Interpretazione del giudicato: Dispositivo e motivazione

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|17 gennaio 2025| n. 1194.

Dispositivo e motivazione prevalgono nell’interpretare il giudicato

Massima: L’interpretazione della portata del giudicato, sia esso interno od esterno, va effettuata alla stregua di quanto stabilito nel dispositivo della sentenza e nella motivazione che la sorregge, potendo farsi riferimento, in funzione interpretativa, alla domanda della parte solo in via residuale qualora, all’esito dell’esame degli elementi dispositivi ed argomentativi di diretta emanazione giudiziale, persista un’obiettiva incertezza sul contenuto della statuizione (Nel caso di specie, richiamato l’enunciato principio, la Suprema Corte ha ritenuto che la sentenza invocata in giudizio dai ricorrenti e passata in giudicato dovesse essere correttamente interpretata come dichiarativa della costituzione di una servitù inclusiva del passaggio tanto pedonale quanto carrabile). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile L, sentenza 7 agosto 2019, n. 21165; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 19 luglio 2018, n. 19252; Cassazione, sezione civile I, ordinanza 13 ottobre 2017, n. 24162; Cassazione, sezione civile I, sentenza 10 dicembre 2015, n. 24952).

 

Ordinanza|17 gennaio 2025| n. 1194. Dispositivo e motivazione prevalgono nell’interpretare il giudicato

Integrale

Tag/parola chiave: Procedimento civile – Sentenza – Giudicato – Interpretazione – Criteri – Esame dispositivo e motivazione – Necessità – Utilizzo della domanda di parte – Limiti e condizioni. (Cc, articolo 2909; Cpc, articolo 324)

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente

Dott. VARRONE Luca – Consigliere

Dott. PIRARI Valeria – Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere

Dott. AMATO Cristina – Consigliere Rel.

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19755/2023 R.G. proposto da:

BR.GI., BR.GI., elettivamente domiciliati in ROMA, CIRCONVALLAZIONE TR.N., presso lo studio dell’avvocato RE.DI. (…), che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

PE.MA., elettivamente domiciliata in CASSINO, VIA BA.N., presso lo studio dell’avvocato CL.EN. (…), che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e nei confronti di

CI.MA., CI.FA., CI.DA., CI.DA. E CI.LI., in qualità di eredi di BR.GI., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DE.SC., presso lo studio dell’avvocato FR.PI. (…), che li rappresenta e difende;

– resistenti –

nonché nei confronti di

CI.MA., in qualità di erede di BR.GI.;

– intimata –

avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI ROMA n. 1953/2023 depositata il 17/03/2023;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/01/2025 dal Consigliere CRISTINA AMATO.

Dispositivo e motivazione prevalgono nell’interpretare il giudicato

FATTI DI CAUSA

1. Br.Gi. conveniva dinanzi al Tribunale di Cassino Br.Gi. e Br.Gi., assumendo di essere comproprietaria, unitamente a Pe.Ma., interveniente volontaria in giudizio, di una corte (il “largario”), riportata in Catasto al Foglio (…), particella (…), posta a servizio di alcuni immobili, sempre di loro esclusiva proprietà.

L’attrice chiedeva, in via principale, che fosse dichiarato che sul largario oggetto di causa non esisteva alcun diritto di passaggio dei convenuti; in via subordinata, che fosse dichiarata l’inesistenza di un diritto di passaggio carrabile a favore di questi ultimi; il tutto con conseguente ordine ai convenuti di cessare ogni turbativa al pacifico godimento della proprietà dell’attrice, e con condanna dei medesimi al risarcimento dei danni, da quantificarsi, ex art. 1226 cod. civ., in misura non superiore a Euro. 25.000,00, oltre alla rifusione delle spese processuali.

Costituitisi in giudizio, Br.Gi. e Br.Gi. eccepivano, tra l’altro, l’inammissibilità della domanda per violazione del ne bis in idem, stante l’esistenza di altra pronuncia giudiziale relativa alla stessa causa petendi (sentenza n. 10/1993), con la quale il Pretore di Cassino-Sez. distaccata di Pontecorvo, in accoglimento di specifica domanda proposta dal Br.Mi., loro dante causa, aveva dichiarato l’avvenuto acquisto per usucapione, in favore del predetto, della servitù di passaggio pedonale e carraio sull’area oggetto di causa; nel merito, i convenuti proponevano domanda riconvenzionale, per sentire confermare e/o dichiarare l’avvenuto acquisto, per usucapione, della servitù di passaggio pedonale e carrabile a carico del largario oggetto di causa (ed in favore dei loro fondi), con la condanna dell’attrice alla rimozione di ogni ostacolo che potesse ostacolare l’esercizio della loro servitù, nonché al pagamento di una somma di denaro per ogni violazione o inosservanza successiva.

1.1. Il Tribunale adito, con sentenza n. 646/2019, dopo aver respinto la domanda riconvenzionale proposta dai convenuti, accoglieva la domanda avanzata da Br.Gi. e da Pe.Ma., dichiarava l’inesistenza del diritto di transito di Br.Gi. e Br.Gi. sul largario e, per l’effetto, ordinava ai convenuti di cessare ogni turbativa al suo pacifico godimento da parte delle attrici.

2. Br.Gi. e Br.Gi. proponevano appello avverso tale pronuncia innanzi alla Corte d’Appello di Roma che, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, con sentenza n. 1953/2023, rigettava l’originaria domanda di negatoria servitutis proposta da Br.Gi. e Pe.Ma.; dichiarava l’avvenuto acquisto per usucapione, da parte dei predetti, della sola servitù di passaggio pedonale a carico del largario, ed in favore dei fondi di proprietà Br.Gi. e Br.Gi..

3. Avverso la suddetta pronuncia propongono ricorso per cassazione Br.Gi. e Br.Gi., affidandolo a cinque motivi e illustrandolo con memoria.

Resiste Pe.Ma. depositando controricorso illustrato da memoria.

4. Con atto di rinnovazione della notifica ex art. 360 cod. proc. civ., Br.Gi. e Br.Gi. notificavano il ricorso in cassazione agli eredi di Br.Gi. (deceduta il (…)), che lo ricevevano in data 27.11.2023 e depositavano atto di costituzione.

Dalle memorie depositate dalle parti emerge che, a séguito del decesso di Br.Gi., i suoi eredi come indicati in epigrafe vendevano a Br.Gi. e Br.Gi. il fabbricato di proprietà della dante causa, con i proporzionali diritti sulla corte comune censita al Foglio (…), mappale (…) della superficie catastale, oggetto del presente giudizio.

Dispositivo e motivazione prevalgono nell’interpretare il giudicato

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente, deve disattendersi l’eccezione di improcedibilità sollevata dalla controricorrente in memoria (p. 2), riscontrandosi la corretta integrità del contradditorio, atteso che la verifica della qualità di eredi dei chiamati all’eredità non è necessaria nell’ipotesi – come quella che ci occupa – in cui l’atto di riassunzione sia ad essi notificato collettivamente e impersonalmente entro l’anno dal decesso, ai sensi dell’art. 303, comma 2, cod. proc. civ. (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 17445 del 28/06/2019, Rv. 654407 – 01).

1.2. Tanto precisato, per quanto riportato in parte narrativa, nelle memorie depositate in prossimità dell’adunanza le parti davano atto dell’acquisto dei ricorrenti della proprietà della quota indivisa di Br.Gi., pari al 50% della corte oggetto di causa.

Il trasferimento della predetta quota sull’immobile oggetto di causa dagli eredi della controricorrente Br.Gi. alla parte ricorrente, Br.Gi. e Br.Gi., determina la cessazione della materia del contendere, con conseguente estinzione del rapporto processuale limitatamente alle suddette parti in causa, non essendo inquadrabile la situazione in una delle tipologie di decisione indicate nell’art. 382, comma 3, 383 e 384 cod. proc. civ.

Il giudizio prosegue in sede di legittimità nei confronti di Br.Gi. e Br.Gi., parte ricorrente, e Pe.Ma., controricorrente titolare della restante quota, pari al 50%, sulla corte comune censita al Foglio (…), mappale (…) della superficie catastale, oggetto del presente giudizio.

2. Con il primo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ. e dell’art. 324 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., con riferimento alla dichiarazione di avvenuto acquisto per usucapione, da parte dei sigg.ri Br.Gi. e Br.Gi., della sola servitù di passaggio pedonale, ma non anche di quella con il carretto. Lamentano i ricorrenti che, sebbene la Corte distrettuale avesse correttamente affermato che la sentenza n. 10/1993 del Pretore di Cassino – Sez. Dist. di Pontecorvo era ormai passata in giudicato, con il conseguente avvenuto acquisto del diritto di passaggio sul largario, tuttavia, nel decidere, aveva violato le norme e i princìpi di diritto vigenti in tema di giudicato e di sua interpretazione, indicando nel dispositivo della sentenza la sola servitù di passaggio pedonale, sebbene il giudicato comprendesse anche la servitù di passaggio con il carretto. In realtà, nella citata sentenza n. 10/1993 il giudice avrebbe stabilito il diritto di passaggio “sia a piedi che con il carretto” sul largario oggetto di causa, e che di questo diritto sarebbero oggi titolari, ai sensi dell’art. 2909 cod. civ., i ricorrenti, aventi causa dell’originario titolare della servitù. In tal modo, la decisione impugnata costituirebbe un’ingiustificata violazione del giudicato formatosi sulla sentenza n. 10/1993, avente l’effetto di limitare l’estensione e l’ampiezza del contenuto della servitù di passaggio sul largario oggetto di giudizio.

Dispositivo e motivazione prevalgono nell’interpretare il giudicato

3. Con il secondo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ. e dell’art. 324 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., con riferimento all’esclusione della servitù di passaggio con mezzi meccanici, essendosi ritenuto che la corte in questione fu resa praticabile a tali mezzi soltanto per mera tolleranza delle relative proprietarie, nonostante la presenza di un giudicato circa l’inesistenza di fatti impeditivi della servitù di passaggio. Tale ragionamento, a giudizio dei ricorrenti, si risolverebbe nella formazione di due giudicati confliggenti: la sentenza n. 10/1993 aveva, infatti, escluso, con efficacia di giudicato, la sussistenza di qualunque fatto impeditivo del diritto di servitù di passaggio del sig. Br.Mi., compresa la tolleranza delle proprietarie.

4. I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto entrambi sollevano il problema della limitazione del giudicato esterno già esistente, operata dalla sentenza in epigrafe.

Essi sono entrambi fondati per le ragioni che seguono.

4.1. Nella motivazione della sentenza n. 10/1993 del Pretore di Pontecorvo, passata in giudicato e facente stato tra le parti, riportata in ricorso in omaggio al principio di autosufficienza, si legge: “Merita invece accoglimento la domanda riconvenzionale avanzata da BR.MI.: i testimoni hanno infatti confermato che il convenuto ha sempre transitato sul largario sia a piedi che con il carretto”.

L’esplicita menzione in motivazione del transito con mezzi di trasporto, oltre che a piedi, solleva la questione preliminare della prospettata equivalenza tra transito con carretto e transito con mezzi meccanici dettata “dalla naturale innovazione ed evoluzione tecnologica” (così in ricorso, p. 12 righi 17-19).

In una risalente pronuncia, questa Corte ha avuto già occasione di precisare che “Poiché l’utilizzazione di mezzi meccanici (trattori e automezzi) costituisce, in conseguenza dei mutamenti tecnologici della agricoltura, nonché dei rapporti di lavoro ed in genere del modo di vita dei lavoratori, una necessità per la coltivazione dei fondi agricoli, il proprietario di un fondo destinato all’agricoltura a cui vantaggio sussista un diritto di servitù di passaggio a piedi o con animali da soma per un altro fondo, ha diritto a norma dell’art. 1051 cod. civ. all’ampliamento del passaggio necessario per il transito di quei mezzi a trazione meccanica” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2287 del 27/02/1995, Rv. 490774 – 01).

Alla luce del riportato principio, il Collegio condivide l’interpretazione della nozione di veicolo, come riferita al passaggio carrabile, che includa sia il mezzo a trazione meccanica, sia il carretto trainato da animali, da contrapporre al passaggio pedonale, a prescindere dalle modalità di movimentazione del mezzo, evidentemente correlate al tempo, al luogo e alle necessità di utilizzo.

4.2. Da tanto deriva che il “carretto” menzionato in motivazione, nella sentenza del Pretore richiamata dai ricorrenti, passata in giudicato, lascia senz’altro intendere che la servitù di passaggio a suo tempo riconosciuta nel giudizio petitorio includesse anche il passaggio con veicoli, come sopra definiti.

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Né a tale conclusione osta il fatto che in dispositivo il Pretore di Cassino – Sez. Dist. di Pontecorvo abbia omesso di inserire anche il riferimento al passaggio con carretto nella statuizione riguardante la costituzione di servitù di passaggio: in proposito, questa Corte ha costantemente affermato che: “(L)’interpretazione della portata del giudicato, sia esso interno od esterno, va effettuata alla stregua di quanto stabilito nel dispositivo della sentenza e nella motivazione che la sorregge, potendo farsi riferimento, in funzione interpretativa, alla domanda della parte solo in via residuale qualora, all’esito dell’esame degli elementi dispositivi ed argomentativi di diretta emanazione giudiziale, persista un’obiettiva incertezza sul contenuto della statuizione” (Cass. Sez. L, Sentenza n. 21165 del 07/08/2019, Rv. 654996 – 01; Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 12752 del 23/05/2018, Rv. 648511 – 01; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 24162 del 13/10/2017, Rv. 645789 – 01; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 24952 del 10/12/2015, Rv. 637900 – 01).

Nel caso che ci occupa, la sentenza del Pretore di Cassino – Sez. Dist. di Pontecorvo accoglieva la domanda riconvenzionale degli odierni ricorrenti che chiedevano il passaggio anche carrabile sul largario, facendo espresso riferimento in motivazione al transito con “carretto”: sì che l’espressione utilizzata in dispositivo “Br.Mi. ha diritto di passaggio sulla corte di cui in catasto di Pastena al Foglio (…) part. 250” deve essere letta come sineddoche, indicando con la parte (“diritto di passaggio”) il tutto, ossia la costituzione di una servitù inclusiva del passaggio carrabile, oltre che pedonale.

4.3. La sentenza merita, dunque, di essere cassata.

5. Con il terzo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., con riferimento all’omessa pronuncia sull’eccezione di interversione della detenzione in possesso, proposta con l’atto di appello. I ricorrenti censurano la pronuncia nella parte in cui la Corte territoriale non ha esaminato e non si è pronunciata sull’eccezione di merito relativa all’interversione della detenzione in possesso, proposta dai sigg.ri Br.Gi. e Br.Gi. nell’atto di appello, secondo la quale se anche il passaggio di Br.Mi. con mezzi meccanici sul largario fosse avvenuto all’inizio, nel 1979, per mera tolleranza delle sigg.re Br.Gi. e Pe.Ma., successivamente lo stesso Br.Mi., prima, e gli odierni esponenti nella loro qualità di eredi e aventi causa, poi, dalla metà degli anni ’80, avevano posto in essere attività in opposizione alle medesime, comprovanti la loro volontà di esercitare il passaggio pedonale e carrabile sul largario, idonee, quanto meno, a mutare l’iniziale detenzione in possesso, ai sensi dell’art. 1141, comma 2, cod. civ., per un periodo sufficiente alla maturazione dell’usucapione ventennale anche della servitù di passaggio carrabile.

6. Con il quarto motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1141, comma 2, cod. civ. e dell’art. 1163 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., con riferimento alla mancata considerazione del mutamento della detenzione in possesso della servitù di passaggio carrabile da parte dei sigg.ri Br.Mi., Br.Gi. e Br.Gi.. A giudizio dei ricorrenti, la Corte d’Appello non avrebbe considerato che le circostanze valutate in motivazione non sono idonee a far ritenere mancante il requisito del possesso pacifico ma denotano, al contrario, il compimento di atti di interversione della detenzione in possesso, ai sensi dell’art. 1141 comma 2, cod. civ. da parte dei sigg.ri Br., utili all’acquisto mediante usucapione della servitù di passaggio con mezzi meccanici. In particolare, i ricorrenti si riferiscono al passaggio continuato con mezzi meccanici, anche dopo il termine dei lavori di ristrutturazione della stalla; alla proposizione della domanda riconvenzionale avverso la causa petitoria iniziata da Br.Gi. nel 1984; al rifiuto opposto da Br.Mi. al ripristino del muro di confine al termine dei lavori; nonché alla situazione di conflitto da sempre esistente tra le parti espressa nelle molteplici cause possessorie susseguitesi negli anni. Più precisamente, con riferimento alle vicende possessorie volute dagli odierni ricorrenti, osserva il ricorso che esse costituiscono la dimostrazione che i sigg.ri Br., nel continuare a transitare con mezzi meccanici sul “largario”, hanno posto in essere un comportamento in opposizione alle sigg.re Br. e Pe.Ma., che denotava la loro volontà di possedere la servitù di passaggio con mezzi meccanici in nome proprio, idonea a determinare l’interversione dell’iniziale detenzione in possesso utile per l’acquisto mediante usucapione ventennale della servitù stessa, atteso che l’interversione del possesso non può aver luogo mediante un semplice atto di volizione interna, ma deve estrinsecarsi in una manifestazione esteriore.

Dispositivo e motivazione prevalgono nell’interpretare il giudicato

7. Avendo il Collegio accolto i primi due motivi del ricorso, i restanti restano assorbiti.

8. In definitiva, il Collegio dichiara cessata la materia del contendere limitatamente ai rapporti tra parte ricorrente, i resistenti e l’intimata, eredi di Br.Gi..

Con riferimento al giudizio intercorrente tra parte ricorrente e Pe.Ma., cassa la sentenza impugnata e rinvia il giudizio alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara la cessazione della materia del contendere tra i ricorrenti Br.Gi., Br.Gi. e i resistenti Ci.Ma., Ci.Fa., Ci.Da., Ci.Da., Ci.Li., nonché nei confronti dell’intimata Ci.Ma.;

con riferimento al rapporto tra i ricorrenti Br.Gi., Br.Gi. e la controricorrente Pe.Ma., accoglie i primi due motivi del ricorso;

dichiara assorbiti i restanti;

cassa in relazione ai motivi accolti e rinvia il giudizio alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, l’8 gennaio 2025.

Depositata in cancelleria il 17 gennaio 2025.

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