Il reato di guida in stato di ebbrezza determina un pericolo per la collettività

Corte di Cassazione, sezione quarta penale, Sentenza 7 marzo 2019, n. 10038.

La massima estrapolata:

Il reato di guida in stato di ebbrezza determina un pericolo per la collettività, mentre quello di rifiuto di sottoporsi al test frappone ostacoli ai controlli. In quest’ottica, dunque, il rifiuto non è un modo per nascondere il proprio stato di ebbrezza. Le due fattispecie (articolo 186, comma 2, lettera c), e articolo 187, comma 7, del Codice della strada), infatti, hanno una ratio diversa l’una dall’altra e il legislatore può sanzionarle in modo diverso, secondo la propria discrezionalità.

Sentenza 7 marzo 2019, n. 10038

Data udienza 7 novembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IZZO Fausto – Presidente

Dott. MONTAGNI Andrea – Consigliere

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere

Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere

Dott. DAWAN Daniela – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 21/09/2017 della CORTE APPELLO di VENEZIA;0
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. DAWAN Daniela;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. PERELLI Simone, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso;
L’avvocato (OMISSIS), del foro di PADOVA in difesa di (OMISSIS) si riporta ai motivi ed insiste per l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La Corte di appello di Venezia, con pronuncia resa il 21/09/2017, ha confermato la sentenza emessa a seguito di giudizio abbreviato che – dichiarato (OMISSIS) responsabile del reato di cui all’articolo 186 C.d.S., comma 2, lettera c) e comma 2-bis (commesso in (OMISSIS)) – lo condannava alla pena (sospesa) di mesi 4 di arresto ed Euro 1.400 di ammenda, oltre alla confisca della vettura e alla revoca della patente di guida.
2. Avverso la sentenza di appello, l’imputato ricorre per cassazione articolando un unico motivo in cui deduce violazione di legge in relazione all’articolo 3 Cost. e all’articolo 186 C.d.S. e vizio di motivazione. Il motivo si incentra sulla dichiarata – da entrambi i Giudici del merito manifesta infondatezza della questione di legittimita’ costituzionale del menzionato articolo 186. In particolare, il ricorrente sostiene che l’attuale dettato normativo dell’articolo 186 C.d.S., comporti una disparita’ di trattamento tra la sanzione a carico del soggetto che, dopo aver commesso un incidente, viene trovato in stato di ebbrezza e il soggetto che, dopo il sinistro, rifiuti di sottoporsi all’accertamento. Nel primo caso, infatti, e’ prevista la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida mentre, nel secondo, (per il soggetto non recidivo) esclusivamente quella della sospensione. Nel caso in esame, dunque, se l’odierno imputato avesse opposto il rifiuto a sottoporsi all’accertamento etilometrico, avrebbe ottenuto un trattamento sanzionatorio piu’ mite.
3. Il ricorso e’ infondato e deve, quindi, essere rigettato.
La questione su cui il ricorrente articola il motivo e’ stata gia’ respinta con motivazione congrua dai Giudici del merito. In particolare, la sentenza impugnata esattamente afferma che non vi e’ alcuna similitudine tra le condotte sanzionate dalle distinte disposizioni incriminatrici dell’articolo 186 C.d.S., commi 2 e 2-bis e il comma 7 del medesimo articolo e, pertanto, non puo’ porsi un problema di disparita’ di trattamento di situazioni simili.
Nell’ipotesi di guida in stato di ebbrezza con incidente stradale, ricorda la Corte di Venezia, ci si trova in un contesto di pericolo per la collettivita’, generato ed esasperato dalla condizione di intossicazione alcolica. Nel caso del rifiuto, a venire in rilievo e’ invece un comportamento negativo comportante la frapposizione di ostacoli nell’attivita’ di controllo per la sicurezza stradale. Distinta e’, dunque, la ratio dei due precetti, rientrando, peraltro, nella discrezionalita’ del legislatore la diversita’ sanzionatoria delle singole fattispecie.
4. Il ricorso va dunque rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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