Grava sul conduttore l’onere di verificare che le caratteristiche del bene

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Ordinanza 22 giugno 2020, n. 12115.

La massima estrapolata:

Nei contratti di locazione relativi ad immobili destinati ad uso non abitativo, grava sul conduttore l’onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell’attività che egli intende esercitarvi, nonché al rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative; ne consegue che, ove il conduttore non riesca ad ottenere tali autorizzazioni, non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento a carico del locatore, e ciò anche se il diniego sia dipeso dalle caratteristiche proprie del bene locato. La destinazione particolare dell’immobile, tale da richiedere che lo stesso sia dotato di precise caratteristiche e che attenga specifiche licenze amministrative, diventa rilevante, quale condizione di efficacia, quale elemento presupposto o, infine, quale contenuto dell’obbligo assunto dal locatore nella garanzia di pacifico godimento dell’immobile in relazione all’uso convenuto, solo se abbia formato oggetto di specifica pattuizione, non essendo sufficiente la mera enunciazione, in contratto, che la locazione sia stipulata per un certo uso e l’attestazione del riconoscimento dell’idoneità dell’immobile da parte del conduttore.

Ordinanza 22 giugno 2020, n. 12115

Data udienza 10 dicembre 2019

Tag – parola chiave: Locazione ad uso non abitativo – Destinazione particolare dell’immobile Condizione di efficacia del contratto se oggetto di apposita pattuizione – Inammissibilità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 18569/2018 proposto da:
(OMISSIS) SAS, in persona dei soci legali rappresentanti, domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SNC, in persona del suo amministratore e legale, rappresentante, domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 664/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 12/04/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 10/12/2019 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO.

FATTI DI CAUSA

1. La societa’ (OMISSIS) s.n.c. (d’ora innanzi, Ristorante), conduttrice, conveniva in giudizio la societa’ (OMISSIS) s.a.s. (d’ora innanzi, (OMISSIS)), locatrice, esponendo che aveva preso in locazione una porzione di una piu’ vasta unita’ immobiliare sita in (OMISSIS) per destinarla, come previsto nel contratto, all’attivita’ di bar-ristorante, e di aver successivamente appurato che il locale aveva una destinazione urbanistica artigianale, al contrario di quanto garantito nel contratto, il che le precludeva la possibilita’ di esercitarvi l’attivita’ di ristorazione. Chiedeva quindi la risoluzione del contratto per inadempimento della controparte, la condanna della stessa al risarcimento dei danni e la restituzione del deposito cauzionale versato.
2. Il Tribunale di Pistoia rigettava la domanda del Ristorante, e la societa’ di ristorazione proponeva appello chiedendo il riesame della domanda di risoluzione per vizi della cosa locata ex articolo 1578 c.c. e in particolare per la mancanza della qualita’ essenziale di destinazione ad uso commerciale.
3. La Corte d’Appello di Firenze con la sentenza n. 664/2018 depositata il 12.4.2018 accoglieva l’impugnazione e con essa la domanda della societa’ di ristorazione, pronunciando la risoluzione del contratto di locazione intercorso tra le parti per inadempimento della locatrice, con condanna della stessa alla restituzione del deposito cauzionale e al risarcimento dei danni, questi ultimi da liquidarsi in separato giudizio. Affermava infatti che il contratto prevedeva espressamente che l’immobile dato in locazione avesse una destinazione di tipo commerciale, che veniva in questo modo garantita mentre la destinazione d’uso dell’immobile, emergente dallo strumento urbanistico del 1985, si era rivelata essere artigianale. A fronte di cio’, riteneva irrilevante, oltre che tardivamente prodotto, il certificato di agibilita’ del 1991, perche’ idoneo ad attestare soltanto l’agibilita’ e l’utilizzabilita’ dell’immobile per la destinazione commerciale, e non che la stessa risultasse dallo strumento urbanistico.
Affermava che, essendo stata l’esistenza in atto della destinazione commerciale contrattualmente garantita, il conduttore doveva ritenersi esente dall’onere di verificare preliminarmente l’idoneita’ dell’immobile all’uso che intendeva farne, indicato in contratto.
4. La (OMISSIS) propone ricorso per cassazione articolato in tre motivi nei confronti di (OMISSIS) s.n.c., per la riforma della sentenza n. 664/2018, depositata dalla Corte d’Appello di Firenze il 12.4.2018.
Resiste con controricorso il (OMISSIS) s.n.c..
Non sono state depositate memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia la violazione degli articoli 1578 e 2697 c.c., nonche’ dell’articolo 1453 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3.
Afferma che, nella ricostruzione della corte d’appello, la locatrice avrebbe assunto nel contratto la specifica ed espressa garanzia che dai titoli urbanistici risultasse la destinazione commerciale dell’immobile, obbligo al quale non avrebbe ottemperato, perche’ dai documenti urbanistici la destinazione commerciale non risultava con chiarezza.
Sostiene che il ragionamento della corte d’appello, posto alla base dell’accoglimento della impugnazione, avrebbe ribaltato le regole sull’onere probatorio: era la conduttrice, attrice, a dover dimostrare l’inadempimento della controparte dimostrando l’esistenza del vizio che rendeva il bene locato inidoneo all’uso pattuito, ed avrebbe potuto farlo producendo un provvedimento di diniego dell’autorizzazione ad aprire una attivita’ di ristorazione, autorizzazione che avrebbe dovuto richiedere per poter intraprendere l’attivita’, in quanto personale e che non aveva mai neppure richiesto.
Soggiunge che la corte d’appello, laddove afferma che la locatrice aveva espressamente garantito che la destinazione commerciale fosse ad uso ristorazione e per questo si era resa inadempiente, aveva mal interpretato il contratto perche’ dalle clausole contrattuali non risulterebbe che la locatrice si fosse impegnata alla presenza della destinazione urbanistica ad attivita’ di ristorazione.
La questione posta dal primo motivo e’ quella di verificare se in relazione ad un contratto di locazione per uso commerciale recante la specifica garanzia di una determinata destinazione d’uso come risultante dagli strumenti urbanistici, la corte territoriale sia incorsa o meno, come allegato dalla ricorrente, in una erronea allocazione degli oneri probatori laddove ha ritenuto che, a fronte dell’allegazione dell’inadempimento da parte della conduttrice, spettasse alla locatrice l’onere di dimostrare di aver correttamente adempiuto, e che, a fronte dell’espressa garanzia, contrattualmente prestata della esistenza della destinazione d’uso dell’immobile necessaria per lo svolgimento della attivita’ di ristorazione (“uso commerciale”), rivelatasi non conforme alla effettiva destinazione urbanistica, il conduttore dovesse ritenersi esente anche dall’onere di verificare preliminarmente che la cosa locata fosse idonea all’uso previsto nel contratto.
Il motivo e’ infondato.
L’operazione ricostruttiva della corte d’appello e’ corretta e conforme al principio gia’ piu’ volte affermato da questa Corte, secondo il quale nei contratti di locazione relativi ad immobili destinati ad uso non abitativo, grava sul conduttore l’onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell’attivita’ che egli intende esercitarvi, nonche’ al rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative; ne consegue che, ove il conduttore non riesca ad ottenere tali autorizzazioni, non e’ configurabile alcuna responsabilita’ per inadempimento a carico del locatore, e cio’ anche se il diniego sia dipeso dalle caratteristiche proprie del bene locato. La destinazione particolare dell’immobile, tale da richiedere che lo stesso sia dotato di precise caratteristiche che lo abilitano all’ottenimento di specifiche licenze amministrative, diventa rilevante, quale condizione di efficacia, quale elemento presupposto o, infine, quale contenuto dell’obbligo assunto dal locatore nella garanzia di pacifico godimento dell’immobile in relazione all’uso convenuto, solo se abbia formato oggetto di specifica pattuizione, non essendo sufficiente la mera enunciazione, in contratto, che la locazione sia stipulata per un certo uso e l’attestazione del riconoscimento dell’idoneita’ dell’immobile da parte del conduttore (Cass. n. 14731 del 2018; Cass. n. 1735 del 2011; v. anche Cass. n. 20796 del 2018, che afferma che in materia di locazione ad uso non abitativo, il mancato ottenimento, da parte del conduttore, dei titoli amministrativi abilitativi necessari allo svolgimento dell’attivita’ imprenditoriale convenuta non determina la nullita’ del contratto per difetto di causa, ma da’ luogo alla responsabilita’ del locatore solo nel caso in cui lo stesso abbia assunto l’impegno di conseguire detti titoli, ovvero se il loro ottenimento sia reso definitivamente impossibile in ragione delle caratteristiche intrinseche del bene concesso in godimento).
Pertanto, a fronte di una destinazione urbanistica dell’immobile diversa rispetto a quella garantita nel contratto, il conduttore puo’ limitarsi a denunciare l’inadempimento del locatore allegando tale difformita’, rimanendo esente dal dimostrare di aver preventivamente verificato che sotto il profilo indicato l’immobile fosse conforme all’uso che intendeva farne.
E’ onere del locatore, per liberarsi dalla responsabilita’ per inadempimento, dimostrare che la diversa indicazione sullo strumento urbanistico rispetto a quella contrattualmente garantita non sia in effetti preclusiva della possibilita’ di esercitare nell’immobile oggetto della locazione l’attivita’ prevista dal conduttore ed esplicitata nel contratto, ovvero dimostrare che il conduttore non abbia ottenuto le autorizzazioni prescritte per motivi diversi dalla non conformita’.
Nella fattispecie, con valutazione dei fatti e delle prove, adeguatamente motivata e come tale incensurabile in sede di legittimita’, per quanto di qui a poco piu’ diffusamente si dira’, il giudice di merito ha escluso che tale prova fosse stata fornita dalla parte che ne era onerata.
Con il secondo motivo di ricorso, la societa’ locatrice deduce la violazione dell’articolo 132 c.p.c., n. 4, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4, per mancanza o totale contraddittorieta’ della motivazione, laddove la corte d’appello non avrebbe correttamente interpretato le clausole contrattuali, e ribadisce che non fosse affatto garantita nel contratto una destinazione urbanistica gia’ in atto ad attivita’ commerciale o specificamente di ristorazione, anziche’ artigianale, ma che fosse soltanto garantito che la cosa locata fosse idonea all’uso che intendeva farne il conduttore.
Precisa che nessuna rilevanza poteva spiegare la concessione del 1985 in cui l’immobile risultava destinato ad attivita’ artigianale, perche’ nel regolamento urbanistico vigente al momento dei fatti era previsto, nel lotto ove si trovava il locale, l’insediamento di diversi esercizi commerciali per attivita’ di ristorazione. Il secondo motivo, ai limiti della inammissibilita’ laddove appunta la sua critica sul contenuto della motivazione, ormai sindacabile nei ristretti limiti tracciati dal legislatore del 2012 e definiti dalle pronunce a Sezioni Unite n. 8053 e 8054 del 2014, propone una diversa lettura di alcune risultanze istruttorie, e’ anch’esso infondato.
Non e’ oggetto di contestazione che l’immobile fosse stato locato per consentire al conduttore di svolgervi una attivita’ di ristorazione. La corte d’appello riporta la clausola contrattuale n. 4, riprodotta anche dal controricorrente, che prevedeva: “la porzione immobiliare in oggetto e’ concessa in locazione per l’uso cui e’ destinata nei titoli urbanistici e cioe’ per uso commerciale e pertanto il locatore garantisce che la stessa puo’ essere utilizzata per l’uso contrattuale” A fronte di cio’, la motivazione e’ logica e manca della denunciata assoluta contraddittorieta’ laddove ritiene che il locatore abbia garantito sia la conformita’ dell’immobile all’uso pattuito sia la presenza di una determinata destinazione d’uso (uso commerciale) che il conduttore aveva negato fosse sussistente e della quale il locatore, gravato del relativo onere, non fosse riuscito a provare l’esistenza, il che la porta ad affermare che, al contrario, debba ritenersi che al momento della stipulazione del contratto l’immobile de quo avesse ancora destinazione artigianale.
La corte d’appello indica poi dettagliatamente perche’ non abbia ritenuto idoneo a provare la destinazione ad uso commerciale ne’ il certificato di agibilita’ del 1991, atteso che tale documento viene rilasciato per attestare le condizioni di sicurezza e salubrita’ di un immobile (atte in se’ a consentire l’utilizzabilita’ eventuale dell’immobile per usi commerciali) ma non ha la finalita’ di provare la attuale destinazione di un immobile, che deve invece risultare dal titolo edilizio. Ugualmente, la corte d’appello motiva adeguatamente sulla irrilevanza della circostanza che in quegli stessi locali, ad anni di distanza dalla stipula del contratto di locazione, l’attivita’ di ristorazione sia stata effettivamente svolta, potendo il requisito necessario essere stato ottenuto in un momento successivo rispetto alla vicenda contrattuale per cui si discute.
Infine, con il terzo motivo, la locatrice ricorrente deduce la violazione dell’articolo 42, comma 5, lettera L, del regolamento urbanistico del Comune di Pistoia in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3.
Il motivo e’ inammissibile, perche’ introduce una questione non dibattuta nei precedenti gradi di merito.
Le spese del presente grado di giudizio sono compensate, attesa la complessita’ delle questioni e l’esito contrastante dei due gradi di merito.
Il ricorso per cassazione e’ stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e la parte ricorrente risulta soccombente, pertanto e’ gravata dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 bis e comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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