Esistenza di una dichiarazione di pubblica utilità

Corte di Cassazione, sezioni unite civile, Ordinanza 27 novembre 2019, n. 31028.

La massima estrapolata:

L’esistenza di una dichiarazione di pubblica utilità è condizione imprescindibile per ritenere che l’apprensione, l’utilizzazione e l’irreversibile trasformazione del bene in proprietà privata da parte della pubblica amministrazione siano riconducibili a un concreto esercizio del potere autoritativo, quale condizione necessaria per affermare la sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, a norma dell’art. 133, comma 1, lett. g), c.p.a. e tale dichiarazione deve esistere al momento dell’apprensione dei beni privati.

Ordinanza 27 novembre 2019, n. 31028

Data udienza 22 ottobre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente di Sez.

Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sez.

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 32694/2018 proposto da:
COMUNE DI CAMPOBELLO DI LICATA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n. 3271/2015 del TRIBUNALE di AGRIGENTO.
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 22/10/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO PIETRO LAMORGESE;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale IMMACOLATA ZENO, il quale chiede dichiararsi la giurisdizione del giudice ordinario.

RILEVATO

che:
Con atto di citazione del 29 ottobre 2015, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) convenivano in giudizio il Comune di Campobello di Licata dinanzi al Tribunale di Agrigento e ne chiedevano la condanna all’integrale risarcimento del danno per l’occupazione illecita, reputata usurpativa, di aree urbane di loro proprieta’, site nel medesimo Comune, irreversibilmente trasformate e utilizzate come strade adibite a pubblico transito (via (OMISSIS) e via (OMISSIS)), in mancanza di atti formali di occupazione e di esproprio.
Il Comune di Campobello di Licata, costituitosi, eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, in favore del giudice amministrativo, per essere le aree in questione destinate a strada nel Programma di Fabbricazione, approvato dal Comune in data 9 novembre 1979, destinazione reiterata nel Piano Particolareggiato del 1983 e nel Piano Regolatore Generale, divenuto efficace con Delib. Comunale 14 febbraio 2006, la cui approvazione valeva come dichiarazione di pubblica utilita’; nel merito contestava la fondatezza della domanda; quindi ha proposto ricorso per regolamento di giurisdizione, con il quale ha chiesto di dichiarare la giurisdizione del giudice amministrativo.
I signori (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)
hanno resistito con controricorso.

CONSIDERATO

Che:
1.- Vanno preliminarmente respinte le eccezioni, sollevate dai resistenti, di inammissibilita’ del ricorso sia per il profilo della validita’ della procura alle liti che si assume priva del decreto sindacale di incarico che e’, invece, specificamente indicato nella procura, la quale e’ intrinsecamente valida, essendo stata rilasciata dall’organo competente a conferirla, sia per l’asserita preclusione temporale per essere il ricorso ex articolo 41 c.p.c., stato proposto “a istruzione chiusa e pochi giorni prima dell’udienza in cui la causa viene trattenuta per la sentenza” e, quindi, contrariamente a quanto sostenuto, tempestivamente, essendo il ricorso stato proposto dopo la chiusura dell’istruttoria ma prima che la causa sia stata trattenuta in decisione, essendo stata rinviata per la precisazione delle conclusioni (cfr. Cass., sez. un., 29 gennaio 2018, n. 2144; 27 luglio 2016, n. 15539).
2.- Il petitum della pretesa svolta nel giudizio di merito attiene al diritto dei proprietari di aree urbane trasformate in strade comunali di ottenere il risarcimento dei danni, in conseguenza dell’esecuzione dell’opera pubblica, secondo gli attori realizzata al di fuori di una procedura espropriativa, senza una formale immissione in possesso e senza una dichiarazione di pubblica utilita’, essendo i terreni stati illecitamente occupati e trasformati in via di fatto.
Il Comune di Campobello di Licata sostiene, al contrario, che l’opera sarebbe stata realizzata sulla base di una dichiarazione di pubblica utilita’, contenuta nel Programma di Fabbricazione, approvato il 9 novembre 1979, nel Piano Particolareggiato adottato nell’anno 1983 e nel vigente Piano Regolatore Generale, adottato nell’anno 1993 e divenuto efficace nell’anno 2006.
2.1.- L’esistenza di una dichiarazione di pubblica utilita’ e’ condizione imprescindibile per ritenere che l’apprensione, l’utilizzazione e l’irreversibile trasformazione del bene in proprieta’ privata da parte della pubblica amministrazione siano riconducibili ad un concreto esercizio del potere autoritativo, quale condizione necessaria per affermare la sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, a norma dell’articolo 133, comma 1, lettera g), c.p.a. (Cass., sez. un., 17 settembre 2019, n. 23102; 29 gennaio 2018, n. 2145).
La suddetta dichiarazione deve esistere al momento dell’apprensione dei beni privati, sicche’ gli atti pianificatori indicati dal Comune ricorrente, essendo successivi alla occupazione e manipolazione dei beni realizzate nell’anno 1975 (come dedotto dai controricorrenti e non contestato dalla controparte), non sono idonei a dimostrare che l’attivita’ materiale compiuta costituisca manifestazione di un concreto esercizio del potere autoritativo.
Ed infatti, il sacrificio per il diritto del privato puo’ essere giustificato solo nella misura in cui all’attivita’ di costruzione e manipolazione sia attribuito un vincolo di scopo e di rispondenza, in concreto, ai fini pubblici, mediante una rituale (e tempestiva) dichiarazione di pubblica utilita’ (come rilevato sin da Cass., sez. un., 4 marzo 1997, n. 1907).
2.2.- Ad una conclusione diversa non e’ possibile pervenire anche per altre ragioni.
Ed infatti, il programma di fabbricazione, originariamente previsto per i comuni sprovvisti di piano regolatore dalla L. n. 1150 del 1942, articolo 34, non rientra nei piani urbanistici di terzo livello cui dalla legge, in via generale, puo’ essere riconnesso il valore di dichiarazione di pubblica utilita’ (v., Cass. 17 marzo 1997, n. 2324, con riferimento alla Regione Sicilia), atteso che il vincolo di destinazione ad opera pubblica imposto dal programma di fabbricazione non esclude che debba sempre essere valutata (e quindi dichiarata) la pubblica utilita’ dell’opera da realizzare sull’area vincolata, ai fini dell’acquisizione coattiva di quest’ultima (Cons. di Stato, sez. IV, 10 giugno 1987, n. 338).
Le disposizioni del programma di fabbricazione, di regola, si limitano genericamente ad individuare e reperire le aree per i servizi occorrenti, in relazione alla capacita’ insediativa comunale, senza ulteriori specificazioni, ma non introducono vincoli preordinati all’espropriazione, sicche’ per poter legittimamente incidere sulla proprieta’ privata devono tradursi nella dichiarazione di pubblica utilita’ o in provvedimenti ad essa equipollenti, ai fini della realizzazione dell’opera sull’area stessa, come nel caso in cui l’inclusione di un fondo nel programma di fabbricazione sia funzionale all’esecuzione di opere di edilizia economica e popolare (Cass., sez. un., 10 novembre 1980, n. 6016; Cons. di Stato, sez. IV, 11 maggio 1979, n. 318).
Quest’ultima conclusione e’ coerente sia con la previsione di cui alla L. n. 1150 del 1942, articolo 16, che riconnette all’approvazione dei piani particolareggiati (quale non e’ il piano di fabbricazione) il valore della dichiarazione di pubblica utilita’ delle opere ivi previste (cfr. L. 18 aprile 1962, n. 167, articoli 8 e 9), sia con il Decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, articolo 12, comma 1, lettera a), (non applicabile ratione temporis nella fattispecie), che elenca gli atti che comportano la dichiarazione di pubblica utilita’, senza comprendervi il piano di fabbricazione.
La norma di cui dell’articolo 12 citato, comma 1, lettera b), che prevede che l’approvazione di uno strumento urbanistico equivale a dichiarazione di pubblica utilita’ “in base alla normativa vigente”, non stabilisce che l’approvazione di uno strumento di pianificazione, qualunque esso sia, assuma il valore di dichiarazione di pubblica utilita’ implicita, ma si limita ad elencare i casi in cui detta dichiarazione si intende disposta, ricomprendendovi quelli in cui una disposizione ad hoc preveda che l’approvazione di un piano valga come dichiarazione di pubblica utilita’, ma resta fermo che tale effetto dipende dall’esistenza di una disposizione normativa che lo preveda specificamente.
2.3.- Si dovrebbe altrimenti ipotizzare che il programma di fabbricazione contenga la previsione dell’opera pubblica, alla cui approvazione connettere l’effetto implicito proprio della dichiarazione di pubblica utilita’, ma in questa prospettiva (comunque contestata dai controricorrenti) il ricorso avrebbe dovuto illustrare specificamente il contenuto della suddetta previsione progettuale dell’opera pubblica, indicando gli elementi individuanti e caratterizzanti, risultando il ricorso altrimenti privo di specificita’, non consentendo alla Corte di verificarne l’attendibilita’.
2.4.- Il ricorrente riferisce, inoltre, che la previsione dell’opera sarebbe contenuta in un piano particolareggiato adottato, senza precisare se e quando sia stato approvato, ma e’ noto che gli strumenti urbanistici non approvati non consentono la realizzazione delle opere in essi previste, difettando la dichiarazione di p.u., risultando il ricorso anche per tale profilo non specifico, in relazione all’articolo 366 c.p.c., nn. 4 e 6.
3.- Nel caso in esame, pertanto, la domanda risarcitoria investe esclusivamente un comportamento materiale ed illecito dell’ente territoriale, in quanto avulso da un procedimento amministrativo seppure illegittimo, a fronte dell’attivita’ di programmazione invocata dal Comune attraverso generici riferimenti ad atti pianificatori nei quali non e’ riconoscibile una dichiarazione di pubblica utilita’.
4.- Si deve quindi dichiarare – in conformita’ delle conclusioni del pubblico ministero – la giurisdizione del giudice ordinario, che provvedera’ anche sulle spese del presente regolamento, alla luce del principio secondo cui rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le sole controversie, anche di natura risarcitoria, relative alle occupazioni illegittime preordinate all’espropriazione, attuate in presenza di un concreto esercizio del potere ablatorio, riconoscibile come tale in base al procedimento svolto ed alle forme adottate, in consonanza con le norme che lo regolano, sulla base di una rituale dichiarazione di pubblica utilita’, avente ad oggetto l’individuazione e la configurazione dell’opera pubblica sul territorio, cui la condotta materiale successiva, anche se illegittima, si ricollega in senso causale (Cass., sez. un., 16 aprile 2018, n. 9334; 29 gennaio 2018, n. 2145).

P.Q.M.

La Corte dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, avanti al quale rimette le parti, anche per provvedere sulle spese del regolamento.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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