E’ erroneo considerare ‘unitariamente’ il fatto di detenzione di sostanze pesanti e leggere per valutarne la lieve entità

Corte di Cassazione, sezione quarta penale, Sentenza 11 settembre 2018, n. 40294.

  

La massima estrapolata:

E’ erroneo considerare ‘unitariamente’ il fatto di detenzione di sostanze pesanti e leggere per valutarne la lieve entità, in quanto è la lettera della legge ad impegnare ad una valutazione separata delle singole condotte connotate dal peculiare e diverso oggetto materiale, non esistendo più fatti nei quali l’identità tipologica delle sostanze perde capacità connotativa, atteso che a diversa classe di sostanze consegue diverso delitto.

 

Sentenza 11 settembre 2018, n. 40294

 Data udienza 5 giugno 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Patrizia – Presidente

Dott. MENICHETTI Carla – Consigliere

Dott. DOVERE Salvator – rel. Consigliere

Dott. BRUNO Mariarosaria – Consigliere

Dott. PICARDI Francesca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 02/10/2017 della CORTE APPELLO di BARI;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere SALVATORE DOVERE;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore DE MASELLIS MARIELLA che ha concluso per l’inammissibilita’.

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Bari ha confermato la pronuncia emessa nei confronti di (OMISSIS) dal Tribunale di Bari, con la quale questi e’ stato giudicato responsabile del reato di cui all’articolo 73, comma 1, Testo Unico Stup., in relazione alla illecita detenzione di 4,10 grammi di cocaina, e del reato di cui all’articolo 73, comma 4, Testo Unico Stup., in relazione alla detenzione di 135 grammi di marijuana e di 90 grammi di hashish, e condannato alla pena di tre anni e sei mesi di reclusione e 14.000,00 Euro di multa, con statuizioni accessorie.

Avverso tale decisione ricorre per cassazione l’imputato a mezzo del difensore di fiducia, avv. (OMISSIS), quale sostituto processuale dell’avv. (OMISSIS).

2.1. Con un primo motivo deduce violazione di legge in relazione all’articolo 73, comma 1, Testo Unico Stup..

Ad avviso dell’esponente la Corte di Appello non ha vagliato adeguatamente gli elementi di fatto essenziali alla corretta qualificazione giuridica della condotta dell’imputato. Questi e’ soggetto in stato di tossicofilia perdurante e conclamata e le modalita’ di detenzione delle diverse sostanze dimostrano che solo le droghe leggere erano destinate allo spaccio.

2.2. Con un secondo motivo lamenta che la Corte di Appello abbia reso motivazione manifestamente contraddittoria laddove da un verso nega la frazionabilita’ delle condotte – unendole quindi sotto il vincolo della continuazione – e poi le unifica per negare che il fatto vanno ricondotto all’articolo 73, comma 5, Testo Unico Stup.. Il quale deve essere riconosciuto anche per l’assenza di organizzazione nell’attivita’ e il ridotto valore economico di essa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ fondato nei termini di seguito precisati.

Il primo motivo non e’ consentito, risolvendosi nella prospettazione di una alternativa valutazione della prova. Giova rammentare che in materia di stupefacenti, la valutazione in ordine alla destinazione della droga, ogni qualvolta la condotta non appaia indicativa della immediatezza del consumo, deve essere effettuata dal giudice di merito tenendo conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto, secondo parametri di apprezzamento sindacabili in sede di legittimita’ soltanto sotto il profilo della mancanza o della manifesta illogicita’ della motivazione (Sez. 4, n. 7191 del 11/01/2018 – dep. 14/02/2018, Gjoka, Rv. 272463).

Orbene, la Corte di Appello ha posto in evidenza come l’uso personale fosse escluso dalla modalita’ di custodia dello stupefacente, suddiviso e riposto in piu’ luoghi; tale motivazione, che si salda con quella del Tribunale (trattandosi di cd. doppia conforme: Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013 – dep. 04/11/2013, Argentieri, Rv. 257595), che aveva gia’ posto in risalto l’entita’ del complessivo dato ponderale, la diversita’ delle tipologie di sostanza detenuta e lo stato di disoccupazione dello (OMISSIS), non risulta manifestamente illogica ed e’ resa anche in replica esplicita alla dedotta condizione di tossicodipendente.

Il secondo motivo e’ fondato.

4.1. La Corte di Appello ha escluso l’ipotesi del fatto di lieve entita’ quanto alla detenzione illecita delle droghe cd. leggere in ragione del dato ponderale. Si tratta di una corretta applicazione dell’insegnamento di questa Corte, per il quale in tema di detenzione illecita di sostanze stupefacenti, qualora il dato ponderale sia, in se’, compatibile tanto con le previsioni di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, commi 1 e 2 quanto con quella autonoma, “lieve”, di cui al comma 5, medesimo art., il giudice deve in motivazione specificare quali altri elementi consentano di qualificare il fatto nell’una o nell’altra ipotesi di reato (Sez. 6, n. 45694 del 28/09/2016 – dep. 28/10/2016, Zuccaro, Rv. 268293). Nel caso di specie si e’ in presenza di 172 dosi di marijuana e di 93 dosi di hashish, per “765 dosi al consumo”; quantitativi da soli espressivi della non lieve offensivita’ dei fatti.

Tuttavia, quanto alla detenzione della cocaina, ammontante a 13 “quantita’” (dalle quali erano ricavabili 43 dosi medie), gia’ il Tribunale aveva escluso l’ipotesi del fatto lieve richiamandosi al principio secondo il quale, ai fini del riconoscimento dell’ipotesi lieve prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, articolo 73, comma 5, quando ricorre la contestuale detenzione spazio-temporale di sostanze stupefacenti di diversa natura, deve effettuarsi un’unica, complessiva valutazione della condotta illecita (Sez. 4, n. 28561 del 25/05/2016 – dep. 08/07/2016, Zuccaro, Rv. 267438). Anche la Corte di Appello ha aderito a tale interpretazione, prospettando la necessita’ di una valutazione unitaria delle condotte di detenzione delle diverse sostanze stupefacenti “non solo in quanto contestuali, ma altresi’ in quanto la norma di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5 non distingue tra le diverse tipologie di stupefacente”.

Tali affermazioni non risultano persuasive.

In effetti i giudici di merito si sono posti in consonanza a quel filone interpretativo, per il quale allorquando la detenzione illecita attiene a sostanze di tipo diverso, la lieve entita’ del fatto deve essere se non esclusa sic et simpliciter (in tal senso In tema di stupefacenti, l’attenuante del fatto di lieve entita’, di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, (Sez. 4, n. 6624 del 15/12/2016 – dep. 13/02/2017, Bevilacqua, Rv. 269130; Sez. 3, n. 26205 del 05/06/2015 – dep. 22/06/2015, P.M. in proc. Khalfi, Rv. 264065; Sez. 3, n. 47671 del 09/10/2014 – dep. 19/11/2014, Cichetti, Rv. 261161), quanto meno valutata alla luce di una valutazione unitaria delle sostanze detenute o cedute (oltre alla pronuncia gia’ citata, Sez. 3, n. 6824 del 04/12/2014 – dep. 17/02/2015, P.G. in proc. Masella, Rv. 262483).

Si rinviene il fondamento di tale principio nell’affermazione, rammentata anche dalla Corte di Appello, che l’articolo 73, comma 5 non distinguerebbe tra le diverse tipologie.

Ma si tratta di affermazione che non persuade e che sembra essere frutto di una lettura della disposizione oggi vigente influenzata e distorta da quella che si era consolidata prima che la disciplina degli stupefacenti venisse profondamente innovata tra il 2013 ed il 2014 per mano del legislatore e della Corte costituzionale.

Infatti, nella vigenza del testo dell‘articolo 73 Testo Unico Stup. introdotto dal Decreto Legge 30 dicembre 2005, n. 272, conv. in L. 21 febbraio 2006, n. 49, l’enunciato del comma 5 (“quando, per i mezzi, per la modalita’ o le circostanze dell’azione ovvero per la qualita’ e la quantita’ delle sostanze, i fatti previsti dal presente articolo sono di lieve entita’…”) poteva legittimamente essere interpretato come espressivo dell’indifferenza del legislatore alla diversita’ delle sostanze, giacche’ “i fatti previsti dal presente art.” (e cio’ le molteplici condotte descritte nei commi da 1 a 4) non distinguevano tra droghe pesanti e droghe leggere, prevedendo un medesimo trattamento sanzionatorio quale che fosse l’oggetto materiale del reato. Anche la natura della fattispecie, di circostanza attenuante dei fatti basici, convergeva verso l’elisione di ogni rilevanza della diversa tipologia della sostanza ai fini della qualificazione del fatto.

Ma la nuova locuzione “chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente articolo che, per i mezzi, la modalita’ o le circostanze dell’azione ovvero per la qualita’ e quantita’ delle sostanze, e’ di lieve entita’…”, risulta oggi correlata a fatti che assumono una identita’ peculiare proprio in ragione della differente natura dell’oggetto materiale del reato. Come hanno puntualizzato anche le Sezioni Unite, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014, “deve considerarsi pienamente vigente l’originario testo del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, menzionato articolo 73 derivante dalla L. 26 giugno 1990, n. 162, articolo 14 caratterizzato da una netta distinzione della risposta sanzionatoria, a seconda che le condotte illecite abbiano ad oggetto le cosiddette droghe pesanti, inserite nelle tabelle 1 e 3, per le quali e’ prevista al comma 1 la reclusione da otto a venti anni e la multa da Euro 25.822 a Euro 258.228, ovvero le droghe cosiddette leggere, previste nelle tabelle 2 e 4, punite al comma 4 con la reclusione da due a sei anni e con la multa da Euro 5.164 a Euro 77.468” (Sez. U, n. 33040 del 26/02/2015 – dep. 28/07/2015, Jazouli, Rv. 264206).

Ne deriva che i “fatti previsti dal presente articolo” sono rappresentati da fatti che danno luogo a delitti diversi a seconda della sostanza trattata. Ne consegue che la lieve entita’ va ricercata e riferita in relazione a ciascuno dei fatti commessi, aventi autonomia giuridica alla stregua dell’articolo 73, commi da 1 a 4.

E’ quindi la lettera della legge ad impegnare ad una valutazione separata delle singole condotte connotate dal peculiare e diverso oggetto materiale; si ripete, non esistono piu’ fatti nei quali l’identita’ tipologica delle sostanze perde capacita’ connotativa; a diversa classe di sostanze consegue diverso delitto. La perpetuazione della tecnica legislativa del richiamo sintetico ai fatti non puo’ far smarrire il mutamento sostanziale che ha riguardato le fattispecie tipiche.

4.2. Calando tali premesse nel caso che occupa, risulta palese che e’ erroneo considerare “unitariamente” il fatto di detenzione di sostanze pesanti e leggere per valutarne la lieve entita’. Si tratta di reati distinti, per ciascuno dei quali va operato quel giudizio.

Cio’ non significa che la contestuale detenzione di altra tipologia di sostanza, in piccola o in grande quantita’, non possa avere una qualche rilevanza anche ai fini dei quali ci si sta occupando. Ma e’ necessario che venga resa motivazione sulle ragioni per le quali la contestuale detenzione di altre sostanze e quindi la commissione di altro delitto si riflette sulla misura dell’offensivita’ del delitto che e’ esaminato; valutazione che deve filtrare dai fattori che il comma 5 considera (mezzi, la modalita’ o le circostanze dell’azione ovvero per la qualita’ e quantita’ delle sostanze), dai quali rimangano estranei i profili soggettivi dell’autore dei fatti (in tal senso, Sez. 6, n. 21612 del 29/04/2014 – dep. 27/05/2014, Villari e altro, Rv. 259233, con riferimento ai precedenti penali del reo; Sez. 6, n. 8243 del 12/12/2017 – dep. 20/02/2018, Scardia, Rv. 272378). Il giudice di merito deve quindi chiedersi se e in che modo, rifluendo sui mezzi, sulle modalita’ e sulle circostanze dell’azione, la contestuale detenzione di altre sostanze sia in grado di esprimere una incidenza sulla entita’ dell’offesa del delitto in considerazione, tanto da imporre un’escursione sulla scala del pregiudizio del bene tutelato. Solo se sapra’ rispondere all’interrogativo potra’ affermare che la codetenzione influenza la lievita’ di una o di entrambe le condotte in esame.

La Corte di Appello, quindi, ha fatto errata applicazione dell’articolo 73, comma 5 quando ha ritenuto di dover escludere la lieve entita’ del fatto avente ad oggetto la cocaina “perche’ la valutazione frazionata delle condotte non e’ consentita” in quanto l’articolo 73, comma 5 non distinguerebbe tra le diverse tipologie di sostanze.

D’altro canto, la manifesta illogicita’ della motivazione improntata a tale principio e’ chiaramente rilevabile: dapprima si valutano unitariamente le condotte per escludere la lieve entita’, quindi le si considera autonome per applicare l’istituto della continuazione.

4.3. Ne consegue l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Bari per nuovo giudizio, informato ai principi qui espressi.

P.Q.M.

annulla la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Bari per nuovo giudizio.

 

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *