Cassazione 11

Suprema Corte di Cassazione

sezione III
sentenza 3 maggio 2016, n. 8645

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente
Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2188/2014 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE, in persona del Ministro pro tempore, considerato domiciliato ex lege in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui e’ difeso per legge;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1541/2013 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 02/11/2013, R.G.N. 555/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/01/2016 dal Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SOLDI Anna Maria, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – I genitori di (OMISSIS), all’epoca minorenne, citarono dinanzi al Tribunale di Catanzaro, con atto notificato il 10.4.03, il Ministero della Salute per sentirlo condannare al risarcimento dei danni patiti per il contagio contratto dal loro figlio a seguito delle ripetute emotrasfusioni alle quali era stato fin da tenera eta’ sottoposto.

Il convenuto nego’ la propria passiva legittimazione ed addusse l’interruzione del nesso di causalita’ per la condotta prevalente del personale delle strutture sanitarie, la prescrizione del diritto per doverne decorrere il termine dalla data della trasfusione, la carenza di condotte colpose e, sia pure in subordine, la non cumulabilita’ del risarcimento con l’indennizzo exlege n. 210 del 1992.

L’adito tribunale, con sentenza in data 8.1.08 n. 59, respinse la domanda risarcitoria, accogliendo l’eccezione di prescrizione per avere individuato l’esordio di quest’ultima nella data di scoperta della patologia, identificata nel 7.2.98; e la corte territoriale, adita dal (OMISSIS) di persona in quanto nelle more divenuto maggiorenne, respinse il gravame, ritenendo da lui o dai suoi genitori raggiungibile il grado di consapevolezza, idoneo ad agire in giudizio e quindi al decorso del termine prescrizionale, sul nesso di causalita’ tra contagio e trasfusioni in tempo anche anteriore a quello individuato dal primo giudice e precisamente nel 1990 o al piu’ tardi nel 1992, con l’aiuto di soggetti tecnicamente qualificati.

Per la cassazione di tale sentenza, pubblicata il 2.11.13 col n. 1541, ricorre oggi il (OMISSIS), affidandosi a due motivi; resiste con controricorso il Ministero; e, per la pubblica udienza del 15.1.16, il ricorrente deposita memoria con costituzione di nuovo difensore.

MOTIVI DELLA DECISIONE

2. – Va preliminarmente ribadito il provvedimento reso a verbale all’udienza di discussione in ordine all’inammissibilita’ della memoria di costituzione di nuovo difensore, siccome privo di procura per scrittura privata autenticata od atto pubblico: infatti, la novella dell’articolo 83 c.p.c., si applica soltanto ai giudizi iniziati in primo grado dopo il 4.7.09, sicche’ nel giudizio di cassazione, ove il procedimento sia stato come nella fattispecie – instaurato prima di tale data, se la procura non viene rilasciata a margine od in calce al ricorso e al controricorso, si deve provvedere al suo conferimento mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, come previsto dall’articolo 83 c.p.c., comma 2 (Cass. 30 giugno 2015, n. 13329; Cass. 4 maggio 2015, n. 8891; Cass. 27 agosto 2014, n. 18323; Cass. 24 novembre 2010, n. 23816; Cass., ord. 26 marzo 2010, n. 7241).

3. – Cio’ posto, il ricorrente (OMISSIS) articola due motivi, preceduti da un’indifferenziata rubrica di violazione o falsa applicazione di norme di diritto e di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, contestando sostanzialmente la conclusione della corte territoriale sulla possibilita’, anche per i suoi genitori, di raggiungere il grado di consapevolezza sull’eziopatogenesi, necessario ad agire in giudizio, in tempi cosi’ remoti.

Dal canto suo, il Ministero eccepisce l’inammissibilita’ del ricorso, siccome tendente a conseguire una diversa valutazione di fatto sull’accertamento in concreto della decorrenza della prescrizione, ma non manca di argomentarne l’infondatezza, corretta qualificando la presunzione tratta dai giudici del merito dalla serie continua di trasfusioni cui lo stato di soggetto talassemico del (OMISSIS) lo aveva esposto fin dalla nascita; ma non manca di contestare l’assenza di una condotta colposa in capo ad esso Ministero e di addurre l’impossibilita’ di fare riferimento al verbale delle commissioni mediche ospedaliere ai sensi della L. n. 210 del 1992.

4. – Va a questo punto ulteriormente premesso che al presente ricorso si applica, essendo stata la sentenza oggi gravata pubblicata dopo il giorno 11.9.12, il nuovo testo dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, quale risultante dalla formulazione del Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, comma 1, lettera b), conv. con modif. dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 (e tanto in forza della disciplina transitoria, di cui al comma 3 del medesimo articolo 54 cit.).

4.1. Di tale norma va fatta propria, se non altro ai fini della decisione della presente controversia e senza pregiudizio di opzioni ermeneutiche ancora piu’ ampie, l’interpretazione adottata dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. Sez. Un., 22 settembre 2014, n. 19881), in forza della quale:

– in primo luogo, il sindacato sulla motivazione e’ ormai ristretto ai casi di inesistenza della motivazione in se’, cioe’ alla “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, alla “motivazione apparente”, al “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, alla “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”;

– in secondo luogo, il controllo previsto dell’articolo 360 c.p.c., nuovo n. 5, concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia): l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti.

4.2. Inoltre, gia’ prima di tale riforma era pacifica (per tutte: Cass. 27 ottobre 2015, n. 21776; Cass. Sez. Un., 12 ottobre 2015, n. 20412; Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197; Cass. 18 marzo 2011, n. 6288; Cass. 26 marzo 2010, n. 7394; Cass. 23 dicembre 2009, n. 27162; Cass. sez. un., 21 dicembre 2009, n. 26825; Cass. 6 marzo 2008, n. 6064; Cass. 9 agosto 2007, n. 17477; Cass. 18 maggio 2006, n. 11670; Cass. 17 novembre 2005, n. 23286) l’esclusione del potere di questa Corte di legittimita’ di riesaminare il merito della causa, essendo ad essa consentito, di converso, il solo controllo – sotto il profilo logico-formale e della conformita’ a diritto – delle valutazioni compiute dal giudice d’appello, al quale soltanto spetta l’individuazione delle fonti del proprio convincimento valutando le prove (e la relativa significazione), controllandone la logica attendibilita’ e la giuridica concludenza, scegliendo, fra esse, quelle funzionali alla dimostrazione dei fatti in discussione (salvo i casi di prove cd. legali, tassativamente previste dal sottosistema ordinamentale civile). Il ricorrente, nella specie, pur denunciando, apparentemente, una deficiente motivazione della sentenza di secondo grado, inammissibilmente (perche’ in contrasto con gli stessi limiti morfologici e funzionali del giudizio di legittimita’) sollecita a questa Corte una nuova valutazione di risultanze di fatto (ormai cristallizzate quoad effectum) si’ come emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, cosi’ mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimita’ in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere analiticamente tanto il contenuto, ormai cristallizzato, di fatti storici e vicende processuali, quanto l’attendibilita’ maggiore o minore di quella ricostruzione procedimentale, quanto ancora le opzioni espresse dal giudice di appello non condivise e per cio’ solo censurate al fine di ottenerne la sostituzione con altre piu’ consone ai propri desiderata -, quasi che nuove istanze di fungibilita’ nella ricostruzione dei fatti di causa fossero ancora legittimamente proponibili dinanzi al giudice di legittimita’.

5. – Ora, e’ consolidato orientamento di questa Corte che, in materia di contagio da emotrasfusioni, il diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di aver contratto tali patologie per fatto doloso o colposo di un terzo e’ soggetto al termine di prescrizione quinquennale, che decorre, a norma dell’articolo 2935 c.c. e articolo 2947 c.c., comma 1, non dal giorno in cui l’evento determina la modificazione causativa del danno o dal momento in cui la malattia si manifesta all’esterno, bensi’ da quello in cui il secondo (in applicazione dei principi sulla consapevolezza della rapportabilita’ causale) e quindi tale malattia viene percepita o puo’ essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche (Cass. Sez. Un., 11 gennaio 2008, nn. 576, 579, 580, 581, 583, 584; Cass. 23 maggio 2011, nn. 11301 e 11302; Cass. 14 luglio 2011, n. 15453; Cass. 13 luglio 2011, n. 15391; Cass. 14 giugno 2013, n. 14932; Cass. 2 luglio 2013, n. 16550; Cass. 19 dicembre 2013, n. 28464; Cass. 20 maggio 2014, n. 11081; Cass. 25 giugno 2014, n. 14378; Cass. 19 dicembre 2014, n. 26920; Cass. 20 gennaio 2015, n. 820; Cass., ord. 25 maggio 2015, n. 10762; Cass., ord. 1 giugno 2015, n. 11299).

6. – Nella specie, allora, l’unitaria considerazione dei due motivi di ricorso e il recupero delle doglianze sulla motivazione anche in fatto quali prospettazione di un errore di sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta consentono di ritenere fondate le censure, nonostante l’intervenuta e ricordata riforma.

Infatti, per potere adeguatamente ritenere conseguita dai genitori del leso, all’epoca minorenne e quindi per lui, una adeguata potenzialita’ di consapevolezza anche sul nesso eziologico il giudice del merito deve effettivamente valutare se, nella specie, essi abbiano o meno adoperato un’ordinaria diligenza ed abbiano tenuto conto della diffusione delle conoscenze scientifiche: ma e’ proprio il riscontro di tali parametri che difetta nel ragionamento esposto dai giudici del merito.

6.1. La corte territoriale ha accertato la prova della positivita’ ai virus HBV e HCV rispettivamente fin dal 12.2.90 e dal 28.2.90 ed ha inferito dalla continua sottoposizione, fin dall’eta’ di due mesi, del bambino ad un’emotrasfusione settimanale, come pure dalla conoscenza dei rischi delle trasfusioni di sangue infetto, diffusasi fin dai primi anni (OMISSIS) e resa manifesta dall’entrata in vigore della L. n. 210 del 1992, che i genitori stessi, i quali cosi’ avevano frequentato continuamente medici e sanitari esperti in materia, avrebbero potuto – o, a questo punto, dovuto, avvalendosi dell’aiuto di soggetti tecnicamente qualificati – acquisire una consapevolezza pure del nesso eziologico tra contagio e trasfusioni.

Ritiene il Collegio che tale illazione, benche’ evidentemente fattuale, non corrisponda in iure ai principi espressi dalle Sezioni Unite di questa Corte di legittimita’, non potendo sussumersi nella fattispecie delineata in linea generale in questa sede: non e’ invero configurabile neppure in astratto la stessa esigibilita’ di una diligenza ordinaria che imponga di rivolgersi a soggetti tecnicamente qualificati o di interpellare, nel settimanale calvario – iniziato praticamente subito dopo la nascita del bambino – delle trasfusioni necessarie per la talassemia, i medici e i sanitari esperti in materia non tanto sul loro grado di rischiosita’, quanto sulla loro passata o anche persistente pericolosita’, ne’ di percepire tale nozione, vaga e nebulosa, dalla semplice circostanza della disgraziata necessita’ di frequentare l’ambiente sanitario.

E neppure la semplice circostanza dell’approvazione di una legge, seguita al riconoscimento del rischio conclamato nelle competenti sedi cliniche, rende di per cio’ stesso negligente chi non si avvale degli indizi da quella forniti in ordine alla sussistenza di potenziali lesioni per gli eventi da essa disciplinati: diversamente opinando, a chiunque si dovrebbe, sol che abbia avuto la possibilita’ di rivolgersi ad un sanitario od anche che sia stato costretto a frequentarne continuamente e visto che la legge si presume da tutti conosciuta, rimproverare di non essersi adeguatamente documentato e di non avere diligentemente ricostruito il nesso causale tra il contagio conseguito e le trasfusioni.

6.2. Non bastava, insomma, essere costretti a frequentare settimanalmente ambienti ospedalieri o centri trasfusionali, ne’ che fosse ormai diffusa la conoscenza dei rischi delle trasfusioni, per sentirsi definire negligenti nel non avere immaginato dovuto ad una trasfusione il contagio, con due gravi forme di epatite e praticamente fin dalla nascita, del proprio figlio talassemico, ne’ potendosi loro imporre uno specifico onere di rivolgersi a soggetti particolarmente qualificati, ove dubbi o sospetti sulla patologia non potessero ricavarsi dalle specifiche diagnosi via via pronunciate e dagli esami o da particolari – e ben individuati accertamenti clinici cui il leso e’ stato sottoposto nel corso della sua vita dopo il riscontro, avvenuto fin dai primi mesi, dell’avvenuto contagio.

Pertanto, per poter giungere a quel giudizio, che pure resta istituzionalmente riservato al giudice del merito, questi deve valutare analiticamente la storia clinica del leso: una volta esclusa la rilevanza delle prime due diagnosi (all’eta’ di pochi mesi del bambino) di per se’ sole considerate (per le quali neppure la riscontrata approvazione della Legge del 1992 avrebbe potuto giocare a danno dei genitori del leso per non essersi ancora avuta), vanno allora valutati i singoli episodi relativi all’evoluzione non tanto delle trasfusioni (visto che e’ stato accertato che fin dalle primissime, della fine del (OMISSIS) e dell’inizio del (OMISSIS), il contagio si era manifestato, sicche’ le successive potrebbero non avere avuto alcuna incidenza diretta negativa sullo stato di salute del bambino) e della malattia che originariamente ne aveva comportato la necessita’ (cioe’ la talassemia), quanto soprattutto all’evoluzione o sviluppo dello specifico monitoraggio della positivita’ ai virus HBV e HCV e dell’evoluzione delle cure somministrate per tali contagi, si’ da considerare in concreto a quale fase o momento dello sviluppo della cura stessa possa (ad esempio in conseguenza della reiterazione della diagnosi con maggiori specificazioni o dell’esecuzione di ulteriori specifiche indagini cliniche o strumentali, soprattutto se rivolte all’individuazione dell’eziopatologia) ritenersi acquisito un grado di consapevolezza del nesso (o della rapportabilita’) causale connotato da un’adeguata consistenza, diverso dalle generiche informazioni di cultura generale, quand’anche in certo senso assorbibili dallo specialistico ambiente necessariamente frequentato.

7. – Tale ulteriore valutazione, indispensabile per la sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta, e’ mancata nella fattispecie.

Invece, essa si impone e, con essa, la cassazione della qui gravata sentenza, affinche’ a quella possa provvedere il giudice del rinvio, che si individua nella stessa corte di appello, ma in diversa composizione.

Essa si atterra’ in particolare al seguente principio di diritto: il diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di aver contratto patologie causate da HBV, HCV o HIV per fatto doloso o colposo di un terzo e’ soggetto al termine di prescrizione quinquennale, che decorre, a norma dell’articolo 2935 c.c. e articolo 2947 c.c., comma 1, non dal giorno in cui l’evento determina la modificazione causativa del danno o dal momento in cui la malattia si manifesta all’esterno, bensi’ da quello in cui tale malattia viene percepita o puo’ essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche; al riguardo, in caso di plurime e continuative trasfusioni periodiche (nella specie, essendo il soggetto leso affetto da talassemia) fin da tenerissima eta’, non integra negligenza la mera, quand’anche continua, frequentazione di ambienti sanitari o medici, ne’ sussiste un onere per il danneggiato (o, nella specie, per i genitori del contagiato minorenne) di rivolgersi a soggetti tecnicamente qualificati, per acquisire idonea consapevolezza anche della rapportabilita’ causale della malattia alle trasfusioni, dovendo a tal fine il giudice del merito verificare, in base alla storia clinica del leso, se e in quale momento o fase del suo sviluppo siano stati acquisiti od acquisibili elementi specifici sul punto, legati alla sua situazione personale, in base a specifici ulteriori diagnosi od accertamenti clinici cui egli sia stato sottoposto nel corso della sua vita dopo il riscontro dell’avvenuto contagio.

8. – L’accoglimento del ricorso, oltre a comportare la rimessione al giudice del rinvio pure di ogni provvedimento sulle spese del giudizio di legittimita’ alla stregua dell’esito finale della lite per la rinnovata – ed ovviamente impregiudicata nel merito – nuova valutazione della sussistenza o meno del momento di acquisizione della consapevolezza sul nesso causale, esclude l’applicabilita’ del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione.

9. – Infine, ricorrendo i presupposti di cui al Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196, articolo 52, comma 2 (codice in materia di protezione dei dati personali), a tutela dei diritti e della dignita’ delle persone coinvolte ed in ragione dell’oggetto della pronuncia deve essere disposta, in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalita’ di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, l’omissione delle indicazioni delle generalita’ e degli altri dati identificativi degli interessati riportati nella sentenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la gravata sentenza e rinvia alla corte di appello di Palermo, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimita’.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, da’ atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

Dispone che, in caso di diffusione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalita’ di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalita’ e degli altri dati identificativi degli interessati riportati nella sentenza.

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