Corte di Cassazione

Suprema Corte di Cassazione

sezioni unite

sentenza 17 settembre 2015, n. 18217

Svolgimento del processo

Con sentenza del 12 giugno 2013 il Consiglio di Stato ha confermato la sentenza n. 4607 del 2013 del Tar che aveva declinato la giurisdizione sulla domanda della King Bet s.r.l. di annullamento, per violazione dell’art. 2, comma 2, della legge n. 73 del 2010 in mancanza di proporzionalità e ragionevolezza della sanzione, anche alla luce dell’art. 2, comma 2, del d.l. n. 40 del 2010, ed eccesso di potere, dei provvedimenti dell’amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato con i quali era stato chiesto a detta società, a norma dell’art. 26 della convenzione del 28 marzo 2007 di concessione per la raccolta dei giochi pubblici – ai sensi dell’art. 38 D.L. n. 223 del 2006, convertito nella legge n. 248 del 2006 – il versamento di penali ed interessi per il ritardato pagamento, negli anni 2007-2008, dei flussi finanziari di cui all’art. 14, comma 5, della medesima convenzione.
In particolare il Consiglio di Stato, richiamando la sentenza della Corte Costituzionale n. 204 del 2004 e la giurisprudenza della cassazione e dello stesso Consiglio secondo cui la giurisdizione si determina in base al petitum sostanziale, ha ritenuto che l’art. 2, comma 2 della legge n. 73 del 2010 – per effetto del quale gli adeguamenti convenzionali per inadempimento colposo delle obbligazioni del concessionario devono assicurare l’effettività di clausole idonee a garantire l’introduzione di sanzioni patrimoniali, nel rispetto dei principi di ragionevolezza, proporzionalità e non automaticità, graduandole in funzione della gravità dell’inadempimento – è norma programmatica per il riallineamento delle pregresse convenzioni ed è perciò inapplicabile agli inadempimenti alla convenzione del 2007, verificatisi nel 2007 – 2008, per il principio tempus regit actum, sanzionabili secondo criteri predeterminati e predeterminabili nell’an e nel quantum della medesima convenzione, senza intermediazione del potere pubblico. Inoltre – continua il Consiglio di Stato – l’attività di raccolta delle scommesse e di organizzazione/esercizio di concorsi pronostici, riservata allo Stato e ad altre amministrazioni, costituisce un servizio pubblico suscettibile di concessione, disciplinato dall’art. 33 del Dl.gs. n. 80 del 1998, trasfuso nell’art. 7 della legge n. 205 del 2000 e poi nell’art. 133 cod. proc. amm., assoggettata alla giurisdizione esclusiva del g.a., mentre restano assoggettate alla giurisdizione del g.o. le controversie in materia di indennità, canoni e altri corrispettivi o aspetti patrimoniali, tra cui penali e interessi per il ritardato pagamento dei flussi finanziari (art. 14, comma 5 della precitata convenzione). Correttamente perciò il Tar aveva escluso che con la clausola contestata – precitato art. 26 della convenzione del 2007 – la P.A. avesse esercitato un potere autoritativo, essendo invece paritetico ed avente ad oggetto corrispettivi accessori predeterminati/predeterminabili, non necessitanti perciò sia per l’an che per il quantum dell’intermediazione del potere pubblico e senza che al riguardo incidessero né l’annullamento parziale del provvedimento da parte della P.A., essendo stato soltanto rettificato il quantum contabilizzato e non essendo stato avviato a tal fine nessun procedimento modificativo rilevante ai sensi dell’art. 11 della legge n. 241 del 1990, né l’impugnazione del silenzio – rifiuto dell’amministrazione sull’istanza di revoca del provvedimento, ovvero il diniego opposto alla richiesta modifica, non avendo tali atti “effetti traslativi” della giurisdizione.
Avverso questa sentenza ricorre la King Bet s.r.l. cui resistono l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ed il Ministero delle Finanze. Le parti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione

1.- La ricorrente premette che con il provvedimento prot. 80361 del 7 novembre 2012 l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato chiese il versamento di saldi, penali e interessi per il preteso ritardato versamento di flussi finanziari di cui all’art. 14, comma 5, della convenzione di concessione per la raccolta di giochi pubblici ai sensi dell’art. 38 del D.L. n. 248 del 2006, ed in particolare dei saldi settimanali di cui agli artt. 2 e 3 del decreto direttoriale dell’8 agosto 2007, oltre interessi fino al 22 febbraio 2010, pur non sussistendo alcun termine di verifica della rendicontazione. Pertanto la ricorrente impugnò sia il silenzio – rigetto dell’amministrazione sull’istanza del 10 dicembre 2012, sia la convenzione del 28 marzo 2007, in particolare l’art. 26 – “Penali e Sanzioni”- che al comma 2 – lett. b)- prevede, per il ritardato versamento delle vincite e dei rimborsi, una penale del 10% dell’importo complessivo non versato e – lett. c) – per il ritardato versamento degli ulteriori importi dovuti all’amministrazione sulla base dei provvedimenti vigenti sui flussi finanziari, prevede una penale del 5% degli importi stessi per ogni giorno di ritardo. Peraltro in data 10 settembre 2009 ai sensi dell’art. 1 bis del D.L. n. 149 del 2008, convertito nella legge n. 184 del 2008, come modificato dall’art. 2, commi 49 e 50 della legge n. 203 del 2008, la ricorrente aveva sottoscritto altra convenzione che stabiliva, nel caso di inadempimento ai predetti obblighi, una penale variabile dall’1% al 10% e dall’1% al 5% e lo schema integrativo sottoscritto per effetto della legge n. 88 del 2009 in data 7 luglio 2011 prevedeva – art. 19 – per il ritardato versamento di saldi quindicinali di cui all’art. 11 comma 2, l’applicazione di una penale fino al 10%. Quindi per i ritardati pagamenti dell’anno 2007 l’amministrazione chiese, con provvedimento emesso a seguito di rettifica, il pagamento di penali per complessivi Euro 3.515,08 e per l’anno 2008 Euro 1.658.593,85. La legge n. 220 del 2010, successivamente intervenuta per disciplinare la materia prevede all’art. 1 commi 77, 78 e 79 l’aggiornamento, entro 180 giorni dall’entrata in vigore della stessa delle convenzioni in atto e la stipula di convenzioni accessive anche per la graduazione delle penali in funzione della gravità dell’inadempimento e nel rispetto dei principi di proporzionalità ed effettività della sanzione, ed infatti l’amministrazione nel 2012 aveva ottenuto dal Consiglio di Stato parere favorevole sul nuovo schema di convenzione il cui art. 22 recepisce detti criteri. Le penali applicate alla ricorrente – che peraltro si è aggiudicata altre 200 concessioni a norma del D.L. n. 16 del 2012 – non sono affatto conformi a detti criteri ed infatti per ritardi di ridotta entità, dovuti a problemi tecnici di contabilizzazione e senza un apprezzabile danno per l’amministrazione, le penali sono superiori del 500% all’aggio conseguito per l’intero anno 2008 e solo in parte la sua istanza di rettifica in autotutela è stata accolta.
1.1- Tanto premesso, deduce: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 133 comma 1, lett. a) n. 2 e lett. c) c.p.a.. Difetto di giurisdizione del g.o.” e lamenta che il Consiglio di Stato non ha considerato che era stato impugnato l’art. 26 della convenzione del 2007 per contrasto con lo jus supeveniens e con i principi contenuti nelle leggi nn. 220 del 2010 e 44 del 2012. Tali doglianze sono riconducibili al rapporto concessorio e quindi spettano alla giurisdizione amministrativa in quanto il petitum sostanziale è l’annullamento della clausola n. 26 in violazione del tetto massimo del 10% – e dunque l’irrogazione di penali da parte della P.A. è attività discrezionale – e dei principi di proporzionalità della penale, come disposto anche dall’art. 2, comma 2 della legge n. 73 del 2010 che recepisce una direttiva Europea. Ed infatti la stessa Corte Costituzionale nella sentenza n. 204 del 2004 ha escluso la giurisdizione del G.O. se l’attività della P.A. è valutativa e non di accertamento tecnico, ovvero se il contratto di servizio è un accordo sostitutivo di provvedimento amministrativo in quanto ha le caratteristiche di esser manifestazione di potestà e volontà amministrativa (potere conformativo – autoritativo della P.A.); nella convenzione sono contemplati provvedimenti amministrativi – sospensione, revoca, decadenza della convenzione – secondo il procedimento di cui alla legge n. 241 del 1990, sì che le controversie attinenti all’esecuzione di esso appartengono al g.a. Inoltre l’accordo integrativo del luglio 2011 sostituiva quello del 2007 e in esso le penali sono fissate soltanto nel massimo e perciò l’amministrazione doveva sottoporre il rapporto, anche per la fase precedente, alla disciplina convenzionale successiva. Infine anche il Tar e il Consiglio di Stato in controversie analoghe hanno riconosciuto la propria giurisdizione.
1.2- Specifica in controricorso l’amministrazione che con il provvedimento impugnato n. 80361 del 7 novembre 2012 ha sanzionato gli inadempimenti del 2008 alla convenzione del marzo 2007 secondo i predeterminati criteri contenuti nei decreti direttoriali delle competenti amministrazioni del giugno e dell’agosto del 2007 e successivamente del 2009 che, nell’abrogare i precedenti decreti, semplificò le modalità gestionali dei flussi finanziari prevedendo una rendicontazione mensile delle c.d. quote di prelievo – saldi – anziché settimanale. Infatti il decreto del 2009 dispone che il concessionario versi il saldo mensile unificato dei concorsi pronostici sportivi e delle scommesse a totalizzatore entro l’undicesimo giorno successivo alla chiusura dell’ultima settimana contabile del mese di riferimento e il ritardato pagamento in base alla convenzione del 2007 (artt. 14, comma 5, e 26) comporta una penale del 5% dell’importo non versato per ogni giorno di ritardo e fino al quindicesimo. Specifica ancora la P.A. che le penali sono predeterminate nell’ambito di un potere paritetico con il concessionario e non tutelano interessi generali, ma sono inquadrabili nei corrispettivi. Ed infatti la convenzione di concessione è un contratto tipo da inquadrare nel contratto per adesione e le clausole sono predeterminative del danno in caso di inadempimento (art. 1382 c.c.) e rafforzative del vincolo contrattuale, e sono state accettate ai sensi dell’art. 1341 c.c. L’atto integrativo richiamato dalla ricorrente è invece ininfluente essendo stato sottoscritto per la raccolta del gioco a distanza, né la stessa ha sottoscritto la convenzione accessiva per l’adeguamento della convenzione del 2007 secondo i canoni di cui all’art. 1 comma 78 della legge n. 220 del 2010 e all’art. 3 della legge n. 136 del 2010 che prevedono penali secondo i principi di gravità dell’inadempimento e proporzionalità ed adeguatezza, e dunque la disciplina convenzionale previgente resta in vigore.
Il motivo di ricorso è infondato.
1.3 – La rubrica dell’art. 14 della convenzione del 2007 per l’affidamento in concessione dell’esercizio dei giochi pubblici – art. 38, comma 2, della legge n. 248 del 2006 – è del seguente tenore: “Responsabilità economica e adempimenti economico – finanziari del concessionario”. Detta norma al quinto comma dispone: “Il concessionario è tenuto ad osservare le modalità di gestione dei flussi finanziari definite dai provvedimenti che disciplinano ciascuno dei giochi pubblici, nonché gli altri provvedimenti adottati da AAMS”. L’art. 26 – “Penali e sanzioni” – al comma 1 specifica che, fermi i casi di revoca, decadenza e sospensione, dopo la formale contestazione al concessionario, si applicano le penali dai commi da 2 a 6 che non esonerano il concessionario da responsabilità civile verso i terzi. Al secondo comma stabilisce che, nel caso di inadempimento agli obblighi relativi alle attività e funzioni oggetto di concessione, ed in particolare per il ritardato versamento degli importi dovuti ad AAMS sulla base dei provvedimenti vigenti sui flussi finanziari, ulteriori rispetto al canone di concessione, è applicata la penale pari al 5% per il ritardato versamento degli importi stessi per ogni giorno di ritardo fino al 15esimo (lett. c). Quindi al danno da ritardo nell’adempimento del versamento dei flussi finanziari è applicata una penale predeterminata convenzionalmente.
1.4- Queste Sezioni Unite – sentenza n. 3874 del 2002, e successive, tra cui recentemente S.U. n. 12902 del 2013, in motivazione – hanno già affermato il principio secondo il quale la giurisdizione spetta al g.o. allorché si discute della interpretazione di una clausola convenzionale che regola l’adempimento della obbligazione del concessionario di versare una somma a titolo di penale in conseguenza dell’inadempimento di altra clausola contrattuale avente carattere pecuniario, e senza che abbia rilievo, ai fini di tale giurisdizione, che la domanda possa implicare modificazioni di provvedimenti autoritativi dell’amministrazione, trattandosi di questione influente sotto il diverso profilo dei limiti interni delle attribuzioni del giudice ordinario (S.U. del 1997 n. 9500), al quale “appartengono le controversie concernenti l’interpretazione dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto” – e quindi anche la non imputabilità dell’inadempimento, quale ragione di esonero di responsabilità, ai sensi dell’art. 1218 cod. civ., ed espressione del diritto soggettivo del privato all’integrità del patrimonio – “nonché quelle rivolte ad accertarne le condizioni di validità e di efficacia e ad ottenerne la declaratoria di nullità o inefficacia, ovvero l’annullamento, posto che anche esse hanno ad oggetto il rapporto privatistico discendente dal negozio e che gli eventuali vizi di questo devono essere esaminati, esclusivamente dal giudice ordinario, competente a conoscerne l’intera disciplina (Cass. sez. un. 7578/2009; n. 27169/2007; n. 20504/2006; n. 2012/5446)”.
1.5- Nella specie va in particolare evidenziato che l’amministrazione pubblica non ha esercitato alcun potere di commisurazione della penale al caso concreto adeguandola alla gravità della violazione o alle condizioni soggettive dell’autore e perciò non ha espresso alcun giudizio sugli interessi pubblici e patrimoniali tutelati dalla clausola che sia suscettivo di censura per vizio di legittimità, ma, verificatosi l’inadempimento o l’inesatto adempimento del pagamento delle somme dovute dal concessionario, si è limitata ad applicare quanto convenzionalmente stabilito per rendere eseguibile l’obbligazione dovuta a titolo di penale. Né può influire sulla giurisdizione la natura dell’interesse sotteso alla predisposizione della clausola contestata, e cioè la regolarità dei flussi finanziari pubblici, essendo convenzionalmente escluso il potere dell’amministrazione di scegliere la misura in cui ripristinare l’alterazione economica determinata dall’inadempimento, già convenzionalmente predeterminata in funzione sia ripristinatoria, sia preventivo – rafforzativa della tutela ed essendo inapplicabile la legge del 2010 n. 220 in quanto l’inadempimento è avvenuto prima della sua emanazione.
Pertanto, essendo il provvedimento impugnato vincolato all’esistenza dei presupposti convenzionalmente disciplinati per la sua emanazione – si che il connotato autoritativo è soltanto la formazione di un titolo esecutivo – ed il contenuto patrimoniale predeterminato, non è configurabile nessun sindacato giurisdizionale amministrativo sull’esercizio della funzione pubblica nel corso dell’esecuzione del rapporto concessorio (art. 134, comma 1, lett. c) c.p.a.).
1.6 – Conclusivamente quindi il ricorso va respinto. Le spese giudiziali seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo a favore dei resistenti, in solido. Sussistono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 per il versamento del doppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte di cassazione, a Sezioni Unite, rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente a pagare le spese del giudizio di cassazione che liquida, a favore dei resistenti in solido, in Euro 11.200 di cui Euro 11.000 per compensi, oltre spese generali e accessori di legge. Da atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 per il versamento del doppio del contributo unificato.

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