Corte di Cassazione, sezioni unite civili, sentenza 5 marzo 2018, n. 5097. In una prelazione per vincolo monumentale le controversie relative alla notifica del vincolo ed alla sua trascrizione competono al giudice amministrativo.

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[…]

L’avv. (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza de qua, successivamente illustrato da memoria.
(OMISSIS) ((OMISSIS)), il notaio (OMISSIS), (OMISSIS) S.p.A. (gia’ (OMISSIS) S.p.A.) hanno resistito con i rispettivi controricorsi. (OMISSIS) S.p.A. ha illustrato il proprio controricorso con successiva memoria.
Sono rimasti intimati il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (gia’ Ministero dei Beni Culturali e Ambientali); (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) ((OMISSIS)), in qualita’ di erede di (OMISSIS) e di (OMISSIS), (OMISSIS), in qualita’ di erede di (OMISSIS) e di (OMISSIS), (OMISSIS), in qualita’ di erede di (OMISSIS), di (OMISSIS) e di (OMISSIS), (OMISSIS), nella qualita’ di erede di (OMISSIS), di (OMISSIS) e di (OMISSIS), (OMISSIS), in proprio e nella qualita’ di erede di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), nella qualita’ di eredi di (OMISSIS).
Il ricorso, affidato a due motivi, e’ stato rimesso alle Sezioni Unite.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2) Con il primo motivo, il ricorrente denuncia la violazione delle norme sul riparto di giurisdizione ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 1, per avere la Corte d’appello di Salerno erroneamente affermato la giurisdizione del giudice amministrativo in luogo della giurisdizione del giudice ordinario, in relazione ad una controversia avente ad oggetto il riconoscimento del diritto di proprieta’.
Evidenzia che la fattispecie sottoposta alla cognizione del giudice ordinario integra una ipotesi di carenza di potere in capo alla P.A..
Tale difetto di potere risalirebbe all’inopponibilita’ del vincolo archeologico del 28.07.1975 nei confronti dei soggetti coinvolti nella alienazione del bene immobile. L’inopponibilita’ sarebbe conseguenza della inesistenza e radicale inefficacia della notifica e della trascrizione del vincolo archeologico ai danti causa delle venditrici.
In tesi, l’inopponilibilita’ del vincolo archeologico del 28.07.1975, implicherebbe la radicale e derivata carenza di potere del Ministero in ordine all’esercizio del diritto di prelazione avvenuto col Decreto Ministeriale del 1996; il quale, in questo modo, trarrebbe unica legittimazione da un vincolo archeologico privo di effetti nei confronti del ricorrente.
Secondo il ricorrente, l’inopponibilita’ del Decreto 28 luglio 1975, implicherebbe l’insussistenza dell’obbligo di denuntiatio della compravendita. Gli effetti del contratto non verrebbero sospesi dalla mancata comunicazione ed acquisterebbero definitiva stabilita’, restando il Decreto 20 dicembre 1996, radicalmente inidoneo ad incidere sulla posizione di diritto soggettivo vantata, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario.
Il ricorrente, inoltre, desume da quanto sopra che il diritto dominicale, oltre a trovare fondamento in una vendita stabile, si sarebbe consolidato per usucapione speciale, a norma dell’articolo 1159-bis c.c., maturata prima dell’esercizio della prelazione.
Parte ricorrente deduce che davanti al giudice ordinario era stato chiesto l’accertamento ed il riconoscimento della proprieta’ del fondo, integro in virtu’ dell’agire della P.A. in carenza di potere per inoppobilita’ del vincolo del 1975. A suo dire nella controversia innanzi al giudice amministrativo erano stati invece dedotti vizi propri dell’atto di prelazione del 1996, ovvero l’incompetenza dell’Autorita’ amministrativa, la violazione delle norme procedimentali di cui alla L. n. 241 del 1990 e l’eccesso di potere per non avere il Ministero considerato l’intervenuta usucapione speciale, sulla base dei vizi propri del decreto di prelazione del 1996 e non anche per l’inopponibilita’ del vincolo del 1975.
3) Il motivo e’ infondato.
L’ipotesi prospettata di inefficacia del vincolo per inopponibilita’ dovuta alla asserita nullita’/inesistenza della trascrizione e al difetto di notifica non implica che il successivo esercizio della prelazione, fondato su siffatto vincolo, integri una fattispecie di carenza di potere in astratto. L’unica che consente di configurare, nel sindacato giurisdizionale relativo all’esercizio di funzioni restrittive, la giurisdizione del giudice civile.
Sussiste, infatti, la giurisdizione del giudice ordinario quando, nelle funzioni restrittive, il provvedimento nullo per difetto di attribuzione pretende di incidere su un diritto soggettivo a stampo conservativo. In questa ipotesi l’azione amministrativa che si riversa in un provvedimento nullo per difetto di attribuzione non e’ idonea a scalfire il diritto soggettivo. E’, pertanto, tale posizione giuridica che viene fatta valere direttamente dal soggetto leso, con conseguente devoluzione della controversia al giudice ordinario.
Tuttavia, va precisato che secondo la giurisprudenza amministrativa ormai consolidata, “con la L. 7 agosto 1990, n. 241, articolo 21 septies, il legislatore, nell’introdurre in via generale la categoria normativa della nullita’ del provvedimento amministrativo, ha ricondotto a tale radicale patologia il solo difetto assoluto di attribuzione, che evoca la c.d. “carenza in astratto del potere”, cioe’ l’assenza in astratto di qualsivoglia norma giuridica attributiva del potere esercitato con il provvedimento amministrativo, con cio’ facendo implicitamente rientrare nell’area della annullabilita’ i casi della c.d. “carenza del potere in concreto”, ossia del potere, pur astrattamente sussistente, esercitato senza i presupposti di legge” (Cons. Stato, 4, 17 novembre 2015, n. 5228, cfr. anche Cons. Stato, 4, 18 novembre 2014, n. 5671; Cons. Giust. Amm. Sic., 21.07.2015, n. 571; Cons. Stato, 5, 10.01.2017, n. 45).
Per contro, quando mancano, nel caso concreto, i requisiti fissati dalle norme per l’esercizio del potere formalmente attribuito alla Pubblica Amministrazione, ricorre una violazione di legge che mette in discussione la legittimita’ dell’atto e il corretto esercizio del potere amministrativo.
L’orientamento della giurisprudenza amministrativa e’ stato confermato anche da questa Corte, secondo cui “il difetto assoluto di attribuzione delineato in via generale dalla L. 7 agosto 1990, n. 241, articolo 21 septies (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) e’ configurabile solo in casi in cui un atto non possa essere radicalmente emanato dall’autorita’ amministrativa, in quanto priva di alcun potere nel settore (Consiglio di Stato, sez. 6, 31 ottobre 2013, n. 5266)” (Cass., SU, 23 settembre 2014, n. 19974; Cass. SU, 28 luglio 2016, n. 15667).
3.1) Venendo al caso di specie, le doglianze si appuntano sulla violazione delle norme in tema di notifica e trascrizione del vincolo, le quali presuppongono l’esistenza del potere del Ministero, conferito originariamente dalla L. n. 1089 del 1939, di valutare la rilevanza storica ed artistica del bene, riservandosi il successivo e conseguente potere di valutare l’opportunita’ dell’acquisizione del medesimo per la tutela dell’interesse generale.
Tali norme perimetrano l’esercizio del diritto di prelazione, fissandone i requisiti e le modalita’ esplicative. L’eventuale inosservanza delle norme in tema di trascrizione e notificazione, ancorche’ si risolvano nella asserita inesistenza/nullita’/inefficacia di tali atti non attengono all’an bensi’ al quomodo della potesta’ pubblica, essendo un posterius rispetto all’atto amministrativo, vincolo archeologico, con cui e’ stato esercitato il potere attribuito al Ministero dalla legge. I vizi prospettati in ricorso gravitano, pertanto, nell’ambito della illegittimita’ e sono attratti alla giurisdizione del giudice amministrativo.
Contrariamente a quanto sostiene parte ricorrente, infatti, la posizione fatta valere, a fronte del potere formalmente conferito in astratto, e’ di interesse legittimo oppositivo, e non di diritto soggettivo.
In questo senso e’ corretta l’affermazione secondo cui “le questioni attinenti alla notifica del vincolo ed alla sua trascrizione (…) sono relative all’esercizio del potere discrezionale della PA ed alle sue modalita’ di esplicazione”.
Va affermata, pertanto, la gurisdizione del giudice amministrativo.
4) Con il secondo mezzo, il ricorrente deduce “la violazione delle norme e dei principi in tema di limiti oggettivi del giudicato amministrativo, a norma dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”. Parte ricorrente evidenzia come erroneamente la Corte d’appello avrebbe affermato la formazione del giudicato sulla questione della usucapione speciale nel giudizio svoltosi innanzi al giudice amministrativo.
Parte ricorrente rileva, in primo luogo, la sostanziale diversita’ tra i petita e le causae petendi nei rispettivi giudizi, in considerazione del fatto che la cognizione del giudizio amministrativo ha riguardato questioni collegate, “ma chiaramente distinte rispetto all’oggetto del processo in questa sede promosso” (pag. 41 del ricorso). In secondo luogo, ritiene che la verifica del giudice amministrativo sull’acquisto della proprieta’ del fondo per usucapione speciale sia frutto di una mera cognizione incidentale, esclusivamente finalizzata al sindacato sul denunciato vizio di eccesso di potere ai fini dell’annullamento del decreto di prelazione del âEuroËœ96, senza che fosse neppure allegata la questione della inefficacia derivata dal vincolo inopponibile del âEuroËœ75, emersa solo nel giudizio civile e ivi fatta valere.
La decisione sul punto sarebbe inidonea, quindi, a passare in giudicato.
Il motivo e’ inammissibile.
Il passaggio motivazionale censurato muove dalla seguente premessa: “vale, per completezza di indagine, ricordare che le doglianze oggi esposte sono state oggetto di decisione anche in sede amministrativa”. Prosegue riepilogando la materia devoluta al giudizio del Tar (di cui qui si e’ detto al § 1.1) e del Consiglio di stato e conclude reputando “evidente la formazione di un giudicato sulle medesime questioni, ivi compresa quella della usucapione speciale” (pag. 7 sentenza Corte di appello).
Esso non costituisce autonoma ratio decidendi della sentenza impugnata, ma argomentazione svolta ad abundantiam. Cio’ si evince con chiarezza gia’ dall’incipit del testo appena ricordato e dalla sua collocazione dopo l’esaurimento del ragionamento decisorio sulla sussistenza della giurisdizione amministrativa.
Ora, poiche’ sulla differenza tra le questioni trattate inizialmente dal giudice amministrativo (e gia’ definite) e quelle con questa causa veicolate davanti al giudice ordinario e che vengono oggi definitivamente rimesse al giudice amministrativo dovra’ statuire quest’ultimo, e’ il giudice amministrativo che dovra’ pronunciarsi sull’oggetto del giudicato anche con riguardo alle odierne prospettazioni.
Le affermazioni rese dalla Corte di appello erano pertanto superflue, essendosi essa spogliata della causa.
Giova in proposito ricordare che qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilita’ (o declinatoria di giurisdizione o di competenza), con la quale si e’ spogliato della “potestas iudicandi” in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l’onere ne’ l’interesse ad impugnare; conseguentemente e’ inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta “ad abundantiam” nella sentenza gravata. (Sez. U, n. 3840 del 20/02/2007; SU 15122/13; Cass. 17004/15).
Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso.
Le spese di questo grado di giudizio sono essere interamente compensate tra tutte le parti, in ragione della eccezionalita’ del caso, caratterizzato da un intreccio di giudizi che devono trovare sfogo definitivo a seguito della declaratoria di difetto di giurisdizione qui confermata.
Va dato atto della sussistenza delle condizioni per il raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni Unite, rigetta il ricorso.
Dichiara compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimita’. Da’ atto della sussistenza delle condizioni di cui del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, introdotto della L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, per il versamento di ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

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