Nell’ipotesi di riforma in senso assolutorio di una sentenza di condanna, il giudice di appello non ha l’obbligo di rinnovare I’istruzione dibattimentale mediante riesame dei soggetti che hanno reso dichiarazioni ritenute decisive ai fini della condanna di primo grado.

segue pagina antecedente
[…]

9. Alla stregua del principio di diritto su enunciato puo’ ora procedersi all’esame dei motivi dedotti a sostegno del ricorso.
9.1. Le accuse principali mosse all’imputato sono quelle di aver cagionato la morte di (OMISSIS) in concorso con persone rimaste non identificate, esplodendo quattro colpi di arma da fuoco che lo attingevano mortalmente alla testa (capi A e B). Sono state inoltre contestate al (OMISSIS) le aggravanti di aver agito con premeditazione e per motivi abietti, al fine di agevolare le attivita’ dell’organizzazione camorristica denominata “clan Polverino” e di affermarne la supremazia territoriale in Marano e nei Comuni limitrofi.
Ulteriore imputazione mossa al (OMISSIS) e’ quella di riciclaggio, enucleata nel capo C, per aver compiuto operazioni volte ad ostacolare la identificazione della provenienza delittuosa di una somma di denaro pari ad Euro 4.500, rinvenuta in suo possesso al momento dell’arresto.
9.2. La sentenza di condanna pronunciata all’esito del giudizio di primo grado si fondava sia sulle dichiarazioni testimoniali di due agenti di polizia giudiziaria che avevano riconosciuto nell’imputato la persona ritratta nelle immagini di un sistema di videosorveglianza presente sul luogo dell’omicidio, sia sulle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia che aveva effettuato analogo riconoscimento, oltre a fornire elementi di conoscenza utili alla ricostruzione della vicenda oggetto del tema d’accusa, caratterizzata dal fatto di essere maturata all’interno di un contesto criminale di natura camorristica.
Ulteriori elementi indiziari a carico dell’imputato venivano desunti dai risultati di talune intercettazioni e dall’analisi dei dati offerti dai tabulati telefonici.
9.3. In accoglimento dell’appello proposto dall’imputato la Corte di assise di appello di Napoli, senza rinnovare le prove dichiarative, lo ha assolto a seguito di una perizia tecnica il cui esito ha escluso la possibilita’ di identificare la persona oggetto dei precedenti riconoscimenti, avuto riguardo alla insufficienza di elementi di comparazione antropometrica, per il fatto che il soggetto raffigurato nelle immagini relative al luogo e al tempo dell’omicidio indossava un casco con visiera ed un giubbotto antiproiettile che ne camuffavano sia il volto che la corporatura.
Sulla base di tali risultanze, ritenuta l’oggettiva inaffidabilita’ dei predetti riconoscimenti e l’insufficienza degli altri elementi indiziari acquisiti agli atti, la sentenza di appello ha escluso che vi fossero elementi di prova certi sia in ordine alla presenza dell’imputato nel luogo ove si e’ verificato l’omicidio, sia in relazione alla provenienza illecita delle somme di denaro oggetto del delitto di riciclaggio e all’inserimento del (OMISSIS) nell’organizzazione di stampo camorristico denominata “clan Polverino”.
9.4. Nel ricorso proposto dal Procuratore generale di Napoli viene ricostruito il quadro degli elementi indiziari emersi a carico dell’imputato e vengono contestate le conclusioni cui e’ pervenuto il giudice di appello deducendo i seguenti vizi di motivazione: a) l’attendibilita’ del riconoscimento effettuato sui fotogrammi del sistema di videoregistrazione, in momenti diversi e in maniera indipendente l’una dall’altra, sia da due carabinieri, che dal collaboratore di giustizia (OMISSIS); b) l’allontanamento immotivato dell’imputato subito dopo l’evento omicidiario e nei giorni immediatamente successivi, avendo il (OMISSIS) interrotto ogni contatto con i suoi prossimi congiunti, ed in particolare con la moglie, all’epoca incinta, senza alcuna spiegazione diversa da quella relativa alla necessita’ di sottrarsi agli accertamenti investigativi per il timore di essere riconosciuto dalle persone presenti nel caseificio al momento del fatto; c) il contenuto indiziario di un’espressione pronunziata dall’imputato e fatta oggetto di un’intercettazione ambientale del 19 marzo 2012, con la quale egli dichiarava al suo interlocutore – con una esclamazione improvvisa e veemente, frutto di rammarico e risentimento – che la pronta reazione del (OMISSIS) e la sua repentina fuga avevano scompaginato i piani dell’assassino, costringendolo ad inseguire la vittima in altro luogo, chiuso e controllato dalle telecamere, cio’ che avrebbe potuto consentire un suo riconoscimento; d) la compatibilita’, con la statura del (OMISSIS), degli accertamenti antropometrici eseguiti sulle immagini relative al giorno dell’omicidio; e) l’accertata militanza del (OMISSIS) all’interno del “clan (OMISSIS)” e la sua assidua presenza nel luogo ove gli esponenti di tale sodalizio si davano convegno; f) l’attualita’ del movente, legato all’interesse del “clan (OMISSIS)” di eliminare il (OMISSIS) per l’esistenza di una pregressa, e non ancora onorata, esposizione debitoria nei confronti di (OMISSIS), membro di una famiglia di Marano in buoni rapporti con le famiglie (OMISSIS) e (OMISSIS), come emerso dal contenuto di un’intercettazione disposta nel 2009 sulle utenze telefoniche del padre della persona offesa, (OMISSIS).
9.5. Il ricorso e’ inammissibile perche’ aspecificamente formulato.
La sentenza impugnata si e’ ampiamente confrontata con le argomentazioni di segno contrario esposte nella decisione di primo grado ed ha compiutamente analizzato ciascuno degli elementi di fatto ivi ritenuti dimostrativi della colpevolezza dell’imputato, prendendo in esame e confutando, sulla base di un percorso motivazionale congruamente articolato ed immune da vizi logico-giuridici rilevanti nel giudizio di legittimita’, le medesime censure ed obiezioni dal ricorrente poi riproposte in questa sede.
In particolare, la Corte territoriale ha specificamente valutato le risultanze dell’accertamento peritale, ponendo in rilievo una serie di elementi a discarico rispetto ai quali il ricorrente ha omesso di sviluppare qualsiasi confronto critico-argomentativo: 1) la scarsa qualita’ delle immagini e l’assenza di elementi marcatori dell’identita’ del soggetto raffigurato nei fotogrammi, con la conseguente impossibilita’ di rilevare, nei tratti identificativi dell’individuo ripreso, alcun elemento caratteristico idoneo alla comparazione con la persona dell’imputato; 2) l’impossibilita’ di eseguire i confronti antropometrici fra le immagini dell’assassino, ripreso il 6 dicembre 2012, e le fotografie dell’imputato, atteso che la presenza di un casco con visiera e di un giubbotto antiproiettile impediva di rilevarne e descriverne compiutamente le caratteristiche del volto e la corporatura; 3) l’assenza, nel riconoscimento operato dai testimoni, di qualsiasi elemento di riferimento preciso ed univoco, tale da consentire una idonea visione di riscontro nelle immagini disponibili; 4) l’inaffidabilita’ oggettiva sia dei riconoscimenti effettuati dai carabinieri – per la impossibilita’ di vedere, sia pure approssimativamente, i tratti del volto del soggetto ripreso nelle immagini – sia di quello successivamente effettuato dal collaboratore di giustizia, per l’assenza di qualsiasi rilevante indicazione in merito ai dati marcatori della identita’ della persona sottopostagli in visione, tenuto conto della ridottissima durata delle immagini e dell’assenza di utili inquadrature dalle quali poter desumere anche solo la postura e le ordinarie movenze del soggetto; 5) la conseguente irrilevanza dell’elemento di compatibilita’ antropometrica riguardante la sola statura, anche in ragione della genericita’ di tale dato identificativo rispetto all’altezza media della popolazione adulta.
La decisione impugnata ha quindi esaminato il quadro offerto dai restanti elementi indiziari, e segnatamente: a) i dati relativi agli accertamenti dattiloscopici effettuati sui frammenti di impronta papillare estratti sulla scena del delitto, escludendo che gli stessi potessero fornire alcun elemento utile a fini identificativi; b) il contenuto delle conversazioni oggetto di intercettazione valorizzate sia dal giudice di primo grado che dall’odierno ricorrente ai fini della individuazione del (OMISSIS) quale autore dell’omicidio -, confermando, sulla base della risultanze di una perizia fonica, la riferibilita’ a quest’ultimo della voce di uno degli interlocutori, ma escludendo al contempo, con argomenti esaustivamente illustrati ed immuni da vizi logici, che le espressioni utilizzate nel colloquio intercettato potessero considerarsi idonee ad integrare una sorta di confessione stragiudiziale, sia per il contesto in cui vennero pronunziate e per il loro contenuto semantico, limitato alla mera indicazione del luogo ove il (OMISSIS) avrebbe dovuto essere ucciso, sia per la possibilita’ di individuare valide spiegazioni causali alternative di tale circostanza di fatto; c) gli ulteriori dati indiziari emersi da talune conversazioni e dai tabulati telefonici relativi alle utenze dell’imputato e della moglie, escludendo con adeguata motivazione che il comportamento tenuto dall’imputato nella fase temporale successiva alla realizzazione del delitto fosse riconducibile con certezza all’intento di sfuggire a mirate azioni di ricerca messe in atto, proprio nei suoi confronti, dagli organi inquirenti; d) l’assenza, nelle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia, di concreti e precisi riferimenti alla responsabilita’ dell’imputato per quel che attiene alla genesi ed alla materiale esecuzione dell’omicidio, nonche’ in merito alla sua concreta affiliazione al “clan (OMISSIS)”; e) l’incerta individuazione del movente dell’omicidio, in quanto riferibile, eventualmente, solo al padre della vittima, per una vicenda, peraltro, assai risalente sul piano temporale e non oggettivamente legata ad interessi propri del gruppo camorristico dei (OMISSIS).
9.6. All’esito di una valutazione, specifica e globale, delle diverse implicazioni sottese al complesso dei dati indiziari considerati rilevanti dal giudice di primo grado, la Corte territoriale ha ritenuto incerto ed insufficiente il quadro probatorio emerso a carico dell’imputato e lo ha pertanto assolto, da un lato ponendo in rilievo come la sua presenza sulla scena del delitto fosse legata ad un contributo dichiarativo rivelatosi del tutto inaffidabile, dall’altro lato escludendo la ricorrenza di elementi di prova individualizzanti, idonei ad affermarne, con ragionevole certezza, il diretto coinvolgimento nella realizzazione dei reati di omicidio e porto di arma da fuoco in luogo pubblico, ascrittigli ai capi A e B.
Per quel che attiene, infine, al reato di riciclaggio contestato nel capo C, la Corte territoriale ne ha motivatamente escluso in punto di fatto la configurabilita’, sia in ragione della riconosciuta assenza di elementi di prova a sostegno dell’ipotizzato inserimento del (OMISSIS) nel “clan (OMISSIS)”, sia per l’assenza di congrui elementi dimostrativi del compimento di operazioni finalizzate ad ostacolare la provenienza delittuosa delle somme di denaro rinvenute.
9.7. Cio’ posto, deve ritenersi che la sentenza impugnata ha assolto l’obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i passaggi argomentativi centrali della prima sentenza, dando conto, con adeguata e puntuale motivazione, delle ragioni di incompletezza o incoerenza tali da giustificare la riforma in melius del provvedimento impugnato.
Dalla motivazione emergono le ragioni giustificative della valutazione di superfluita’ della rinnovazione di prove dichiarative, il cui contenuto dovrebbe avere ad oggetto la capacita’ dei testi di riconoscere i tratti somatici di un soggetto la cui possibilita’ di identificazione e’ stata oggettivamente esclusa dall’esito di una prova tecnico-scientifica insuperabile.
A fronte di un quadro argomentativo compiutamente illustrato e logicamente articolato nelle premesse come nelle relative conclusioni, i profili di doglianza dedotti dal ricorrente risultano aspecificamente orientati a riprodurre una serie di obiezioni gia’ coerentemente vagliate e disattese dalla Corte territoriale, ovvero a sollecitare una rivisitazione meramente fattuale delle risultanze processuali, poiche’ imperniata sul presupposto di una valutazione alternativa delle fonti di prova, in tal guisa richiedendo l’esercizio di uno scrutinio improponibile nel giudizio di legittimita’, a fronte della linearita’ e della logica conseguenzialita’ che caratterizzano la scansione delle sequenze motivazionali dell’impugnata decisione.
In relazione ai punti specificamente evidenziati dalla Corte distrettuale a sostegno dell’esito assolutorio, il ricorrente ha omesso di sviluppare un adeguato confronto critico rispetto alla sostanza delle contrarie argomentazioni ivi utilizzate e di indicare le specifiche ragioni della loro asserita erroneita’, limitandosi a contrapporvi una serie di doglianze gia’ analizzate e motivatamente disattese in punto di fatto, cosi’ prospettando una diversa ed alternativa “lettura” delle risultanze probatorie acquisite, fondata su una non consentita richiesta di rivisitazione del loro contenuto, senza addurre censure destinate a disarticolare, o anche solo a porre in crisi, la complessiva tenuta e la coerenza logica delle valutazioni al riguardo operate nella decisione impugnata.
10. Sulla base delle su esposte considerazioni, conclusivamente, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *