Nell’ipotesi di riforma in senso assolutorio di una sentenza di condanna, il giudice di appello non ha l’obbligo di rinnovare I’istruzione dibattimentale mediante riesame dei soggetti che hanno reso dichiarazioni ritenute decisive ai fini della condanna di primo grado.

Corte di Cassazione, sezioni unite penali, sentenza 3 aprile 2018, n. 14800.

Nell’ipotesi di riforma in senso assolutorio di una sentenza di condanna, il giudice di appello non ha l’obbligo di rinnovare l’istruzione dibattimentale mediante l’esame dei soggetti che hanno reso dichiarazioni ritenute decisive ai fini della condanna di primo grado. Tuttavia, il giudice di appello (previa, ove occorra, rinnovazione della prova dichiarativa ritenuta decisiva ai sensi dell’articolo 603 c.p.p.) e’ tenuto ad offrire una motivazione puntuale e adeguata della sentenza assolutoria, dando una razionale giustificazione della difforme conclusione adottata rispetto a quella del giudice di primo grado

Sentenza 3 aprile 2018, n. 14800
Data udienza 21 dicembre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE PENALI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CANZIO Giovanni – Presidente

Dott. IPPOLITO Francesco – Consigliere

Dott. CONTI Giovanni – Consigliere

Dott. DE CRESCIENZO Ugo – Consigliere

Dott. VESSICHELLI Maria – Consigliere

Dott. RAMACCI Luca – Consigliere

Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere

Dott. MONTAGNI Andrea – Consigliere

Dott. DE AMICIS Gaeta – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Napoli;
nel procedimento nei confronti di:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 28/03/2017 della Corte di assise di appello di Napoli;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del Componente Dr. Gaetano De Amicis;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato generale Dr. Stabile Carmine, che ha concluso per l’annullamento con rinvio;
uditi i difensori delle parti civili, avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), che hanno concluso per l’annullamento con rinvio;
uditi i difensori dell’imputato, avvocati (OMISSIS) ed (OMISSIS), che hanno concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 28 marzo 2017 la Corte di assise di appello di Napoli ha riformato quella di primo grado assolvendo (OMISSIS) dalle imputazioni di concorso in omicidio pluriaggravato ai sensi degli articoli 81, 110 e 575 c.p., articolo 577 c.p., comma 1, n. 3, articolo 61 c.p., comma 1, n. 1, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 (capo A) e di concorso in detenzione e porto d’arma comune da sparo, aggravati ai sensi dell’articolo 110 c.p., L. n. 895 del 1967, articoli 2, 4 e 7, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 (capo B), per non avere commesso il fatto, nonche’ dal reato di riciclaggio aggravato ai sensi dell’articolo 648-bis c.p. e Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 (capo C), perche’ il fatto non sussiste.
1.1. All’esito del giudizio di primo grado la Corte di assise di Napoli aveva dichiarato la responsabilita’ del (OMISSIS) in ordine ai reati ascrittigli e, unificati gli stessi sotto il vincolo della continuazione, lo aveva condannato alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno per il periodo di un anno, oltre alle sanzioni interdittive previste dalla legge e al risarcimento dei danni in favore delle parti civili. La Corte fondava il proprio convincimento essenzialmente sulle dichiarazioni testimoniali rese da due agenti di polizia giudiziaria e da un collaboratore di giustizia che avevano riconosciuto nell’imputato il soggetto ritratto nelle immagini estrapolate da un sistema di videosorveglianza attivato sul luogo dell’omicidio.
1.2. La Corte di assise di appello, senza procedere ad una nuova assunzione delle prove dichiarative raccolte nel primo giudizio, ha assolto l’imputato dopo aver disposto una perizia tecnica il cui esito ha escluso la possibilita’ di giungere alla identificazione della persona ripresa in un filmato utilizzato per i riconoscimenti precedentemente operati da due agenti di polizia giudiziaria e da un collaboratore di giustizia.
2. Il Procuratore generale presso la Corte di appello di Napoli ha proposto ricorso avverso la pronuncia assolutoria, deducendo il vizio di erronea applicazione della legge penale con riferimento all’articolo 192 c.p.p., comma 2, sul rilievo che una corretta valutazione dei dati indiziari avrebbe condotto ad una conferma della decisione di condanna.
3. L’Ufficio per l’esame preliminare dei ricorsi presso la Prima Sezione penale ha segnalato il ricorso al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, prospettando un potenziale contrasto giurisprudenziale tra l’orientamento della Seconda Sezione (sentenza n. 41571 del 20/06/2017, Marchetta) e i principi affermati dalle Sezioni Unite nelle sentenze n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta, e n. 18620 del 19/01/2017, Patalano, riguardo alla necessita’ o meno di rinnovazione dell’assunzione della prova dichiarativa in appello in caso di riforma in senso assolutorio della sentenza di primo grado.
Con la sentenza Marchetta la Seconda Sezione ha affermato che l’obbligo di riassumere la prova orale nel dibattimento d’appello, con riferimento alle dichiarazioni rese dalla persona offesa, sussiste anche nel caso in cui s’intenda ribaltare il giudizio di condanna pronunciato in primo grado ed assolvere l’imputato che ha proposto impugnazione.
Nella sentenza Dasgupta, invece, le Sezioni Unite hanno ritenuto che l’obbligo di rinnovazione istruttoria della prova dichiarativa decisiva non sussiste nel caso di riforma in senso assolutorio della sentenza di condanna di primo grado.
4. Il Primo Presidente ha assegnato il ricorso alle Sezioni Unite e ne ha disposto la trattazione per l’odierna udienza pubblica.
5. I difensori delle parti civili hanno fatto propri gli argomenti esposti nel ricorso, ponendo in rilievo l’erroneo governo delle regole di acquisizione e valutazione delle prove dichiarative raccolte nel giudizio di primo grado, per avere la Corte di assise di appello effettuato un controllo peritale antropometrico, visivo ed ambientale senza procedere alla rinnovazione delle qualificate testimonianze sulla cui valutazione di piena ‘ incideva quel tipo di controllo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La questione di diritto per la quale il ricorso e’ stato assegnato alle Sezioni Unite puo’ sinteticamente riassumersi nei termini di seguito indicati:
“Se il giudice di appello, investito della impugnazione dell’imputato avverso la sentenza di condanna con cui si deduce la erronea valutazione della prova dichiarativa, possa pervenire alla riforma della decisione impugnata, nel senso della assoluzione, senza procedere alla rinnovazione dell’istruzione dibattimentale mediante l’esame dei soggetti che hanno reso dichiarazioni ritenute decisive ai fini della condanna di primo grado”.
2. Il tema della rinnovazione dibattimentale del giudizio di appello in presenza di una diversa valutazione di prove orali decisive e’ stato gia’ affrontato in linea generale da questa Corte, che ha affermato il principio secondo cui la previsione contenuta nell’articolo 6, par. 3, lettera d), CEDU implica che il giudice di appello, investito della impugnazione del p.m. avverso la sentenza di assoluzione di primo grado, anche se emessa all’esito di giudizio abbreviato, con cui si adduca una erronea valutazione delle prove dichiarative, non puo’ riformare la sentenza impugnata affermando la responsabilita’ penale dell’imputato, senza avere proceduto, anche d’ufficio, ai sensi dell’articolo 603 c.p.p., comma 3, a rinnovare l’istruzione dibattimentale attraverso l’esame dei soggetti che abbiano reso dichiarazioni ritenute decisive ai fini del giudizio assolutorio di primo grado (Sez. U, n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta, Rv. 267487).
La Corte ha successivamente ribadito tale principio con riferimento al giudizio abbreviato (Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano, Rv. 269785), stabilendo che e’ affetta da vizio di motivazione, per mancato rispetto del canone di giudizio “al di la’ di ogni ragionevole dubbio”, la sentenza di appello che, su impugnazione del pubblico ministero, affermi la responsabilita’ dell’imputato, in riforma di una sentenza assolutoria emessa all’esito di un giudizio abbreviato non condizionato, operando una diversa valutazione di prove dichiarative ritenute decisive, senza che nel giudizio di appello si sia proceduto all’esame delle persone che abbiano reso tali dichiarazioni.
La linea interpretativa tracciata con le richiamate pronunce poggia su una considerazione che assume un rilievo centrale nella ricostruzione dei tratti fondamentali del sistema processuale penale: mentre il ribaltamento in senso assolutorio del giudizio di condanna, operato dal giudice di appello pur senza procedere alla rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, e’ perfettamente in linea con il principio della presunzione di innocenza, presidiata dai criteri di giudizio di cui all’articolo 533 c.p.p., diversamente e’ da dire nell’ipotesi inversa.
E’ l’introduzione del canone “al di la’ di ogni ragionevole dubbio”, inserito nell’articolo 533 c.p.p., comma 1, ad opera della L. 20 febbraio 2006, n. 46 (ma gia’ individuato quale inderogabile regola di giudizio da Sez. U, n. 30328 del 10/07/2002, Franzese, Rv. 222139), ad aver guidato la giurisprudenza, nel senso che per la riforma di una sentenza assolutoria nel giudizio di appello non basta, in mancanza di elementi sopravvenuti, una mera diversa valutazione del materiale probatorio gia’ acquisito in primo grado ed ivi ritenuto inidoneo a giustificare una pronuncia di colpevolezza, ma occorre invece una “forza persuasiva superiore”, tale da far venire meno “ogni ragionevole dubbio”.
La condanna, infatti, come incisivamente notato da Sez. 6, n. 40159 del 03/11/2011, Galante, Rv. 251066 “presuppone la certezza della colpevolezza, mentre l’assoluzione non presuppone la certezza dell’innocenza ma la mera non certezza della colpevolezza”.
Nella valutazione degli elementi di prova, dunque, e’ lo stretto collegamento fra la regola del “ragionevole dubbio” e il principio costituzionale della presunzione di innocenza ad imporre al giudice d’appello il rispetto di un piu’ elevato standard argomentativo per la riforma di una sentenza assolutoria.

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