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Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza del 10 gennaio 2013, n. 513

Ritenuto in fatto

1. – Con atto di citazione notificato in data 21 settembre 1989 M.D.F. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Matera E.N.A. , chiedendo che fosse dichiarata la risoluzione per suo inadempimento del preliminare stipulato fra le parti il 16 aprile 1988 e che il convenuto fosse altresì condannato al risarcimento dei danni.
Dedusse che con detto preliminare aveva promesso di vendere all’A. un capannone con annesso terreno dietro corrispettivo di lire 230 milioni, dandogliene subito la detenzione; che per tale prezzo era stato immediatamente versato a titolo di acconto confirmatorio l’importo di lire 20 milioni ed ulteriori 40 milioni erano stati versati il 28 aprile 1988; che, contrariamente a quanto pattuito, il pagamento del prezzo non era avvenuto entro un anno dalla stipula del preliminare, vale a dire nel termine in cui avrebbe dovuto essere redatto l’atto pubblico di vendita.
Si costituì il convenuto, resistendo all’avversa pretesa. Negò che il termine per la stipula del definitivo fosse essenziale; eccepì che la stipula del definitivo non aveva avuto luogo perché era stata condizionata alla concessione di un mutuo che egli non aveva potuto conseguire per l’esistenza sul fondo di una iscrizione ipotecaria che l’attore non aveva provveduto a far cancellare e perché erano sorte delle difficoltà per il godimento di una servitù di passaggio garantita nel preliminare di vendita. In via riconvenzionale subordinata domandò la restituzione delle somme già versate ed il rimborso di lire 80 milioni impiegate per migliorie apportate al fondo.
Il Tribunale di Matera, con sentenza in data 16 marzo 2012, dichiarò risolto il preliminare per inadempimento dell’A. , che condannò a rilasciare l’immobile in favore del D.F. ; accertato, poi, che costui doveva rimborsare al convenuto Euro 50.899,70 e che l’attore, a sua volta, era creditore dell’A. per la somma di Euro 75.000 a titolo di risarcimento danni da inadempimento, compensati tali crediti fino a reciproca concorrenza condannò l’A. a pagare al D.F. la differenza, pari ad Euro 24.100,30.
2. – La Corte d’appello di Potenza, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 19 ottobre 2005, ha respinto l’impugnazione incidentale del D.F. e, in accoglimento dell’impugnazione principale dell’A. , ha respinto la domanda dell’attore, condannandolo alle spese del doppio grado.
A tale soluzione la Corte territoriale è pervenuta rilevando che, mentre l’A. non era in alcun modo inadempiente, integrava invece grave inadempimento la mancata cancellazione, da parte del D.F. , dell’iscrizione ipotecaria a favore di S.N. per lire 60 milioni, di guisa che nella fattispecie l’eccezione di inadempimento era stata legittimamente sollevata dal promissario acquirente, mentre altrettanto non poteva fare il promittente venditore.
3. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello il D.F. ha proposto ricorso, con atto notificato il 20 novembre 2006, sulla base di tre motivi.
L’intimato ha resistito con controricorso.

Considerato in diritto

1. – Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 51 del d.lgs 19 febbraio 1998, n. 51 (Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado), per avere il giudice di secondo grado, al fine di sancire l’inadempimento del promittente venditore, preso in considerazione l’eccezione formulata dal convenuto anche con riferimento alle iscrizioni ipotecarie successive alla stipula del preliminare di vendita, irritualmente documentate. Nel caso di specie – si sostiene – “essendosi esaurita l’attività istruttoria ammessa dal GOA, in assenza di una specifica udienza fissata per l’articolazione di mezzi istruttori e deposito di documenti ai sensi dell’art. 184 cod. proc. civ. ed essendo stata la causa rinviata per precisazione delle conclusioni sin dall’udienza del 4 giugno 2001, al convenuto era preclusa la richiesta di ulteriori prove e la produzione di nuovi documenti in tale fase del procedimento”.
1.1. – Il motivo è inammissibile. A prescindere dalla non pertinenza della denunciata violazione dell’art. 51 del d.lgs. n. 51 del 1998, avendo questa disposizione, che non viene qui in considerazione, abrogato l’art. 16 cod. proc. civ. che disciplinava il riparto della competenza tra pretore e tribunale in materia di esecuzione forzata, è assorbente rilevare che – a differenza di quanto sostiene il ricorrente – la Corte d’appello di Potenza ha accertato l’inadempimento del promittente venditore esclusivamente in ragione della mancata cancellazione dell’iscrizione ipotecaria a favore di N.S. , nonostante l’impegno espressamente assunto in tal senso già con il preliminare, ed ha giudicato questa circostanza di per sé idonea a legittimare il rifiuto del promissario acquirente di addivenire alla stipula del definito, “a prescindere dalla prova dell’esistenza delle ulteriori iscrizioni pregiudizievoli di cui ha parlato l’A. producendo in prime cure, all’atto della precisazione delle conclusioni, apposita visura ipotecaria”.
2. – Con il secondo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 2714 e ss. cod. civ., 345, secondo comma, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ.) si lamenta che il giudice di secondo grado abbia attribuito rilevanza probatoria alla visura ipocatastale prodotta per la prima volta nel giudizio di appello.
2.1. – Anche questa censura è inammissibile, perché non coglie, al pari di quella articolata con il primo mezzo, la ratio decidendi. L’inadempimento del D.F. è stato dichiarato dalla Corte d’appello per la sola mancata cancellazione dell’iscrizione ipotecaria a favore di N.S. , cioè di quella indicata nel preliminare. La doglianza articolata dal ricorrente è pertanto frutto di una errata lettura della sentenza impugnata, alla quale vengono addebitate considerazioni che non trovano affatto riscontro nella motivazione della stessa, non corrispondendo al vero che la Corte territoriale abbia attribuito rilevanza probatoria alla visura catastale prodotta per la prima volta in fase di gravame.
3. – Il terzo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 1460, 1453 e 1454 cod. civ., in relazione all’art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ.) pone il quesito se il giudice del merito, nel decidere di una domanda di risoluzione per inadempimento di un contratto a prestazioni corrispettive, possa valutare solo la condotta del creditore che agisce per la risoluzione, prescindendo dalla valutazione del comportamento del debitore convenuto alla luce delle obbligazioni derivanti, anche a suo carico, dal contratto stipulato. Ad avviso del ricorrente, la Corte del merito avrebbe dovuto procedere ad un accertamento della condotta di entrambe le parti, valutando i rispettivi comportamenti ed inadempimenti alla luce sia dell’elemento cronologico, sia del loro rapporto di dipendenza sul piano causale e di proporzionalità nel quadro della funzione economico-sociale del contratto. Ad avviso del ricorrente, “la cancellazione dell’ipoteca era funzionalmente collegata non al negozio di trasferimento del bene oggetto del preliminare, bensì all’erogazione del mutuo che, a sua volta, serviva per pagare il prezzo della vendita”, ma l’A. non ebbe a comunicare “né il nome del notaio che doveva stipulare il contratto di mutuo dinanzi al quale il F. doveva comparire”, né “il nome del notaio che doveva rogare anche il solo negozio di vendita definitivo”. Inoltre, l’A. non avrebbe mai provato che il contratto di mutuo non poté essere perfezionato a causa della mancata cancellazione dell’ipoteca.
3.1. – Il motivo è infondato.
La Corte d’appello ha valutato il comportamento di entrambe le parti ed ha stabilito che l’unica parte inadempiente era il promittente venditore, per non avere questi, venendo meno all’impegno assunto con il preliminare, provveduto alla cancellazione dell’iscrizione ipotecaria per lire 60 milioni, nonostante il promissario acquirente avesse già versato 60 milioni di lire su un totale di 230 milioni.
In questa prospettiva, correttamente la Corte territoriale ha ritenuto che era il promittente venditore a dover rimuovere, con la cancellazione dell’ipoteca, l’ostacolo alla stipula del definitivo.
4. – Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese sostenute dal controricorrente, che liquida in complessivi Euro 4.200, di cui Euro 4.000 per compensi, oltre ad accessori di legge.

Depositata in Cancelleria il 10.01.2013

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