Quando la pubblica amministrazione, agendo iure privatorum, intrattiene, con una controparte gia’ individuata, delle trattative finalizzate alla stipulazione di un contratto di diritto privato, incorre in responsabilita’ precontrattuale ai sensi dell’articolo 1337 c.c., in tutti i casi in cui il suo comportamento contrasti con i principi della correttezza e della buona fede, alla cui puntuale osservanza e’ tenuto ogni contraente nella fase precontrattuale.
La regola costituisce ius receptum cosi’ come le conseguenze che se ne traggono in tema di sindacato del giudice ordinario sull’idoneita’ del comportamento della pubblica amministrazione ad ingenerare nei terzi, anche per mera colpa, un ragionevole affidamento in ordine alla conclusione del contratto
Suprema Corte di Cassazione
sezioni unite civili
sentenza 27 aprile 2017, n. 10413
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CANZIO Giovanni – Primo Pres. f. f.
Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente Sezione
Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente Sezione
Dott. NAPPI Aniello – Consigliere
Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere
Dott. ARMANO Uliana – Consigliere
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere
Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere
Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 17470-2015 proposto da:
AZIENDA POLICLINICO UMBERTO I DI ROMA, in persona dei Direttore Generale pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’Avvocatura dell’Azienda, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata in data 30/03/2015.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/04/2017 dal Consigliere Dott. BARRECA GIUSEPPINA LUCIANA;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott. FUZIO RICCARDO, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso;
uditi gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS).
FATTI DI CAUSA
1. Con la sentenza impugnata, pubblicata il 30 marzo 2015, la Corte di appello di Roma ha accolto parzialmente l’appello principale proposto dall’Azienda Policlinico Umberto I di Roma nei confronti della (OMISSIS) s.r.l., nonche’ l’appello incidentale di quest’ultima, avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 9242/12. Con questa il primo giudice, accogliendo la domanda subordinata della societa’, aveva accertato e dichiarato la responsabilita’ precontrattuale del Policlinico per recesso ingiustificato dalle trattative in corso tra le parti per la stipulazione di un contratto di locazione di un immobile di proprieta’ della (OMISSIS) s.r.l. ed aveva condannato l’Azienda convenuta al pagamento in favore della societa’ della somma di Euro 901.491,70, a titolo di risarcimento danni, oltre interessi legali dalla domanda, con compensazione delle spese di lite.
La Corte d’appello – confermata la sentenza di primo grado quanto alla sussistenza della responsabilita’ precontrattuale dell’Azienda, per il rifiuto ingiustificato di addivenire alla stipula del contratto dopo aver ingenerato nella controparte un legittimo affidamento nella conclusione della locazione, mai perfezionatasi, secondo il giudice, per causa esclusiva dell’appellante “alla quale anche e’ ascrivibile la mancata presa in consegna del bene” – ha ridotto l’importo liquidato a titolo risarcitorio nella somma complessiva di Euro 875.291,70; quindi, ha fissato la decorrenza degli interessi -in accoglimento dell’appello incidentale della societa’- non dalla domanda, bensi’ dal 2 dicembre 2009, data del definitivo rifiuto dell’Azienda. Ha rigettato nel resto entrambi gli appelli ed ha compensato tra le parti le spese del grado.
2. L’Azienda Policlinico Umberto I di Roma ha proposto ricorso per Cassazione con tre motivi.
La (OMISSIS) S.r.l. si e’ difesa con controricorso e memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo la ricorrente ripropone l’eccezione di difetto di giurisdizione. Questa e’ stata rigettata dal giudice d’appello, rilevando che il rapporto si e’ svolto interamente in ambito privatistico ed il comportamento delle parti e’ percio’ sindacabile dal giudice ordinario ai sensi dell’articolo 1337 c.c..
La ricorrente prescinde da questa ratio decidendi e, nel censurare la sentenza per ragioni attinenti al merito, in specie all’esame ed alla valutazione dei documenti da cui il giudice ha tratto la prova dei presupposti della responsabilita’ precontrattuale, deduce che la Corte d’appello non avrebbe considerato che l’Azienda e’ receduta dalle trattative per aver riconosciuto la “non convenienza del contratto” alle condizioni poste dalla controparte. Sostiene che si tratterebbe di apprezzamento discrezionale della p.a., insindacabile da parte del giudice ordinario.
1.1. Il motivo e’ inammissibile.
Come detto, non e’ censurata l’affermazione del giudice secondo cui l’intero rapporto tra le parti si e’ svolto in ambito privatistico. Essendo cio’ incontestato, e’ privo di pregio ogni argomento addotto a sostegno del dedotto difetto di giurisdizione.
Ed invero, quando la pubblica amministrazione, agendo iure privatorum, intrattiene, con una controparte gia’ individuata, delle trattative finalizzate alla stipulazione di un contratto di diritto privato, incorre in responsabilita’ precontrattuale ai sensi dell’articolo 1337 c.c., in tutti i casi in cui il suo comportamento contrasti con i principi della correttezza e della buona fede, alla cui puntuale osservanza e’ tenuto ogni contraente nella fase precontrattuale.
La regola costituisce ius receptum cosi’ come le conseguenze che se ne traggono in tema di sindacato del giudice ordinario sull’idoneita’ del comportamento della pubblica amministrazione ad ingenerare nei terzi, anche per mera colpa, un ragionevole affidamento in ordine alla conclusione del contratto (cfr., per tutte, Cass. S.U., 12 maggio 2008, n. 11656; Cass. S.U., 24 giugno 2009, n. 14833).
1.2. Poiche’ la regola di riparto della giurisdizione e’ quella anzidetta, essa non puo’ certo essere derogata – come sembra sostenere la ricorrente – in considerazione delle ragioni che avrebbero indotto l’amministrazione ad interrompere le trattative; ragioni, tutt’al piu’ rilevanti per l’espressione del giudizio in merito alla correttezza o meno dell’agire della p.a. in sede precontrattuale, non certo per trasferire al giudice amministrativo la cognizione della controversia.
Va percio’ affermato che la responsabilita’ precontrattuale della P.A. e’ configurabile in tutti i casi in cui l’ente pubblico, nelle trattative con i terzi, abbia compiuto azioni o sia incorso in omissioni contrastanti con i principi della correttezza e della buona fede, alla cui puntuale osservanza anch’esso e’ tenuto, nell’ambito del rispetto dei doveri primari garantiti dall’articolo 2043 c.c.; in particolare, il recesso dalle trattative e’ sindacabile ai sensi dell’articolo 1337 c.c., ove l’ente pubblico sia venuto meno ai doveri di buona fede, correttezza, lealta’ e diligenza, in rapporto anche all’affidamento ingenerato nel privato circa il perfezionamento del contratto, a prescindere dalle ragioni che abbiano indotto l’ente ad interrompere le trattative o a rifiutare la conclusione del contratto.
2. Con i restanti motivi, deducendo vizi di violazione ed errata applicazione di norme di diritto ed omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di trattazione e contestati tra le parti, la ricorrente censura la valutazione fatta dal giudice in merito alla mancanza di una giusta causa di recesso. Sostiene infatti che questa sarebbe consistita nella pretesa della controparte di ottenere il pagamento dei canoni di locazione a partire dal 1 dicembre 2008, malgrado non avesse messo a disposizione dell’Azienda l’immobile sin dalla stessa data, per la mancata esecuzione dei lavori di adeguamento richiesti dall’Azienda, e malgrado la nota del 7 novembre 2008 (valorizzata dal giudice di merito come idonea ad ingenerare l’affidamento della controparte nella conclusione del contratto con decorrenza appunto dal 1 dicembre successivo) dovesse, invece, essere considerata come “un accordo provvisorio, aperto agli ulteriori sviluppi delle trattative” (cfr. pagg. 15-16 del ricorso).
Conclude censurando anche la “quantificazione economica del risarcimento danni disposto dal giudice di primo grado”.
2.1. I motivi sono inammissibili.
Una prima ragione di inammissibilita’, come nota la controricorrente, si rinviene nella tecnica redazionale seguita, che ha comportato l’unitaria illustrazione di una pluralita’ di questioni (compresa quella di giurisdizione di cui sopra) precedute dalla denuncia del vizio di violazione ed errata applicazione di norme di diritto (senza peraltro che siano indicate le norme che si assumono violate, con palese inosservanza dell’articolo 366 c.p.c., n. 4) e dalla deduzione del vizio di motivazione. Gia’ per questo le censure non superano il vaglio di ammissibilita’, poiche’ richiedono un inesigibile intervento integrativo della Corte che, per giungere alla compiuta formulazione del motivo, dovrebbe individuare per ciascuna delle doglianze lo specifico vizio di violazione di legge o vizio di motivazione (cfr. Cass. 20 settembre 2013, n. 21611 ed altre).
2.2. Inoltre, premesso che per ritenere integrata la responsabilita’ precontrattuale occorre che tra le parti siano in corso trattative; che queste siano giunte ad uno stadio idoneo ad ingenerare, nella parte che invoca l’altrui responsabilita’, il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto; che esse siano state interrotte, senza un giustificato motivo, dalla parte cui si addebita detta responsabilita’; che, infine, pur nell’ordinaria diligenza della parte che invoca la responsabilita’, non sussistano fatti idonei ad escludere il suo ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto, va ribadito che la verifica della ricorrenza di tutti tali elementi si risolve in un accertamento di fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimita’ ove adeguatamente motivato (cosi’, da ultimo, Cass. 15 aprile 2016, n. 7545).
Ebbene, la ricorrente non contesta l’individuazione, secondo diritto, da parte del giudice a quo, dei presupposti della responsabilita’ precontrattuale come sopra precisati; contestazione, la quale soltanto avrebbe giustificato la denuncia di violazione di legge, in riferimento al disposto dell’articolo 1337 c.c., come sopra interpretato.
Piuttosto, pretende di ricostruire i fatti -specificamente quelli valutati dal giudice per ritenere sussistente il ragionevole affidamento della controparte ed escludere la sussistenza di un giustificato motivo di recesso- secondo una lettura delle risultanze istruttorie diversa da quella fornita dalla Corte d’appello.
Per questa via, l’Azienda finisce per riproporre e richiedere un riesame del merito della controversia non consentito in sede di legittimita’.
2.3. Infine, non sono pertinenti i rilievi svolti in merito alla necessita’ della forma scritta per la stipulazione dei contratti della p.a. poiche’ non attengono al decisum, relativo alla responsabilita’ precontrattuale (avendo gia’ il primo giudice escluso che tra le parti si fosse addivenuti alla stipulazione del contratto, secondo quanto richiesto dalla societa’ attrice, con domanda principale rigettata dal Tribunale).
Sono generiche, oltre che rivolte contro la sentenza di primo grado, e percio’ inammissibili per entrambe le ragioni, le censure svolte in riferimento alla quantificazione dei danni.
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
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