Corte di Cassazione

Suprema Corte di Cassazione

Sezioni Unite

sentenza 2 febbraio 2016, n. 1915

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Primo Pres.te f.f.

Dott. RORDORF Renato – Presidente di Sez.

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di Sez.

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Consigliere

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23062-2008 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), per delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 469/39/2007 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL LAZIO – Sezione distaccata di LATINA, depositata il 29/06/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 01/12/2015 dal Consigliere Dott. AURELIO CAPPABIANCA;

uditi gli avvocati (OMISSIS) dell’Avvocatura Generale dello Stato (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL CORE Sergio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

(OMISSIS) s.r.l. propose ricorso avverso cartella, con la quale – in esito al controllo della dichiarazione i.v.a. presentata per l’anno 1998 – le era stato richiesto il pagamento dell’imposta non versata per effetto dell’applicazione del regime dell'”i.v.a. di gruppo”. Cio’, in base al rilievo che detta societa’ risultava controllata dalla s.n.c. (OMISSIS), che deteneva il 98% del relativo capitale sociale, e sul presupposto che il Decreto Ministeriale 13 dicembre 1979, n. 11065 e la circolare ministeriale 28.8.1986 n. 16/360711 escludono l’applicabilita’ del regime dell'”i.v.a. di gruppo” nel caso in cui la societa’ controllante sia societa’ di persone.

L’adita commissione provinciale respinse il ricorso, con decisione che, in esito all’appello della societa’ contribuente, fu, tuttavia, riformata dalla commissione regionale.

In particolare, i giudici di appello, assunto che, ai fini considerati, la normativa i.v.a. postula una nozione di “gruppo” diversa da quella di cui all’articolo 2359 c.c., nego’ che vi fossero valide ragioni giuridiche per ritenere il regime dell'”i.v.a. di gruppo” inapplicabile in caso di controllante societa’ di persone.

Avverso la decisione di appello, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione in due motivi.

Con il primo motivo – deducendo violazione di legge in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 73 ed al Decreto Ministeriale 13 dicembre 1979, n. 11065, articoli 1 e 2 – l’Agenzia, formulando corrispondente quesito di diritto, ha censurato la decisione impugnata per aver i giudici di appello omesso di considerare che l’applicazione della disciplina di cui alle norme evocate, e specificamente di quella di cui al Decreto Ministeriale 13 dicembre 1979, n. 11065, articolo 2, presuppone necessariamente che tanto le societa’ controllate quanto la societa’ controllante siano societa’ di capitali.

Con il secondo mezzo, l’Agenzia ha denunciato contraddittorieta’ ed illogicita’ della motivazione, nella parte in cui la decisione impugnata supporta il convincimento che l’applicazione del regime dell'”iva di gruppo” non presuppone necessariamente che la societa’ controllante sia societa’ di capitali con il rilievo che le nozioni di “controllo” e di “gruppo”, prese in considerazione ai fini di detto regime, non coincide con quelle previste dall’articolo 2395 c.c..

La societa’ intimata ha resistito con controricorso.

Fissato per la discussione, a seguito di ordinanza interlocutoria della quinta sezione civile (ord. 11.451/14), il ricorso e’ stato rimesso a queste Sezioni unite per l’esame di questione di massima di particolare importanza.

Entrambe le parti hanno depositato memoria ex articolo 378 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

I – La questione rimessa e la sua prospettazione.

La questione rimessa all’esame di queste Sezioni unite investe il punto centrale della controversia, concernendo il se il particolare regime i.v.a. previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 73, comma 3, con riguardo alla cd. “i.v.a. di gruppo”, trovi applicazione solo nell’ipotesi in cui la societa’ controllante sia societa’ di capitali ovvero anche nel caso in cui la societa’ controllante sia societa’ di persone.

L’ordinanza di rimessione rileva che, mentre la normativa primaria e quella secondaria di riferimento (Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 73, comma 3, e Decreto Ministeriale 13 dicembre 1979, n. 11065) sono, in proposito, caratterizzate dall’uso di locuzione, “ente o societa’ controllante”, che non si qualifica per la necessaria esclusione delle societa’ di persone dall’ambito di applicazione della sua previsione, la circolare ministeriale 28.2.1986 n. 16/360711, seguita da alcune risoluzioni dell’Agenzia (21.2.2005 n. 22/E e 6.11.2002 n. 347/E), nega recisamente che il regime dell'”i.v.a. di gruppo” possa trovare applicazione quando la societa’ controllante presenti la veste di societa’ di persone; e, peraltro, che indicazioni contraddittorie si riscontrano nelle istruzioni per la liquidazione dell’i.v.a. periodica ed in quelle per le dichiarazione annuale.

Cio’ posto e ritenuto che, sul tema, non puo’ essere d’aiuto il diritto dell’Unione europea, l’ordinanza, in assenza di precedenti di legittimita’ anche a sezione semplice, ravvisa nella problematica in rassegna questione di massima di particolare importanza, sottolineandone, peraltro, l’interdipendenza con quella concernente l’applicabilita’ della liquidazione dell'”i.v.a. di gruppo” in riferimento a societa’ controllate che siano societa’ di persone.

2 – Il quadro normativo di riferimento.

1. Il diritto comunitario.

La disciplina dell'”i.v.a. di gruppo” e’ stata introdotta dall’articolo 4, par. 4, della sesta direttiva i.v.a. (direttiva del Consiglio 17.5.1977 n. 77/388/CE), il cui contenuto (“… ogni Stato membro ha la facolta’ di considerare come unico soggetto passivo le persone residenti all’interno del paese che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate tra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi”) e’ stato poi, nella sostanza, riprodotto nell’articolo 11, comma 1, della attuale direttiva i.v.a. (direttiva del Consiglio 28.11.2006 n. 2006/112/CE).

La menzionata disciplina e’ ispirata ad un criterio di tassazione “di gruppo”, implicante il superamento degli schermi giuridici determinati dalle distinte soggettivita’, attraverso la costituzione del “gruppo” in unico soggetto passivo dell’imposta, e, con esso, il consolidamento degli imponibili.

2. La normativa nazionale.

2.1 La normativa primaria.

La disciplina nazionale dell'”i.v.a. di gruppo” e’ primariamente tracciata dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 73, comma 3, (come sostituito dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 24 del 1979, articolo 1).

La disposizione recita: “Il Ministro delle finanze puo’ disporre con propri decreti, stabilendo le relative modalita’, che le dichiarazioni delle societa’ controllate siano presentate dall’ente o societa’ controllante all’Ufficio del proprio domicilio fiscale e che i versamenti di cui agli articoli 21, 30 e 33 siano fatti all’Ufficio stesso per l’ammontare complessivamente dovuto dall’ente o dalla societa’ controllante e dalle societa’ controllate, al netto delle eccedenze detraibili”. Ribadita, quanto alle eccedenze suddette, la soggezione alla previsione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 30 e rimarcata espressamente la persistenza degli obblighi e della responsabilita’ delle societa’ controllate, l’ultimo periodo del comma in rassegna stabilisce, poi, che “si considera controllata la societa’ le cui azioni o quote sono possedute dall’altra per oltre la meta’ fin dall’inizio dell’anno solare precedente”.

Demandandone la concreta attuazione a decreto ministeriale, la norma riportata prevede (e regola nelle sue linee essenziali) l’istituzione di un particolare meccanismo di assolvimento dell’i.v.a., peraltro facoltativo, comportante la perdita da parte delle societa’ controllate della disponibilita’ dei rispettivi saldi i.v.a. ed il trasferimento dei relativi crediti e debiti d’imposta alla societa’ controllante, cosi’ da consentire a quest’ultima (capofila) di compensare, con operazione algebrica, i saldi a credito o a debito risultanti dalle liquidazioni periodiche e dalle dichiarazioni annuali proprie e delle societa’ partecipate e di restare, cosi’, l’unico soggetto legittimato al versamento ovvero ad effettuare la scelta annuale tra il rimborso o l’accredito nell’anno successivo dell’eccedenza detraibile del gruppo.

L’utilizzo dell’indicato strumento – che realizza un consolidamento dei crediti e dei debiti di imposta delle partecipanti al gruppo – comporta il vantaggio, di natura eminentemente finanziaria (e, negli effetti, non dissimile da quello che assicura la cd. “procedura di rimborso accelerato” di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 38 bis, comma 2: cfr. Cass. 4843/15, 28692/05), consistente nella possibilita’ di ottenere un sollecito rimborso dei crediti i.v.a. vantati da una (o da alcune) delle societa’ del gruppo, mediante compensazione con l’eventuale i.v.a. a debito di altra (o altre) societa’ del gruppo medesimo (v. Cass. 12768/06); di tal che, mediante liquidazione unitaria, si evita che, all’interno dello stesso gruppo, le societa’ “a debito” debbano immediatamente versare l’imposta e le societa’ “a credito”, siano, invece, costrette ad attendere i tempi, non celeri, del rimborso ordinario.

2.2 La normativa secondaria.

Nel dare attuazione alla sopra riportata disposizione, il Decreto Ministeriale 13 dicembre 1979, n. 11065 (modificato dai DD.MM. 21 ottobre 1988 e 18 dicembre 1989) circoscrive testualmente il novero delle societa’ controllate ammesse alla fruizione della liquidazione “di gruppo” alle sole “societa’ per azioni, in accomandita per azione e a responsabilita’ limitata” e, dunque, alle sole societa’ di capitali (v. l’articolo 2, comma 1); e puntualizza, poi (v. l’articolo 2, comma 2) che “le societa’ controllanti a loro volta controllate da un’altra societa’ possono avvalersi della facolta’ prevista dal presente decreto soltanto se la societa’ che le controlla rinuncia ad avvalersene”.

All’articolo 6, il d.m. dispone, inoltre, che “le societa’ controllate rispondono in solido con l’ente o societa’ controllante delle somme o imposte risultanti dalle proprie liquidazioni periodiche o dalle proprie dichiarazioni e non versate dall’ente o societa’ controllante”. Ed, altresi’, prescrive (mediante rinvio ricettizio alla norma del Decreto del Presidente della Repubblica: cfr. Cass. 28692/05) che le eccedenze di crediti d’imposta, risultanti dalle dichiarazioni di alcune societa’ del gruppo, compensate in tutto o in parte con somme che avrebbero dovuto essere versate dalle altre societa’ del gruppo medesimo devono essere garantite secondo “le disposizioni del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 38 bis”: vale a dire mediante cauzione o fideiussione, prestata dalla societa’ il cui credito sia stato estinto, la quale, in assenza di garanzia, e’ tenuta a versare l’importo corrispondente alle eccedenze di credito compensate nel termine di presentazione della dichiarazione.

3 – Raffronto delle normative europea e nazionale.

1. Differenze.

I dati normativi sopra riportati rivelano che il regime dell'”i.v.a. di gruppo” definito dall’ordinamento nazionale – riducendosi ad una procedura di mera liquidazione del tributo, in quanto, in ottica di mera consolidazione dei debiti e dei crediti d’imposta, caratterizzato dal mantenimento della soggettivita’ passiva delle singole societa’ partecipanti al gruppo e dalla limitazione degli affetti semplificativi al trasferimento dei saldi d’imposta al fine della loro compensazione ad opera della societa’ capogruppo (value added tax group) – non si uniforma a quello delineato nel sistema comunitario, che, nella prospettiva di consolidazione degli imponibili, comporta, invece, ben piu’ pregnante unificazione a livello soggettivo (value added tax consolidation).

2. Segue: effetti.

La discrepanza non comporta, di per se’, profili d’illegittimita’ della disciplina nazionale per incompatibilita’ con quella comunitaria.

L’articolo 4, par. 4, della sesta direttiva i.v.a. (“… ogni Stato membro ha la facolta’ di considerare come unico soggetto passivo…”) e, quindi, l’articolo 11, comma 1, della attuale direttiva i.v.a. (“… ogni Stato membro puo’ considerare come unico soggetto passivo…”) non sono, infatti, disposizioni di diretta applicazione nell’ordinamento interno, giacche’, in proposito, essi, prevedono in capo agli stati membri, non un obbligo, ma solo una facolta’ di attuazione, da esercitarsi mediante specifico atto normativo di trasposizione. E (come precisato da Corte giust. 22.5.2008, in causa C-162/07, Ampliscientifica e Cass. 6105/09), ad onta di alcune espressioni verbali, tale trasposizione non e’ ravvisabile nella previsione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 73, comma 3, (modificato dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 24 del 1979, articolo 1) ed al Decreto Ministeriale 13 dicembre 1979, n. 11065, giacche’ lo Stato italiano non ha adempiuto le formalita’ procedimentali all’uopo prescritte e non e’ inserito nell’elenco comunitario dei Paesi che hanno applicato la direttiva; ne’ e’ successivamente avvenuta, posto che, solo con la Legge n. 24 del 2014, articolo 13, comma 1, lettera b, e’ stata conferita delega al Governo per il recepimento dell’11 della direttiva 2006/112/Ce.

Se ne deve, quindi, inferire che, come puntualmente rilevato dall’ordinanza interlocutoria, la richiamata normativa europea, non potendo essere utilmente invocata al fine dell’applicazione del regime della liquidazione “di gruppo” in situazioni non corrispondenti alla previsione della normativa interna, non e’ di alcun ausilio ai fini della risoluzione del questione rimessa.

4 – La questione proposta e l’ordinamento nazionale.

Alla luce di quanto esposto in precedenza, la questione rimessa a queste Sezioni unite va, dunque, risolta alla stregua del solo diritto nazionale, che, in proposito (v. p. 2 – 2.), offre, tuttavia, spunti dissonanti.

Invero, il Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 73, comma 3, (come modificato dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 24 del 1979, articolo 1), delinea l’ambito soggettivo della disposta disciplina dell'”i.v.a. di gruppo” mediante l’uso locuzioni, “societa’ controllate” e “ente o societa’ controllante”, che, univocamente, non escludono dal novero dei soggetti ammessi alla fruizione del particolare regime, con riguardo sia alla categoria dei soggetti controllati sia a quella dei soggetti controllanti, le societa’ di persone; rientrando queste, a pieno titolo, nella nozione legislativa di “societa’” e di “ente”.

La normativa secondaria di attuazione della disposizione in precedenza richiamata, costituita dal Decreto Ministeriale 13 dicembre 1979 – mentre, quanto al soggetto controllante, ripropone, in ogni articolazione, la generica qualificazione (“ente o societa’ controllante”) propria del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 – circoscrive, per converso, il campo delle societa’ controllate rilevanti ai fini della disciplina dell'”i.v.a. di gruppo” alle sole societa’ di capitali (“societa’ per azioni, in accomandita per azione e a responsabilita’ limitata”). Peraltro, secondo la circolare ministeriale 28.2.1986, n. 16/360711, il Decreto Ministeriale 13 dicembre 1979, articolo 2 – nel limitare, al comma 1, l’ambito delle societa’ controllate rilevanti ai fini considerati alle sole societa’ di capitali e, nel contempo, prevedendo, al comma 2, che dette societa’ controllate possono, a loro volta, assumere la veste di societa’ controllanti altre societa’ – lascerebbe “chiaramente intendere che entrambe debbono assumere la veste di societa’ di capitali”.

5 – Coordinamento dei dati normativi interni.

1. – Premesse generali.

Al fine del superamento delle antinomie del riportato quadro disciplinare, e’ utile premettere che le circolari amministrative – non citate dall’articolo 1 disp. gen. (che, dopo leggi e regolamenti al terzo posto contemplava le “norme corporative” e al quarto tuttora contempla gli “usi”) – non hanno natura normativa ne’ costituiscono fonti del diritto. Esse sono atti interni dell’Amministrazione, destinati ad indirizzare e disciplinare in modo uniforme l’attivita’ degli organi della medesima e, in quanto tali, non possono prevalere ne’ sulle disposizioni regolamentari ne’, tanto meno, su norme di legge (cfr., tra le altre, Cass. 14816/14, 16612/08, ss.uu. 23031/07).

Mette conto, poi, rilevare che, nel nostro ordinamento, il rapporto tra le varie fonti di produzione del diritto (nella specie: legge e Decreto Ministeriale d’attuazione) e’, per il profilo che qui rileva, regolato in termini di gerarchia.

Infatti, l’articolo 1 disp. gen. recita che “sono fonti del diritto: 1) le leggi; 2) i regolamenti;…”; e, sotto la rubrica “Limiti della disciplina regolamentare”), il successivo articolo 4 puntualizza che “i regolamenti non possono contenere norme contrarie alle disposizioni delle leggi”.

Ne discende che, quando regolano la stessa materia, i regolamenti sono gerarchicamente subordinati alle leggi, le quali, in caso di contrasto, prevalgono (v., tra le altre, Cass. 258/09, 10693/07); mentre, per quanto detto in precedenza, le circolari non possono mai prevale ne’ sulle leggi ne’ sui regolamenti.

2. – L’elemento testuale, con riferimento alla societa’ controllante.

Ferme le riportate premesse teoriche, l’approfondimento della questione specificamente devoluta impone, in primo luogo, di rilevare che, non diversamente dalla norma primaria di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 73, comma 3, anche la norma secondaria di cui al Decreto Ministeriale 13 dicembre 1979, articolo 2, non contempla, ai fini dell’applicazione del regime dell'”iva di gruppo”, alcuna testuale diretta esclusione delle societa’ di persone dal novero dei soggetti controllanti, giacche’ egualmente qualificano la relativa categoria con la non discriminante locuzione “ente o societa’ controllante”.

L’esclusione delle societa’ di persone dall’ambito dei soggetti controllanti rilevanti ai fini considerati non puo’, d’altro canto, desumersi (come propone la circolare 28.2.1986, n. 16/360711), in base al rilievo che – limitando, al comma 1, l’applicazione del regime dell'”iva di gruppo” alle sole societa’ controllate che siano societa’ di capitali e, nel contempo, prevedendo, al comma 2, che dette societa’ controllate possono, a loro volta, assumere la veste di societa’ controllanti altre societa’ – il Decreto Ministeriale 13 dicembre 1979, articolo 2 lascerebbe “chiaramente intendere” che sia le societa’ controllate sia la societa’ controllante debbono necessariamente assumere la veste di societa’ di capitali.

Infatti, la circostanza che le societa’ controllate (che, secondo il primo comma della norma secondaria, devono necessariamente essere societa’ di capitali) possono, ai sensi del secondo comma della disposizione, assumere, a loro volta, la veste di societa’ controllanti altre societa’ non conduce alla conseguenza che, anche le societa’ controllanti, debbono inevitabilmente essere societa’ di capitali, giacche’, tra premessa e conseguenza che se ne trae, manca qualsiasi rapporto di interdipendenza logica.

Deve, dunque, concludersi che, in base ai rispettivi dati testuali, ne’ la norma primaria, prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 73 comma 3, ne’ quella secondaria, di cui al Decreto Ministeriale 13 dicembre 1979, articolo 2, escludono l’applicabilita’ del regime dell'”iva di gruppo” ove la societa’ controllante abbia natura di societa’ di persone.

3. – L’elemento testuale e le societa’ controllate.

Come si e’ visto (cfr. p. 4 e la circ. 28.2.1986 n. 16/360711), la tesi secondo cui il regime dell'”iva di gruppo” non e’ applicabile quando la societa’ controllante sia una di societa’ di persone e’ sostenuta in base ad una (non condivisa: v. precedente n. 3) lettura sistematico-estensiva della previsione al Decreto Ministeriale 13 dicembre 1979, articolo 2, comma 1, laddove testualmente esclude dal regime dell'”iva di gruppo” le societa’ controllate che non presentino natura di societa’ di capitali.

Cio’ posto, non puo’ trascurarsi di considerare ulteriormente che, nella parte in cui definisce la societa’ controllata rilevante ai fini della disciplina dell'”i.v.a. di gruppo” quale societa’ necessariamente di capitali, la disposizione attuativa di cui al Decreto Ministeriale 13 dicembre 1979, articolo 2, restringendo l’ambito di applicazione dell’istituto disciplinato rispetto a quello delineato dalla legge, rivela profili di contraddizione con la normativa primaria, suscettibili di risoluzione, in via di disapplicazione, in base al richiamato (v. il precedente n. 1.) criterio della gerarchia delle fonti, alla stregua del quale, come si e’ visto, la norma secondaria non puo’ mai prevalere sul dato legislativo e sull’interpretazione che se ne ricava; con la conseguenza che il sillogismo su cui si fonda la tesi qui criticata, ancor prima che per il motivo indicato al precedente n. 2, cade per l’inconsistenza della premessa principale.

Deve, invero, rilevarsi che, in forza della previsione del primo periodo, il Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 73, comma 3, attribuisce alla norma secondaria solo il potere di stabilire il “se” introdurre il regime di “liquidazione di gruppo” e di determinare, in tal caso, le “modalita’” delle dichiarazioni e dei versamenti, ma non anche quello di alterarne l’ambito di applicazione soggettiva come da essa normativa primaria determinato, operandovi discriminazioni, giacche’, come pure prospetta l’ordinanza di rimessione, cio’ implica opzioni esorbitanti l’incidenza sulle meramente strumentali “modalita’ ” di dichiarazione e di versamento e, dunque, fuori delega.

4. – L’elemento finalistico.

L’esclusione delle societa’ di persone dal novero delle societa’ controllanti ammesse al regime dell'”iva di gruppo” di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 73, comma 3 non appare, peraltro, giustificabile in funzione di argomenti di ordine finalistico.

In tale prospettiva, a sostegno della tesi secondo cui la liquidazione “dell’i.v.a. di gruppo” e’ limitata alle societa’ di capitali, viene solitamente dedotto che solo siffatta impostazione e’ coerente con la disciplina del consolidato fiscale nazionale ed, inoltre, che la limitazione, essendo la contabilita’ delle societa’ di capitali piu’ rigorosa rispetto a quella delle societa’ di persone, varrebbe ad ostacolare fenomeni di frode.

Gli esposti rilievi non sono decisivi.

In proposito, occorre rilevare che il fenomeno della tassazione “di gruppo” in materia di imposte dirette di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 117 (cd. “consolidato nazionale”) non e’ comparabile a quello della liquidazione “dell’i.v.a. di gruppo”, giacche’, oltre a riguardare un differente prelievo tributario e ad essere diversamente strutturato, incide su soggetti, consolidanti e consolidati, specificamente individuati a termini di legge in base a criteri affatto diversi e presuppone, inoltre, una del tutto difforme nozione di “controllo” (cfr. la previsione del combinato disposto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articoli 117 e 120 e articolo 73, comma 1, lettera a, b, d, nonche’ articolo 2359 c.c., in tema di tassazione “di gruppo” in materia di imposte dirette, in rapporto a quella del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 73, comma 3, in tema di tassazione “di gruppo” in materia di i.v.a.).

Deve, poi, osservarsi che – mentre gli adempimenti di contabilita’ a fini i.v.a. non presentano differenze in funzione della natura del soggetto d’imposta – il Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 73, comma 3, ha corredato il

regime dell'”i.v.a. di gruppo” di presidi atti a contrastarne il possibile uso a finalita’ elusiva o evasiva (cfr. Cass. 12786/06), e, oltre che attraverso l’espressa enunciazione della persistenza di obblighi e responsabilita’ in capo alla societa’ il cui debito d’imposta risulti estinto nell’ambito della compensazione “di gruppo”, ha ritenuto di doverlo fare (v. l’ultima parte del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 73, comma 3, nelle versioni via via succedutesi) con precipuo riferimento all’ambito temporale d’applicazione del regime piuttosto che in funzione delle pure caratteristiche soggettive del contribuente (“si considera controllata la societa’ le cui azioni o quote sono possedute dall’altra per oltre la meta’ fin dall’inizio dell’anno solare precedente”). E va, peraltro, considerato che (con cio’ confermando l’assimilazione, nelle finalita’, dell'”iva di gruppo” alla “procedura di rimborso anticipato”: cfr. p. 2 – 2.1) il Decreto Ministeriale 13 dicembre 1979, n. 11065, articolo 6, questa volta nei limiti della demandata definizione delle “modalita’” operative del regime, impone, a carico della societa’ il cui credito sia stato estinto, di adottare – per le eccedenze di credito delle societa’ controllate ovvero della societa’ controllante compensate in tutto o in parte con le somme che societa’ controllate ovvero societa’ controllante avrebbero dovuto versare – di quella medesima garanzia che il Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 38-bis prescrive per l’ipotesi di rimborso accelerato del credito iva.

Anche alla luce della ricorrenza degli indicati presidi, non puo’, infine, omettersi di sottolineare che, una disparita’ di trattamento delle societa’ di persone, nell’ambito dei soggetti collettivi ammessi al regine dell'”i.v.a. di gruppo”, difficilmente potrebbe sottrarsi al rilievo di operare – in rapporto al vantaggio (ancorche’ solo finanziario) scaturente dalla possibilita’ di adesione a detto regime – una discriminazione, che, non trovando giustificazione in alcun concreto interesse pubblico da tutelare, incide indebitamente sull’esigenza di parita’ di trattamento tra soggetti che egualmente operano nel medesimo mercato.

5 – Alla stregua delle considerazioni che precedono, la questione proposta va risolta nel senso che il particolare regime i.v.a. previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 73, comma 3, con riguardo all'”i.v.a. di gruppo”, trova applicazione anche nell’ipotesi in cui la societa’ controllante sia societa’ di persone.

Poiche’ la decisione impugnata e’ aderente all’affermato principio – ed attesa l’inammissibilita’

del secondo mezzo (sintetizzato in narrativa), in quanto vizio di motivazione in diritto non denunciabile come motivo di ricorso per cassazione ex articolo 360 c.p.c., n. 5 (cfr. Cass. 28663/13, ss.uu. 28054/08, 8612/06) e, peraltro, formulato in violazione delle prescrizioni di cui all’articolo 366 bis c.p.c. (applicabile ratione temporis) – s’impone il rigetto del ricorso dell’Agenzia.

Considerati la natura della controversia, i contraddittori profili normativi e la novita’ della questione (almeno a livello di giurisprudenza di legittimita’), si ravvisano le condizioni per disporre l’integrale compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

la Corte, a sezioni unite, respinge il ricorso; compensa le spese.

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