe potuto (a meno di stravolgimenti normativi)- allargare la portata nomofilattica del suo intervento, giungendo ad una modifica degli stessi presupposti applicativi della norma in predicato nel senso di conferire autonomia di tutela alle vedute in appiombo ex se, cioè indipendentemente dai requisiti generali su cui è costruito l’impianto dell’art.907: ossia la necessitata presenza di una veduta diretta, contestualmente ad un’eventuale veduta obliqua (nel caso di specie, obliqua/laterale), come chiaramente ed inequivocabilmente significato dal dettato letterale del co.3 “le DETTE vedute, dirette OD oblique” (o semplicemente delle “vedute dirette verso il fondo vicino”, ex co.1, ovvero una “veduta diretta che forma ANCHE veduta obliqua”, ex co.2). Argomento, peraltro, su cui si è più volte e sempre unanimemente espressa la stessa Cassazione, dal 2000 fino a tempi più recenti.
E, difatti, nella fattispecie specifica configurata dalla lite, che aveva originato la pronuncia di legittimità, trattavasi di una ampia corte condominiale estesa a livello del suolo, tale da essere guardata dalle vedute poste ai piani superiori non solo in obliquo (verso il basso) ma anche frontalmente (in ragione della presenza di arbusti ad alto fusto): talché, una nuova costruzione appoggiata all’esterno del fabbricato dal proprietario del terreno adiacente l’abitazione a piano terra avrebbe occluso la legittima visuale obliqua esercitabile dal proprietario dell’abitazione sovrastante, a distanza verticale dal nuovo manufatto non superiore a 3 tre metri, fino alla base dell’edificio.
Dunque, a prescindere dal riferimento alla corrispondente possibile casistica di servitù di veduta (costituita nei modi civilisticamente contemplati), è errata in materia di diritti di proprietàuna lettura della sentenza che, in merito all’applicazione dell’art.907 c.c., consideri <> tout court, <>, senza viceversa considerare <>, risolvendosi in una mera ammissione di rilevanza ontologica della speciale fattispecie configurativa ma non, anche, di un’autonomia applicativa in senso assoluto.
Gentile Sig.ra Elenea,
in merito al primo quesito, credo che Lei sia in regola, ma gradirei comunque avere contezza dello stato dei luoghi attraverso un reportage fotografico;
mentre in merito al secondo quesito preferirei prima leggere tale scrittura privata prima di lasciarle una giusta risposta.
Le ricordo inoltre di inviarmi a mezzo e-mail tutta la documentazione necessaria qualora desideri maggiori delucidazioni.
Le ho inviato una e-mail all’indirizzo di posta da Lei utilizzato e La invito a prenderne visione.
La ringrazio per la fiducia riposta.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter e di seguirmi su facebook (http://www.facebook.com/pages/Studio-Legale-DIsa/108030575930006) e su Twitter (https://twitter.com/AvvRenatoDIsa) per essere quotidianamente aggiornata.
Cordiali saluti.
Spett.le Avvocato,
le pongo due quesiti in merito a una questione personale:
1) ho una luce che da sulla proprietàdel mio vicino, posta al piano interrato, che ho dotato di finestra con apertura a vasistas, inferiata fissata alla muratura, e rete con maglia di 3 cmq fissata con fil di ferro all’inferiata, il tutto all’interno della muratura e non sporgente sulla proprietàaltrui. il vicino dice che la rete non è regolare perchè fissata solo con il fil di ferro all’inferiata, ma il codice civile non mi sembra indichi nulla in merito al metodo di fissaggio di tale rete metallica. devo fissare la rete in altra maniera o sono comunque in regola?
2) ho una veduta che da sempre sulla proprietàdel mio vicino, autorizzata dallo stesso sia in firma della pratica edilizia presentata in comune, sia in firma di una scrittura privata effettuata tra di noi. Dopo un anno che sono terminati i lavori e che vivo in tale casa, e dopo aver ottenuto l’abitabilitàe la residenza da parte del comune, il vicino ora pretende che opacizzi i vetri di tale veduta con quelle pellicole adesive che non permettono la veduta attraverso il vetro del serramento. Può obbligarmi a fare tale operazione?
Grazie mille
Elena
Egr. sig. Giulio,
preliminarmente bisogna capire se tali interventi abbiano apportato un aggravio di servitù; qualora la risposta sia positiva, vi potrebbe essere allora la possibilitàdi usucapire tale diritto.
In particolare, il possesso della servitù di veduta/luce, ai fini dell’usucapione, decorre dal momento in cui l’opera è stata ultimata e destinata al suo scopo e cioè dal momento in cui è sorta la possibilitàdi effettuare l’affaccio o l’ultilizzo della luce.
Lo stesso vale per la minor distanza per la canna fumaria, ovvero (dalla Sua descrizione) dal 1994. Ad oggi, però, non si è consolidata l’usucapione poichè sono passati circa 19 anni a dispetto dei 20 necessari.
Le ricordo inoltre di inviarmi a mezzo e-mail tutta la documentazione necessaria qualora desideri maggiori delucidazioni.
Le ho inviato una e-mail all’indirizzo di posta da Lei utilizzato e La invito a prenderne visione.
La ringrazio per la fiducia riposta.
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Cordiali saluti.
Egregio Avvocato,
sono proprietario di un immobile dal 1975..nel 1994 sono stati eseguiti lavori di ristrutturazione che hanno interessato il tetto e quindi la canna fumaria e le luci…il mio vicino che acquistato la sua abitazione nel 2001 lamenta l’irregolaritàdelle distanze legali tra la mia canna fumaria e la sua abitazione facendo anche riferimento all’art.890 del c.c.Posso far valere l’usucapione??e se si decennale o ventennale??e da quando dovrebbe iniziare a decorrere il termine per l’usucapione??
La ringrazio e complimenti.
Egr. Sig. Andrea,
prima di darle un giusto consiglio, dovrei leggere lo strumento urbanistico vigente in merito alle distanze tra le costruzioni. Allo stato della Sua decsrizione ci sarebbero i presupposti per un ristoro economico.
Le ricordo inoltre di inviarmi a mezzo e-mail tutta la documentazione necessaria qualora desideri maggiori delucidazioni.
Le ho inviato una e-mail all’indirizzo di posta da Lei utilizzato e La invito a prenderne visione.
La ringrazio per la fiducia riposta.
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Cordiali saluti.
Egr. Avvocato, le espongo brevemente la mia situazione, di recente è stato costruito uno stabile privato ad uso abitativo di due piani oltre al p.t. di fronte alla mia abitazione, sull’altro lato della strada, a circa 8-9 metri di distanza e praticamente non entra più un raggio di sole nel mio giardino, visto che mi sembra improbabile chiedere un abbassamento dell’edificio stesso avrei diritto a chiedere un risarcimento al propietario per il disagio creatomi?
La ringrazio in anticipo.
Andrea
Egr. Sig. Marco,
credo che, allo stato della Sua descrizione, non ci dovrebbero essere problemi per tale modifica, purchè i presupposti rimangano gli stessi ovvero, la non apertura della finestra e che non si crei quella trasparenza atta a determinare la possibilitàdi vedere nel giardino del vicino.
Gradirei comunque vedere lo stato dei luoghi.
Le ricordo inoltre di inviarmi a mezzo e-mail tutta la documentazione necessaria qualora desideri maggiori delucidazioni.
Le ho inviato una e-mail all’indirizzo di posta da Lei utilizzato e La invito a prenderne visione.
La ringrazio per la fiducia riposta.
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Cordiali saluti.
Egr. Avvocato, le sottoporrei una questione riguardante una difficoltànel definire un’apertura luce o veduta.
Sono proprietario di un appartamento al 2 piano, ultimamente ho acquistato anche il sottotetto e dovrei realizzare delle opere di ristrutturazione.
La casa si trova perimetrarlemnte a confine con altri propietari ove quest’ultimi hanno dei giardini, ho una “finestra” con vetro cemento fino a 2mt e un apertura da 2mt fino a 2,4mt, volevo chiederle se legalmente era possibile modificare e sostituire una “finestra” con vetro cemento con una vero serrameno fisso cioè non apribile con vetro satinato senza incorrere in sanzioni penali, lasciando solo l’apertura giàesistente.
Nel ringraziarla porgo distinti saluti
Egr. Sig. Michele,
preliminarmente gradirei leggere l’accordo sottoscritto, dalla Sua descrizione sembrerebbe più una luce irregolare che veduta, dipende tutto in tale accordo cosa si è voluto intendere in merito alla chiusura della porta.
Le ricordo inoltre di inviarmi a mezzo e-mail tutta la documentazione necessaria.
Le ho inviato una e-mail all’indirizzo di posta da Lei utilizzato e La invito a prenderne visione.
La ringrazio per la fiducia riposta.
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Cordiali saluti.
Egr. Avvocato, le sottoporrei una questione riguardante una difficoltànel definire un’apertura luce o veduta.
Un appartamento ha un terrazzo di pertinenza che confina con un immobile artigianale (stesse quote di pavimento). Inizialmente appartamento e capannone appartenevano al medesimo proprietario, poi le due unitàsono state oggetto di passaggi di proprietàper cui ad oggi le stesse appartengono a 2 soggetti diversi. Nel muro di confine (terrazzo/cap. artigianale) esiste fin dalla costruzione dell’immobile (1960) una porta che metteva in comunicazione l’immobile artigianale con il terrazzo dell’abitazione. Il proprietario dell’immobile artigianale ha sottoscritto 2 anni fa un accordo con il proprietario dell’appartamento per permettere a quest’ultimo di chiudere a proprie spese la porta mediante un inferriata in ferro da porre nella luce delle mazzette della porta stessa. Ad oggi, dall’interno dell’immobile artigianale è possibile “guardare” attraverso la porta sul terrazzo dell’appartamento senza però poter in alcun modo “affacciarsi oltrepassando la linea di confine” proprio perchè la grata in ferro, secondo quanto permetteva la scrittura privata, è stata posta nella luce delle mazzette della porta. Questa apertura è da considerarsi “luce irregolare” oppure veduta? (negli atti notarili che hanno comportato i passaggi di proprietànon è mai stato citato niente in proposito.
nel ringraziarLa porgo cordiali saluti
Michele
Gentile Sig. Carla,
stante la Sua descrizione, di certo l’arretramento non può essere superiore ai 30 cm da Lei acquisiti con la ristritturuazione, poichè Lei ha acquisito nel corso degli anni per usucapione una distanza minore rispetto alla metratura prevista per legge o dallo strumento urabanistico vigente.
Comunque gradirei leggere gli strumenti urbanistici vigenti nella Sua cittàed avere contezza dei luoghi, ante e post ristrutturazione, a mezzo reportage fotografico.
Le ricordo inoltre di inviarmi a mezzo e-mail tutta la documentazione necessaria.
Le ho inviato una e-mail all’indirizzo di posta da Lei utilizzato e La invito a prenderne visione.
La ringrazio per la fiducia riposta.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter e di seguirmi su facebook (http://www.facebook.com/pages/Studio-Legale-DIsa/108030575930006) e su Twitter (https://twitter.com/AvvRenatoDIsa) per essere quotidianamente aggiornata.
Cordiali saluti.
Egr. Geometra Lucchina,
gradirei visionare, a mezzo reportage fotografico da inviare al mio indirizzo e-mail, tali finestre ante e post intervento, altrimenti sono impossibilitato nel darle un suggerimento.
Le ricordo inoltre di inviarmi a mezzo e-mail tutta la documentazione necessaria.
Le ho inviato una e-mail all’indirizzo di posta da Lei utilizzato e La invito a prenderne visione.
La ringrazio per la fiducia riposta.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter e di seguirmi su facebook (http://www.facebook.com/pages/Studio-Legale-DIsa/108030575930006) e su Twitter (https://twitter.com/AvvRenatoDIsa) per essere quotidianamente aggiornato.
Cordiali saluti.
Egr. Avv. ho trovato il Suo articolo molto interessante e a tal proposito vorrei sottoporle un quesito che mi riguarda. Ho ereditato da mio padre una casa civile d’aitazione e nel 2006 ho fatto demolire interamente il tetto per rifarlo perchè la casa era ormai inagibile. La mia casa è solo al piano terra e confina con un altra casa su due piani dove al piano superiore sulla parete in aderenza esiste una finestra da più di 20 anni che da sul mio tetto. Questa finestra dal tetto originale era distante circa un metro e trenta. E’ una finestra vera e propria di un bagno quindi ci si può affaciare da ogni parte. La casa di mia proprietàera stata costruita da mio nonno intorno al 1930 e quindi si trovava sotto il livello della strada, per ovviare a questo e per rilasciarmi la concessione edilizia il pavimento è stato innalzato di 30 centimentri e di conseguenza il tetto è stato innalzato di 30 centimetri, portando la distanza tra la finestra e il mio tetto a un metro circa. In questo caso mi sarei appropriata involontariamente e per motivi di abitabilitàdi 30 cm. Ovviamente l’innalzamento di 30 cm non ha limitato la possibilitàdi affaciarsi. Il mio vicino di casa prontamente visti anche i non buoni raporti mi ha contestato di non aver rispettato le distanze legali e mi ha chiesto di demolire il tetto e di portare la distanza a 3 metri come previsto dalle legge. Lei cosa mi consiglia? La ringrazio e la saluto. Carla.
Egregio Avvocato D’Isa,
la ringrazio per l’esaustiva pubblicazione sulle servitù prediali nella fattispecie di “luci e vedute” nonché per gli utilissimi riferimenti giurisprudenziali.
A seguito di un’azione possessoria mi ritrovo, quale CTU, a dover argomentare al Giudice la mia opinione in proposito di una questione che vorrei sottoporLe:
In esito ad opere di ristrutturazione di un fabbricato di civile abitazione, posto su due piani fuori terra, che prospetta e confina direttamente con fondo terzo (giardino, stessa quota) sono state leggermente ampliate le finestre esistenti ed aperte 2 nuove vedute (una per piano) che consentono di prospicere. A Suo parere ciò costitusce – o può costituire – aggravamento di servitù ex art. 1067?
La ringrazio fin d’ora e La prego gradire migliori saluti
Egr. Sig. Alessandro,
criteri o parametri oggettivi non ci sono, ma sono delineati i presupposti minimi dalla Cassazione ovvero: ogni opera avente il carattere della stabilitàe una certa consistenza, indipendentemente dalla natura del materiale con cui è stata realizzata, dalla forma e dalla destinazione di essa.
Quindi è un criterio ampio, ma ciò non toglie che una tettoia non è di ostacolo alla veduta, specie se realizzata con materiale plastico, compatto, consistente, ancorché di spessore sottilissimo e di colore bianco trasparente, ma destinato per la sua funzione a permanere in loco e a diventare opaco.
Le ricordo inoltre di inviarmi a mezzo e-mail tutta la documentazione necessaria.
Le ho inviato una e-mail all’indirizzo di posta da Lei utilizzato e La invito a prenderne visione.
La ringrazio per la fiducia riposta.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter e di seguirmi su facebook (http://www.facebook.com/pages/Studio-Legale-DIsa/108030575930006) e su Twitter (https://twitter.com/AvvRenatoDIsa) per essere quotidianamente aggiornato.
Cordiali saluti.
Egr. Avv. Renato D’Isa, mi trovo nella medesima situazione del Sig.Anzalone. In aggiunta, il condomino del piano superiore lamenta il rischio che con l’installazione della pensilina ci siano rischi di intrusione nel suo appartamento da parte di malintenzionati.
Esistono dei criteri “oggettivi” per capire se una tale installazione in policarbonato con supporto in ferro possa essere idoneo in tal senso?
La ringrazio anticipatamente per il suo supporto.
Porgo distinti saluti.
Grazie
Alessandro
Egregio Sig. Michele,
se ho ben inteso il Suo quesito,
qualora dovesse effettuare la ricostruzione attenedosi alle distanze giàconsolidatesi in merito alle vedute ed alla medesima conformazione delle luci giàesistenti, non andrebbe incontro ad alcun problema e farebbe salvo il Suo diritto di servitù.
Le ricordo inoltre di inviarmi a mezzo e-mail tutta la documentazione necessaria.
Le ho inviato una e-mail all’indirizzo di posta da Lei utilizzato e La invito a prenderne visione.
La ringrazio per la fiducia riposta.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter e di seguirmi su facebook (http://www.facebook.com/pages/Studio-Legale-DIsa/108030575930006) e su Twitter (https://twitter.com/AvvRenatoDIsa) per essere quotidianamente aggiornato.
Cordiali saluti.
Egr. Avv. D’Isa
desideravo avere un suo parere sulla perdita del diritto di veduta.
il mese scorso ho acquistato un immobile , appartamento a piano terra e primo piano . A piano terra esiste una finestra luce e a primo primo una finestra con un diritto di veduta sulla proprietàdel confinante ed il diritto di poter aprire in asse alla finestra sottostante una nuova apertura qualora si possa realizzare un ulteriore piano a piano secondo. il tutto per esplicito consenso fra le parti a seguito di un atto di divisione fra due germani precedente di pochi giorno alla stipula del mio atto di compravendita.
Ora mi chiedo se la presentazione di un progetto di demolizione e ricostruzione a tre elevazioni fuori terra di detto immobile. mi fanno decadere le servitù esistenti sopra specificati.
Puntualizzo che urbanisticamente posso realizzare un ulteriore elevazione a piano secondo , ma per rispettare i vincoli sismici ( zona sismica di prima categoria) e da un punto di vista economico per l’adeguamento sismico della costruzione esistente, la soluzione più ottimale è quella della demolizione e ricostruzione con elevazione.
Grato per la sua consulenza porgo distinti saluti. michele fichera
Egr. Sig. Franco,
se ci sono i presupposti (ed allo stato della Sua descrizione credo che ci siano), prima della eventuale divisione può esercitare un’azione a tutela dei Suoi diritti.
Resto a Sua disposizione per qualsiasi eventuale chiarimento oltre a prospettarle soluzioni alternative.
Le ricordo inoltre di inviarmi a mezzo e-mail tutta la documentazione necessaria.
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Cordiali saluti.
Buongiorno, il suo articolo è veramente molto interessante ed esaustivo.
Le volevo chiedere alcune delucidazioni in merito ad un mio problema:
la mia casa, prima una villa unifamiliare, ora da suddividere in tre appartamenti con divisione ancora da fare, con ingresso in comune.
Nel lato del mio giardino, molto lontano dalla parte in comune, in pratica dal lato opposto, c’è una finestra del vicino (finestra che c’era quando la casa era unifamiliare) che da sul mio giardino.
La finestra si trova ben al di sotto dei 2,5 metri indicati, cosa posso fare?
Quando ci saràla divisone posso oppormi al mantenimento di tale finestra?
Anche perché, ne caso fosse attraverso il piano case, avrei l’intenzione di chiudere quella zona, ma con una finestra altrui nella stanza, non sarebbe un bel vedere.
La ringrazio per la sua attenzione e le auguro una buona giornata.
Franco
Gentile Sig.ra Maria,
gradirei leggere tali titoli, prima di darle una risposta.
Le proprietàsi trasmettono con tutti i diritti e le rinunce annesse, e logicamente fanno fede i suoi titoli se sono antecedenti.
Resto a Sua disposizione per qualsiasi eventuale chiarimento oltre a prospettarle soluzioni alternative.
Le ricordo inoltre di inviarmi a mezzo e-mail tutta la documentazione necessaria.
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La ringrazio per la fiducia riposta.
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Cordiali saluti.
Egr. Sig. Luca,
prima di darle una risposta certa, gradirei avere contezza dello stato dei luoghi, tendenzialmente qualora non si crei un aggravio di servitù, è prevista tale possibilità.
Resto a Sua disposizione per qualsiasi eventuale chiarimento oltre a prospettarle soluzioni alternative.
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Cordiali saluti.
Egr. Avv. D’Isa, ho letto con molta attenzione le sua pubblicazione su un argomento alquanto spinoso e la ringrazio per la chiarezza in esso posto.
Purtroppo mi trovo in una situazione poco da lei affrontata per tanto gliela descrivo.
La mia vicina recentemente ha acquistato un cortile con annesso magazzino quest’ultimo sottostante alla mia proprietà. Nella sua corte insistono, dal mio muro del piano terra e del piano primo, delle mie finestre con grata ma che non hanno i requisiti di altezza delle finestre di luci e che se ho ben capito lei le nomina “luci di tolleranza”. Ebbene la vicina pretende di oscurarmi la finestra al piano terra alta 2 metri dal cortile poiché nel suo atto di compravendita le finestre sopra indicate sono denominate finestre di luce per cui il notaio, verbalmente, le ha assicurato di poter far valere i suoi diritti con l’art. 904 c.c.chiudendomele. Inoltre in quel cortile esiste, dal 1903 come cita un verbale di sopralluogo di un Pretore del Mandamento del mio paese, una scala esterna che conduce dal magazzino al piano primo. Appartamento al piano primo acquistato sei anni fa dalla medesima vicina dallo stesso venditore di adesso del cortile e magazzino.
Bene detto ciò c’è da considerare che io sono in possesso di:
1) le finestre di cui sopra sono indicate nell’atto di compravendita registrato e omologato con delibera del Consiglio del Tribunale Civile di pertinenza nel 1880, nel quale i miei avi nel 1880 comprarono un terreno edificabile dal venditore attiguo, il quale vendette tutta l’area edificabile per i due terzi dell’intero terreno, mentre del restante 1/3 ne vendette solo metàe precisamente solo l’area edificabile dal piano primo in poi, (riservandosi e costruendo al piano terra il magazzino sopra citato) mentre l’altra meta come cita l’atto “rimanere ad atrio, affinché possa dar luce alle finestre che si apriranno nelle case a farsi dai signori ……., i quali a tale oggetto restano facoltati di potere aprire nei loro muri adiacenti a detto cortile delle finestre di luce con grata di ferro murata, aggiungendovi anche la grondoliera alle aperture del piano inferiore”.
2) Nel 1925 uno dei successivi proprietario ma non ultimo di detti locali, cortile e magazzino, ereditati per donazione, permise, sempre ai miei avi con un atto notarile registrato nel 1925, “di mantenere per sempre tutte le finestre giàaperte e da aprirsi che danno nel cortile della predetta casa di mia proprietàmunite di sole grate di ferro murate e senza prescrizione alcuna riguardo all’altezza dal pavimento interno ed esterno voluta dalla legge per finestre di luce. A tal scopo rinunzio a qualsiasi diritto”.
Detto ciò: Cosa posso fare per far valere i mie titoli che non sono citati nell’atto di compravendita della mia vicina effettuato nel settembre 2012? Può la mia vicina impormi l’art. 904 c.c.? Come mai non compaiono nel suo atto, non sono dei titoli che esercitano il mio diritto di mantenere le finestre per sempre? E se mai sarebbe possibile chiuderle, a quale distanza potrebbe porsi il suo muro? Il cortile è ampio 4,50×5,00 metri. Grazi, e mi scusi se mi sono dilungata. Maria L.
Egr. Avv. D’Isa ,
Le chiedo se è possibile “spostare” una servitù di veduta da un punto ad un altro della parete, chiudendo delle finestre e realizzando una nuova servitù?
Grazie.
Egr. Sig. Gianni,
in qualitàdi fonte dominante Lei ha diritto a delimitare tale servitù purchè non si crei un aggravio, ma gradirei avere contezza dello stato dei luoghi attraverso un reportage fotografico (da inviarme al mio indirizzo e-mail r.disa@studiodisa.it) e leggere l’atto di acquisto con l’annessa costituzione di servitù.
Resto a Sua disposizione per qualsiasi eventuale chiarimento oltre a prospettarle soluzioni alternative.
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Cordiali saluti.
Gentilissimo Avvocato
Ho bisogno di un suo consiglio,
Nel dicembre 2009 ho acquistato un immobile di nuova costruzione facente parte di quattro unitàabitative.(sono stato il secondo acquirente).
Il costruttore ha acconsentito di vendermi anche la porzione posteriore di cortile adiacente all unitàabitativa (secondo ingresso,e parcheggio auto privato)’
Questo cortile ha una superficie di circa 50mq,e forma un quadrato.un lato corre lungo la pubblica via,un lato corre sulla strada privata che da accesso agli ingressi principali delle unitàabitative un lato corre sul lato di casa mia e l ultimo lato corre sul lato del mio vicino.
Dove anch egli ha un ingresso secondario.vorrei precisare che quest ultimo a comprato un anno dopo di me.
A favore di questa unitàimmobiliare mi è stata letteralmente estorta sull atto di acquisto una servitù di passaggio e,parcheggio.
Non le nascondo che questa condizione a portato malumori e screzi col vicino(nonostante che dal primo giorno non ho mai ostacolato in nessun modo l uso di detta servitù).
Volevo sapere se il fatto che hanno una porta di servizio che apre direttamente sul mio fondo e legale,dalle planimetrie si vede chiaramente che il terreno e di mia proprietàe la loro porta si apre sopra,la servitù di parcheggio estortami ha come lunghezza tutto il lato che da verso la strada privata(circa 6 mt ed e larga 3mt).
Èfinisce a metàesatta della porta dei vicini.
Èinoltre io posso delimitare in qualche modo la mia proprietàdefinendo la servitù?..
Chiedo scusa se non mi sono espresso bene ma le garantisco che questo pasticcio mi sta rovinando la vita ed il mio rapporto famigliare.
Le sarei grato se potesse aiutarmi.
Cordiali saluti gianni
Egr. Sig. Gianluca,
a che periodo risale la costituzione di queste nicchie ?
Se nascono come luci, Lei può evitare l’affaccio almeno che la vicina abbia acquisto iure servitutis il diritto di veduta.
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Cordiali saluti.
Egregio Avvocato.
Ho acquistato da poco tempo una cantina al piano interrato, che ha un muro in comune con un’altra cantina di altra proprietà,
La vecchia proprietaria che me l’ha venduta con consenso manifestato oralmente con l’altra proprietàhanno deciso di aprire delle nicchie passanti 30x30cm e 30×90 cm ad altezza 1,60 circa da terra con veduta frontale, che dovevano servire a far passare aria da una cantina all’altra.
Ora io con queste nicchie realizzate mi trovo a disaggio perchè vedo violami la mia privacy, avendo l’altra proprietaria costantemente affacciata alle nicchie che sono protette da una semplice rete 3×3 cm.
Volevo quindi chiederle….
Io come nuovo proprietario posso chiudere queste nicchie passanti, o almeno evitare l’affaccio, se si, in quali circostanze?
Può l’altra proprietaria aprire la sua luce sul muro perimetrale, invece che sul muro confinante
Egr. Sig. Lorenzo
prima di darle un giusto consiglio, avrei la necessitàdi leggere il regolamento condominiale, nonchè il contratto di locazione.
Certo il dato fattuale che Lei non è in possesso di queste chiavi potrebbe determinare una Sua giusta opposizione.
Resto a Sua disposizione per qualsiasi eventuale chiarimento oltre a prospettarle soluzioni alternative.
Le ricordo inoltre di inviarmi a mezzo e-mail tutta la documentazione necessaria.
Le ho inviato una e-amil all’indirizzo di posta da Lei utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per la fiducia riposta.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter e di seguirmi su facebook (http://www.facebook.com/pages/Studio-Legale-DIsa/108030575930006) e su Twitter (https://twitter.com/AvvRenatoDIsa) per essere quotidianamente aggiornato.
Cordiali saluti.
Gentile Sig.ra Giovana
il tutto dipende dal capitolato d’appalto, ovvero dal contratto.
Bisognerebbe leggere il contratto o quanto meno fare riferimento alla normativa codicistica del contratto d’appalto, ma sul punto credo che ci sia ben poco se non le regole della corretta esecuzione dell’opera.
Resto a Sua disposizione per qualsiasi eventuale chiarimento oltre a prospettarle soluzioni alternative.
Le ricordo inoltre di inviarmi a mezzo e-mail tutta la documentazione necessaria.
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La ringrazio per la fiducia riposta.
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Cordiali saluti.
Egr. Sig. Luigi,
la trasformazione di luce in veduta determina senza dubbio quantomeno l’autorizzazione del vicino per una costituzione di servitù di veduta ex novo.
Resto a Sua disposizione per qualsiasi eventuale chiarimento oltre a prospettarle soluzioni alternative.
Le ricordo inoltre di inviarmi a mezzo e-mail tutta la documentazione necessaria.
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La ringrazio per la fiducia riposta.
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Cordiali saluti.
Egregio Avvocato,
sono affittuario di un locale deposito al piano terra che dalla parte anteriore si affaccia sulla pubblica via mentre dalla parte posteriore confina con un cortile condominiale adibito a parcheggio auto.
Specifico che questo cortile è facente parte del condominio a cui il mio locale fa capo ma dove solo i proprietari degli appartamenti hanno la facoltàdi accedervi e di posteggiare l’auto. Io non sono in possesso neppure delle chiavi di ingresso a questo cortile.
Specifico, ancora, che il mio locale ha 2 luci che si affacciano su questo cortile, luci che hanno le caratteristiche previste dalla legge.
Ora l’amministratore condominiale pretende il pagamento degli oneri di illuminazione, pulizia e disinfestazione di questo cortile pure da me che non ho nessuna possibilitàdi accesso ad esso asserendo che per il solo fatto di far parte dello stesso condominio io sia obbligato al pagamento.
Sono costretto a pagare oppure posso esimermi dal farlo? Il condominio ha approvato il bilancio del secondo semestre 2012 addebitandomi queste spese.
Certo di una Sua cortese risposta, porgo i miei più cordiali saluti.
Vorrei sapere se il costruttore è tenuto ad oscurare gli abbaini,proteggerle dal freddo.Esiste una normativa che regolamenta quello che il costruttore deve fare?.
Egr. avv.D’Isa,
Le sarei molto grato se potesse darmi la Sua opinione o indicazioni su quanto Le espongo.
Due proprietari con fabbricati confinanti ad angolo retto A e B acquistano in comunione un lotto di terreno intercluso tra i due fabbricati X.A è proprietario diun vecchio fabbricato con affacci su X(documentato con foto) e chiede al comune la demolizione e ricostruzione del suo fabbricato , riproponendo i balconi dove vi erano i vecchi passando da una larghezza del balcone di 70 cm a 1,50 aggettanti su X.
B è proprietario di un fabbricato che aveva solo luci su X e senza chiedere il permesso ad A (chiede il permesso al comune regolarmente) apre luci dirette a tutti i piani e realizza un balcone con pensilina di 1,25m il tutto chiaramente sul fondo X acquistato in comunione con A.
B doveva chiedere l’autorizzazione ad A?
la ringrazio anticipatamente .
cordialmente
Luigi Abbattista
Gentile Sig.ra Annunziata
non sono certo che tali aperture possano rientrare nel concetto di luci, poichè qualora dovessero permettere l’inspectio ovvero l’affaccio andrebbero ad assumere i connotati di una veduta, ma per una maggiore certezza avrei necessitàdi vedere lo stato dei luoghi anche attraverso un reportage fotografico.
Anche per quanto riguarda la scrittura privata corre l’obbligo da parte mia, prima di dare un giusto consiglio, di leggerla.
Resto a Sua disposizione per qualsiasi eventuale chiarimento oltre a prospettarle soluzioni alternative.
Le ricordo inoltre di inviarmi a mezzo e-mail tutta la documentazione necessaria.
Le ho inviato una e-amil all’indirizzo di posta da Lei utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per la fiducia riposta.
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Cordiali saluti.
Egregio avvocato,
volevo sottoporle una questione relativa alle luci.
Abbiamo un fabbricato con finestre nella scala che affacciano sulla proprietàdel vicino posta a confine della parete.
Premetto che queste finestre ( 1,67 dal pavimento, dimensioni interne 0,82 * m 1,01) e di dimensioni esterne di m 0,72 * m 1,00 stanno da circa 40 anni e che mio padre si impegnò con il padre dei nostri vicini in questo modo: io ti facci appoggiare la tua costruzione alla mia al lato nord ma tu non mi dovrai mai costruire davanti a quese finestre. Questo accordo fu fatto per iscritto ma mai trascritto io ho una copia ma anche i miei vicini hanno una copia.
Ora il problema che si pone è che i miei vicini hanno chiesto anche le autorizzazioni al comune e vogliono costruire io potrei fare una causa per usucapione per per le finestre??????(L’avv. e i tecnici mi dicone che non sono vedute ma luci. allora se anche venissero considerate come luci posso dare causa per usucapione)
Attendo una vostra risposta a:annunziatachianese@libero.it
Egr. Sig. Eugenio,
mi perdoni ma non riesco ad intendere bene il Suo quesito,
per quale ragione dovrebbe entrare nella Sua proprietàprivata per imbiancare il lato del muro ??
Credo che la risposta sia alquanto scontata se ho inteso il Suo quesito.
Lei ha centrato il punto, qualora ci sia una situazione di pericolo e quindi laddove dovessero essere apportate misure di messa in sicurezza, al fine di facilitare il lavoro potrebbe lasciare l’utilizzo della Sua proprietàper tali interventi, ciò non toglie che Lei avrebbe il diritto a chiedere un risarcimento del danno.
Ma per imbiancare semplicemnte tale muro, assolutamente NO !!
Alzi barricate (mi perdoni) !!
Resto a Sua disposizione per qualsiasi eventuale chiarimento oltre a prospettarle soluzioni alternative.
Le ricordo inoltre di inviarmi a mezzo e-mail tutta la documentazione necessaria.
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La ringrazio per la fiducia riposta.
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Cordiali saluti.
Egr. Sig. Luigi
per una risposta chiara ed esaustiva avrei la necessitàdi leggere il regolamento condominiale, la delibera approvata, nonchè contezza dello stato dei luoghi (attraverso un reportage fotografico).
Mi sorge subito una domanda, ma l’amministratore in questo coso come si sta comportando? Dovrebbe dare Lui esecuzione alla delibera.
Resto a Sua disposizione per qualsiasi eventuale chiarimento oltre a prospettarle soluzioni alternative.
Le ricordo inoltre di inviarmi a mezzo e-mail tutta la documentazione necessaria.
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La ringrazio per la fiducia riposta.
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Cordiali saluti.
Egr. Sig. Elio,
se ho ben inteso la finistra era esistente sin dagli anni ’80??
Se la risposta è affermativa Lei ha usucapito ( se non ci sono stati atti interruttivi) un diritto di veduta e per tale ragione avrebbe il diritto di far rimuovore la grata abusivamente posta dai Suoi vicini.
Ma per una risposta certa avrei la necessitàdi vedere lo stato dei luoghi ed avere contezza dell’atto di donazione nonche delle foto riguardanti la struttura iniziale.
Resto a Sua disposizione per qualsiasi eventuale chiarimento oltre a prospettarle soluzioni alternative.
Le ricordo inoltre di inviarmi a mezzo e-mail tutta la documentazione necessaria.
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Cordiali saluti.
Egr. Sig. Alessandro,
la risposta la ritrova tranquillamente nella lettura del regolamento edilizio (o altro strumento urbanistico) vigente nella Sua zona, altrimenti Le riporto l’art. 901 del c.c.
Le luci che si aprono sul fondo del vicino devono:
1) essere munite di un’inferriata idonea a garantire la sicurezza del vicino e di una grata fissa in metallo le cui maglie non siano maggiori di tre centimetri quadrati;
2) avere il lato inferiore a un’altezza non minore di due metri e mezzo dal pavimento o dal suolo del luogo al quale si vuole dare luce e aria, se esse sono al piano terreno, e non minore di due metri se sono ai piani superiori;
3) avere il lato inferiore a un’altezza non minore di due metri e mezzo dal suolo del fondo vicino, a meno che si tratti di locale che sia in tutto o in parte a livello inferiore al suolo del vicino e la condizione dei luoghi non consenta di osservare l’altezza stessa.
Pertanto, la nuova apertura dovràavere questi minimi requisiti, qualora dovesse avere misure diverse Lei avràdiritto per un’azione legale in danno del Suo vicino.
Resto a Sua disposizione per qualsiasi eventuale chiarimento oltre a prospettarle soluzioni alternative.
Le ricordo inoltre di inviarmi a mezzo e-mail tutta la documentazione necessaria.
Le ho inviato una e-amil all’indirizzo di posta da Lei utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per la fiducia riposta.
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Cordiali saluti.
Egr. Avv. D’Isa, voglio porle un dubbio su una questione che mi sta a cuore. Circa 40 anni fa mio padre ha acquistato un terreno edificabile e ci ha costruito la casa in cui abitiamo ora con tanto di cortile di cui metri sono 3 di distanza dall’allora terreno libero. é tutto a regola sia di progetto sia di sanatoria che di catasto. Anni fa un signore ha acquistato il terreno limitrofo non sottraendosi alle dovute distanze, ma costruendo e innalzandosi attaccato al nostro muro di recinzione. Ci sono state diverse cause di cui la sentenza, costringe il nostro vicino a ritirarsi e a demolire la parte costruita abusivamente. Nonostante cio adesso siamo in appello perche la cosa non gli sta bene, ma con tutto questo tempo fa ha dovuto fare dei lavori di ristrutturazione e siamo stati costretti a farlo entrare nel nostro cortile per ristrutturare il muro (all’inizio era rustico, e nonostante la causa che era in corso ci è stato detto che gli spettava ristrutturare a causa dell’umidita che gli creava pur essendo abusivo), una seconda volta ha avuto delle perdite di acqua causate dai pozzi neri che fuoriuscivano nel nostro cortile e noi in via bonaria visto il danno che recava soprattutto a noi con odori sgradevolissimi e rischio di malattie l’abbiamo fatto entrare ma il danno alla fine l’ha dovuto risolvere ovviamente da casa sua e non dal lato nostro. Ora arrivo al punto, sta imbiancando la sua facciata e vuole per forza entrare e imbiancare anche dal nostro lato nonostante non sia una necessita come le volte precedenti, e nonostante non sia un lato visibile della strada visto che il mio è un cortile interno, e volevo sapere se noi siamo costretti anche questa volta a sottostare alla sua volonta o possiamo sottrarci alla stessa visto che non è un lavoro di recupero ma solo estetico che dovrebbe fare. Spero di ricevere una sua risposta il prima possibile. Cordiali saluti Eugenio.
buongiorno egregio Avvocato D’Isa,
relazione ampia,dettagliata e professionale.Complimenti!
Purtroppo il mio problema non e’ affrontato.
Glielo espongo ,pregandoLa nel limite del possibile,di indicarmi i “paletti”del caso.
Abito in un condomio a 3 piani e con 3 scale di accesso.
Le cantine sono ricavate per mt 1,2 a partire dal muro principale e sottraggono superficie all’area verde antistante quindi l’area verde concessa in uso ai condomini del piano terra,e’ arretrata di mt 1,20 rispetto al muro principale e di 1,60 dai vetri delle luci delle cantine.
Domanda:
a)questa area pavimentata sopra parte delle cantine a livello area verde ,con accesso libero laterale e’ di proprieta’ comune?
quindi le pulizie e la manutenzione sono a carico del condominio?
I condomini del piano terreno hanno diritto d’uso di una piccola area verde antistante il muro principale e le cantine che sono in parte interrate oltre il muro principale di mt 1,20 nella fattispecie il pavimento di mt 1,20 tra muro principale e area verde fa arretrare l’area verde a disposizione dei condomini piano terra.
questa area verde e’ contornata da una siepe di alloro altezza 1,60 metri max
Le cantine con finestra-luce diretta verso l’area verde hanno il vetro di detta luce arretrato di mt 0,40 rispetto al muro principale,e il lato inferiore e’ a mt.0,10 superiore al livello pavimento-area verde.
quindi detta finestra-luce e’ proiettata sul pavimento di mt 1,20 della cantina prima che sull’area verde.
LA SIEPE LATERALE CHE E’ IMPIANTATA A MT1,20 DAL MURO PRINCIPALE(filo pavimemto)E’ STATA FATTA CRESCERE FINO A COPRIRE IL PAVIMENTO LARGO 1,20 MT E AD APPOGGIARSI AL MURO PRINCIPALE CHIUDENDO IL PASSAGGIO PER L’ACCESSO ALLA PULIZIA DEL PAVIMENTO E COPRENDO ESTESAMENTE LA LUCE DELLA MIA CANTINA SOTTRAENDO LUMINOSITA’ E AERAZIONE/CIRCOLAZIONE DELL’ARIA ALLA CANTINA.
questa mancata circolazione di aria ha generato muffe sui prodotti collocati in cantina.
detto prolungamento della siepe ha chiuso l’accesso al pavimento in pietra di copertura della cantina quindi non e’ piu’ possibile effettuare le pulizie da polveri,terra ecc.
questa sporcizia invade le cantine a ogni stormir di vento.
la controparte ,che ha impiegato venti anni a far crescere la siepe lateralmente fino a chiudere il passaggio e appoggiarsi al muro ha giustificato il fatto:
per questioni di sicurezza antiladri.
L’assemblea condominiale ,nel 2011 ha votato e approvato la richiesta di potatura della siepe a mt 0,70 dal muro principale.richiesta Disattesa.
io ho proposto verbalmente alla controparte di potare a mt 0,50 la siepe e di installare un cancelletto con chiave.
chiave in disponibilita’ anche del condomio per l’accesso e la pulizia del pavimento.
risposte tutte negative ,per adesso mi tengo la muffa e la sporcizia..
poi in base alle sue indicazioni procedero’ da chi di dovere.
Vivamente ringrazio per le Sue chiarificazioni legali e porgo corduiali saluti
Luigi
Egr.Avv. D’Isa.
Avrei un problema da presentarli sorto proprio in questi giorni..
In seguito,ad ereditàla casa di proprietàdi mio suocero e’ stata divisa in 2 parti. Premetto che la casa era stata realizzata abusivamente fin dai primi anni ’80, e sanata nel 2002,dopodiche’ nel 2003 e’ stata fatta la successione per donazione..da parte di mia suocera rimasta in vita.Nel dividere la casa una mia finestra si affaccia nel cortile dei miei parenti, la quale finestra e’ alta 80cm dal mio pavimento e circa 50 cm dal piano del cortile in questa finestra ho solo vetri rinforzati ,ma non avendo possibilitàeconomiche non ho ancora potuto piazzare una persiana, la mia veduta e’ posizionata nel retro della loro casa in una posizione vicino ad un angolo retto ,inoltre i muri su cui è situata sono di mia proprietà,il cortile su cui è affacciata crea un’area quadrata di circa 20 mq..su cui non c’è niente se non delle vasche d’acqua, quindi anche affaccianomi non violo la loro privacy..il problema ora e’ questo senza essun preavviso visto che non corre buon sangue, si sono permessi di piazzarmi una grata collegata al mio muro che mi impedirebbe di affacciarmi,la cui cosa non facciamo mai..tenga presente che io abito in questa casa dal 1993, mentre, per loro e’ una 2àcasa in cui vengono solo durante il giorno,.la finestra viene aperta giusto la mattina per cambiare l’aria essendo un piccolo studio del mio bambino..inoltre la grata in questione e’ stata realizzata alla bene meglio senza un minimo d’estetica e con la quale non potro’ mai riuscire a piazzarmi una persiana..quello che vorrei chiedergli come mi dovrei comportare per far valere i miei diritti e chiedere eventuali danni visto che proprio quella stanza e’ stata una delle prime realizzate e la vecchia persiana esistente essendo marcia l’ho dovuta togliere..la ringrazio anticipatamente se potra’ darmi una risposta
Egr.Avv. D’Isa,
Le sarei molto grato se potesse darmi la Sua opinione o indicazioni su quanto Le espongo.
Ho un terreno/giardino confinante in aderenza con la parete di un palazzo di altra proprietà(muro compreso). Il proprietario dell’immobile è intenzionato ad aprire una “luce” sulla parete per dare aria e luce ad una stanza che si trova però in parte sotto il livello del terreno. L’apertura in questione verrebbe quindi a trovarsi a 50 cm di altezza dal terreno del mio giardino , corrispondente a 160 cm di altezza dal pavimento interno della stanza. Faccio presente che attualmente sono presenti piante /arbusti nel giardino quasi in aderenza alla parete oggetto dell’apertura. Il proprietario dell’immobile ha la possibilitàdi aprire tale “luce” e nel caso affremativo quale sono le condizioni che posso far di diritto osservare o richiedere ? Grazie per la Sua attenzione. Alessandro
Gentile Signora Valentina,
in merito al primo quesito, che in realtànon ho ben capito quali siano le dimostranze del Suo vicino, avrei poche preoccupazioni,
mentre per quanto riguarda il secondo quesito se la Sua vicina vanta una servitus altius non tollendi, ossia la servitù di non costruire oltre una certa altezza (servitù aquisibile per usucapione o per titolo), allora lei potrebbe avere difficolta ad effettuare tale sopraelevazione.
Il concetto che non vi abita non è atto ad evitare l’esercizio della servitù.
Che cosa accade se il proprietario del fondo servente non rispetta questa prescrizione?
La risposta è molto semplice: il proprietario del fondo dominante può agire giudizialmente[88] per ottenere l’accertamento della violazione, la remissione in pristino dello stato dei luoghi e l’eventuale risarcimento del danno subito.
Ciò posto, avrei la necessitàdi vedere i luoghi nonchè le varie planimetrie.
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La ringrazio per la fiducia riposta.
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Cordiali saluti.
salve egr.avv.to
i miei più sinceri complimenti per la preparazione dimostrata grazie al suo saggio, perciò ho pensato bene di esporle il mio caso: abito in un centro storico in ina palazzina di soli 3 condomini per cui non c’è un condominio costituito.esattamante il sono proprietaria dell’ultimo piano e della soffitta.è arrivato il momento di rifare il tetto che non è stato mai toccato dal ’56 e dal quale purtroppo entra acqua adesso in gran quantità.visto che il comune mi ha fornito la concessione per procedere ad una sopraelevazione, ho pensato di non chiedere nulla agli altri condomini per il rifacimento tetto, visto che fatti i dovuti conteggi si arriva ad una compensazione con l’indennitàdi sopraelevazione.
1°) l’inquilino del piano rialzato vuole per forza dei soldi perchè ritiene che in caso di semoplice rifacuìimento tetto senza sopraelevazione i lavori possano farsi senza impalcatura;
2°) l’inquilina che sotto al tetto possiede solo un fondaco,mi vuole impedire di alzare perchè così facendo le impedisco la visuale del panorama che lei in veritànon vede mai in quanto si tratta di un balcone di cui lei è proprietaria ma che non fa parte del suo appartamento dal momento che lei abita al palazzo a fianco e sul quel bacone non sale mai.
io vorrei sapere se può esistere una tale obiezione e quindi impedirmi di fare i lavori.
la ringrazio infinitamente sono davvero disperata anche perchè ho giàpagato tutti i permessi ed il tecnico contando sul buon senso delle persone.
Gent.le sig.ra Elisa,
Le ricordo che laa servitù di panorama consiste nella particolare amenitàdel fondo dominante per la visuale di cui gode, è una servitus altius non tollendi che, per potersi acquistare per destinazione del padre di famiglia o per usucapione, necessita di opere visibili e permanenti, ulteriori rispetto a quelle che consentono la servitù di veduta, altrimenti questa comporterebbe sempre quella, e specificatamente destinate all’esercizio della servitù invocata. A ricordarlo è la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2973/2012.
Da quello che mi ha scritto allo stato non vi sarebbe alcuna struttura preesistente.
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La ringrazio per la fiducia riposta.
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Cordiali saluti.
Gentile Sig.ra Anna,
in merito al Suo quesito Le significo che l’eventuale struttura da Lei indicatami ricadrebbe nel concetto di struttura “fissa” e pertanto soggetta alle regole sulle distanze.
Ma, comunque, al fine di potere essere maggiormente esaustivo gradirei avere un reportage fotografico dei luoghi e l’eventuale progetto planimetrico.
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Cordiali saluti.
Egr. Sig. Fabrizio,
alla stregua di quanto dedotto Lei avrebbe la possibilitàed il diritto di poter agire per il rispristino dello stato dei luoghi, salvo l’eventuale usucapione (20 anni) della servitù di luce e veduta.
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Cordiali saluti.
Gent.mo Avvocato D’Isa, gradirei un chiarimento su quanto le espongo.
Abito in una villetta a schiera che, essendo di testa, ha una vista sul mare e su tutto il verde circostante. Attualmente stanno costruendo davanti una serie di villette a schiera piu’ alte della mia terrazza che si affaccia sul panorama descritto in precedenza. In teoria tali villette sono costruite in regola come da ordinanza comunale. In questo caso è possibile far valere il diritto al panorama? E potrei agire in base alla c.d. servitus altius non tollendi?
La ringrazio per l’attenzione.
Elisa
Mi permetta innanzitutto di complimentarmi per il servizio preciso che offre e dell’opportunitàdi chiederLe informazioni.
Chiedo gentilmente il Suo parere circa un ampliamento che vorrei realizzare.
Abito in un appartamento al pian terreno di una palazzina di 8 unitàabitative di cui 4 al piano primo e 4 al pian terreno tutte specularmente sovrapposte, tra cui il mio appunto che è ubicato verso l’esterno del fabbricato.
Il soprainquilino ha un balcone con veduta e affaccio sul mio fondo e l’altezza della soglia è circa 3 mt. , quindi per come recita l’art. 907 c.c. non poteri edificare se non oltre i 3 mt. dal parapetto del balcone stesso.
Tutte le altre condizione necessarie ad eseguire l’ampliamento sono rispettate , tant’è che abbiamo giàottenuto i permessi del Comune e pagato giàgli oneri per la costruzione di un locale attaccato all’esistente con tetto indipendente dal balcone soprastante di 10 cm. ( in modo da restare indipendente) ; purtroppo a causa di una leggerezza del tecnico che mi ha seguita non è stata considerato la sopracitata norma ed in attesa che il vicino mi dia il benestare per procedere vorrei capire se esistano delle alternative a fronte di un loro rifiuto.
Mi chiedevo ad esempio se edificando una sorta di dependance a distanza regolare di 3 mt. dal balcone fosse poi possibile collegarla all’appartamento con un corridoio di larghezza 1 mt. realizzato in vetrocemento oppure in vetro con una copertura in policarbonato appoggiato su telaio in alluminio o in acciaio , in modo da rendere più “leggero “ l’impatto .
Esistono altrimenti altre strade per proseguire con l’ampliamento anche in considerazione del fatto che la nostra è una pura esigenza familiare perché abbiamo tre figli piccoli in una sola camera.
Mi permetta un’ultima considerazione. Che consistenza ha un diritto di veduta se poi è concessa l’edificazione a 3 mt. di distanza ? Nel mio caso ad esempio ritengo che sia più limitante la visuale con una costruzione che parte 3 mt. di fronte e prosegue per 6 mt. ( 6+3) rispetto ad una contigua che limita per soli 6 mt.
Cosa ne pensa ?
Grazie
Anna
Salve.
Il mio vicino ha una finestra (che permette affaccio diretto come una comunissima finestra) a meno di un metro dal confine.
Ma fino a due anni fa nel mio terreno vi era un albero esattamente davanti a questa finestra.
Purtroppo ho avuto l’insensato gesto altruistico di eliminare spontaneamente questo albero poiché era troppo vicino al confine, contanto sul fatto che avrei potuto sostituire una staccionata con un più sicuro muro di confine.
Ora il vicino si oppone a tale muro perché priverebbe in parte di aria e luce.
Non ho mai sollevato il problema della sua veduta a minor distanza legale, e neppure che avesse aperto tale finestra negli anni addietro senza alcun titolo e nessun permesso comunale.
Adesso però vorrei far valere il mio diritto alla privacy e alla sicurezza del mio terreno, attualmente con staccionata alta un metro, quindi facilmente scavalcabile, e non so se io debba rivalermi sulla minor distanza della sua veduta, sull’opera fatta “in nero”, oppure sia sufficiente vantare la ex presenza dell’albero davanti alla finestra come azione che avrebbe interrotto l’eventuale acquisizione della veduta per usocapione.
Grazie.
Egr. Sig. Giuseppe
si tratta di una luce o di una veduta (permette l’affaccio o meno??)??
Credo allo stato della Sua descrizione che sia difficile come ipotesi, ma mi riservo una risposta completa soltanto una volta visionato lo stato dei luoghi (attraverso un rilievo fotografico da inviarmi all’indirizzo di posta r.disa@studiodisa.it)
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Cordiali saluti.
Egr. Sig. Prospero
dalla Sua descrizione sembrerebbe del tutto illegittima l’eventuale costruzione del Suo vicino, ma per un grado di certezza dovrei vedere lo stato dei luoghi (attraverso un rilievo fotografico da inviarmi all’indirizzo di posta r.disa@studiodisa.it)
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Cordiali saluti.
Egr. Sig. Stefano
avrei la necessitàdi vedere lo stato dei luoghi prima di lasciarle un consiglio.
Se le strutture originarie non hanno subito modifiche nell’ultimo ventennio le luci e le vedute oramai si sono consolidate.
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Cordiali saluti.
Gent.mo Avvocato D’Isa, le volevo porre una domanda: ho acquistato metàdi una villa che ha trent’anni,una finestra degli altri proprietari ricade nel mio terrazzo di entrata, dovendo io fare un ampliamento potrei chiedere la chiusura di quella finestra? Oppure potrei far mettere una grata se non posso farla chiudere? La ringrazio
Egr. Sig. Giovanni,
prima di darle un giusto consiglio gradirei avere contezza dello stato dei luoghi attravreso un reportage fotografico e sapere se vive in un contesto condominiale.
Certo la comproprietàdel muro potrebbe essere una soluzione.
A che titolo il vicino dichiara di essere proprietario del muro di confine??
Il tetto è in comunione??
Le ho inviato una e-amil all’indirizzo di posta da Lei utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per la fiducia riposta.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter e di seguirmi su facebook (http://www.facebook.com/pages/Studio-Legale-DIsa/108030575930006) e su Twitter (https://twitter.com/AvvRenatoDIsa) per essere quotidianamente aggiornato.
Cordiali saluti.
Gent.mo Avv. D’Isa,
Le esprimo innanzitutto la mia grande ammirazione per la Sua specializzazione nella materia trattata e Le vorrei esporre il mio problema. Il mio alloggio e’ formato da tre stanze allineate tra loro in modo da formare complessivamente una forma rettangolare. Solamente le due stanze estreme hanno una sola portafinestra ciascuna e non si possono aggiungere altre aperture poiche’ uno dei due lati lunghi del rettangolo confina con il vano scala e altri appartamenti.
La stanza in mezzo e’ da sempre adibita a cucina e vi e’ un’apertura su una parete che da’ sul fondo del vicino. Sotto questa apertura vi e’ un gradino sulla quale posso salire e avere un’ampia veduta delle colline vicine, di buona parte del paese e di tutto il fondo del vicino ( frontale, laterale,obliqua, alto e basso).L’appartamento e’ al primo piano,il davanzale e’ a meno di due metri dal pavimento della stanza ( le altre due stanze hanno il pavimento piu’ basso di 6 cm ) ed e’ di 1,94 mt dal pavimento e 1,64 cm dal gradino. Non c’e’ mai stata inferriata, grate etc.., solo una zanzariera con un telaietto in legno appoggiata. La casa e’ stata costruita cosi’ come minimo piu’ di 60 anni fa ed ha gia’ cambiato diversi proprietari senza subire modifiche.
il mio vicino vuole costruire in aderenza un corpo esterno alla sua casa per realizzare una scala esterna chiusa e coperta di due piani e cosi’ mi chiuderebbe l’apertura che e’ anche l’unica possibilita’ per la stanza di ricevere il necessario ricambio d’aria e luce trattandosi oltretutto di cucina. Dal fondo vicino e’ impossibile non notare la presenza dell’apertura.
Vorrei un suo parere.
Grazie anticipatamente.
Egr.avv.D’Isa,
siamo tre fratelli e abbiamo ereditato dai genitori una casa con giardino. Io ho acquistato da un fratello la sua quota, ma purtroppo nel 2005 ho dovuto intraprendere una causa legale nei confronti del terzo fratello per potermi intestare la porzione di 2/3 e liberarmi dal vincolo della indivisione che mi precludeva ogni opera di ristrutturazione. Ora a distanza di 6 anni si è giunti alla divisione immobiliare con sentenza di primo grado. Mi è stato assegnato un balcone coperto al primo piano ed un portico al piano terra (uno sopra l’altro) entranbe le superfici hanno il lato sud aperto ed il lato est chiuso da vetrata apribile parzialmente e che fa’ da confine tra le due unità. Le vetrate non sono descritte nei disegni e mai condonate. Ora mio fratello pretende la chiusura con un muro l’apertura sul lato est. Se chiudo con un muro il comune non permette perchè mi aumenta la cubatura e non è possibile perchè sono giàoltre i metri cubi consentiti . Mi è stata prospettata la costruzione di una serra bioclimatica (locale tecnico) per non aumentare la cubatura ma non sono convinto che il muro a est si possa fare. Mio fratello vuole farmi procedura d’appello per modificare gli spazi assegnati che ora sono esattamente divisi 2/3 – 1/3 . Continua a dirmi che l’apertura sul lato est gli crea un danno di affaccio, ma credo che anche per me ci sia un danno non indifferente , la veduta , il panorama, la luce che si ridurrebbe di molto specialmente su uno dei due locali che si affacciano sul balcone al primo piano , ma ancora di più per il locale al piano terra. Ho proposto la realizzazione di una vetrata con vetri smerigliati o una grata artistica in ferro non aderente al perimetro sul lato est per tutelare la privacy dei due proprietari. Mi dica cosa è possibile fare per garantire ad entrambi la coabitazione senza ulteriori screzi. La casa è stata cotruita nel ’54 e ampliata neglia anni sessanta e settanta. grazie per la Sua risposta e complimenti per la pubblicazione.
Egregio Avvocato,
Ho comprato da un anno casa a pianoterra e dall’uscita si entra in un cortile rettangolare largo 1,5 mt e lungo 15 metri di mia esclusiva proprietàche accede alla strada pubblica. Il lato del mio cortile alla mia sx di 1,5 mt confina con un muro senza luci alto circa 8 metri di un edificio che non mi appartiene. Per accordi orali tra il mio venditore e il vicino su tale muro è installata da circa 7 anni una caldaia e una canna fumaria in acciaio che servono il mio appartamento. Il proprietario del muro ora mi ha chiesto di togliere al più presto la canna fumaria e la caldaia dal “suo†muro ( con la scusa che deve tinteggiare l’intonaco esterno) e sto avendo quindi qualche difficoltàa spostare la caldaia e la canna fumaria sul mio muro in quanto sopra il mio appartamento abita un altro proprietario il quale mi ha chiesto gentilmente di evitare di forare la sporgenza del tetto in comune dell’edificio e di fare semplicemente una curva con la canna ( le ditte che ho chiamato mi hanno però sconsigliano tale soluzione in quanto la foratura del tetto sarebbe la soluzione ideale e a regola d’arte sia dal punto di vista estetico che funzionale) Le chiedo gentilmente ora di chiarirmi alcune questioni:
1) Devo per forza spostare la canna fumaria ( della quale tra l’altro non posseggo nessun documento di regolaritàurbanistica e progettuale) dal muro del vicino ? ( anche perché non sono riuscito a capire dai documenti rintracciati nei vari uffici se il muro è anche mio, e quindi in comproprietà)
2) Ho diritto ad installare la canna fumaria sul mio muro e quindi a forare il tetto per fare un lavoro a regola d’arte, anche se il mio vicino del piano di sopra non è d’accordo a forare il tetto? Tra poco arriva l’inverno e rischio di restare al freddo!! ( nella stessa abitazione lontano dalla canna in acciaio ho un’altra canna fumaria ora non funzionante, da ripulire, al servizio di un vecchio e maleodorante camino a legna)
3) Vorrei creare una tettoia fissa di 3 mt x 1,5 nel cortile, adiacente al muro del vicino ( perché è la parte finale del cortile) per accatastare della legna per un eventuale termo camino da installare al posto del camino suddetto, ma così facendo mi rendo conto che se il vicino volesse fare della manutenzione al suo muro non potrebbe più raggiungerlo… per cui le conclusioni che traggo ad intutito sono che non posso fare tale tettoia ed accatastamento di legname o mi sbaglio ?
Nel ringraziarla per la sua gentile attenzione le porgo
distinti saluti
Gent.mo Avv. D’Isa,
la ringrazio molto per la Sua risposta puntuale, chiara e precisa che ho letto con molta attenzione.
Certamente che nell’eventualitàsia il vicino che l’amministratore ricorreranno a strumenti giuridici
per far valere le loro ragioni ,prenderò sicuramente in considerazione la sua esperienza e bravura
per farmi assistere.
Approfitto anche per aggiungere qualche informazione sul mio caso che probabilmente non ho inserito nella mia prima richiesta
o magari non ha avuto rilevanze.
A ) Il fatto che tra il mio terrazzo e quello del vicino intercorre l’ingresso al condominio con una larghezza di circa 1,5 metri, quindi si dovrebbe configurare
l’ipotesi che le distanze non si applicano in presenza di strade o passaggi di pubblica utilità.
B) che il terrazzo oltre all’ingresso,ha anche una servitù sul frontale che collega altri appartamenti ed anche qui abbiamo circa 1 metro di distanza dal muro che chiude il condominio.
C) che il lato sx del terrazzo ha l’ingresso ai box e quindi al di làdel piccolo muretto di 50 cm c’è un salto nel vuoto di 6 metri.
D) non è stato affatto menzionato l’art. 878 del CC per quanto riguarda i muri di cinta che oltre a delimitare il fondo, servono a tutelare la privacy e/o l’intrusione di persone estranei
o animali che possono creare danni.
E) che allo stato attuale il muro di 50 cm può mettere in serio pericolo i bambini, in quanto facilmente valicabile e per di più da una parte con un salto nel vuoto di 6 metri.
Mi sembra che allo stato di fatto gli elementi sono talmente tanti che non permettono di godere della proprietàprivata pienamente con il grave pregiudizio alla sicurezza.
Cordialmente
Mario Latorre
Egr. Sig. Mario,
sul punto Le segnalo questa massima della S.C. (Sezione 2 civile, sentenza 9 febbraio 1993, n. 1598) secondo la quale ai fini dell’art. 907 cod. civ., il quale fa divieto di fabbricare a distanza minore di tre metri dalla veduta del vicino, il concetto di fabbricare non riguarda esclusivamente i fabbricati in calce o mattoni e cemento, cioe` le opere che abbiano le caratteristiche di un edificio o di una fabbrica in muratura, ma comprende ogni opera avente il carattere della stabilita` ed una certa consistenza, indipendentemente dalla natura del materiale con cui e` stata realizzata, dalla forma e dalla destinazione di essa, sempre che l’opera diversa dal fabbricato in senso proprio e tecnico ostacoli l’esercizio della veduta del proprietario del fondo vicino. Pertanto la fissazione di una rete plastificata con collegamento precario alla parete sottostante la veduta non realizza un manufatto idoneo ad incidere negativamente sull’esercizio del diritto di veduta, ove, secondo l’apprezzamento del giudice del merito, con comporti un ostacolo alla fruizione di aria e luce nella zona di rispetto, ne` una modificazione sostanziale di qualsivoglia altra situazione di godimento in cui si esplica il potere riconosciuto al titolare del diritto di veduta dall’art. 907 cit.
Orbene sulla scorta di quanto segnalatomi in merito alla “mobilità” di tale rete non dovrebbero sorgere problemi.
Le ho inviato una e-amil all’indirizzo di posta da Lei utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per la fiducia riposta.
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Cordiali saluti.
Gentilissimo Avv. D’Isia
sul Suo blog ci sono notizie ed informazioni molto interessanti e per questo che vorrei un Suo giudizio in merito ad una diatriba tra me , il mio vicino e l’amministratore del condominio.
Ho acquistato all’asta un piccolo appartamento in montagna,collocato all’interno di un residence.
Una fila di questi appartamenti al piano terra sono collocati leggermente al di sotto del suolo stradale e sono dotati tutti solo di terrazzo.
Nel caso del mio appartamento invece c’è una particolaritàin quanto è situato a ridosso dell’ingresso e questo ingresso misura circa 1,5 metri di larghezza . Per accedere si scendono 3 gradini e dritto si percorrono circa 5 metri. Questo passaggio divide me ed il mio vicino ( anche lui con il terrazzo molto grande rispetto al mio). Mentre a dx
altri condomini accedono ad altri appartamenti e garage sottostanti.
Insomma,il terrazzo è circondato per il 75 % da servitù.
La questione dolente è che il muretto che divide il mio terrazzo ( ed anche gli altri) è alto appena 50 cm,quindi chiunque può accedere senza problemi e nello stesso tempo chiunque passa può benissimo sbirciare dentro casa senza problemi,con l’impressione di trovarmi la gente come se fosse dentro.
Il mio appartamento è l’unico che ha questa peculiatàevidente,in quanto si trova agiacente all’ingresso.
Adesso ho pensato di mettere una piccola rete/edera artificiale di 1 metro d’altezza oltre il muretto per tutelarmi sia dalla privacy che dalle potenziali intrusioni di qualsiasi cosa,animali compresi.
Nessuno dei condomini che hanno i terrazzi,ha messo l’edera o altri separè e quindi sia il vicino e sia l’amministratore non mi pemettono di installare questa rete/edere in quanto gli tolgo la veduta laterale.
Le faccio inoltre presente che questa rete/edera non la tengo permenente ma solamente quando io sono a casa.
Chiedo un Suo comento.Grazie
Saluti
Egr. Geometra Romanini
in merito al Suo quesito potrei darle una risposta soltanto dopo aver capito quale modifica verrebbe apportata, se non si modifica la servitù di luce e se si mantengo i parametri fissati dal codice e dagli strumenti urbanistici nulla questio.
Le ho inviato una e-amil all’indirizzo di posta da Lei utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per la fiducia riposta.
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Cordiali saluti.
Buongiorno Avvotato D’Isa, innanzitutto grazie per il suo lavoro, molto esauriente e ben fatto. A questo proposito sono a chiederle un parere: sto cercando di ristrutturare un immobile con relativo cambio di destinazione d’uso da magazzino a civile abitazione, volendo realizzare 6 appartamenti tutti con soppalco. Il comune ha espresso il suo consenso,in quanto rispetto tutte le norme e tutti i regolamenti. Il mio problema è che dovendo dare luce e aria come previsto dalla legge devo aumentare la superficie finestrata andando a modificare un prospetto che da su una proprietàaltrui. Al momento nel prospetto alto circa 4,5 metri c’è una lunga fascia di luci alta circa un metro e lunga circa 20, dovendo realizzare dei soppalchi dovremmo realizzare anche le finestre al piano terra. di qui la mia domanda. Posso modificare il prospetto al fne di rendere abitabile gli appartamenti? il vicino e proprietario del fondo puo opporsi?
Grazie Geom Romanini Stefano
Egr. Sig. Daniele,
nel premettere che dovrei quantomeno approfondire l’argomento,
Le posso sognificare che secondo un orientamento della S.C.”il concetto di fondo servente va riferito alla unitàimmobiliare nella sua oggettiva consistenza giuridica ed economica al momento del verificarsi dell’acquisto della servitù, è irrilevante, ai fini della determinazione dell’unicitàdi detto fondo nell’ipotesi prevista dalla disposizione citata, la divisione catastale di esso in più particelle, nonché la diversa destinazione delle stesse”.  Cass. 10-4-80, n. 2291, rv. 405962.
Pertanto credo che tale principio sia applicabile anche alle ipotesi di donazione nonche vendità, ma non sono del tutto certo.
Le ho inviato una e-amil all’indirizzo di posta da Lei utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per la fiducia riposta.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornato.
Cordiali saluti.
Egr. Geom. Andrea Marenco,
comè avràpotuto leggere giànel mio articolo la Giurisprudenza ha disciplinato alcuni casi di aggravio o meno di servitù e credo che l’allargamento nonchè rialzamento comportano un aggravio, anche se comunque vorrei leggere il permesso ed avere contezza dello stato dei luoghi.
Di certo non possono farle chiudere la veduta acquisita, ma tutt’al più un ripristino dello stato dei luoghi.
Oltre al solito buon senso e di un accordo tra privati in virtù di reciproche concessioni, i tempi per accorciare ci sarebbero, ma giàso che i miei colleghi storceranno il naso a tale affermazione, poichè è stata istituita la Media-conciliazione (tempi più rapidi per la risoluzione delle controversie) e tale ed eventuale controversia potrebbe rientrare.
Le ho inviato una e-amil all’indirizzo di posta da Lei utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per la fiducia riposta.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornato.
Cordiali saluti.
Egr. Avvocato,
Facendo riferimento all’articolo 907 del codice civile vorrei chiederle un consiglio. Mi ritrovo(per colpa dell’architetto) con uno stabile che sto costruendo a non rispettare la distanza dei 3 metri in quanto il vicino ha acquisito il diritto di veduta sia diretta che obliqua. Ora quello che mi chiedo è possibile aggirare il problema(facendo riferimento al comma 2) facendo il frazionamento del terreno? Ovvero il terreno corrispondente alla veduta diretta rimane di mia proprietàmentre il terreno corrispondente alla veduta obliqua lo dono a mia sorella ed in questo modo non si dovrebbe più rispettare la distanza dei 3 metri ma bensì gli attuali 75 cm.
Spero che lei risponda presto visto che martedì ci saràuna causa civile.
Nel RingraziarLA.
Saluti.
Daniele.
Buongiorno avvocato D’Isa,
innanzitutto mi complimento per il suo ottimo lavoro riguardo alla relazione sopra.
Avrei da porle un “piccolo” quesito, ho un cliente che ha acquistato nel centro storico un vecchio fabbricato con due facciate che danno su via pubblica e una terza facciata su un giardino privato (tenga presente che quest’ultimo muro o facciata fàda confine) su cui esistevano tre aperture e/o vedute di dimensioni diverse.
E’ stato fatto il progetto e il comune ha rilasciato il Permesso di Costruire nel 2011 e a distanza di pochi mesi sono iniziati i lavori per la ristrutturazione completa (interne ed esterna). Preciso che queste tre finestre hanno subito una leggera modifica della dimensioni, una è rimasta di dimensioni pressochè uguali, una ha mantenuto la stessa larghezza ma è stata alzata e la terza invece è stata sia allargata che alzata per migliorare soprattutto le qualitàigienico-sanitarie dei locali. Da quanto ho letto sopra, mi è sembrato di capire che si ricade nel campo “dell’aggravio della servitù” in quanto le finestre hanno subito leggere modifiche anche se a parere mio personale il diritto di veduta esisteva giàed è stato acquistato per usucapione (visto anche che l’edificio saràdell’inizio del 900 e negli anni non ha subito modifiche).
Adesso sono stato convocato in Comune alla presenza del sindaco con le controparti, ovvero io con il mio cliente proprietario del fabbricato e il vicino proprietario del giardino, per discutere di queste finestre e/o vedute che secondo il vicino sono da chiudere.
Il quesito è il seguente, possono farmi chiudere queste finestre che esistevano già, anche se sono state solo “allargate”? o possono farmi ridurre le dimensioni riportandole e quelle originarie, ovvero come erano alla data dell’acquisto dell’edificio? c’è qualche altra soluzione per evitare cause che potrebbero essere lunghe e costose?
grazie e saluti
Egr. Sig. Vincenzo,
premettendo che avrei necessitàdi vedere lo stato dei luighi, non sono pienamente convinto del Suo intento, anche perchè la bocca di lupo oltre allo sfogo d’aria, ha la funzione anche di luce, quindi vorrei vedere anche una bozza del Suo progetto.
Le ho inviato una e-amil all’indirizzo utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per la fiducia riposta.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornato.
Cordiali saluti.
Egr. Avv. D’Isa,
ho letto il suo interessante articolo.
Ho un quesito che non riesco a risolvere dalla mia lettura.
Condivido con un vicino un androne di accesso al suo garage ed al mio rustico.
Tale androne ha un lato completamente aperto(ingresso carrabile)
Sempre su tale androne si apre una bocca di lupo (dimensione finestra circa 1m x0,6m e dimensione grata orizzontale superiore circa 1,5×1,2 m) che, originariamente, il costruttore aveva realizzato forse pensando di costruire un garage più ampio da assegnare ad un solo proprietario, ma che dal momento in cui il seminterrato è stato suddiviso in due parti (garage del vicino e rustico mio) non svolge più la sua funzione di provvedere aria e luce visto che il corridoio è aperto (apertura circa 3mx2,75m e profonditàandrone comune circa 2 m).
Ore tale bocca di lupo ha la grata superiore sul mio giardino ed avrei la necessitàdi chiuderla per utilizzare il “piano casa” anche solo con vetro calpestabile lasciando una grata di ventilazione, se fosse necessario, verticale (1,5x 0,2m) al posto di quella attualmente in essere orizzontale(1,5×1,2m).
Dal momento che, ripeto tale bocca di lupo, non ha più la funzione di fornire luce ed aria (visto che l’aperura sull’androne è molto più ampia) posso procedere anche senza il consenso del vicino che ha ritrosie a dare il consenso temendo imprecisate conseguenze legali?
Grazie
Cordiali saluti
Vincenzo
Egr. Sig. salvatore
credo di poter affermare positivamente al Suo quesito, nel senso di una nuova veduta, ma per dare una certezza, gradirei avere contezza dello stato dei luoghi nonchè leggere il regolamento condominiale.
Le ho inviato una e-amil all’indirizzo utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per la fiducia riposta.
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Cordiali saluti.
Gent.le Sig.ra Paola
gradirei avre contezza dei titoli e dello stato dei luoghi (anche attraverso un reportage fotografico) prima di darle un consiglio opportuno.
Le ho inviato una e-amil all’indirizzo utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per la fiducia riposta.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornata.
Cordiali saluti.
Egregio Avvocato D’Isa, chi mi assicura che le luci aperte nel cortile condominiale dal vicino che ha il suo muro sopraelevato al mio sottostante e aderente non sia una veduta che possa quindi limitare la mia privacy? Avendo questi oltretutto iniziato i lavori senza che abbia dato alcun avviso al condominio, entrando abusivamente nella nostra proprietà, cui faccio parte?
La ringrazio.
Salvatore Il Grande
Gentile avvocato
stiamo acquistando un piccolo fabbricato fatiscente che confina con noi e che si affaccia su un piccolo giardino accatastato con un mappale a sè stante ,ma che viene indicato in atto come area pertinenziale del fabbricato in vendita. Chi vende vuole cedere solo il fabbricato e tenere il piccolo terreno. Noi saremmo interessati all’acquisto, ma ho due dubbi da sottoporle : le 3 finestre del fabbricato in vendita ( tre piani) affacciano sul giardinetto ,chi si trova nel giardinetto a piano terra ci guarderebbe dentro casa. Posso chiedere un’ area di rispetto della privacy? Posso inoltre appellarmi al fatto che si tratta di un’area pertinenziale per ottenere di avere almeno una parte del giardinetto? Il tutto é complicato dal fatto che chi vende possiede solo un ventesimo di proprietà. Stiamo parlando di vecchi edifici di un paesino dove sono deceduti tutti gli eredi e le cessioni possono farsi solo cosÃÂÂ. Mi scusi la complessitàdel quesito ma data la sua competenza mi sono permessa di esporle il caso sperando di essere stata chiara.
La ringrazio molto per la sua cortesia. Paola
Gent.le Sig.ra Luna
Le significo che sarebbe un’azione difficile ma non impossibile la dimostrazione della turbativa.
La risposta è positiva.
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Cordiali saluti.
Egr. Sig. Giuseppe,
l’autorizzazione è necessaria vertendo la questione su diritti reali in particolar modo sulla chiusura di una finestra.
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La ringrazio per la fiducia riposta.
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Cordiali saluti.
Gent.le Sig. Bruno,
il mio è un taglio sistematico giurisprudenziale e dottrinario sulle norme del codice civile, ho evitato di perdermi nei meandri della legislatura.
Gent.le Sig.ra Eleonora,
prima di darle un giusto consiglio avrei la necxessitàdi vedere lo stato dei luoghi, nonchè il provvedimento di concessione.
Potrebbe spostare la Sua finestra??
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Cordiali saluti.
Gentile avvocato,
abito in un piccolo contesto condominiale (3 appartamenti al piano terra 3 al primo piano).
Il mio appartamento si trova al primo piano. In cucina oltre ad avere portafinestra che accedo al mio giardino ho anche una “bocca di lupo” di proprietàla quale ha una griglia di protezione che sbuca sul giardino sopra del mio vicino. Penso di non avere di veduta, infatti se dal mio appartamento apro la finestra della bocca di lupo vedo il muro e se mi affaccio e guardo in alto vedo la griglia di protezione.
Chiedo però se ho dei diritti di luce in quanto il mio vicino di sopra mette regolarmente delle sedie sopra la bocca di lupo ed inoltre ha ralizzato un gazebo in legno con copertura “non fissa ma fatta di canne di bamboo, come ombregginte) che però non fa passare la luce dalla bocca di lupo.
Al di làdella copertura, chiedo se possibile avere il diritto di far rimuovere le sedie (che per dispetto) mette regolarmente sull’inferriata che funge da chiusura alla mia bocca di lupo.
Grazie in anticipo per la risposta, è urgente. Luna
Gentile avvocato, le vorrei porre un quesito in merito alla chiusura con finestra in allumino di un’apertura sulla rampa di scale condominiale al fine di evitare l’infiltrazione della pioggia.
Le rappresento che il mio vicino di pianerottolo è d’accordo e vuole partecipare alla spesa. Dobbiamo preventivamente richiedere l’autorizzazione all’ Assemblea o possiamo procedere autonomamente?
Gentile Avvocato,
perché nel suo articolo non cita nemmeno la norma “regina” per le regole fra costruzioni e pareti finestrate, e cioè il D.M. 1444/68? (che impone inderogabilmente 10 m di distanza fra loro).
Bruno
Spett.le Avv. D’Isa,
ho letto con interesse il suo articolo, che trovo molto chiaro anche per noi “comuni mortali” che non conosciamo la materia.
Le porgo il mio problema a cui non ho comunque trovato risposta.
Possiedo un appartamento con una finestra/veduta su un cortile di altra proprietà.
Tale appartamento è stato costruito negli anni ’60, così come è attualmente.
Sto ora ristrutturando l’appartamento, e la finestra/veduta che era a servizio del locale bagno, ora saràa servizio della camera da letto, il tutto approvato dal comune con regolare pratica ediliza.
Dovendo però rispettare le norme igienico-sanitarie previste dai regolamenti, ho la necessitàdi allargare la finestra/veduta.
Nel suo articolo ho letto che tale operazione è una “modifica che apporta un aggravio di servitù”.
Ora, la proprietàdel fondo su cui ho la veduta, si oppone a tale allargamento.
Ha diritto di farlo?
Grazie mille
Eleonora
Gent.le Sig.ra Sara
i vicini con il loro comportamento stanno limitando il Suo diritto di servitù, tendenzialmente potrebbe esperire un’azione possessoria in loro danno.
Ma dovrebbe dimostrare che i vicini possano parcheggiare in altra zona, lamentare che tale limitazione non è sporadica ma continua, etc etc.
Le ho inviato una e-amil all’indirizzo utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per la fiducia riposta.
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Cordiali saluti.
Buonasera avvocato, volevo porle una domanda.
La mia abitazione, posta al piano rialzato, ha una finestra e una luce (rasente al suolo in quanto appartenente alla taverna), praticamente una sotto l’altra, che si affacciano nel cortile di proprietàdegli inquilini del piano superiore. I nuovi proprietari parcheggiano l’auto proprio davanti a questa luce, nonchè davanti alla finestra della mia camera (ad una distanza da esse di meno di un metro); il risultato è che dalla taverna, ormai oscurata, vedo le ruote dell’auto, mentre se mi affaccio alla finestra, la capotta.
Quello che mi chiedo è se è in loro diritto di parcheggiare o se posso chiedere che spostino l’auto.
Un’altro quesito, visto che hanno acquistato un cane, potranno farlo scorazzare liberamente davanti alle mie finestre? E se il cane dovesse far pipì contro la mia luce (che tra l’altro si apre verso l’interno con una ribalta)?
Purtroppo non sono riuscita a trovare in rete se esiste o meno una distanza da rispettare o qual’è il regolamento in merito.
Ringraziandola anticipatamente per l’attenzione, le porgo cordiali saluti
Distinto avv. Renato D’ISA,
mi presento: sono Carmelo Strano impiegato presso la pubblica Amministrazione e più precisamente esercitò la mia attivitàtecnica presso l’ufficio Urbanistica del Comune di Acireale. Mi occupo di condono edilizio.
Ieri pomeriggio ho conferito con Lei telefonicamente.
Innanzi tutto, per come le ho giàanticipato ieri, mi piace manifestarLe i miei sinceri apprezzamenti per la disponibilitàdimostrata sia nel sito con i quesiti che Le pongono i lettori che con me al telefono.
Il mio quesito che Le pongo è il seguente:
Con riferimento all’art. 901 C.C., e ad una finestra luce, realizzata in un piano terra rialzato, ai fini dell’individuazione dell’esatta altezza da terra della parte inferiore della finestra luce (soglia), detto piano terra rialzato, è configurabile e/o riconducibile:
1. ad un piano terra (quindi la finestra in parola dovrebbe essere montata a mt. 2.50 da terra) ? ? ;
2. ad un piano superiore a quello di piano terra ( quindi la finestra in parola dovrebbe essere montata a mt. 2.00 da terra) ? ? ;
Ho trovato una sentenza della Corte suprema di Cassazione ( Cass. Civile sez. II – 21/07/2005 n° 15292), che, a mio parere, pare propenda per la prima ipotesi.
“…Orbene, la lettera della legge non consente una interpretazione del tipo di quella prospettata e fatta propria dalle citate decisioni, perchè la riduzione dell’altezza a metri due è limitata dalla disposizione in esame all’ipotesi di luce aperta in locali situati a piani superiori al primo. La Ratio della legge è quella di consentire una diminuzione di 50 centimetri nell’ipotesi in cui il locale sia giàdi per se ad un livello di altezza superiore, pari ad un intero piano abitativo, altezza che ha comunque un ristretto margine di variabilitàe che non è solitamente inferiore ai tre metri . Se la ratio in questione rimane salva anche nell’ipotesi in cui la diversa altezza dei due fondi non sia determinata dal livello di piano abitativo, ma da una situazione dei luoghi per cui vi sia un dislivello ( naturale o artificiale) comunque pari ad un piano abitativo, non può dirsi al contrario che possa fondarsi sulla individuata ratio legis un metodo di graduazione dell’altezza del lato inferiore della luce che tenga conto di qualsiasi dislivello, ancorchè minimo, naturale o artificiale che sia…â€ÂÂ
Distinto avvocato, non esiti a scrivermi e/o telefonarmi per ulteriori notizie.
Attendo il Suo prezioso parere.
Questa occasione mi è gradita per inviarLe ossequiosi e cordiali saluti
Carmelo Strano
carmelo.strano@tiscali.it
mobile 3477978555
Egr. Sig. Daniele
prima di darle un giusto consiglio c’è da capire:
1)a che distanza è posta,
2)cosa prevede lo strumento urbanistico vigente.
Le ho inviato una e-amil all’indirizzo utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per la fiducia riposta.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornato.
Cordiali saluti.
Egr. Sig. Emanuale,
mi perdoni ma non ho inteso bene il tenore del Suo quesito. In merito alla distanza bisogna capire cosa prevde lo strumento urbanistico.
Le ho inviato una e-amil all’indirizzo utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per la fiducia riposta.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornato.
Cordiali saluti.
Gentile Avvocato
Mi complimento anzitutto per l’esaustivo commento che gentilmente ha pubblicato in rete e ne approfitto per chiederle un suggerimento in proposito:
al secondo piano del mio edificio appena ristrutturato ho aperto una finestra lucifera (senza affaccio quindi) che ha l’appiombo e la vista sinistra sulla piazza.
la vista destra scorge, invece sull’ingresso comune a me ed al mio vicino e soprattutto sulla cucina di quest’ultimo che è al piano primo.
il vicino chiede sia messa una grata ed una finestra fissa (cioè non apribile) ed opaca in modo tale che non possa scorgere la sua cucina.
io mi priverei in questo modo, oltre che del’aria anche della vista frontale e sinistra su una splendida piazza e ciò solo perche la vista sinistra ed in basso ricade sulla cucina del vicino.
inoltre la finestra lucifera poichè è posizionata su un sottotetto non alto è costruita a meno di due metri dal pavimento della camera
Le chiedo in base a questa descrizione sintetica cosa potrebbe pretendere il mio vicino e quali conseguenze potrei avere se decidessi di non costruire la grata ed il vetro opaco.
grazie anticipatamente
Egr. Avvocato,
è possibile aprire nuove aperture al piano terra su parete (piano terra con una luce, piano primo e secondo con vedute) che dista dalla strada meno di 5m?
Inoltre la presenza ai piani superiori di vedute rende la parete finestrata nella sua totalità, o dipende dai piani? Non riesco a trovare informazioni precise su questo argomento.
Attendendo le Sue preziose indicazioni,
La ringrazio per il tempo dedicatomi.
Cordiali saluti
Gentile Avvocato,
la ringrazio pubblicamente per la sua gentilezza e il suo lavoro.
Cordiali saluti
Gent.le Sig.ra Patrizia,
quel salvo diritti dei terzi determina appunto l’estraneitàdel Comune in merito ad eventuali conflitti di “vicinato”, ovvero qualora l’opera rispetti gli strumenti urbanistici ed, invece, laddove dovessero verificarsi problematiche riguardanti i rapporti tra i privati, saràonere del cittadino leso eventualmente agire per ripristinare lo status quo ante.
Nel Suo caso credo che ci siano tutti i presupposti per poter agire.
Le ho inviato una e-amil all’indirizzo utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per la fiducia riposta.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornata.
Cordiali saluti.
Gentile Avvocato,
il suo saggio per me è stato illuminante e la ringrazio sentitamente. Abito in una zona di palazzine dei primi ‘900 a Milano. Palazzine a schiera terra cielo con un giardinetto sul retro. Proprio sul retro della mia palazzina al 1° piano ho una balconata a “c” che guarda
frontalmente sul mio giardino a destra e a sinistra su gli altri giardini. Il parapetto è fatto da
colonnine sia a destra che sul fronte mentre a sinistra( forse dalla costruzione ) c’è un muretto di circa 150 cm. Ora, proprio su questo lato i vicini, ampliando la loro villetta e avanzando circa 170 cm. attaccato a quel muretto hanno costruito un muro terra cielo che mi impedisce la vista laterale sia dalla balconata del 1° piano sia dalla finestra del 2° piano. ( circa 170 cm dal muro) Mi pare che detto nuovo avanzamento contrasti con l’articolo 907. Mentre il muro “saliva” noi abbiamo chiesto anche ad un architetto di verificare l’idoneità, peccato che ci ha fatto sapere che il progetto presentato in comune era conforme a quanto edificato. Peccato io non sapessi che il comune ormai approva “salvo diritti di terzi” E’ possibile che un privato cittadino sia obbligato a spulciare il web o rivolgersi a un avvocato per sapere se è una cosa è lecita o meno? la domanda principale che le rivolgo è questa: è normale che il comune di Milano a cui evidentemente sono state presentate tutte le carte, planimetrie del caso, dia il permesso a un progetto del genere??? Cioè qui non c’erano degli accordi, ma terrazzo, finestre e forse anche confine ben visibili! Il muro ha cominciato a essere edificato a settembre ( senza alcun avviso dei vicini) quindi mi sembra di capire che siamo ancora in tempo per adire le vie legali, ma si può far qualcosa anche contro il comune che non tutele le evidenze?? La ringrazio e mi scuso se mi sono dilungata
Egregio Avvocato
Sono proprietario di un appartamento con due finestre di solo luce ed aria per l’ingresso ed una cameretta che danno sulla balconata del vicino. Sono li dall’origine. Poco fa il vicino ha chiuso la balconata con una vetrata e per giunta ha anche installato un tendaggio scuro, quindi mi ha tolto luce ed aria agli ambienti. Ho potuto constatare che tale chiusura è stata praticata per realizzare una cucina all’interno dell’ex balconata. Ho denunciato tale increscioso problema al nucleo di polizia municipale antiabusivismo per due motivi: Le opere sono state realizzate certamente senza titolo abilitativo ed oltre a creare un ampliamento di volume dell’appartamento si presifigge anche un cambio di destinazione d’uso senza titolo.
La chiusura del balcone con la vetrata è stata realizzata prima che io vi abitassi e probabilmente è stata oggetto di richiesta di condono, Noi sappiamo benissimo che una eventuale soluzione positiva della richiesta di condono è sempre salvo dirritti di terzi. Mi conviene far presente alla commissione edilizia comunale che tale autorizzazione e condono arrecano danni al sottoscritto? In modo tale che quando la pratica di condono saràesaminata non potranno non tener presente che l’installazione della vetrata non ha tenuto presente il diritto del confinante.
grazie per l’eventuale risposta.
ciro
Gent.le Sig.ra Francesca,
in realtàdalla Sua descrizione si determinerebbe in danno del vicino un aggravio di servitù.
Anche se con lo spostamento di un’aventuale balaustra – che permetta l’affaccio – a distanza legale, la veduta non potrebbe essere esrcitata, l’unica problematica resterebbe la diminuzione di luce.
Le ho inviato una e-amil all’indirizzo utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per la fiducia riposta.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornata.
Egr. Avvocato,
Le sarei grata se potesse esprimere un suo parere su quanto mi capita: abito in una villetta a schiera “di testa” posta sull’angolo di due civiche vie, e il cui giardino posto sul retro è sopraelevato rispetto al piano stradale di m 1,80, così come i giardini delle altre villette, tutti adiacenti e separati da rete metallica alta m 1,20. Ho deciso di costruire, in luogo del giardino, una autorimessa in aderenza al muro di confine con la villetta vicina, questa autorimessa avràaltezza esterna non superiore a m 2,40 rispetto alla strada, come prescrivono i regolamenti comunali. Il tetto dell’autorimessa sarebbe pavimentato in moda da essere praticabile come terrazza. La recinzione in confine sarebbe alla fine dei lavori ripristinata tal quale ma sopraelevata da un muretto di cm 60, quindi rispetto al piano di calpestio del giardino del vicino avrebbe un’altezza complessiva di m 1,80 anzichè dei precedenti 1,20. Ho chiesto con il mio geometra il Permesso di Costruire, la risposta del comune è favorevole, ma condizionata e subordinata alle osservazioni del vicino di casa. Egli infatti sostiene che costtituirò un affaccio diretto sul suo fondo e che devo rinunciare all’opera. Leggendo la sua esauriente trattazione mi pare di capire che se non posso agevolmente sporgermi oltre che vedere non si costituisce una veduta, ma soprattutto, le villette a schiera per loro natura di costruzione hanno i giardini adiacenti e separati da recinzione metallica attraverso cui si può vedere. Cosa ne pensa? La ringrazio anticipatamente per l’attenzione che vorràprestarmi. Francesca R.
Egr. sig. Luca
il suo è un caso particolare, tendenzialemnte il vicino lamenta un giusto diritto, perchè tale apertura andrebbe a creare un aggravio di servitù.
Ciò non toglie che Lei, comunque, potrebbe aprire una luce qualora ci siano i presupposti e non una finestra che possa creare un affaccio.
Ma dovrei studiarmi meglio la questione per darle un giusto consiglio.
Le ho inviato una e-amil all’indirizzo utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per la fiducia riposta.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornato.
Egregio Avvocato,
da 1 anno ho acquistato un fondo per cui ho ottenuto i permessi dal comune e dalla soprintendenza per i beni culturali, per lavori di ristrutturazione e per la riapertura di una finestra, “salvo terzi”… Il problema è proprio questo, e cioè la finestra da riaprire si affaccerebbe su un cortile chiuso e privato, il cui propietario si è giàespresso contrario alla riapertura.
A mio favore, spero giochino i 3 punti che Le elenco di seguito:
1 – la finestra da riaprire era anticamente esistente, ne esiste l’impronta, anche se è stata chiusa più di 20 anni fa
2- Nel cortile in questione, io ho una servitù di passaggio che è l’unica possibilitàdi accesso a un mio fondo di proprietà.
3 nel cortile io ho già6 finestre che vi si affacciano, e il vicino in tale fondo e cortile di sua propietànon ha l’abitazione ma semplicemente una legnaia e un piccolo cortile a cielo aperto in cui si affacciano moltissime finestre di varie proprietà.
Nel fondo servente del vicino il mio fondo è quello dominante, inoltre io ho giàla possibilitàdi affaccio in tale cortile, quindi il vicino a cosa può appellarsi? al diritto di privacy? ma nei miei confronti non potràmai esigerla.
Attendo Sue preziose indicazioni, specie per sapere se secondo lei ci sono gli estremi per aprire tale finestra.
Per adesso la ringrazio e Le auguro buon lavoro.
3
Buon giorno,
vorrei esporle il mio caso, e sapere se può aiutarmi. Ho acquistato da 1 anno un immobile, ho appena ottenuto i permessi sia dal comune che dalla soprindendenza per i beni culturali per la riapertura di una finestra, e per i lavori di ristrutturazione. La finestra da riaprire si affaccia su un cortile privato , il cui proprietario si è giàespresso dicendo che non vuole farmela riaprire.
Ci sono però 3 punti importanti che forse possono aiutarmi a farla riaprire: la finestra da riaprire era esistente, anche se è chiusa da più di 20 anni; Nel cortile privato in questione io ho una servitù di passo, (da sempre) avendo un fondo dal quale si accede solo dal cortile privato di questo signore.
Inoltre nel suddetto cortile io ho già6 finestre che ci si affacciano, quindi non capisco perchè il sig. può vietarmi di aprire un ulteriore finestra, a cosa può appellarsi? a una questione di privacy, quando io posso affacciarmi nel suo cortile tutte le volte che voglio? e non solo , posso passarci tutte le volte che voglio, avendo una servitù di passo.
Spero che possa iutarmi a risolvere questo caso, mi troverei un immobile con una scarsissima luce e assenza di visuale. La ringrazio anticipatamente
Luca U.
Egregio Avvocato,
mi ha incuriosito la questione delle vedute per il quesito posto da un architetto sul newsgroup dei geometri: http://tinyurl.com/76xkksb.
Ho trovato il suo saggio ed è molto interessante, ma mi resta il dubbio.
Il quesito in sostanza è: un parco pubblico (di proprietàdel Comune) è considerabile fondo del vicino così come inteso dal Codice Civile?
Un proprietario di immobile a confine di questo parco pubblico, che desidera aprire delle vedute sul parco è soggetto a pagare un indennizzo come richiesto dallo stesso comune?
Ho trovato questa delibera di un consiglio comunale in rete http://tinyurl.com/827lgjj che avvalorerebbe questa ipotesi.
Per evitare l’indennizzo richiesto al comune è possibile creare una finestra (veduta) arretrata dal filo della facciata di 1,50 metri (tipo una bow window al contrario)?
CordialitÃÂÂ
GeoNick
Egr. Sig. Francesco,
mi perdoni ma non ho inteso bene il Suo quesito quindi gradirei dei chiarimenti (per corrispondenza privata); ma riguardo alla sopraelevazione credo che Lei possa agire per il ripristino se lede il Suo diritto di veduta acquisito negli ultimi 30 anni.
Le ho inviato una e-amil all’indirizzo utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per la fiducia riposta.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornato.
Egr. Sig. Massimo
in merito al Suo quesito prima di darle un giusto consiglio gradirei avere contezza dei luoghi anche attreverso un reportage fotografico, per quanto riguarda l’apertura di una porta-finestra su area codominiale di certo avràbisogno dell’autorizzazione condominiale, mentre per gli altri quesiti, mi perdoni, ma non ho inteso bene il senso delle richieste, ovvero non riesco a capire per quale ragione dovrebbe “ascoltare” il suo vicino e cosa intende per “detrarre”; qualora ritenga opportuno, può contattarmi i giorni dispari dalle 16,oo in poi allo 0818774842.
Le ho inviato una e-amil all’indirizzo utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per la fiducia riposta.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornato.
Egr. Avvocato,volevo sapere se è possibile abbattere il muro al termine di una strada chiusa( è stata chiusa per 30 anni e resteràchiusa perchè l ultimo edificio saràora un condominio che avràun cancello d ingresso privato) e costruire in aderenza al mio appartamento che ho da 30 anni ed era l ultimo edificio al termine della suddetta strada questo edificio che mi ha tolto la veduta laterale verso il fondo su cui ora si costruisce, visto che il condomino supera di 5 metri il mio lastrico solare dal quale mi son sempre affacciato per 30 anni. Cosa posso fare per non subire questi soprusi? La ringrazio anticipatamente e resto in attesa di una sua risposta Francesco
Gentile Avv. D’Isa, sono proprietario di un piccolo appartamento la cui unica finestra affaccia su un loggiato non di mia proprietà, aperto a livello strada sul giardino condominiale; questo loggiato è chiuso alla mia sinistra dal muro di un appartamento su cui esistono due finestre delle quali la più vicina a me dista circa 130 cm ed è posta a 90 gradi rispetto alla mia. Ho intenzione di acquistare questa parte di loggiato prospiciente alla mia finestra che è individuato dalla pianta catastale e appartiene a una societàesterna al condominio, allo scopo di aprire una porta finestra che mi consenta il passaggio verso il giardino. Le domande sono: 1) l’acquisto deve riguardare tutto lo spazio accatastato o devo detrarre la parte di rispetto dell’appartamento attiguo? 2) Potrò, dopo esserne entrato in possesso aprire la porta finestra sul loggiato? 3) Per l’acquisto devo previamente consultare il vicino o posso procedere da solo? 4) Il condominio deve pronunciarsi in merito?
Spero di essere stato chiaro e resto in attesa di una sua cortese risposta.
Massimo Gentile
buongiorno volevo sapere se i muri di cinta sono presi in cosiderazioni a riguardi dell’articolo 907
Egr. Sig. Santo,
in merito al Suo quesito, preliminarmente Le significo che secondo la S.C. (Cass. civ., Sez. II, 23/03/2004, n. 5764) il termine «costruire» (o «fabbricare») adoperato dall’articolo 907 del c.c. – in tema di distanza delle costruzioni dalle vedute – non riguarda esclusivamente i manufatti in calce e mattoni (o cemento), cioè le opere che hanno le caratteristiche di un edificio o. comunque, di una fabbrica in muratura, ma comprende ogni opera avente il carattere della stabilitàe una certa consistenza, indipendentemente dalla natura del materiale con cui è stata realizzata, dalla forma e dalla destinazione di essa. (Nella specie, in cui il giudice del merito aveva ritenuto che il manufatto di cui si doleva l’attore «non ostacola in alcun modo gli esercizi di luce, vedute e prospetti sia diretti che obliqui dell’appartamento sovrastante dell’attore», la Suprema Corte, in applicazione del principio esposto sopra, ha ritenuto carente e insufficiente la motivazione della sentenza gravata perché non spiegava per quali ragioni la tettoia non fosse di ostacolo alla veduta, specie considerato che con il gravame si era sostenuto che la tettoia stessa, realizzata con materiale plastico, compatto, consistente, ancorché di spessore sottilissimo e di colore bianco trasparente, ma destinato per la sua funzione a permanere in loco e a diventare opaco, costituiva un manufatto idoneo a incidere negativamente sull’esercizio della veduta).
Pertanto, prima di darle una giusta ed opportuna risposta dovrei vedere il manufatto e leggere, quantomeno, l’atto di citazione.
Le ho inviato una e-amil all’indirizzo utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per la fiducia riposta.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornato.
Egr. Avv. Renato D’Isa, buongiorno! Innanzitutto voglio complimentarmi per il suo sito. Ho letto attentamente tutte le domande e le risposte da Lei date su questa pagina ma non ho trovato una risposta al mio problema.
Circa quattro anni fa ho comprato due bivani al piano terra di uno stabile di cinque piani con un cortile interno di mia esclusiva proprietàladdove gli altri condomini hanno soltanto il diritto di sciorinare i panni. Durante la ristrutturazione ho potuto accertare che dai piani soprastanti cadevano oggetti di ogni genere anche contundenti. Su suggerimento del mio geometra e per salvaguardare l’incolumitàdei miei figli che vi risiedono ho fatto installare una pensilinea in bolicarbonato posta a circa 15 centimetri sotto il balcone dell’appartamento soprastante. La predetta pensilinea in policarbonato, installata sulla facciata, ha sporgenza pari a circa 60 cm rispetto alla larghezza dal balcone soprastante. Per la realizzare la pensilinea de qua ho presentato il relativo progetto, pagando gli oneri al comune. Il proprietario dell’appartamento posto al primo piano, tramite il suo legale, mi ha citato innanzi il tribunale chiedendo a quest’ultimo la mia condanna alla rimozione della tettoia in quanto lesiva dei diritti di veduta frontali, laterali ed obliqui. Potrei vincere la causa incardinata? La ringrazio anticipatamente per il consiglio che mi daràe progo cordiali saluti. a.santo22@virgilio.it
Egr. Sig. Valerio,
allo stato della Sua esposizione credo che, se nell’arco del ventennio non ci sia stato un atto interruttivo da parte del condominio prospiciente, Lei ha usucapito la minor distanza, ed il Comune ben poco può fare.
Comunque, come giàampiamente scritto nei precednenti post, al fine di non creare incomprensioni, gradirei leggere i titoli di proprietàe la comunicazione dle Comune nonchè avere contezza dei luoghi.
Le ho inviato una e-amil all’indirizzo utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per la fiducia riposta.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornato.
Egr. Sig. Mauro,
dalla Sua descrizione mi sembra di capire che è in corso un giudizio, pertanto, capiràche per deontologia professionale e per rispetto del lavoro del Collega, che sta portando avanti la causa, non posso lasciarle un parere, anche perchè avrei la necessitàdi leggere le carte processuali.
Le ho inviato una e-amil all’indirizzo utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per la fiducia riposta.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornato.
Egr. Sig. Alan Bononcini,
prima di darle un giusto parere dovrei avere visione dei luoghi anche attravrso un reportage fotografico e contezza dei titoli. Inoltre dovrei porle ulteiori e consequenziali domande, pertanto resto in attesa di un Suo gentile riscontro sulla mia e-mail r.disa@studiodisa.it o allo 0818774842 (i giorni dispari dalle 16 e 30 in poi).
Credo che le sia possibile aprire tale porta, ma determinerebbe una nuova servitù in danno di tale corte comune.
Le ho inviato una e-amil all’indirizzo utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per la fiducia riposta.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornato.
Egr. Sig. Antonio,
avrei bisogno di maggiori informazioni, quindi qualora le sia possibile, mi contatti al mio indirizzo e-mail r.disa@studiodisa.it o allo studio al numero 0818774842.
Le ho inviato una e-amil all’indirizzo utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per la fiducia riposta.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornato.
Gent.mo Avv. Renato D’Isa,
vorrei chiedere il suo parere sulla situazione creatasi in seguito ad un lavoro di ordinaria manutenzione di un terrazzo. In un fabbricato costruito antecedentemente al 1967 (con successiva sanatoria di una parte non oggetto del contendere datata 1988) esiste un terrazzo che dista dal confine 1m (esterno parapetto-rete di delimitazione). Nel terreno di fronte è stato fabbricato negli anni ’90 un condominio. Fino ad oggi non era emersa nessuna “grana”. Durante i lavori di rifacimento del terrazzo (pavimentazione e sostituzione del parapetto da balaustra classica in ferro a muretto continuo, mantenendone inalterate sagome ed altezze), regolarmente comunicati in comune tramite pratica di attivitàlibera, una segnalazione “anonima” ha fatto uscire un tecnico comunale per un sopralluogo. Risultato: terminati i lavori, il comune scrive al proprietario dicendo che in base all’art. 905 del C.C. deve essere rispettata dal confine di 1,5m e pertanto “al fine di evitare l’apertura di una veduta diretta dovranno essere posizionati lungo il lato est della terrazza degli elementi fissi ed inamovibili a 1,5m dal confine della proprietà“, evidenziando questo con un elaborato grafico da fornire al comune stesso.
Vorrei sapere secondo lei se si può: considerare che sia stata ottenuta una servitù di veduta con minor distanza per usocapione e che le modifiche apportate ricadano nelle modifiche non comportanti aggravio di servitù, se il comune è titolato a chiedere quanto ha fatto e come si comporterebbe in questa situazione.
La ringrazio in anticipo per l’attenzione
Cordiali saluti
Egr. avv. Renato D’isa, desidero innansitutto manifestare il mio appezzamento per le note esplicative in oggetto.
Il mio problema che desidero porle è il seguente:
Nel contesto di un recidence di 125 unitàabitative di circa 50 mq cad. divise in 10 ville il mio vicino mi ha citato per aver modificato recentemente l’infisso di finestra a quota 1 m, composto inizialmente da un sopralzo a vasistas ed un vetro fisso sostituendo a detto vetro due antine.
Detta finestra si affaccia in una passerella ad uso esclusivo di detto vicino che permette l’accesso alla sua porta e su cui si affaccia anche la sua cucina.
Il vicino sollevava la questione 4 mesi prima dei 20 anni dal trasferimento di proprietà, in effetti l’immobile mi è stato consegnato e ne disponevo giàda 18 mesi prima del trasferimento.
Negli elaborati del progetto delle ville del resicence depositato all’edilizia privata la finestra in oggetto veniva disegnata normalmente con due linee parallele e non veniva riportata alcuna limitazione come ad esempio tipo vasistas o vetro fisso.
Pertanto ritengo che la scelta di installare le due antine in luogo del vetro fisso fu dettata, prima che entrassi in possesso dell’immobile, dal fatto che si tratta di una finestra di una normale stanza mentre in altre unitàabitative le analoghe finestre ad uso dei WC avevano il vetro fisso e la vasistas sopra.
Premesso che da oltre venti anni dispongo della finestra con due battenti e che invece un testimone del vicino ha deposto dicendo di aver visto in passato detta finestra con in vetro fisso, mentre due miei testimoni ha uno riferito che disponevo dell’immbobile da oltre 20 anni e ricordavano l’esistenza della finestra anche con l’aiuto di una foto dove venivano ritratti davanti della finestra all’epoca.
Le chiedo gentilmente se ho delle possibilitàper far valere il mio diritto di non aver trasformata la finestra a due battenti un una con vetro fisso e vasistas che non potrebbe garantire il giusto ricambio d’aria?
La ringrazio in anticipo
mauro@sicase.it
Buongiorno Avvocato,
vorrei acquistare un fabbricato che confina direttamente con una corte comune allo stesso fabbricato e ad un altro fabbricato limitrofo. E’ possibile aprire una porta su un muro attualmente confinante con tale corte comune?
La ringrazio in anticipo.
Alan
buogiorno avocato mi sono comprato una casa con diriti di servitu e di otto vedutte che si afacciano sul cortile del mio vicinante e lo trasformate a luce e arie con altezza m 170 con vedromatoni il mio vicinante mi chiede di chidere come mi posso opprre la mia email eletrico73@.it se qualche gentile conoscitore della materia puo darmi un suggermento serio molto grado
Egr. Sig. Elio,
tendenzialmente la risposta potrebbe essere si, ma dovrei leggere il regolamento condominiale ed avere contezza dello stato dei luoghi anche a mezzo reportage fotografico.
Le ho inviato una e-amil all’indirizzo utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per la fiducia riposta.
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salve, chiedo un gentilissimo quesito a chi liberamente ritiene di sapere la risposta. Premesso che abito in una casa popolare a piano terra riscattata e di essere proprietario dopo aver vinto una causa del retro del terreno di circa 1500 metri quadrati. Sovrastante la mia abitazione insiste un altro inquilino che non ha nessun diritto sul terreno. Ho richiesto al comune il rilascio di concessione edilizia per costruire una stanza a confine con la mia abitazione dove vi era la porta . Iniziato i lavori e ultimati fino al tetto l’inquilino del piano di sopra mi ha bloccato i lavori esercitando il diritto dell’art. 907 comma 3 c.c . Il vicino si avvale del diritto di veduta appiombo e obbligua . la Stanza da me costruita non occupa nessuna visuale del panorama, è possibbile tutto questo. Come mi posso opporre?? La mia email è vito.rei@libero.it se qualche gentile conoscitore della materia puo’ darmi un suggerimento sarei molto grato.
Buon giorno Avvocato
le sarei grato se volesse rispondermi
In una palazzina di quattro piani, nel vano scala, in corrispondenza del pianerottolo, vi è una luce per piano che permette il passaggio di luce ed aria. Queste luci sono in corrispondenza dei balconi interni. Alcuni condomini hanno fatto installare delle veramde, che pur permettendo il passaggo della luce non permettono il passaggio dell’aria. E’ possibile richiedere di modificare la veranda per poter far passare l’aria? (rispettare i 3 metri frontalmente e lateralmente?)
la ringrazio in anticipo
Elio
Egr. Sig. Antonio Agosto,
credo, dalla Sua descrizione, che l’apertura da Lei effettuata sia rientrante nella previsione dell’art. 901 c.c. n. 3 (avere il lato inferiore a un’altezza non minore di due metri e mezzo dal suolo del fondo vicino, a meno che si tratti di locale che sia in tutto o in parte a livello inferiore al suolo del vicino e la condizione dei luoghi non consenta di osservare l’altezza stessa).
Ma per darle una risposta certa, gradirei che mi inviasse un reportage fotografico.
Le ho inviato una e-amil all’indirizzo utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per la fiducia riposta.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornato.
Egr. Sig. Alessandro,
gradirei che mi contattasse allo studio, perchè ho riletto varie volte la Sua richiesta, ma non ho ben inteso il reale problema.
Le ho inviato una e-amil all’indirizzo utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per la fiducia riposta.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornato.
Gent.mo Avv. Renato D’Isa,
ho letto con attenzione l’intero documento e tutti i commenti degli intervenuti cercando di associare il mio caso ad uno di quelli giàdescritti senza “mi sembra” soluzione.
Se posso, cerco di esprimerle la disputa:
il vicino a suo tempo (intorno al 1960/65) realizzò delle aperture (4 quattro) per il passaggio della luce e aria alla sua abitazione posta al primo piano; dette aperture erano poste a più di 2mt dal lastricato solare di mia proprietàe non permetteva nè la veduta nè l’affaccio in entrambe le proprietà.
Nel tempo tali aperture sono state chiuse con dispositivi del tipo “finstra scorrevole” con vetri comnunque trasparenti; non sono state apportate invece modifiche in termini di dimenzioni e distanze.
Nel 2008 ho realizzato un immobile in aderenza al primo piano, con regolare concessione edilizia, chiudendo completamente 1 “finestra” con il mio manufatto e metàdella seconda “finestra”; la terza “finestra” invece ora dista dal mio lastricato solare appena 20 centimetri ma, considerando il parapetto di protezione, risulta completamente coperta in termini di altezza; la quarta “finestra” è stata chiusa volutamente per via della disputa non ancora portata in giudizio.
Aggiungo che, mentre per il proprietario confinante con cui non sono sorti problemi abbiamo provveduto al pagamento della metàdel muro di confine e conseguente comunione forzosa, con l’altro confinante non abbiamo ancora avuto il modo di divenire comproprietari perchè nel frattempo abbiamo scoperto che l’immobile di cui si tratta è abusivo e solo ultimamente i figli ne hanno chiesto la regolarizzazione al comune; in pratica siamo in attesa della documentazione che attesti la proprietàdell’immobile e soprattuto il proprietario o la persona legittimata a ricevere il denaro della comproprietà.
Detto questo i miei quesiti sono:
delle “finestre” anzidette posso richiedere la chiusura vista la mancanza dei requisiti circa le distanze oppure posso solo richiederne la regolarizzazione?
il fatto che i confinanti stiano regolarizzando la documentazione dell’immobile potrebbe in qualche modo portarli ad avanzare in un prossimo futuro richieste di risarcimento danni per possibili distanze/tolleranze non rispettate?
Nel ringraziarLa anticipatamente per la pazienza e cortesia offerta cordialmente La saluto e Le porgo i miei migliori Auguri.
Stefano
foro di aerazione:
Egregio Avvocato ho letto tutto l’articolo riguardante le luci ma non ho risolto tutti i miei dubbi su un problema che devo assolutamente risolvere:
ho ristrutturato un vecchio fabbricato il cui muro perimetrale insiste sul fondo del mio vicino. La larghezza di tale fondo è di circa 3 metri che in pratica dividono il mio fabbricato dal suo. Avendo necessita di alimentare la presa d’aria del caminetto ho praticato un foro da 10 cm circa nel mio muro ad un’altezza interna di circa 1.80 dal pavimento del piano terra e 3 metri dal piano del terreno del confinante. In tale buco inseriro un tubo provvisto di una rete con maglie da 2- 3 millimetri quindi il buco si ridurra a circa 8 cm. Ho fatto un abuso e quindi devo ripristinare la muratura oppure il codice civile mi permette di fare quello che, speriamo non abusivamente, ho fatto? Trattasi di vecchissima costruzione, ed il muro, incriminato, si trova sul confine tra il mio fabbricato e il fondo non coltivato ma adibito a strada di accesso al fabbricato del vicino.Infine il mio confinante ha impiantato una baracca appoggiandosi al predetto muro con tanto di tetto in “ondulina” e che ha destinato al ricovero di mezzi e materiali vari. Il buco da me praticato trovasi oltre il tetto di tale baracca. Non ho voglia di impiantare liti se necessari chiudero tale mia, se abusiva, costruzione. La ringrazio per la cortese attenzione e nell’augurarLe buone feste e buon anno nuovo Le invio i miei piu cordiali saluti.
Buongiorno avv. Renato D’Isa
rinnovo la richiesta di chiarimento che avevo postato il primo di dicembre, mi sarebbe molto utile un suo parere in merito
Buongiorno e complimenti per l’articolo
Desidero avere dei chiarimenti in merito al comma 3 dell’art. 901 del Codice Civile. dalla sua lettura mi sembra di capire che una deroga al comma 2 sia prevista per le finestre relative a locali seminterrati. In sostanza da ciò che leggo per tali finestre non vige l’obbligo di rispettare l’imposizione per la quale il lato inferiore della finestra sia ad una altezza non inferiore a 2,5 metri dal piano di calpestio del locale. Considerato che, nella situazione a cui mi riferisco, il locale è certamente “in tutto o in parte a livello inferiore al suolo del vicino e la condizione dei luoghi non consente di osservare l’altezza stessaâ€ÂÂ, esiste una distanza minima fra lato inferiore della finestra e piano di calpestio del locale o fra il lato inferiore della finestra e il piano del fondo sui cui si affaccia, oppure per il piano interrato o seminterrato, non vi sono restrizioni?
Grazie per la sua attenzione
A presto.
Alessandro
Egr. Sig. Fabrizio
non per esimermi dalla Sua gentile richiesta ma dovrei leggere il relativo regolamento condominiale e come giàho scritto ad altri utenti gradirei avere anche un rilievo tecnico-fotografico.
La variazione millesimale deve essere “denunciata” al catasto, previa delibera assembleare con la quale verràpredisposta la nuova tabella.
Le ho inviato una e-amil all’indirizzo utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per la fiducia riposta.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornato.
Gent.le Sig. Mario,
se è passato l’anno dalla turabativa, Le resta la possibilitàdi esperire l’actio negatoria servitutis, per quanto rigurda i contenuti, prima di darle un giusto consiglio, dovrei leggere, il regolamento condominiale, lo strumento urbanistico vigente ad avere una visione dei luoghi attraverso un rilievo fotografico.
Mi perdoni per il ritardo, ma capiràche per motivi di lavoro non posso dedicarmi al 100% al mio blog.
Le ho inviato una e-amil all’indirizzo utilizzato e la invito a leggerla.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornato.
ma non risponde nessuno….!
Gent.le Avv. D’Isa
Desidero avere un suo parere.
Possiedo un appartamento al 2 piano in un condominio e da circa 2 anni è stata costruita arbitrariamente una veranda coperta al piano sottostante (primo), in assenzadi delibera assembleare, ed in violazione dello strumento urbanisto-piano regolare del comune che così prevede (“per i distacchi deve essere rispettata la distanza minima assoluta di ml 10 00 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistantiâ€ÂÂ)
Ora, dal il sopralluogo del tecnico e dalla relazione di perizia è emerso, inoltre, che “tale verada è posta alla distanza di 35 cm rispetto all’estradosso del mio balcone”. Quindi a mio parere non viene rispettato il limite di tre metri previsto dall’art. 907 c.c.
Premesso che sono un giovane collega, le chiedo se sia opportuno esercitare un ricorso per manutenzione nel possesso ex art. 1170 a tutela del diritto di veduta per violazione dell’art. 907 c.c. o meglio un actio negatoria servitutis ? ed in questo ultimo caso su quali fondamenti dovrei basare le mie richieste?
Grazie.
Egregio Avvocato,
sono proprietario di un immobile da diversi anni e nel 2006 ho costruito nel balcone della cucina una veranda. Essendo all’ultimo piano di un terrazzo non calpestabile ho costruito una tettoia che non deturpa in nessun modo l’immagine dello stabile condominiale. Tale veranda è stata regolarmente denunciata all’edilizia privata per la corretta sanatoria. Le volevo chiedere visto che ho levato le 2 porte finestre del balcone chiuso su tre lati dalla suddetta veranda con struttura in alluminio esterno, legno interno e vetrate scorrevoli a cosa vado incontro per quanto riguarda eventuali adeguatamenti millesimali e se devo fare denuncia al catastasto. Il condominio può obbligarmi a rimettere le porte finestre anche se oramai non permettono nessun accesso esterno visto la chiusura del balcone con la veranda. Premetto di avere chiuso un balcone di larghezza totale 6 metri e profonditàa partire dalle porte finestre di 1,5 metri.
Egr. Sig. Felice,
le risposte ai suoi tre quesiti sono:
No
Si (per la veduta in appiombo)
Si
Ma gradirei, comunque, avere una corrispondenza privata anche perchè dovrei farle alcune domande.
Le ho inviato una e-amil all’indirizzo utilizzato e la invito a leggerla.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornato.
Egregio Avvocato,
sono proprietario di un appartamento situato al primo piano di un edificio di 4 piani.
L’unica apertura verso l’estero del soggiorno con angolo cottura si affaccia nel cortile interno, direttamente sul tetto del fondo del piano terra (locale utilizzaro attualmente come centro estetico).
Sul suddetto tetto sono presenti due comignoli (probabilmente contenenti amianto) ed un estrattore a suo tempo installato per le esigenze di un vecchio esercizio (ristorante) per il quale era stato affittato il fondo precedentemente. Attualmente l’estrattore non e’ impiegato ed e’ coperto da un manufatto in ferro (tutto ossidato) semplicemente appoggiato sul tetto.
Il mio balcone (poggiolo) e’ ad un altezza tale dal tetto sottostante, da permettermi di scavalcare per periodicamente pulire il tetto da foglie, polvere e sporcizia in genere, in maniera tale da avere una veduta dignitosa (ed igienica) per la mia famiglia e per eventuali ospiti, e consentirmi di stendere la biancheria senza rischiare di sporcare gli indumenti appena lavati. A mio parere il cassonetto arrugginito utilizzato come copertura degli estrattori,
oltre a rappresentare un obbrobrio per la veduta dal balcone, potrebbe essere anche ricoperto di spore o altro, che a contatto con i miei panni stesi, metterebbe a rischio la salute mia e dei mie familiari.
Le mie domande sono:
– ho diritto a scendere sul tetto e pulire o manutenere il filo dei panni ? (servitu ?)
– ho diritto a pretendere che il cassonetto (copertura) venga rimosso / rifatto ? (la distanza
dal mio balcone e’ all’incirca 2,5 metri)
– posso richiedere (o pretendere) un controllo dei manufatti contententi amianto ? (ed in
caso di inadempienza richiederli per conto mio, richiedendo poi il rimborso delle spese ?)
grazie
p.s.: oggi il proprietario del fondo e’ venuto a fare un soprallugo (dopo diverse richieste
verbalizate in assemblea di condomio che intimano di rimuovere copertura arrugginita
e manufatti contenti amianto) e ha affermato che a suo avviso lui no e’ tenuto a fare
niente.
Gent.le Sig.ra Simona
credo che al Suo caso faccia comodo ultima sentenza della Corte d’Appello Partenopea secondo la quale ai fini dell’applicabilitàdell’art. 907 c.c., il quale fa divieto di fabbricare ad una distanza minima di tre metri dalla veduta del vicino, il termine fabbricare deve essere inteso in senso ampio e non riferito, quindi, esclusivamente ai fabbricati in calce o in mattoni e cemento, cioè alle opere che hanno le caratteristiche di un edificio e di una fabbrica in muratura, ma ad ogni opera avente il carattere della stabilitàed una certa consistenza, indipendentemente dalla natura del materiale con cui è stata realizzata, dalla forma e dalla destinazione di essa; tuttavia, poiché ratio del precetto contenuto nell’art. 907 c.c. è quella di assicurare al titolare del diritto di veduta una quantitàsufficiente di aria e luce, consentendogli l’esercizio dell’inspectio e della prospectio nel fondo altrui, ove nella zona, c.d. di rispetto, di metri tre dalla veduta sia eseguito non un fabbricato in senso tecnico, cioè un’opera edilizia in calce e mattoni o in conglomerato cementizio, ma un manufatto diverso (nella specie un gazebo la cui struttura portante era composta da pali in legno non infissi nel terreno e pannelli grigliati, con una copertura in PVC utilizzata solo in occasione delle feste in giardino), per assimilare questo, ai fini del divieto, al fabbricato di cui all’art. 907 c.c., deve accertarsi in concreto se esso ostacoli in via permanente l’esercizio della veduta da parte del proprietario del fondo vicino. (Nella fattispecie in esame la Corte d’Appello, muovendo da tale principio, è pervenuta alla conclusione che il manufatto oggetto del contendere, ossia un gazebo, non costituisse un’opera idonea ad impedire stabilmente l’esercizio del diritto di veduta perché la peculiare conformazione della sua struttura non ostacolava la fruizione di luce ed aria, né l’esercizio dell’inspectio e della prospectio, in quanto non vi erano lati completamente chiusi ed inoltre i teli che ricoprivano la struttura avevano natura provvisoria).
Le ho inviato una e-amil all’indirizzo utilizzato e La invito a leggerla.
La ringrazio per i complimenti e per la fiducia riposta.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornata.
Egr. Avv. D’Isa,
vorrei chiederle un parere: il mio vicino di casa, neo-proprietario, confinante al piano attico, ha spostato molto in avanti sul suo terrazzo un grosso gazebo che, inizialmente situato più indietro, non mi dava alcun fastidio. Essendo però più alto del muretto divisorio e più in avanti rispetto al mio terrazzo impedisce a mio parere il mio “diritto laterale di veduta” del panorama verso le colline e il verde.
Vorrei parlare con il mio vicino ma, nell’esporre la mia richiesta (di spostare nella posizione originale il gazebo) vorrei sapere se sono supportata dal Codice Civile. Anche perchè il tizio non sembra molto disponibile ad ascoltare le esigenze degli altri. E’ arrivato da un paio di mesi e ha giàquerelato il vicino di sotto!!!!!!!!!!!!
Nel ringraziarla per il tempo dedicatomi,
Le invio distinti saluti.
Simona Andreani
mi interesserebbe conoscere la risposta. grazie
Buongiorno e complimenti per l’articolo
Desidero avere dei chiarimenti in merito al comma 3 dell’art. 902 del Codice Civile. dalla sua lettura mi sembra di capire che una deroga al comma 2 sia prevista per le finestre relative a locali seminterrati. In sostanza da ciò che leggo per tali finestre non vige l’obbligo di rispettare l’imposizione per la quale il lato inferiore della finestra sia ad una altezza non inferiore a 2,5 metri dal piano di calpestio del locale. Considerato che, nella situazione a cui mi riferisco, il locale è certamente “in tutto o in parte a livello inferiore al suolo del vicino e la condizione dei luoghi non consente di osservare l’altezza stessa”, esiste una distanza minima fra lato inferiore della finestra e piano di calpestio del locale o fra il lato inferiore della finestra e il piano del fondo sui cui si affaccia, oppure per il piano interrato o seminterrato, non vi sono restizioni?
Grazie per la sua attenzione
A presto.
Alessandro
Egr. Sig. Pasquale
in merito al Suo quesito, ho forti perplessitàriguardo alle richieste avanzate dal Suo vicino.
In base a quale titolo quest’ultimo parcheggia davanti ad una Sua proprietàe richiede una diminutio della sua servitù di veduta ?
Anzi, a mio modesto parere, in forza della Sua descrizione, Lei potrebbe contestare tale azione accusando un aggravio di servitù di veduta.
Inoltre al fine di di renderle un opportuno consiglio avrei la necessitàdi leggere l’atto di donazione e di prendere visione dello stato dei luoghi anche attraverso un reportage fotografico.
Le ho inviato una e-amil all’indirizzo utilizzato e La invito a leggerla.
La ringrazio per i complimenti e per la fiducia riposta.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornato.
Egr. Sig. Pietro Sardisco
prima di darle un giusto “consiglio” dovrei leggere tale scrittura rilasciata da Sua zia in favore del vicino.
Le ho inviato una e-amil all’indirizzo utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per i complimenti e per la fiducia riposta.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornato.
Egregio Avv.D’Isa,
Ho un quesito da porle,
ho un fabbricato (che due anni fa ristrutturato con regolare permesso) che nel mio muro sul confine con altro fondo ha 8 finestre con altezza dal pavimento di circa mt 1,00(quattro al pian terreno e quattro al primo piano+ terrazzo con parapetto )esse sono indicate nell’ atto di donazione come luci e prospetti con l’obbligo di non doverle modificare con inferriate,il vicino mi chiede di modificare le persiane che aprono verso l’esterno nel suo fondo con persiane scorrevoli in aderenza alla parete del mio muro solo al piano terra allo scopo di parcheggiare le sue automobili quasi in aderenza alle mie finestre (considerando che il suo piano di campagna è rialzato rispetto al davanzale delle mie finestre e quando lui parcheggia l’automobile vedo le ruote )le chiedo gentilmente se :
può impormi di modificare le persiane (prima della ristrutturazione c’erano scuretti )e se può parcheggiare l’auto in aderenza precludendomi la visuale .
Consideri che i due fondi in passato erano dello stesso prorietario che in seguito li ha donati ai figli ed in seguito uno dei due(quello del mio vicino) ha venduto il suo con la clausola nello stato di fatto e di dirittoin cui è.
la ringrazio e la saluto cordialmente
Egregio Avv. D’Isa, avrei una domanda da farle, il mio vicino ha ristrutturato una casa che ha una parte a confine con il muro sia mio che dei miei suoceri (è UNA CASA UNICA DI DUE PIANI), lui ha ristrutturato nel 1999, ingenuamente mia suocera nel 2000 gli ha firmato un foglio in cui in cui c’e’ scritto “si permette di aprire finestre anche al di sotto delle distanze minime previste dalla legge”, praticamente lui ha aperto due finestre a filo muro della nostra casa, nella pratica edilizia che aveva presentato erano a 10 cm, in realtàin non ho più la possilitàneanche di ristrutturare perchè sono praticamente incastrate nel muro di nostra proprietà.
Essendo un vicino pazzo ci sono alcune liti, io posso rivalermi e fargli spostare queste finestre anche se la mia suocera, che essendo una persona anziana e ingenua si è fidata firmandogli questo foglio, ovviamente lui se ne è approfittato.
Pratcamente quando lui apre la persiana sbatte sul mio muro provocando anche dei danni all’ imbiancatura.
La ringrazio anticipatamente
Distinti saluti
Pietro
Egregio Avv.D’Isa,
Ho un quesito da porle.
Io ed il mio vicino abbiamo acquistato due proprietàcontigue.
Il giardino del mio vicino è posto su un fondo superiore rispetto al mio ed è presente un muro di contenimento condiviso preesistente al nostro acquisto.
Vorrei sapere se posso mettere una rete metallica verde con addossato un cannicciato sulla mia metàdi muro per avere un poco più di privacy ed eventualmente qual’è l’altezza massima che questa può raggiungere.
Ci tengo a precisare che dal giardino di proprietàdel mio vicino, il muro sporge in altezza di circa 40-60 cm.
La ringrazio molto per la sua cortese attenzione,
Cordialmente,
Enrica
Egr. Sig. Alessandro,
in merito al Suo quesito gradirei prendere visione dello stato dei luoghi e dei titoli abilitativi prima di darle un giusto consiglio.
Le posso, però giàanticipare che secondo la S.C. si ritiene che l’apertura-lucernario con portello apribile verso l’alto, realizzata sul tetto di un immobile a pochi centimetri di distanza dalla terrazza del vicino, è qualificabile come luce e non come veduta.
Per motivi di privacy Le ho inviato una e-amil all’indirizzo utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per i complimenti e per la fiducia riposta.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornato.
Egregio Avv.D’Isa,
Mi congratulo per il trattato da lei scritto , purtroppo rimango con un dubbio in merito ad una situazione in cui mi sto trovando e le spiego.
Recentemente , ho acquistato un locale situato al 1 piano di un basso fabbricato all’interno di un cortile sopra due locali uso magazzino
Sto ristrutturando l’appartamento, e sarebbe mia intenzione aprire un ‘apertura sul soffitto per accedere al lastrico solare per il quale attualmente non esiste alcuna scala di accesso. Esso ha su un lato un muro di divisione con un vicino mentre gli altri tre lati sono circondati da una ringhiera come fosse un terrazzo .
Un lato del i terrazzo, ha una distanza dal balcone (parzialmente verandato ) del vicino che per un breve tratto è inferiore agli 80 centimetri.
Il vicino si oppone all’apertura della botola di accesso al terrazzo/ lastrico lamentando appunto il problema della distanza minima tra il suo balcone che lo priverebbe della sua privacy .
Secondo Lei , è possibile aprire un ‘apertura sul soffitto del mio appartamento per accedere al terrazzo sovrastante sia per provvedere alla manutenzione che per l’utilizzo ?
La ringrazio sentitamente per il suggerimento che mi fornirÃÂÂ
Qual’ora lo ritenesse utile potrei fornirle fotografie
Cordiali saluti
Alessandro
Egregio Avv.D’Isa,
complimenti per l’esposizione chiara ed esaustiva della Sua relazione.
Mi rimane un quesito da rivolgerLe: quando il lucernaio è una finestra a tetto che consente il passaggio di una persona di ridotta corporatura e la distanza rispetto al fondo del vicino non è stata calcolata in sede di CTU, all’esito di quest’ultima, si può insistere nella richeisat di relativa regolarizzazione del suddetto “lucernaio”innanzi al G.I.?
La prego, se può, di rispondermi alla mia mail :avvrepice@libero.it
Grazie infinite sin da ora per la Sua disponibilità.
Con i miei migliori saluti.
Anna Maria
Egr. Sig. Marco Barzaghi,
non credo che ci siano problemi nell’apertura di tale luce se insiste in area condominiale, ma per darle una risposta esaustiva, in questo caso, avrei la necessitàdi vedere lo stato dei luoghi anche attraverso immagini fotografiche, di avere contezza dello strumento urbanistico vigente oltre che del regolamento condominiale.
Per motivi di privacy Le ho inviato una e-amil all’indirizzo utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per i complimenti elargiti e per la fiducia riposta.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornato.
Gentile Avv. D’isa, complimenti innanzitutto per la completezza della sua analisi.
Le vorrei sottoporre il seguente quesito.
Al fine di non trovarmi un bagno cieco ho necessitàdi effettuare un’apertura sulla parete esterna del condominio. Tale apertura non darebbe sulla strada.
Lungo la verticale ove insisterebbe tale apertura non ve ne sono altre, per cui la mia sarebbe l’unica.
Secondo lei che devo fare, posso provvedere ad effettuare l’ apertura di cui sopra? serve l’autorizzazione del condominio? che tipo di apertura potrei realizzare?
La ringrazio anticipatamente.
Gent.le Sig.ra Carla,
non ho ben inteso, Lei parla di aprire una “veduta” che permetta l’affaccio sul fondo del vicino o di semplice luce a questo punto irregolare?
Ebbene una volta che tale veduta o luce sia aperta in base ad una convenzione scritta tra vicini, che consenta la deroga alle distanze fissate dalla legge, si è in presenza di una vedut o lucea, in forza di servitù prediale (jure servitutis).
In tal caso, la servitù di veduta o luce si traduce in un peso gravante sul fondo del vicino, a vantaggio del fondo da cui la veduta è esercitata.
In sostanza derogando ai limiti legali non c’è il bisogno di attenersi alle restrizioni previste e nulla potranno avanzare i futuri ed eventauli vicini in qualnto Lei avràacquisito tale diritto in virtù di una convenzione scritta.
Mentre per quanto riguarda il Suo secondo quesito Le significo che In linea di massima ha stabilito la Suprema Corte che le norme sulle distanze di cui all’art. 873 c.c., sono derogabili mediante convenzione tra privati.
Ma tale convenzione, atto eccezionale, in primis non deve incidere negativamente sui diritti o le facoltàdi terzi estranei alla convenzione richiamata
Invece le norme degli strumenti urbanistici locali che impongono di mantenere le distanze fra fabbricati o di questi dai confini non sono derogabili, perché dirette, più che alla tutela di interessi privati, a quella di interessi generali e pubblici in materia urbanistica e come tali inderogabili, con la conseguente invaliditàdelle convenzioni in contrasto con dette norme, anche tra i proprietari di fondi confinanti che le hanno pattuite.
Infatti secondo la Corte di Piazza Cavour in tema di distanze legali nelle costruzioni, le prescrizioni contenute nei piani regolatori e nei regolamenti edilizi comunali, essendo dettate, contrariamente a quelle del codice civile, a tutela dell’interesse generale a un prefigurato modello urbanistico, non tollerano deroghe convenzionali da parte dei privati; tali deroghe, se concordate, sono invalide, né tale invaliditàpuò venire meno per l’avvenuto rilascio di concessione edilizia, poiché il singolo atto non può consentire la violazione dei principi generali dettati, una volta per tutte, con gli indicati strumenti urbanistici.
Per motivi di privacy Le ho inviato una e-amil all’indirizzo utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per la fiducia riposta e per la lettura dell’articolo.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornata.
Gentile Avv. D’Isa,
grazie per questo spazio. La disturbo per chiederle un chiarimento.
Sto “contrattando” con il mio vicino l’apertura di una finestra. I fondi sono confinanti, con un tratto di muro costruito in aderenza. Vorrei aprire una finestra sul suo cortile (il mio pavimento interno è un metro sopra il livello dell’erbetta del suo prato), e dovremo fare un atto dal notaio in cui si dichiara l’acquisto del diritto di veduta.
Ho intenzione di mettere le grate alle finestre.. e mi chiedo.. quali misure devono essere rispettate perchè l’apertura sia considerata (e quindi non contestabile da nessuno,neanche da nuovi proprietari) in effetti una veduta e non una luce? Mi riferisco alla distanza dal mio e suo pavimento e “misure minime” dell’apertura.
Sopra questa finestra (ipotetica) c’è -al piano primo- la finestra della mia cucina.
Vorrei essere certa di non fare un errore. Grazie
Egr. Sig. Marco,
il limite segnalatole evidentemente è dettato dallo strumento urbanistico vigente nella Sua zona, il quale può derogare alle norme del codice civile.
Per motivi di privacy Le ho inviato una e-amil all’indirizzo utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per la fiducia riposta e per la lettura dell’articolo.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornato.
Gentile Avv. D’Isa, avrei una questione da porgerLe.
Devo preliminarmente farle i complimenti per l’articolo da Lei scritto, e non solo per il merito dei contenuti, ma anche per la chiarezza nell’esposizione.
Ciò detto, passo al problema che mi si è posto di recente.
Essendo in trattativa per l’acquisto di un appartamento, mi sono documentato prima, alla luce dei lavori che si rendono necessari (dato lo stato dell’immobile), sulla normativa vigente in materia di apertura di finestre (gradirei aprirne una, senza alterare il decoro architettonico del palazzo in quanto in linea con altre finestre giàposte ai piani sottostanti).
Ciò premesso, all’Ufficio Tecnico del Comune mi hanno informato della impossibilitàdi aprire la finestra in quanto il muro laterale, su cui aprirei, dista 9,75 m dal palazzo di fronte, e pertanto non sarebbe rispettata la distanza legale, che, testuali parole, “è di 10 m”.
Mi chiedo allora…posto che il codice civile non prevede, in alcuna norma, tale distanza, come mai l’Ufficio Tecnico mi ha posto tale divieto?
La ringrazio in anticipo per la disponibilità,
cordiali saluti
Marco
Egr. Sig. Giuseppe,
ciò che mi ha descritto originariamente cosa era?? C’è sempre stato questo vetrocemento?
Credo che, comunque, sia stata effettuata un’azione non a norma da parte del vicino.
Ritengo che sia più opportuno avere una corrispondenza privata.
Per motivi di privacy Le ho inviato una e-amil all’indirizzo utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per la fiducia riposta e per la lettura dell’articolo.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornato.
Gent.le Sig.ra Maria
Le consiglio di accertare se vi siano stati o meno atti interruttivi (messa in mora formale) da parte del Supo vicino in “danno” della vecchia proprietaria.
Qualora nulla è stato posto in essere – se non semplicemente questo richiamo verbale – e se le finestre di cui mi scrive sono vedute vere e proprie e non finestre irregolari, credo (non potendole dare la certezza per la non conoscenza dei titolie dei luoghi di causa) che lei abbia potuto usucapire tale veduta.
L’usucapione si costituisce con il possesso continuato per 20 anni, tuttavia una volta raggiunto tale termine può essere o accertata dal Giudice in basa ad una Sua azione e relativa trascrizione della domnada, oppure può essere eccepita (contestata avverso colui che professa di avere lo stesso dirtitto sotteso all’usucapione) in un eventuale giudizio possessorio.
Per motivi di privacy Le ho inviato una e-amil all’indirizzo utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per la fiducia riposta e per la lettura dell’articolo.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornata.
Egr. Avv,
avrei un quesito da porgerLe.
Un mio parente possiede un locale commerciale a pian terreno e sul soffitto aveva una luce fatta da pietre di vetrocemento .
Il proprietario del terrazzo sovrastante nonostante abbia acquistato l’immobile il cui terrazzo aveva giàquella presa di luce, nel rifare la pavimentazione del terrazzo ha oscurato i vetrocemento privando l’immobile sottostante di quel poco di luce che prendeva. Cosa mi consiglia? E’ stata un’azione lecita?
La ringrazio anticipatamente.
P.s. complimenti per quanto da Lei esposto
giuseppe
Gentilissimo Avv. D’Isa,
Ho letto il suo articolo e ho trovato il tutto veramente esaustivo, ma i dubbi sul mio caso permangono tutti.
Ho comprato e ristrutturato internamente due anni fa una mansarda che ha due finestre con veduta, a circa 10 metri d’altezza dal suolo, sul cortile di un confinante che a quanto ho capito non ha mai dato il permesso per aprirle. Le finestre sono state aperte più di trent’anni fa e la vecchia proprietaria aveva anche avviato e concluso con successo le pratiche di condono edilizio del 1986. Ho ricevuto un paio di giorni fa una telefonata dai confinanti che mi intimano la chiusura delle finestre in quanto hanno messo in vendita il terreno e la presenza delle vedute sul loro terreno scoraggia gli eventuali acquirenti.
Cosa devo fare? Il fatto che le finestre siano li da ormai trent’anni cambia qualcosa? Il condono edilizio, con relativa documentazione fotografica, mi da il diritto di tenerle aperte? Eventualmente se tutto ciò non fosse sufficiente potrei avviare le pratiche per usucapione?
La ringrazio in anticipo per il tempo che vorràdedicarmi.
Maria
Egr. Sig. Alfonso,
La ringrazio per la lettura attenta dell’articolo e Le ricordo, qualora voglia, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornato.
veramente molto dettagliata e puntuale l’analisi del tema specifico.
Egr. Sig. Massimo,
al momento vince il premio per il quesito maggiormente articolato per quanto la richiesta sia semplice.
La questione mi pare alquanto semplice, dalla Sua descrizione Lei sta esercitando un pieno diritto, ma non voglio ostentare troppa sicurezza.
Se vuole una risposta altrettanto composta (rispetto alla Sua domanda) dovrei leggere la concessione Comunale, lo strumento urbanistico vigente, i titoli di provenienza ed avere una visione dei luoghi in virtù di un reportage fotografico.
Per motivi di privacy Le ho inviato una e-amil all’indirizzo utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per la fiducia riposta e per la lettura dell’articolo.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornato.
Gent.le Sig.ra Nunzia
in merito al Suo quesito posso sostanzialemente risponderle in maniera affermativa per quanto riguarda la possibilitàdi adire il giudice al fine di regolarizzare la c.d. luce iiregolare venutasi a creare, il codice parla chiaro.
Credo che possa essere inquadrata anche come veduta tale finestra ma per una maggiore certezza avrei bisogno di un reportage fotografico.
Per quanto riguarda, invece, la chiusura avrei bisogno di leggere gli strumenti urbanistici vigenti nonchè i titoli di acquisto degli immobili.
Per motivi di privacy Le ho inviato una e-amil all’indirizzo utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per la fiducia riposta e per la lettura dell’articolo.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornata.
Egregio Avv. D’Isa, ho trovato esauriente e molto ben descritto il Suo saggio e approfitto della Sua competenza per formularLe una domanda, esponendoLe prima il mio caso.
Ho acquisto lo scorso anno una appartamento al secondo piano di una palazzina al centro di un piccolo paese. Questo appartamento prospetta da un alto su una strada principale del paese dal lato apposto invece c’è il tetto dell’abitazione di un altro proprietario. Il paese è in collina e in questi casi come ben sa da un lato si ha un altezza e da un altro lato dell’appartamento di avràun altezza superiore.
Sto ristrutturando e facendo questo abbiamo previsto di aprire due Luci sul lato che prospetta sul tetto dell’abitazione di un altro proprietario.
Premetto la palazzina è composta come detto da due piani, dove al piano terra e al piano primo abitano altre due famiglie.
Per via di diversi lavori di ristrutturazione ho presentato in Comune richiesta di concessione edilizia inserendo anche l’apertura di due luci regolari ai sensi dell’art. 901 del C.C. La concessione mi è stata regolarmente concessa è ho iniziato i lavori previsti in progetto.
Il problema che voglio porle è questo perché adesso sono arrivato ad un punto fermo dei lavori se non concretizzo quando le sto esponendo.
Il muro dove ho in previsione di aprire le due luci è un muro comune con il proprietario del tetto sottostante.
Il tetto però si trova sotto la mia abitazione per oltre mt. 3.00. Tutta la palazzina è stata realizzata dal vecchio proprietario cui ho comprato l’appartamento. In un primo momento era esistente solo il piano terra, poi all’inizio degli anni 70 ha richiesto al comune la sopraelevazione, prima del piano primo e poi successivamente del piano secondo. Quindi ha realizzato i lavori ed ha sopraelevato l’edificio portandolo ad un altezza rispetto al tetto del vicino sullo stesso muro comune di altre 4.50.
Il proprietario del tetto sottostante non vuole che io apra le due luci (regolari) sul muro della palazzina dove abito sia io che altri due inquilini (i quali mi hanno autorizzato verbalmente), perché sostiene, che è il muro è comune e quindi minaccia azioni legali al momento che aprirò le due luci.
Come maggiore altezza sul tetto del vicino ci siamo sia io che l’inquilino dell’appartamento del primo piano che volendo è anche in grado di aprire delle luci, invece l’appartamento del piano terra ha il muro comune con l’appartamento del proprietario del tetto.
Si ostina a dire, pur non dimostrandolo, che il muro è comune e siccome da oltre 30 anni non si sono aperte luci adesso non si può più fare e che ricorda che i sui avi gli hanno riferito che il muro lo hanno fatto insieme al proprietario di cui ho acquistato l’appartamento.
Un’altra precisazione che voglio fare è che il proprietario del tetto non può più sopraelevare perché ha raggiunto il limite consentito ad oggi dal regolamento edilizio (tre piani totale altezza mt 11,00 centro storico).
Da quello che mi risulta e dalle mie informazioni mi è stato riferito che i piano terra sono stati costruiti nei primi del 1940 e che hanno il muro comune. Poi l’elevazioni sul muro comune sono state fatte separatamente e in anni diversi di cui la sopraelevazione del proprietario del tetto è stata realizzata nel 1967, senza concessione edilizia, ma regolarizzata a seguito di domanda di condono edilizio solo nel 1986, invece la palazzina dove abiterò io è stata realizzata con regolare concessione edilizia del 1968.
Il codice civile recita all’art. 903 che “Se il muro è comune, nessuno dei proprietari può aprire luci senza il consenso dell’altro; ma chi ha sopraelevato il muro comune può aprirle nella maggiore altezza a cui il vicino non abbia voluto contribuireâ€ÂÂ.
Le mie informazioni sono state date anche dall’impresa che ha eseguito i lavori (anche se è il titolare adesso è persona anziana di 78 anni ma ricorda bene chi gli ha pagato i lavori) e dal proprietario del piano terra che è la figlia di colui che ha fatto le sopraelevazioni nel 1970 e che mi ha venduto l’appartamento al 2° piano.
Ritengo che il mio caso sia proprio quello che possa aprire la luce perché il muro sopraelevato anche se comune è stato realizzato solo da una persona senza il contributo dell’altra.
La mia domanda quindi è se secondo lei posso continuare i lavori e quindi aprire le due luci regolari (altezza 2.00 mt dal pavimento e grata di sicurezza) senza incorrere in sanzioni dopo la sicura denuncia del proprietario del tetto?
La ringrazio fin d’ora per la sua risposta
Egr. Avv.
ho letto e trovato molto puntuale il suo articolo, ma ho un caso limite che non rientra tra quelli cosiddetti “scolastici”.
La mia vicina ha ristrutturato la sua casa. Al pian terreno, nel suo muro, posto sul confine con la mia proprietà, ha realizzato un apertura che ha tutti i requisiti prescritti per essere considerata luce, tranne che per l’altezza dal suolo che è di m.1,80.
Ho chiesto alla signora di regolarizzare la luce portandola ad un’altezza di m.2,50, come prescrive la legge, ma mi ha risposto che non può farlo perché si tratta di un’apertura regolare che serve a fargli prendere luce ed aria in un piccolo bagno, il cui tetto non è superiore a m.2,20.
Inoltre,sostiene di essere in regola, poichè non può affacciarsi nel mio terreno in quanto l’apertura è fornita anche da finestra a vasistas.
Posso rivolgermi al giudice per fargliela chiudere.
Posso chiudergliela io, costruendo un muro di cinta sul confine e in aderenza alla sua costruzione.
Gent.le Sig.ra Giulia
in merito al Suo interrogativo Le posso significare la univocitàdella S.C. nell’affermare che in tema di distanza delle costruzioni dalle vedute, se la “ratio” dell’art. 907 c.c., il quale fa divieto di fabbricare a distanza minore di tre metri dalla veduta del vicino, è quella di assicurare al titolare del diritto di veduta sufficiente aria e luce consentendogli l’esercizio dell'”inspectio” e della “prospectio”, l’accertamento e la valutazione della idoneitàdella costruzione a non ostacolare la fruizione di tali beni, nonché a non determinare modifica sostanziale di qualsivoglia altra situazione di godimento in cui si esplica il potere riconosciuto al titolare di veduta, richiedono al giudice una motivazione congrua e adeguata, pertanto la valutazione della trasparenza di una tettoia, ricadrebbe in capo al giudicante, poichè la trasparenza non ha una valenza assoluta, almeno che tale tettoia non sia in vetro o di cristallo in modo da non ostruire od oscurare la veduta in appiombo del Suo vicino.
Per motivi di privacy Le ho inviato una e-amil all’indirizzo utilizzato e la invito a leggerla.
La ringrazio per la fiducia riposta e per la lettura dell’articolo.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornato.
Egr. Avv. D’isa,
gradirei un chiarimento su quanto le espongo
sono proprietaria i un monolocale al piano terra con cortile, tale vano è stato ricavato da un’appartamento più grande e facente parte di un condominio.
L’entrata del monolocale non è situata nell’androne condominile, ma nel cortile di mia proprietàe priva di qualsiasi protezione, conseguentemente gli agenti atmosferici mi hanno giàcostretto a sostituire le ante d’entrata e ad intervenire sul rivestimento del pavimento in legno a causa delle infiltrazioni d’acqua.
Attenedomi ai vincoli ambientali in quanto residente in zona definita “centro storico minore”, ho chiesto e ottenuto dal comune di appartenenza l’autorizzazione ad installare una tettoia a protezione della porta in oggetto.
La mia inquilina sovrastante ha una finestra in corrispondenza della mia porta d’entrata.
Considerato che tale tettoia larga m. 1,50 e sporgente m. 0,90 è costituita da un telaio rettangolare in legno ricoperto da un foglio di plexiglass trasparente non preclude all’inquilina sovrasdtante la veduta laterale e appiombo fino alla base dell’edificio,può la stessa avvalendosi del diritto di vista appiombo impedirmi di realizzare tale opera?
anticipatamente ringrazio
giulia
Gent.mo Avv. D’Isa,
la ringrazio veramente di cuore per la pronta ed esaustiva risposta.
Gabriele
Egr. Sig. Gabriele,
dalla Sua descrizione ci sarebbero (è doveroso il condizionale per la solita ragione della mia non consocenza dei luoghi e dei titoli) i presupposti per un’azione possessoria poichè la Sua visuale è stata (e sarà) parzialmente compromessa.
Attenzione al diritto di Panorma poichè secondo la Suprema Corte la panoramicitàdel luogo consiste in una situazione di fatto derivante dalla bellezza dell’ambiente e dalla visuale che si gode da un certo posto che può trovare tutela nella servitù altius non tollendi, non anche nella servitù di veduta, che garantisce il diritto affatto diverso di guardare e di affacciarsi sul fondo vicino.
1) bellezza dell’ambiente e
2) visuale di cui si può godere
sono i presupposti fondamentali.
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La ringrazio per la fiducia riposta e per la lettura dell’articolo.
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Egregio Avv. D’Isa,
ho trovato molto interessante, aggiornato ed esauriente il Suo saggio e approfitto della Sua competenza per formularLe una domanda.
Abito in una villetta a schiera di 4 livelli, non di testa, quindi con due confinanti. Uno dei due confinanti, sotto il proprio balcone del 3° livello ha posizionato una struttura metallica avente -con vista dall’alto- la seguente forma di I_____I (sporgenza 2,3 m, lunghezza 6,5, distanza dal mio confine 1 m) e sorretta, agli angoli e alle estremitàda pali metallici alti circa 2,5 m e poggianti sul balcone (del 2° livello) del mio confinante. Il problema è che tale struttura serviràa sorreggere una tenda (non so se saràfissa o mobile) che, dal mio balcone del 2° livello (2,5×7,3 m) contiguo e confinante, mi limiterà, da un lato la veduta e anche il panorama. Posso avvalermi di qualche diritto per far rimuovere tale struttura metallica e/o la tenda?
Ringraziando in anticipo per un Suo gentile e cortese riscontro, porgo cordiali saluti,
Gabriele
Egr. Sig. Stefano,
dalle Sue indicazioni credo (poiché per averne la certezza dovrei leggere i titoli e soprattutto farle una serie di domande) che allo stato possa fare ben poco, perchè se la finestra è lì da quaranta anni, oramai il Suo vicino ha ampiamente acquisito tale diritto e non credo che si possa chiedere una modifica in peius di tale servitù. Ciò non toglie che Lei possa chiederne la conformità.
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La ringrazio comunque per la fiducia riposta e per la lettura dell’articolo.
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Egr. Avv. D’Isa,
avrei il piacere di illustrale il mio caso. Premetto che tale caso è gia sottoposto ad un legale, ma ritengo che la sua esperienza in materia mi saràdi grande aiuto.
Sono proprietario di un appartamento comprendente un cavedio di circa 20 mq.
Essendo il proprietario di tale area, dispongo di una porta d’accesso e di due finestre per dare luce ed aria. Nel cavedio però è presente anche una finestra del vicino.
Ultimamente la presenza di tale finestra è per me fonte d’angoscia in quanto i rapporti col vicino si sono inaspriti.
Tale finestra venne edificata unitamente all’edificio ed è quindi esistente da quasi quarant’anni. E’ una finestra apribile che dal suo bagno da sul cavedio, è posta ad un metro dalla sua soglia e a circa due metri dal calpestio del cavedio.
Forse non potro chiederne la chiusura o l’arretramento, ma almeno la richiesta d’inserimento di una grata o di una finestra tipo vasistas mi è concessa?
La ringrazio fin d’ora per la sua risposta.
Stefano Borsari
Egr. Sig. Luca,
Le Sue richieste si basano su aspetti endoprocedurali su i quali allo stato non posso darle delle risposte significative, proprio nel Suo caso (ma in realtàcome in tutte le fattispecie che mi vengono, gentilmente, poste) avrei la necessitàdi conoscere i luoghi, avere una cronostoria di tutte le vicende, nonchè leggere i titoli.
Ciò posto, ai Suoi quesiti posso dare una risposta sommaria, ovvero:
in merito alla possibilitàdi messa in ripristino del muro, è gioco forza che qualora venga accertata una situazione di fatto (e non di diritto) in favore del Suo vicino, logicamente saràtenuto ad arretrare l’opera;
per quanto riguarda la possibilitàdi iniziare un’azione petitoria, successiva a quella possessoria, senza alcun dubbio e nel Sue piene facoltà, eventualmente, far accertare in sede giudiziale il diritto sotteso e per i tempi, non avendo (mi perdoni la battuta) una sfera magica a mia disposizione non posso esserle d’aiuto, dipende da tanti fattori;
infine il valore probatorio sia delle foto che delle testimonianze, ha un valore che deve essere letto nel complesso, a parere mio sono consequenziali, le foto devono essere avallate dalle testimonianze e, in alcuni casi, viceversa.
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La ringrazio comunque per la fiducia riposta e per la lettura dell’articolo.
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Egregio Avv. D’Isa,
vorrei esporle il mio caso: avendo deciso di chiudere i confini della mia proprietà,confinante con un altra proprietàdi un vicino, ho fatto misurare da un tecnico, chiesto una DIA e fatto costruire un muro entro i miei confini a mie spese. Il tecnico chiaramente per le misure ha fatto riferimento alle mappe catastali più aggiornate, non essendoci altri documenti riguardo alla proprietàe alle altre vicine. Il vicino insiste che i confini non sono quelli perché lui ha un inserimento in mappa dove il confine risulta più spostato di 70 cm; in pratica sarei 70 cm dentro il suo terreno. Dietro questo muro, a distanza di più 2m c’è un salto di quota. Il vicino parcheggiava la macchina su quest’area, ma ora non riesce più, poiché tra il nuovo muro e il salto di quota ora c’è circa 1,70-1,80m. Sapendo che con un regolamento di confini il mio vicino non sarebbe potuto andare lontano (non essendoci altri documenti probatori, se non le mappe catastali che non lo sono), ha pensato bene di intraprendere un’azione possessoria nei miei confronti, perché in quello spazio dietro il nuovo muro non riesce più a parcheggiare. Io vorrei gentilmente sapere se: anche se ho costruito nella mia proprietàmi vedrò realmente abbattere il mio muro perché ho “spogliato” il mio vicino di un diritto? Posso far valere le mie ragioni in seguito intraprendendo un’azione petitoria e se si quanto tempo durerebbe? Se il vicino deve dimostrare che ha parcheggiato la macchina lì per un anno o più, di che mezzi si avvale, hanno più valore le foto o eventuali testimoni? La ringrazio per l’attenzione
Cordiali Saluti
Egr. Sig. Moreno,
dalla sua descrizione, credo che non possa avere alcun problema nell’impostare come porta tale apertura, in quanto permetterebbe l’accesso all’edificio. Cosa che allo stato penso possa convenire maggiormente rispetto ad una semplice finestra, poi in realtàbisognerebbe capire i Suoi interessi.
Riprendendo testualmente ciò che ho scritto, invece, si ha la dicotomia di porta-finestra quando tali aperture oltre al loro utilizzo principale (ossia il diritto di passaggio) permettono l’affaccio.
Tale principio è stato, come detto, espresso più volte dalla Corte di Cassazione, secondo la quale in tema di limitazioni legali della proprietà, le scale, i ballatoi e le porte, pur essendo fondamentalmente destinati all’accesso dell’edificio, e soltanto occasionalmente od eccezionalmente utilizzabili per l’affaccio, possono configurare vedute quando – indipendentemente dalla funzione primaria del manufatto – risulti obiettivamente possibile, in via normale, per le particolari situazioni o caratteristiche di fatto, anche l’esercizio della prospectio ed inspectio su o verso il fondo del vicino.
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La ringrazio comunque per la fiducia riposta e per la lettura dell’articolo.
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Grazie Egr. Avv. D’Isa ,ma pensavo far valere l’art 907 c.c.
Egr. Avv. D’Isa,
la ringrazio per aver pubblicato online questa trattazione su un tema di ampio interesse.
Vorrei anche io porle il mio problema sperando in una sua gentile risposta.
ho comprato un piano terra di una casa allo stato rustico che possiede un’apertura (senza infissi) sul fondo del mio vicino. l’apertura ha le dimensioni di una porta e permette concretamete allo stato attuale di recarsi sul fondo del vicino.(probabilmente in precedenza il fondo del mio vicino e la mia proprietàappartenevano alla stessa persona).Siccome intendo ristrutturare vorrei sapere se posso trasformare quella apertura in una porta finestra e avere cmq il diritto di veduta sul fondo del vicino o se, per avere questo diritto, devo creare un parapetto. mi sarebbe utile sapere inoltre se lui può impormi di mettere una inferriata per impedirmi l’accesso (cosa che a me starebbe anche bene però ho letto che perderei il diritto di veduta).
la ringrazio moltissimo per una eventuale risposta sperando vivamente nel suo aiuto
Egr. Sig. Bonetto Oscar,
il Suo vicino – se si tratta di tale altezza – non ha alcun limite, ben potendo apporre tale recinzione fino al confine.
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La ringrazio comunque per la fiducia riposta e per la lettura dell’articolo.
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Gent.le Sig.ra Maria Vittoria,
per ovvi motivi di privacy Le ho inviato una e-mail al Suo indirizzo di posta.
La ringrazio nuovamente per la fiducia riposta.
buongiorno,sono oscar.ho acquistato una casa la quale il mio muro perimetrale ha due vedute che si affacciano sulla proprieta’ del mio vicino. a quale distanza puo’ costruire una recinzione ,anche di 30cm di altezza.il muro perimetrale fa anche da confine.grazie
Egr. Avvocato D’Isa,
ho letto con piacere la sua risposta, ma ho ancora purtroppo dei forti dubbi. Il problema era capire se al vicino poteva essere impedito di ricevere aria da quelle finestrelle, anche in cosiderazione del fatto che nel progetto risulta che dovrebbero ricevere aria forzata. Se non ho capito male invece le luci comportano anche il ricevimento dell’aria e quindi anche specificando nell’atto che devono ricevere solo luce e non aria, non servirebbe a niente visto che un articolo di legge consente di ricevere luce e aria. Nel mio precente scritto ho fatto cenno all’altezza delle finestre. Se l’altezza regolare è m. 2,50, non si potrebbe ravviasre un’irregolaritàse misura invece 2,00 m. Ora il vicino non potràaffacciarsi, ma può sicuramente vedere orizzontalmente nel terrazzo, e anche sentire tutto ciò che si dice anche nella stanza accanto.
Maria Vittoria
Gent.le Sig.ra Maria Vittoria,
premettendo sempre che tale risposta non ha nessun valore di parere legale e non può essere esaustiva in quanto c’è bisogno che io abbia contezza dei luoghi e di leggere materialmente gli atti di cui mi scrive, in realtàai Suoi ultimi quesiti darei una risposta (approssimativa) affermativa per tutti e quattro.
Si, il Suo vicino eventualmente un giorno potràsempre aprire delle finestre al solo scopo di dare luce ed aria attenendosi ai dettati normativi.
Si, la legge generale da applicare, eventualmente, è il D.P.R. 6 giugno 2001, n.380, il c.d. Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia.
Si, il progetto è preciso è dettagliato dalla Sua descrizione.
Si, è cosa buona e giusta specificare letteralmente che le aperture se del caso effettuate avranno il solo scopo di dare aria e luce allo stabile ai sensi dell’art. 901 c.c. e ss.
Per motivi di privacy Le ho inviato anche una e-mail sul suo indirizzo di posta.
La ringrazio comunque per la fiducia riposta e per la lettura dell’articolo.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornata.
Buona sera avv. D’Isa
sono capitata fortunatamente in questo sito e spero di avere risposta al quesito che intendo porle.Mia figlia ha acquistato in uno stabile un appartamento formato da piano terra e seminterrato ( seminterrato con porta finestra e ampio terrazzo)collegati da scala interna ma hanno anche due ingressi indipendenti. Sotto lo stabile ci sono i garage.Sia nel terrazzo del piano terra che del seminterrato dàuna finestrella del bagno dell’appartamento vicino. La finestra del piano terra misura cm.50×50 e si trova a m.2 partendo dalla base del terrazzo. Nel seminterrato misura cm.60×50 e l’atezza è cm1,80 ( l’altezza del seminterrato è di m:2,50).Queste finestrelle sono chiuse con vetri smerigliati e il costruttore ci ha assicurato che dovono ricevere solo luce. Ora ci siamo accorti che il confinante ha aperto la finestrella che dàsul terrazzo del piano terra. Alle nostre rimostranze con il costruttore è stata chiusa. A questo punto,visto che dobbiamo stipulare l’atto a settembre, abbiamo chiesto di vedere il progetto dello stabile e così abbiamo potuto vedere che tutte le finestre dei bagni sono contrassegnati con un asterisco al quale corrisponde la nota ” servizi con impianto di aerazione forzata”. Il costruttore dice che questa postilla vuol dire che il confinante può solo ricevere luce e non può aprire la finestra che darebbe chiaramente nel terrazzo di mia figlia. Tra l’altro la finestra del bagno del piano terra è molto vicina alla porta della cucina. Le finestre dei bagni del piano terra e seminterrato danno invece sul pianerottolo condominiale e sono aperte( ricevono luce e aria). Ora la domanda è : il vicino potràin un secondo momento aprire le finestrelle per ricevere anche aria? Il progetto così come descritto ci tutela? In questi casi esiste una legge più generale che ci tuteli? Eventualmente sarebbe opportuno far scrivere nell’atto che le finestre devono ricevere solo luce?
Ringrazio anticipatamente per l’eventuale risposta. Maria Vittoria
Egr. Sig. Macrì Enzo,
non posso esserle particolarmente d’aiuto, per la solita ragione che prima di dare un giusto parere dovrei leggere le “carte” ed avere contezza dei luoghi. Di sicuro delle soluzioni alternative si possono sempre trovare in tali situazioni. Anzitutto bisogna capire, se tale stalla giàpresenteva delle aperture; in tal caso Lei avrebbe potuto usucapire una servitù di veduta. Ma comunque, per ovvi motivi di privacy consiglierei di avere un interscambio privato a mezzo della posta elettronica.
Per motivi di privacy Le ho inviato anche una e-mail sul suo indirizzo di posta.
La ringrazio comunque per la fiducia riposta e per la lettura dell’articolo.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornato.
buongiorno avvocato e complimenti per l’articolo.
avrei un broblemino da risolvere ,tempo fà ho acquistato un fienile e adesso mi stavo attivando per ristrutturarlo, quando è sorto un problema.dovrei aprire delle finestre e un balcone su la propietà privata di appartenenza per 2/3 del mio vicino e per 1/3 di un propietario che abita altrove.il terreno in questione è composto da circa 30mQ oramai divenuti servitù di passaggio e il mio vicino propietario di2/3 non ha nessun problema ad autorizzarmi ,mentre l’altro propietario ,peraltro colui che mi ha venduto il fienile, non mi autorizza, non per questioni di praivasi o riservatezza, ma per ripicca nei confronti del mio vicino con la quale ha avuto delle discussioni in passato.Questo è quello che mi ah detto apertamente e a anche detto che la decisione ultima la prenderà a seguito dell’eventuale esito positivo delle controversie legali che ah con il mio vicino. Volevo chiederle se ho modo di risolvere la questione e se può darmi un consiglio su come muovermi.
LA RINGRAZIO.
buongiorno avvocato e complimenti per l’articolo.
avrei un broblemino da risolvere ,tempo fàho acquistato un fienile e adesso mi stavo attivando per ristrutturarlo, quando è sorto un problema.dovrei aprire delle finestre e un balcone su la propietàprivata di appartenenza per 2/3 del mio vicino e per 1/3 di un propietario che abita altrove.il terreno in questione è composto da circa 30mQ oramai divenuti servitù di passaggio e il mio vicino propietario di2/3 non ha nessun problema ad autorizzarmi ,mentre l’altro propietario ,peraltro colui che mi ha venduto il fienile, non mi autorizza, non per questioni di praivasi o riservatezza, ma per ripicca nei confronti del mio vicino con la quale ha avuto delle discussioni in passato.Questo è quello che mi ah detto apertamente e a anche detto che la decisione ultima la prenderàa seguito dell’eventuale esito positivo delle controversie legali che ah con il mio vicino. Volevo chiederle se ho modo di risolvere la questione e se può darmi un consiglio su come muovermi.
LA RINGRAZIO.
Egr. Avv. D’Isa
Le vorrei porgere il seguente quesito.
Se A, proprietario dell’omonimo fondo, ha costruito sul confine, B proprietario dell’omonimo fondo confinante con A, può costruire a 3 m oppure in aderenza al muro ab oppure,a sua scelta, può rendere comune il muro ab e costruirvi in appoggio. Ma se A avendo costruito sul confine , ha aperto una veduta(pensiamo ad es. una finesta) a seguito della costituzione di una servitù di veduta a favore del suo fondo(altrimenti si sarebbe caduti nel divieto posto dall’art. 905 c.c.) , il proprietario del fondo B potràsolo costruire a una distanza di metri 3 (o maggiore ,se vuole, di metri 3) dalla faccia esterna della veduta , non potendo costruire in aderenza ovvero in appoggio a seguito di comunione forzosa in applicazione dell’art 907 c.c. . Però il proprietario del fondo A avrebbe del pari potuto costituire una servitù a favore del suo fondo in ordine alla quale B sarebbe stato vincolato a non costruire per metri 6 dalla veduta suddetta. La prima cosa che Le chiedo è se quello che ho scritto , secondo Lei, è giusto.
Ecco il secondo quesito.
Se però A costruisce a 1 metro dal confine e B decide di non costruire in aderenza o appoggio ma nel rispetto dei 3 metri ex art. 873, nel momento in cui A costituisce,dopo che sono state completate le due costruzioni di A e B, una servitù
di veduta a favore del suo fondo per costruire un balcone talchè non sia rispettata la distanza di metri 3 ,prevista dall’art. 907 per una fattispecie diversa e cioè della inesistenza della costruzione di B, tra la balaustra del balcone di A e la costruzione di B , la servitù costituita sarànulla in applicazione analogica del 907 c.c. o saràvalida?
Egr. Sig. Sergio,
Le significo preliminarmente che Il diritto di panorama, come giàha potuto leggere nel mio scritto, è il diritto di ciascuno di godere dello spazio, della luce e, per quando possibile, del verde nella prossimitàdella propria abitazione.
Si tratta per lo appunto di un diritto esercitabile su bellezze naturali che possano circondare la propria abitazione la cui visibilitàpossa essere limitata anche prospetticamente da costruzioni e/o opere innalzate da vicini.
Logicamente per darle una risposta certa dovrei avere un quadro visivo dei luoghi.
Il presupposto giuridico su cui poter agire a tutela del diritto di Panorama è in base alla c.d. servitus altius non tollendi, vale a dire la servitù di non edificare al di sopra di una determinata altezza.
Per quanto riguarda, invece, l’atro quesito non posso essere di completo aiuto per la semplice ragione che avrei comunque bisogno di leggere i titoli di proprietàe di porle altri quesiti, ma che soltanto in una conversazione privata possiamo affrontare.
Per motivi di privacy Le ho inviato anche una e-mail sul suo indirizzo di posta.
La ringrazio comunque per la fiducia riposta e per la lettura dell’articolo.
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Egr. Avv. D’Isa,
ho letto con molta attenzione il Suo saggio e vorrei chiederLe un parere sulla convinzione che mi sono fatto circa un mio problema personale.
Il tetto piano dell’ edificio in cui abito è suddiviso in due lastrici solari ad uso esclusivo dei due condomini dell’ultimo piano. Io sono uno di questi.
I lastrici solari sono separati da un muretto alto un metro, sovrastato da una grata verticale in ferro ondulato a maglie strette, per un’altezza complessiva (muro + grata) di circa due metri.
Il muretto cinge anche gli altri tre lati dei lastrici a mo’ di parapetto, ma senza la rete. Non vi sono altre costruzione sui lastrici ai quali si accede tramite scale esterne.
In base a quanto letto nel suo saggio credo che il mio vicino, non potendo affacciarsi nel mio lastrico (a causa della grata), non disponga di un diritto di veduta su e attraverso il mio lastrico, ma abbia un diritto di veduta solo sugli altri tre lati.
Peraltro il muretto e la grata potrebbero essere considerati come un muro di cinta che separa le due proprietà.
In base alle suddette considerazioni, posso rivestire la grata metallica con delle cannucce al fine di ottenere più privacy (specie in estate quando entrambi i lastrici sono usati come solarium)?
Un eventuale reclamo sul diritto al panorama, su quale riferimento giuridico si potrebbe basare?
La ringrazio per la cortese attenzione e Le porgo i più vivi complimenti per la Sua attivitàdi divulgazione e assistenza.
Distinti saluti.
Egregio Sig. Fabio,
Le posso significare che nulla questio sorgerebbe laddove Lei esercitasse i propri diritti, basta però porre attenzione (come giàampiamente fatto in virtù della Sua ottima descrizione) soltanto sulle distanze (3 mt) e sul manufatto (ovvero opera in muratura o meno) che si andrebbe ad innalzare.
Per motivi di privacy Le ho inviato anche una e-mail sul suo indirizzo di posta.
La ringrazio comunque per la fiducia riposta e per la lettura dell’articolo.
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Egr. Avv. D’Isa ,
le chiedo gentilmente un parere in materia di vedute in appiombo. Sono proprietario di un app. al 1° piano con mansarda, nel piano sottostante ( piano terra ) il proprietario mi ha chiesto di poter costruire un gazebo ( preciso che per gazebo il sig. in questione, intende copertura con tettoia fissa ). questo gazebo così come mi è stato prospettato vàha ledere il mio diritto di veduta sia in appiombo che laterale ed obliqua. Preciso che nella mia proprietà( primo piano ), vi è un apio Balcone che sporge per circa 2 metri nella facciata anteriore, mentre in quella laterale vi è una Finestra e un’altro Ampio Balcone, Entrambi si affaccciano sulla proprietàsottostante dove si vuole costruire questo Gazebo. Inevitabilmente mi vedrò PREGIUDICARE il mio diritto Di VEDUTA IN APPIOMBO, LATERALE ED OBLIQUA. Preciso che con il proprietario in questione sono in buoni rapporti ( almeno….fino ad ora ! ), e che sin dall’inizio degli scavi per realizzare la casa in questione HO sempre affermato che non volevo nella maniera più assoluta che si costruissero Gazebi, Tettoie ecc ecc……,Le chiedo gentilmente Avv Renato D’isa un parere in merito.
con l’occasione le porgo i miei distinti Saluti
Gent.le Sig.ra,
se ho ben inteso, purtroppo, è stato commesso un mero errore materiale, ovvero un errore non riscontrato al momento dell’approvazione del progetto ma ciò nonostante Suo fratello credo, dalla descrizione sommaria della vicenda, possa avanzare i suoi diritti.
Ma Le significo che questa è una valutazione del tutto basata su “sensazioni”, poichè a costo di essere ripetitivo (ahimè) se non ho contezza delle “carte” non posso avere una completa visione del tutto.
Per motivi di privacy Le ho inviato anche una e-mail sul suo ndirizzo di posta
La ringrazio comunque per la fiducia riposta e per la lettura dell’articolo.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornato.
Egr. Avv. D’Isa,
spero proprio che lei possa aiutarmi. Ho un problema con mio fratello: abitiamo nella vecchia casa di famiglia che anni fa abbiamo ristrutturato e diviso in due appartamenti indipendenti.
Io abito al primo piano e sul mio giardino privato si aprono tre sue finestre, naturalmente con il mio consenso. Per motivi personali ho venduto una parte del mio grande appartamento che, essendo al primo piano, aveva bisogno di una scala esterna per essere indipendente.
La scala è costruita interamente sul mio giardino privato e, per motivi di confine con la strada,
è accanto ad una delle tre finestre di mio fratello, perchè non poteva essere altrimenti. Premetto che lui aveva visto anche il progetto e che le cose sono state fatte con tutte le autorizzazioni e i permessi richiesti, in perfetta osservanza delle leggi. Ora che la scala è finita si è accorto che la persiana non si apre più a ridosso del muro, ma a 90° e, in conseguenza di ciò, non solo si è arrabbiato con tutti compreso l’ingegnere, ma mi nega di far passare i tubi di acqua e gas dal suo giardino. Per questo mi aveva giàdato il consenso tanto è vero che è giàstata fatta la traccia e ha anche firmato i documenti con l’azienda dell’acqua. So bene che mio fratello ha un carattere difficile, ma ora non mi vuole neanche parlare e io non so come sistemare la faccenda, considerando che il mio compratore mi chiede continuamente se ho risolto.
Spero che lei mi possa dare un buon consiglio, la ringrazio moltissimo e porgo distinti saluti
Egr. Sig. Gianni,
le minacce lasciano il tempo che trovano, non hanno alcun fondamento.
Ma, comunque, dalla Sua descrizione, La posso rassicurare parzialmente.
Ribadisco, come giàho fatto con gli altri utenti, che purtroppo non posso dare risposte esaustive (certe mai) in quanto avrei bisogno di una parziale visione dei luoghi attraverso giuste immagini e leggere i titoli di proprietà.
La ringrazio comunque per la fiducia riposta e per la lettura dell’articolo.
Le ricordo, inoltre, di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornato.
Egr. avv. D’Isa,
io ed il mio vicino abbiamo acquistato due unitàabitative contigue delle quali, sin dall’origine, una, la mia, presenta una finestra che si affaccia su un tratto del giardino del mio vicino.
Ora, essendomi io opposto al fatto che quest’ultimo costruisse una tettoia che, sovrastando la mia finestra, potesse ridurre in modo sensibile la luminositàdel locale servito da detta finestra, il mio vicino minaccia di innalzare costruzioni nel suo giardino o piantumare alberi di altro fusto che, nei fatti, mi toglierebbero la visibilitàsul panorama circostante.
Ribadisco che questa sorta di servitù esiste dalla costruzione dell’immobile e che quindi non può configurarsi come un vizio occulto o sconosciuto agli acquirenti.
Ha, il mio vicino, il diritto di dare corso a quanto minacciato?
Grazie.
Egr. Sig. Carlo,
nuovamente devo ribadire che per dare una risposta soddisfacente dovrei verificare i luoghi, avere contezza dei titoli di proprietàetc etc, ma dalla descrizione sommaria, Le posso significare che se i vicini hanno usucapito (20 anni) una vera e propria servitù in merito all’unica luce regolare – poichè le luci di tolleranza debbono tenersi distinte dalla servitù attiva di luce ad aria che il proprietario abbia acquistato sul fondo del vicino – l’esistenza di siffatta servitù impedisce, in ogni caso, al vicino la richiesta della medianza del muro o l’oscuramento, con costruzione in aderenza.
Qualora, invece, non sia stato acquisito tale diritto, ai sensi e per gli effetti dell’art. 904 c.c., Lei potrebbe costruire in aderenza, senza alcun consenso, anche sulla luce regolare.
Nel ringraziarla del commento lasciato La saluto cordialmente.
Le ricordo di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornato.
egregio avvocato le scrivo per un quesito sperando in una risposta positiva.Sono in possesso di una casetta interclusa tra due muri in aderenza con una parte a giardino,nella parete più alta sono presenti tre aperture (luci con grate,una regolare e altre due inregolari con altezza inferiore a 2,5 mt.) presenti da più di 20 anni,con il piano casa ho deciso di demolire e ricostruire in aderenza.La mia domanda è questa: posso chiudere le luci senza consenso ?( negato dai vicini) Grazie
Egr. Sig. Claudio,
non posso esserle d’aiuto, in quanto dovrei necessariamente leggere il rogito Notarile per darle una risposta appropriata.
Sommariamente andrebbe incontro ad una violazione contrattuale, cosa che Lei, immagino, giàè a conoscenza.
Nel ringraziarla del commento lasciato e dei complimenti elargiti La saluto cordialmente.
Le ricordo di iscriversi alla newsletter per essere quotidianamente aggiornato.
Egregio Avvocato,
complimenti anche da parte mia per il suo articolo su Luci e Vedute che apre una “finestra” su tematiche alquanto complesse. Le proporrei il mio problema:
Nel rogito di acquisto del mio appartamento c’è scritto chiaramente che è vietato aprire, nei locali sottotetto, lucernari, abbaini o finestre; clausola che è stata espressamente imposta al costruttore/venditore dai vicini (una villa ed alcune villette a schiera) che si erano opposti alla concessione di edificare l’immobile ed avevano anche ottenuto la modifica del progetto e quindi che i sottotetti non avessero aperture sull’esterno.
Sopra al mio appartamento, come a tutti quelli del secondo ed ultimo piano, esiste un ampio sottotetto (altezza minima > 1.80 con porta che da sul vano scale) al quale io accedo da una scala interna da me costruita e condonata a suo tempo. Per recuperarlo e renderlo abitabile (risiedo in Lombardia), sto procedendo adesso all’apertura di tre Velux sul tetto dopo aver ottenuto le necessarie autorizzazioni comunali, ambientale, ecc.
Le chiedo se quello che sto facendo, essendo in conflitto con il rogito, può ritenersi comunque un mio diritto trattandosi di luce e non di veduta o invece posso incorrere nelle “ire” dei soliti vicini con relativa citazione in giudizio.
La ringrazio per il suo parere e la saluto cordialmente.
Gent.le sig.ra Elena,
Le ricordo, riportando ciò che giàho scritto, che in materia di luci e vedute, un’apertura priva dei caratteri della veduta o del prospetto è considerata luce, anche se carente dei requisiti di cui all’art. 901 c.c.; in tale ipotesi, il vicino ha sempre facoltàdi chiederne la “regolarizzazione “, di domandare cioè che la luce “irregolare” sia resa conforme alle prescrizioni del predetto articolo.
Il possesso di luci irregolari (come nel caso da Lei segnalato), sprovvisto di titolo e fondato sulla mera tolleranza del vicino, non può condurre all’acquisto per usucapione o per destinazione del padre di famiglia della relativa servitù, in quanto la servitù di aria e luce – che è negativa, risolvendosi nell’obbligo del proprietario del fondo vicino di non operarne la soppressione – non è una servitù apparente, atteso che l’apparenza non consiste soltanto nell’esistenza di segni visibili ed opere permanenti, ma esige che queste ultime, come mezzo necessario all’acquisto della servitù, siano indice non equivoco del peso imposto al fondo vicino in modo da fare presumere che il proprietario di questo ne sia a conoscenza. Né la circostanza che la luce sia irregolare è idonea a conferire alla indicata servitù il carattere di apparenza, non essendo possibile stabilire dalla irregolaritàse il vicino la tolleri soltanto, riservandosi la facoltàdi chiuderla nel modo stabilito, ovvero la subisca come peso del fondo, quale attuazione del corrispondente diritto di servitù o manifestazione del possesso della medesima.
Se, invece, si tratta di una veduta che permette una prospectio ed inspectio, credo, che la vicina nel corso degli anni abbia potuto usucapire (qualora non ci siano stati atti interruttovi) l’esercizio di tale diritto. Anche se dalla descrizione sommaria non appare come tale.
Ma di certo non può avanzare alcuna limitazione nei confronti del suo diritto di passaggio parimenti acquisito nel corso degli anni.
Nel ringraziarla del commento lasciato La saluto cordialmente.
Le ricordo di iscrivesri alla newsletter per essere quotidianamente aggiornato.
Egr. Sig. Paolo, in merito al suo primo quesito, come giàriportato nel mio scritto, secondo la Cassazione in tema di servitù, la trasformazione in porta di una finestra, la quale è destinata alla veduta verso l’immobile altrui, dàluogo al mutamento da servitù di veduta a servitù di passaggio, posto che la funzione precipua della porta è, appunto, il transito da un luogo all’altro. (Fattispecie relativa alla trasformazione di una finestra prospiciente un lastrico solare in porta-finestra). Inoltre credo che per il secondo quesito, parimenti possa darLe una risposta negativa in quanto l’esercizio di veduta è esercitabile soltanto dalla finestra indicatami.
Nel ringraziarla del commento lasciato La saluto cordialmente.
Le ricordo di iscrivesri alla newsletter per essere quotidianamente aggiornato.
Egregio Avv. D’Isa,
le chiedo un parere a proposito della seguente questione.
Possiedo un giardino in una corte interna su cui si affacciano 6 aperture di diversi proprietari.
4 di queste sono regolarmente provviste di sbarre.
Le ultime 2 sono di proprietàdi una signora: quella al piano superiore è priva di sbarre, quella al piano inferiore ne è dotata.
L’apertura inferiore è a mezzo metro di altezza dal suolo, il pavimento della stanza è al di sotto del livello del terreno, ma dubito che dal pavimento della signora alla finestra vi siano 2.5 metri.
La signora vorrebbe eliminare le sbarre e pretende che io non passi nel mio giardino nella zona adiacente alla sua finestra in quanto ritiene che violi la sua privacy.Le mie domande sono le seguenti:
– ha diritto la signora ad eliminare le sbarre?Premetto che entrambe le nostre case risalgono ai primi del 900, e non abbiamo effettuato modifiche alle aperture dal momento in cui le abbbiamo acquistate
– che diritti può vantare la signora nella zona del mio giardino su cui si affaccia la sua”finestra”?
La ringrazio per le indicazioni
Buongiorno, complimenti per l’articolo innanzitutto. Le chiedo un parere: sono al primo piano di un condominio; ho in bagno una finestra che oramai da oltre trenta anni dàsu un lastrico solare condominiale che fa da copertura al magazzino di un negozio al piano terra e di fronte alla finestra a circa 3 metri ho un altro palazzo antico con varie finestre (attualmente in ristrutturazione e costruito in aderenza alla mia abitazione ed al lastrico solare condominiale). Secondo lei (avendo acquisito il diritto di veduta sul palazzo di fronte) posso aprire una portafinestra nel mio salone (che ha una parete nello stesso muro dove si trova la finestra del mio bagno) senza problemi oppure posso solo chiedere di trasformare la finestra del bagno in portafinestra? Lo scopo è quello di potere più agevolmante pulire e manutenere il lastrico solare condominiale (che è attualmente senza ringhiera). Inoltre, se successivamente mettessi una ringhiera al lastrico solare, il diritto di veduta acquisito tramite la finestra me lo consente oppure il lastrico solare costruito in aderenza deve rimanere senza ringhiera?
Grazie mille.
Dalla Sua rappresentazione, credo che non debbano sorgere dubbi in merito al diritto di servitù esercitabile poichè, in genere, la servitù prediale si caratterizza proprio per il fatto che il vantaggio deve inerire in via diretta al fondo e non giàalla persona che se ne serve (la persona, invece, ne trae un’utilitàindiretta). Al vantaggio per il fondo dominante corrisponde una restrizione per il fondo servente. Dovràsoltanto verificare se tale diritto non si è prescritto. In merito Le consiglio, sommessamente, di leggere, il mio saggio sulle Servitù. Ciò non toglie, che, comunque, credo che siano rispettate le dovute distanze, ma come sempre, bisogna analizzare lo strumento urbanistico al fine di poter togliere ogni dubbio.
Nel ringraziarla del commento lasciato La saluto cordialmente.
Gentile Sig.ra,
orbene l’oggetto del Suo quesito è stato al centro di grandi dispute giurisprudenziali e dottrinarie, ma a parere mio, per quanto il diritto alla privacy sia protetto, credo che il dirtto del Suo vicino di poter esercitare parimenti quello di veduta è maggiormente tutelato. Difatti secondo una nota sentenza della Cassazione (Sentenza 30.03.2000, n. 3891) nell’ambito di un unico immobile condominiale le norme che regolano i rapporti di vicinato trovano applicazione solo in quanto compatibili con la struttura dell’edificio e con le caratteristiche dello stato dei luoghi. Pertanto, qualora esse siano invocate in una controversia tra condomini, spetta al giudice del merito valutare se, nel singolo caso, dette norme debbano essere osservate o meno, in considerazione dell’esigenza di contemperare i diversi interessi di piu’ proprietari conviventi in un unico edificio, al fine dell’ordinato svolgimento di tale convivenza, propria dei rapporti condominiali. (Nella specie la Corte di Cassazione, applicando tale principio, ha rigettato il ricorso avverso la pronuncia del giudice di merito che aveva ritenuto legittima la tettoia in lamiera di una tenda parasole (quest’ultima conforme al tipo e colore previsti dal regolamento condominiale) installata da un condomino, ritenendola necessaria – nel caso concreto per la tutela della sua privacy e per il riparo dagli agenti atmosferici, nonostante fosse di dimensioni maggiori rispetto a quella di analoghi manufatti di altri condomini, provocasse fastidiosi riverberi di luce a causa della copertura metallica, e comprimesse l’esercizio del diritto di veduta in appiombo del condomino dell’appartamento sovrastante).
Del resto non potrei escludere apriori la possibilitàdi montare tali tende, bisognerebbe leggere anche il regolamento Condominiale e verificare, se la veduta di cui Lei parla si tratta di una veduta panoramica o altro.
Infatti questa mia replica, come ogni altra giàeffettuata sul mio Blog, è parziale e non assolutamente esaustiva.
Nel ringraziarla per il commento lasciato la saluto cordialmente.
Egregio Sig. Raffaele,
in merito al suo quesito, qualora abbia questi requisiti l’opera realizzata dal Suo vicino, Le posso consigliare di introdurre un giudizio possessorio in virtù dell’art. 1170 c.c. poichè si tratta di costruzione (e lo è a parere mio) avvenuta (ipotizzo entro l’anno) senza rispetto delle distanze legali (mt. 3) e nel contempo chiedere la riduzione in pristino.
Nel ringraziarla per il commento lasciato la saluto cordialmente.
ho appena finito di leggere il suo articolo: impeccabile
Mi rimanequalche dubbio sul mio caso specifico che è la causa chi mi ha portato alla ricerca di questa pagina.
provo ad esporlo:
Tra due fondi confinanti (x e y) esiste su un contratto degli anni ’60 con un preciso accordo per una servitù di veduta a favore del fondo x che prevede la possibilitàdi costruire a confine con il fondo y dell’allora venditore e di aprire “aperture e luci”.
Successivamente lo stesso acquirente acquisteràun altro fondo (x1) confinante con il primo (X) dallo stesso venditore e con lo stesso notatio. Su questo atto di compravendita è riportata a favore del fondo x1 una servitù per la costruzione a confine e la realizzazione di “aperture, luci e vedute”.
Su entrambi gli atti sono espressamente riportate diciture riferite alla servitù quale “perpetuo”, ” i suoi successori” e frasi simili che fanno pensare che la servitù sia per volere di enrambe le parti estesa in un tempo illimitato.
PRIMO DUBBIO – il primo contratto, non riporta la parola “veduta” ma credo che la definizione di “apertura” comprenda sia le luci che le vedute … mi pare di capire dal tuo testo quando è riferito all’ art. 900 c.c.
Sul fondo così formato (x+x1) è stato regolarmente realizzato un cinema a confine con la proprietày su cui grava la servitù di veduta.
Essendo un cinema non sono state mai aperte delle finestre. Sul fondo y era giàpresente l’attuale costruzione con parete finestrata ad una distanza di 10mt dal confine. Probabilmente quando hanno frazionato il fondo y per ricavare vendere x e x1, chi vendeva non ha voluto cedere una fascia di terreno in più (5mt) che avrebbe portato il confine tra l’edifico y e l’allora previsto edificio x-x1 a metà(5mt e 5mt) e chi ha comprato ha preteso quindi il diritto di poter aprire luci e/o vedute sulla parete da realizzare a confine.
Ma veniamo ai giorni nostri, a distanza di un quarantennio è stata acquistata la proprietàdel cinema chiuso ormai da un decennio e al suo posto come da Prg, si prevede la realizzazione di abitazioni. Per non perdere i diritti acquisiti e la volumetria realizzata si prevede un opera di ristrutturazione edilizia attraverso demolizione e ricostruzione con la stessa sagoma.
Quindi si ricostruisce a filo confine.
In questo caso, si possono aprire le finestre in virtù della servitù di veduta a favore del fondo x e x1?
Considerando pio che la distanza dall’edificio prospiciente è di 10mt la cosa mi pare possibile. è così? In caso contrario, cioè se il fabbricato prospiciente con parete finestrata si trovi a 5mt
dal confine e quindi dal previsto edificio, è vero che tale norma non può essere derogata da un accordo tra privati? oppure è sempre valida?
Ringraziandola per la eventuale risposta, la saluto cordialmente e la ringrazio per l’articolo messo a disposizione sulla rete.
Salve,
le sarei grata se potesse darmi un parere riguardo la seguente questione:
Sono proprietaria di un appartamento all’ultimo piano di un
condominio. Tutti i proprietari degli appartamenti all’ultimo piano
del condominio, me compresa, hanno anche l’uso esclusivo del proprio
terrazzo di copertura. I terrazzi di copertura ad uno esclusivo sono
separati tra loro da una semplice griglia metallica. A tutela della
mia privacy, ho rivestito la griglia metallica che separa un lato del
mio terrazzo da quello confinante, con un leggero telo semi-opaco.
Tale azione mi è stata contestata poichè il vicino si è lamentato di
avergli in tal modo limitato la visuale (sul mio terrazzo e sul
paesaggio oltre il mio terrazzo). Mi è stato intimato di eliminare il
telo. Cosa devo fare? Prevale il diritto alla privacy sul mio
terrazzo di copertura ad uso esclusivo o il diritto di veduta del
vicino sul mio terrazzo e sul paesaggio circostante? Ribadisco che il
telo è stato apposto solo sul lato che separa il mio terrazzo da
quello confinante.
La ringrazio fin d’ora per la sua risposta.
Cordialmente
Amalia
Egr. avv. Renato D’isa,
vorrei chiedere quanto segue:
possiedo di proprietàun locale commerciale a piano terra, sulla parte posteriore ho due finestre di circa m. 1.10 per 1,10 con affaccio nel cortile di un vicino.
Davanti alle finestre ho due grate , all’esterno ho gli scudi di protezione con chiusura alla vassistras, il vicino ha rimosso gli scudi ed ha costruito una struttura in legno ad una distanza di circa due metri frontale e di fianco si è attaccato alla pietra della finestra cio non rimanendo nemmeno un centimetro, la struttura è alta ameno tre metri, come devo agire per fargli smontare la struttura? In attesa, Distinti Saluti
Egr. Sig. Francesco
non posso in merito al Suo quesito essere esaustivo in quanto sono sorte in me innumerevole domande da, eventualmente, porgerle. Ma credo che sia opportuna, per ovvi motivi di privacy, avere una corrispondenza privata
Posso soltanto ricordarle di fare attenzione in merito al titolo astrattamente idoneo per l’Usucapione abbreviata (10 anni), altrimenti Le ricordo che per usucapire un diritto di veduta corrono i regolari 20 anni.
Inoltre come giàho avuto modo di scrivere nel mio saggio (Pagina 23 di 29) che in particolare, il possesso della servitù di veduta, ai fini dell’usucapione, decorre dal momento in cui l’opera è stata ultimata e destinata al suo scopo e cioè dal momento in cui è sorta la possibilitàdi effettuare l’affaccio.
Sotto questo profilo, ai fini dell’usucapione, non è necessario l’esercizio continuato nel tempo della veduta e dell’affaccio, potendo bastare anche l’esercizio ad intervalli, a condizione che sussista il requisito della visibilitàe cioè che l’opera relativa alla servitù sia visibile dal titolare del fondo servente. Sicché, se l’apertura è costruita in una posizione tale per cui il vicino non possa scorgerla con la diligenza ordinaria – sia che si guardi dall’edificio, che dal fondo asservito, che dalle adiacenze di esso – dovràritenersi insussistente il requisito della visibilità.
La continuitàsi distingue, pertanto, dall’interruzione del possesso, giacché la prima si riferisce al comportamento del possessore, mentre la seconda deriva dal fatto del terzo che privi il possessore del possesso (interruzione naturale) o dall’attivitàdel titolare del diritto reale che compia un atto di esercizio del diritto medesimo (nella specie), il possessore di una servitù di veduta ne aveva dismesso per un certo periodo l’esercizio, eliminando con la schermatura di una terrazza ogni possibilitàdi inspectio e di prospectio sul fondo limitrofo).
Nel ringraziarla per il commento lasciato la saluto cordialmente.
Egr. Avv.to D’isa
da cicra sei anni ho acquistato casa. ora mi trovo con il confinante che in pratica ha delle
finestre, aria-luce a una altezza da terra di 1 metri circa, dal suo piano e dal mio piano (terra), pergiunta una di queste e sotto la pensilina della mia abitazione .da sottolineare che la mia casa è in aderenza a quella del vicino , mentre una finestra della mia abitazione , si affaccia a quelle del vicino e neanche la posso aprire, perchè facendo , i vicini violano la mia praivas . vorrei, inoltre sottolineare , che sul tetto della mia casa lo stesso vicino ha una finestra che basta aprirla e potrebbe passare dalla mia parte ; per non parlare di un terrazzo all’altezza del dello stesso tetto , dal quale si può affacciare sulla mia casa , cortile ecc,ecc violando la mia vita privata in qualunque momento. ho provato a interpellare un legale , ma non mi ha dato alcun rassicurazione in caso di azione legale , pochè , a suo dire sono passati più di 10 anni e ormai ha maturato un diritto. Non solo da recente ho portato un tecnico è ha rilevato che lo stesso vicino , oltre alle aperture, irregolari, ha costruito il muro della sua abitazione all’interno della proprietàche mi appartiene, e di cui risulta che si è apprppriato di circa 50 centimetri. cosa si potrebbe fare? distinti saluti. Francesco.
Gentile Sig.ra,
per rispondere in modo dettagliato al Suo quesito, avrei bisogno di maggiori chiarimenti, ovvero:
1) il titolo per il quale il Suo vicino vanta diritti di veduta;
2) se si tratta di una finestra che permette oltre l’inspectio anche la prospectio nel suo fondo;
Qualora lo ritenga più opportuno, può contattarmi anche telefonicamente (0818774842) oltre che al mio indirizzo e-mail r.disa@studiodisa.it
Ringraziandola per il commento lasciato La saluto cordialmente.
egr. avv. D’Isa
la ringrazio di aver pubblicato su questo argomento ed in maniera molto chiara.
Volevo farle presente un mio problema di “luce irregolare”.
la mia abitazione che si affaccia sul mio giardino forma angolo retto con l’abitazione di un vicino che ha aperto una finestra alla distanza di m.1,60 dallo spiogolo del mio balcone all’angolo più vicino della finestra affermando di avere diritto di veduta. Quali sono le distanze regolari per essere considerata tale?
Gentile Valentina Franchi,
dalle eventuali modifiche così descritte non sorgerebbe alcuna limitazione, in quanto i dettami previsti dall’art. 901 c..c sarebbero, comunque, rispettati. Secondo giurisprudenza di legittimitàle luci possono avere le più svariate grandezze, da semplici forellini ad aperture di media grandezza.
Inoltre, Le ricordo che rientra nel pieno diritto del proprietario aprire e/o modificare luci – con l’unico limite di rispettare i “paletti” previsti dall’articolo su menzionato – senza alcuna preventiva autorizzazione nè da parte del vicino nè dal condominio.
Nel salutarla cordialmente La ringrazio per il commento lasciato.
Egr. Avv. D’Isa,
la ringrazio per aver pubblicato online questa trattazione su un tema di ampio interesse.
Mi trovo ad avere un problema per una “Luce” di un appartamento posto al piano rialzato, aperta sul piccolo giardino di proprietàdel vicino (unitàimmobiliare all’interno di un condominio). Tale luce si trova ad una ltezza di 2.5 m dal nostro pavimento ed ha una grata fissa. Siamo in fase di ristrutturazione dell’apartamento e per motivi di suddivisione interna vorremmo spostare questa luce di circa 40 cm lungo l’asse orizzontale ed eventualmente ampliarla (sempre per la larghezza, senza modificarla in altezza). Ritiene che tale cambiamento sia fattibile? Dobbiamo chiedere il permesso al propretario dell’unitàimmobiliare confinante o al condominio?
La ringrazio infinitamente per i suggerimenti che vorràdarmi.
Cordialmente
Valentina Franchi
Egr. Collega,
in primis, dalla descrizione estesa, posso affermare con un grado di quasi certezza (poichè non ho ben inteso i 10 cm) che l’opera costruita dal vicino del Tuo cliente rientrerebbe nel concetto di luce irregolare. Come giàavrei potuto leggere nel mio scritto, per le vedute è pregnante il concetto di esclusione ovvero: quando non ci sono le caratteristiche per le luci regolari ed irregolari si tratta di vedute.
Annoverando, peratanto, tale manufatto nel concetto di luce irregolare, potrebbe essere “aggredito” attraverso un’azione per la regolarizzazione dell’opera ai sensi e pergli effetti dell’art. 902 c.c.
Ma, ciò, non toglie che il Tuo assistito come domanda principale avrebbe la possibilitàdi esperire un’azione di riduzione in ripristino ex art. 2933 c.c. (di natura reale, qualificabile come negatoria servitutis) oltre a quella di risarcimento del danno (di natura obbligatoria), perchè comunque tale “luce irregolare” determina una veduta frontale non a norma. Difatti per rendere applicabile l’obbligo delle distanze è sufficiente che sussista un’apertura ricavata in un manufatto in sopraelevazione artificiale rispetto al fondo del vicino, così come si verifica nel caso della finestra, del balcone e del parapetto di una terrazza, da cui si possa guardare sul fondo del vicino sottostante ad essi, anche se di poco.
Però c’è bisogno di sottolineare, immaginando che per tale motivo siano sorte in te delle perplessità, che secondo la S.C. (Sezioni Unite) per veduta è necessario, oltre al requisito della inspectio anche quello della prospectio nel fondo del vicino, dovendo detta apertura non solo consentire di vedere e guardare frontalmente, ma anche di affacciarsi, vale a dire di guardare non solo di fronte, ma anche obliquamente e lateralmente, così assoggettando il fondo alieno ad una visione mobile e globale.
In merito all’ultimo qusito riguardante il diritto di conservazione della luce, la risposta la puoi ritrovare nell’art. 904 c.c. (“la spada di damocle” che pende). Tale diritto, quello di costruire in aderenza soggetto, però, alla prescrizione (attenzione !), secondo una mia personalissima opinione, potrebbe essere limitato soltanto per una veduta.
Nella speranza di esserti stato di sostegno e nel ringraziarti per i complimenti elargiti, Ti saluto, augurandoti una serena Pasqua.
p.s. sarebbe interessante se qualcun altro partecipasse al commento.
p.p.s. se hai la possibilità, mandami una foto del manufatto.
Gent.mo collega,
ho appena finito di leggere la presente pubblicazione trovandola puntuale ed esauriente.
Mi viene da rivolgerti una domanda dettatami da un caso che sto recentemente affrontando:
il vicino di un mio assistito ha recentemente effettuato la sopraelevazione del suo edificio realizzando parte della parete posta a confine anzichè in muratura in vetromattoni (anche se in veritàil manufatto da lui eretto ha tutta l’aria di essere stato ideato inizialmente come un balcone con base di muratura sul quale, poi -fors’anche per le doglianze del mio assistito- si sono poggiati a chiusura in verticale fino al lastrico solare i detti vetromattoni). Tale opera secondo la tua conoscenza della materia costituisce luce o veduta o ancora veduta irregolare (detti vetromattoni poggiano su un ballatoio che partendo dalla proprietàdel vicino finisce lungo tale parete per costituire un piccolo cornicione sporgentesi sul fondo del mio assistito per circa dieci cm)? La preoccupazione del mio cliente è che un domani allorquando decideràanch’egli di sopraelevare raggiungendo in altezza la parete dell’altro gli possa essere impedito dal “furbetto” vicino di costruire in aderenza potendo questi accampare un diritto alla conservazione della luce. Potresti essere così gentile da espormi il tuo parere in merito? Te ne sarei grato! In attesa di una tua risposta, colgo l’occasione per esprimerti la mia sincera stima e per porgerti cordiali saluti.