Il difensore revocato continua a svolgere il suo mandato finché non intervenga la sostituzione

Corte di Cassazione, sezione sesta (prima) civile, Ordinanza 23 giugno 2020, n. 12249.

La massima estrapolata:

Il difensore revocato continua, ai sensi dell’art. 85 c.p.c., a svolgere il suo mandato finché non intervenga la sostituzione con un nuovo difensore, sicché è irrilevante la ridotta o compromessa capacità di intendere e di volere del mandante intervenuta “medio tempore”. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva rigettato l’istanza di rimessione in termini per il deposito memorie ex art. 183 c.p.c., proposta dal nuovo difensore della parte sottoposta ad amministrazione di sostegno, che aveva dedotto di essersi trovata, dopo la revoca del precedente difensore e prima della nomina del nuovo, in uno stato di incapacità).

Ordinanza 23 giugno 2020, n. 12249

Data udienza 26 febbraio 2020

Tag – parola chiave: Società di capitali – Contratto – Costituzione usufrutto – Quote di società – Annullamento – Vizio del consenso – Memorie ex art. 183 c.p.c. – Rimessione in termini – Mandato difensore – Revoca e rinuncia alla procura – Art. 85 c.p.c. – Effetti nei confronti dell’altra parte – Si verificano con la sostituzione del difensore – Perpetuatio dell’ufficio del difensore revocato – La rimessione non è invocabile Fintanto che la parte che revoca il mandato al difensore non provveda a sostituirlo

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente

Dott. FERRO Massimo – Consigliere

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 14297-2018 proposto da:
(OMISSIS), che agisce in persona del suo amministratore di sostegno avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
contro
(OMISSIS) SRL;
– intimata –
avverso la sentenza n. 2577/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 10/11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 26/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MAURO DI MARZIO.
RILEVATO
CHE:
1. – (OMISSIS) ricorre per un motivo illustrato da memoria, a mezzo del proprio amministratore di sostegno (OMISSIS), nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) S.r.l., contro la sentenza del 10 novembre 2017 con cui la Corte d’appello di Venezia ha respinto l’appello della stessa odierna ricorrente avverso sentenza del Tribunale di Padova che aveva respinto la sua domanda volta all’annullamento ai sensi dell’articolo 1427 c.c., e/o articolo 1394 c.c., di un contratto di costituzione di usufrutto, in favore del (OMISSIS), delle sue quote di (OMISSIS) S.r.l..
2. – (OMISSIS) resiste con controricorso, mentre la societa’ intimata non spiega difese.

CONSIDERATO

CHE:
3. Sono inammissibili le produzioni di sentenze di merito concernenti la (OMISSIS) depositate con la memoria illustrativa in violazione dell’articolo 372 c.p.c..
4. – L’unico composito motivo di censura della sentenza impugnata denuncia: “Violazione e falsa applicazione degli articoli 85 e 153 c.p.c., cosi’ come rettamente interpretati ed applicati nel diritto vivente (articolo 360 c.p.c., n. 3). Mancata valutazione che le condizioni psichiche di (OMISSIS) bene integravano la causa non imputabile di cui all’articolo 153 c.p.c., comma 2, (articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5), erroneamente ritenuto insussistente da parte della Corte Veneta. Erronea considerazione delle rispettive posizioni processuali delle parti: l’interesse alla.0editeua del processo era sacrificabile alla luce del diritto alla difesa e all’integrita’ del contraddittorio, chiaramente violati nel corso del processo di primo grado. Mancato apprezzamento dell’impossibilita’ per il difensore revocato di dare ulteriore corso al mandato alle liti. Impossibilita’ di incolpare (OMISSIS) per una revoca intempestiva. Fallace richiamo ad arresti della Suprema Corte involgente casi affatto diversi da quello oggetto del presente giudizio”.

RITENUTO CHE:

5. – Il motivo di ricorso e’ inammissibile ai sensi dell’articolo 360 bis c.p.c., n. 1, essendosi la Corte territoriale attenuta al fermo a principio secondo cui la rimessione in termini, disciplinata dall’articolo 153 c.p.c., non puo’ essere riferita a un evento esterno al processo, quale la circostanza dell’infedelta’ del legale che non abbia dato esecuzione al mandato difensivo, atteso che tale evento attiene esclusivamente alla patologia del rapporto intercorrente tra la parte sostanziale e il professionista incaricato ai sensi dell’articolo 83 c.p.c., che puo’ assumere rilevanza soltanto ai fini di un’azione di responsabilita’ promossa contro quest’ultimo, e non gia’, quindi, spiegare effetti restitutori al fine del compimento di attivita’ precluse alla parte (da ultimo, tra le tante, Cass. 13 dicembre 2019, n. 32779).
Principio che va applicato unitamente a quello, desunto dall’articolo 85 c.p.c., secondo cui tale norma disciplina le vicende della procura alle liti diversamente dalla procura al compimento di atti di diritto sostanziale, perche’, mentre nella disciplina sostanziale e’ previsto che chi ha conferito i poteri puo’ revocarli (o chi li ha ricevuti, dismetterli) con efficacia immediata, invece ne’ la revoca ne’ la rinuncia privano, di per se’, il difensore della capacita’ di compiere o di ricevere atti. La giustificazione di tale diversa disciplina consegue, appunto, dal fatto che i poteri attribuiti dalla legge processuale al procuratore non sono quelli che liberamente determina chi conferisce la procura, ma, come quelli in cui si concreta lo ius postulandi, sono attribuiti dalla legge al procuratore che la parte si limita a designare. E, in base all’articolo 85 c.p.c., cio’ che priva il procuratore della capacita’ di compiere o ricevere atti, non sono dunque la revoca o la rinuncia di per se’ sole, bensi’ il fatto che alla revoca o alla rinuncia si accompagni la sostituzione del difensore (cosi’ espressamente, p. es., Cass. 29 ottobre 1997, n. 10643, pronuncia la cui nota su una rivista giuridica la ricorrente ha invocato a propria difesa).
Cio’ detto, gli argomenti svolti dalla ricorrente, tutti versati in fatto, non inducono a riconsiderare i principi menzionati.
La vicenda oggetto del giudizio in esame e’ la seguente.
(OMISSIS) ha agito in giudizio nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) S.r.l. per l’annullamento, per errore, violenza o dolo, di un atto di costituzione di usufrutto, in favore del (OMISSIS), sulle sue quote della societa’. Depositata la prima memoria di cui all’articolo 183 c.p.c., la (OMISSIS) ha revocato il mandato al suo difensore, al quale e’ subentrato altro difensore, dopo la nomina di un amministratore di sostegno all’attrice, difensore che ha chiesto di essere rimesso in termini per gli adempimenti di cui alla disposizione citata. Viceversa l’adito Tribunale, denegata la chiesta rimessione in termini, ha rigettato la domanda di annullamento, osservando, con richiami alla giurisprudenza di questa Corte, che l’attore il quale agisca per l’annullamento puo’ simultaneamente dedurre a fondamento della domanda tanto l’errore, quanto la violenza e il dolo, ma deve poi specificare – cosa nella specie non fatta – quale sia il vizio del consenso nel caso particolare fatto valere, indirizzando in tal senso l’istruzione probatoria. Di guisa che la controversia, nella successiva fase di appello proposto dalla (OMISSIS), si e’ incentrate sulla questione della legittimita’ del diniego della rimessione in termini, che avrebbe appunto consentito all’attrice di precisare la sua domanda e proporre le conferenti richieste istruttorie. E la Corte territoriale ha rigettato l’appello facendo applicazione, con molteplici richiami di giurisprudenza, del principio di cui si e’ dato conto in apertura.
Nel ricorso per cassazione, in buona sostanza, la ricorrente, sottoposta all’amministrazione di sostegno, pone l’accento sulle sue condizioni di salute mentale all’epoca dei fatti, le quali avrebbero influito sia sulla decisione di revocare il precedente difensore, sia sulla capacita’ di avvedersi del significato e degli effetti di detta revoca, di cui pure si era resa autrice. E, nel fare cio’, la (OMISSIS) ha sottoposto ad analisi le singole pronunce giurisprudenziali richiamate dalla Corte d’appello al fine di dimostrare che esse riguarderebbero (proprio in ragione delle sue condizioni di salute mentale) fattispecie non paragonabili a quella oggetto del giudizio, invocando, per converso, un’opinione dottrinale svolta in nota alla pronuncia poc’anzi ricordata.
Orbene, la circostanza che le fattispecie oggetto delle precedenti decisioni richiamate nella sentenza impugnata non fossero perfettamente coincidenti con quella in discorso non rileva invero ne’ punto ne’ poco, giacche’ cio’ che rileva e’ il principio, principio che si attaglia perfettamente anche al caso in discorso. Difatti, come si diceva, il difensore revocato continua ai sensi dell’articolo 85 c.p.c., a svolgere il suo mandato fintanto che non intervenga la sua sostituzione, con il che la circostanza della ridotta o compromessa capacita’ di intendere e di volere del mandante non interferisce affatto: e dunque l’assolutezza del principio poc’anzi ricordato non e’ per nulla scalfita dalla circostanza che la mandante fosse per ipotesi divenuta medio tempore incapace di intendere di volere, visto che cio’ – salvo non dia luogo ad un fenomeno interruttivo fatto valere come tale – non dispiega effetto sull’esecuzione del mandato, che, nei limiti previsti dal citato articolo 85, sopravvive alla revoca e alla rinuncia, fintanto che la revoca o la rinuncia non siano seguite dalla nomina di un nuovo difensore, il quale si trova cosi’ ad operare in perfetta continuita’ con il precedente.
A tal riguardo questa Corte ha avuto modo di affermare che l’articolo 85 c.p.c., dettato al fine di evitare la paralisi del processo ed i possibili pregiudizi a carico dell’una come dell’altra parte, nello stabilire che la revoca e la rinuncia alla procura non hanno effetto nei confronti dell’altra parte finche’ non sia avvenuta la sostituzione del difensore, va interpretato nel senso che fino alla sostituzione il difensore conserva le sue funzioni con riguardo alle vicende del processo sia per quanto riguarda la legittimazione a ricevere gli atti nell’interesse del mandante, sia per quanto riguarda la legittimazione a compiere gli atti nel suo interesse (Cass. 20 ottobre 1989, n. 4226): sicche’, ad esempio, la S.C. ha in quel caso rilevato che il difensore munito di procura che lo abilitava a proporre appello ed a difendere la parte in secondo grado, poteva, pur dopo la revoca implicita del mandato e la successiva rinuncia, compiere gli atti utili alla parte e, quindi, era legittimato a proporre appello (analogo principio, tra le altre, in Cass., Sez. Un., 28 ottobre 1995, n. 11303; Cass. 29 ottobre 1997, n. 10643; Cass. 28 luglio 2010, n. 17649). Ed e’ ovvio che, se il difensore revocato-rinunciante puo’ proporre appello, altrettanto, se non a maggior ragione, puo’ avvalersi dei termini di cui all’articolo 183 c.p.c.. Ed in effetti, cio’, almeno in parte, e’ quanto nella specie effettivamente accaduto, ove si consideri che, secondo quanto riferisce la stessa ricorrente, la revoca risale al 25 marzo 2010, mentre il deposito della prima memoria di cui all’articolo 183 c.p.c., e’ stata effettuata dal difensore revocato il successivo 29 marzo.
Del resto tale congegno di perpetuatio dell’ufficio di difensore revocato o rinunciante trova riscontro anche nel codice deontologico forense, il quale stabilisce all’articolo 32, comma 4, che: “L’avvocato, dopo la rinuncia al mandato, nel rispetto degli obblighi di legge, non e’ responsabile per la mancata successiva assistenza, qualora non sia nominato in tempi ragionevoli altro difensore”, il che sta a significare che egli rimane responsabile dell’adempimento del mandato se non altro fintanto che dalla revoca o dalla rinuncia non sia decorso un adeguato lasso temporale.
Ecco allora che, ancora ad esempio, per effetto del principio della perpetuatio dell’ufficio di difensore revocato o rinunciante: i) erroneamente il giudice dichiara l’improcedibilita’ dell’opposizione a decreto ingiuntivo ai sensi dell’articolo 647 c.p.c., per il fatto che il difensore dell’opponente, dopo l’avvenuta costituzione, abbia rinunciato al mandato senza essere sostituito (Cass. 4 agosto 2005, n. 16336); ii) legittimamente il giudice dichiara la decadenza dalla prova per mancata tempestiva indicazione dei testi benche’ nelle more del decorso del termine fosse stata revocata la procura al difensore e questi non avesse comunicato il termine alla parte (Cass. 28 luglio 2010, n. 17649); iii) legittimamente, in caso di rinunzia al mandato, il giudice nega il rinvio della trattazione della causa, essendo solo in facolta’ del giudice di concederlo, ove ne ravvisi l’opportunita’, qualora la rinunzia sia avvenuta all’udienza o in tempo immediatamente precedente (Cass. 28 maggio 2004, n. 10273, riferita al giudizio di cassazione, ma Cass. 7 aprile 1982, n. 2142, nega tout court la legittimita’ del rinvio motivato dalla revoca o rinuncia al mandato); ma la facolta’ del giudice di rinviare la causa non sussiste se l’udienza e’ destinata all’assunzione di una prova testimoniale, giacche’, a norma dell’articolo 208 c.p.c., se in tale udienza non si presenta la parte che l’ha dedotta, il giudice, sulla precisa istanza della parte comparsa, deve dichiarare la decadenza di quella assente dal diritto di farla assumere (Cass. 9 febbraio 1987, n. 1374); iv) non e’ legittima la richiesta di termini a difesa da parte del nuovo difensore che abbia sostituito quello rinunciante al mandato, ne’ il deposito di “una comparsa di costituzione” ad hoc, trattandosi di atti non previsti dalle norme processuali e non consentiti dalle medesime (Cass. 26 febbraio 1982, n. 1265); v) legittimamente una domanda nuova e’ introdotta in giudizio, nei limiti in cui cio’ e’ possibile, in un’udienza tenuta successivamente alla revoca o rinuncia al mandato e prima della sostituzione del difensore, quantunque il difensore revocato o rinunciante non sia comparso (Cass. 20 febbraio 1992, n. 2091); vi) nessuna efficacia dispiega, nell’ambito del giudizio di cassazione, tanto piu’ perche’ caratterizzato da uno svolgimento per impulso d’ufficio, la sopravvenuta rinuncia che il difensore del ricorrente abbia comunicato alla Corte prima dell’udienza di discussione gia’ fissata (Cass. 8 novembre 2017, n. 26429; Cass. 9 luglio 2009, n. 16121; Cass. 2 marzo 2000, n. 2309; Cass. 14 febbraio 2000, n. 1596); via) legittimamente il giudice disattende la domanda di equa riparazione per l’eccessiva durata di un processo in quanto determinata non gia’ da disfunzioni di sistema, bensi’ da comportamenti negligenti del difensore rinunciante al mandato, dal momento che la rinuncia non comporta di per se’ la perdita dello ius postulandi (Cass. 17 novembre 2006, n. 24507).
Insomma, la rimessione in termini per causa non imputabile, in entrambe le formulazioni che si sono succedute (articoli 184 bis e 153 c.p.c.), postula un fatto impeditivo estraneo alla volonta’ della parte, che presenti i caratteri dell’assolutezza e non della mera difficolta’ e si ponga in rapporto causale determinante con il verificarsi della decadenza (Cass., Sez. Un., 12 febbraio 2019, n. 4135), sicche’ essa non e’ invocabile in un caso come l’attuale, in cui la difesa della parte che abbia revocato il mandato al proprio difensore e’ assicurata da quello stesso difensore, fintanto che la parte stessa non provveda a sostituirlo, e cio’ in ossequio alla previsione di cui all’articolo 85 c.p.c., il quale risponde ad un’esigenza fondamentale del processo, quale quella di impedire che questo abbia ad arrestarsi per effetto della revoca o della rinuncia. Con il che, in definitiva, viene in radice a cadere l’argomento svolto dalla ricorrente, secondo la quale, nella fattispecie considerata, occorrerebbe bilanciare, attraverso la rimessione in termini, l’esigenza di speditezza del processo con il diritto di difesa e di integrita’ del contraddittorio (cosi’ il ricorso a pagina 37), diritto di difesa ed integrita’ del contraddittorio assicurati gia’ dal difensore revocato.
6. – Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

P.Q.M.

 

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