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La massima

Qualora il conduttore di immobile ad uso non abitativo instauri giudizio per il riconoscimento del proprio diritto di riscatto, ai sensi dell’art. 39 della legge 27 luglio 1978 n. 392, e, successivamente, il terzo acquirente agisca per il rilascio, adducendo la cessazione del rapporto locativo per fatti posteriori al sorgere di detto diritto, la prima controversia, in quanto rivolta ad ottenere una sentenza dìchiarativa che sostituisca ex tunc il titolare della prelazione al terzo acquirente, cosi privando con pari decorrenza l’uno e l’altro delle rispettive posizioni di locatario e locatore, ha carattere pregiudiziale, e, pertanto, impone la sospensione della seconda, a norma dell’art. 295 cod. proc. civ. allorquando entrambi i giudizi pendano in primo grado (e sempre che la pendenza riguardi distinti uffici giudiziari, dovendo altrimenti il coordinamento attuarsi con il meccanismo della riunione). Ove, invece, il giudizio di riscatto penda in sede di impugnazione, il potere di sospensione da parte del giudice del giudizio sulla cessazione della locazione può essere esercitato solo ai sensi del secondo comma dell’art. 337 c.p.c. Ne consegue che, ove in tal caso sia stato esercitato ai sensi dell’art. 295 c.p.c., il provvedimento sospensivo è per ciò solo illegittimo

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza n. 1162 del 17 gennaio 2013

Ritenute quante segue:
§1. La s.n.c. Immobiliare EP ha proposto istanza di regolamento di
competenza avverso l’ordinanza del 28 novembre 2011, con la quale il Tribunale di Napoli – investito della fase a cognizione piena, riguardo al giudizio di finita locazione per la seconda scadenza relativamente ad un immobile adibito ad uso diverso da quello abitativo, introdotto con intimazione di sfratto nel gennaio 2009 contro la s.r.l. F. da essa istante, nella qualità di acquirente dell’immobile locato dalla s.p.a. Assicurazioni G. con atto notarile del 1° ottobre 2004 — ha disposto la sospensione del giudizio ai sensi dell’art. 295 c.p.c. per l’asserita pregiudizialità sia del giudizio, pendente in grado di appello dinanzi alla Corte d’Appello di Napoli riguardo all’azione di riscatto esercitata dalla conduttrice, avverso la sentenza di primo grado con cui il Tribunale di Napoli aveva rigettato la relativa domanda, sia del giudizio pendente sulla querela di falso incidentale rispetto al giudizio di riscatto, ammessa ai sensi dell’art. 355 c.p.c. da quella Corte e rimessa al Tribunale partenopeo, relativamente alla sottoscrizione di rilascio della procura conferita dal legale rappresentante della qui istante in calce alla procura a margine della comparsa di costituzione depositata in primo grado nello stesso giudizio di riscatto.

1.1. All’istanza di regolamento di competenza ha resistito con memoria la s.r.l. F.
§2. Prestandosi l’istanza di regolamento di competenza ad essere trattata con il procedimento di cui all’art. 380-ter c.p.c., sono state richieste al Pubblico Ministero le sue conclusioni ed all’esito del loro deposito ne è stata fatta notificazione agli avvocati delle parti costituite unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.
§3. Le parti hanno depositato memoria.
Considerato quanto segue:
§1. Nelle sue conclusioni il Pubblico Ministero ha sostenuto che il provvedimento di sospensione sarebbe stato illegittimamente emesso, in quanto con riferimento alla pregiudizialità del giudizio di riscatto, la pendenza di esso in grado di appello attribuiva al giudice dell’azione di finita locazione solo il potere sospensivo di cui all’art. 337, secondo comma, c.p.c., giusta il precedente di questa Corte, di cui a Cass. (ord.) n. 21924 del 2008, mentre, con riferimento al giudizio sulla querela, una sua rilevanza pregiudiziale si sarebbe potuta configurare solo di risulta, cioè per effetto della pregiudizialità dello stesso giudizio di riscatto, sicché sarebbe decisiva la valutazione prospettata nel detto senso riguardo a quest’ultimo.
§2. Il Collegio condivide la conclusione del Pubblico Ministero in ordine alla illegittimità del provvedimento sospensivo.
Queste le ragioni, che il Collegio enuncia nell’esercizio dei poteri di statuizione sul regolamento, che prescindono dalle ragioni poste a base dell’istanza di regolamento.
§2.1. Effettivamente, giusta ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte (inaugurata da Cass. (ord.) n. 21924 del 2008 ed ora definitivamente avallata dalle Sezioni Unite, con la sentenza n. 10027 del 2012), <<Quando tra due giudizi esista rapporto di pregiudizialità, e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, è possibile la sospensione del giudizio pregiudicato soltanto ai sensi dell’art. 337, comma secondo, cod. proc. civ., e non ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ. Ne consegue che se il giudice disponga la sospensione del processo ai sensi di tale ultima norma, il relativo provvedimento è di per sé illegittimo, a prescindere da qualsiasi accertamento di merito circa la sussistenza del rapporto di pregiudizialità.>>.
Tanto basta ad evidenziare che illegittimamente il Tribunale ha esercitato il potere sospensivo ai sensi dell’art. 295 c.p.c. nella supposta pregiudizialità del giudizio di riscatto del quale è investito in grado di appello.
Né la ricordata giurisprudenza è resa irrilevante con specifico riferimento al caso di specie del rapporto fra giudizio di finita locazione e giudizio di riscatto dal principio di diritto di cui a Cass. sez. un. n. 13757 del 1991, che riguardo una fattispecie nella quale si discuteva della sospensione ai sensi dell’art. 295 c.p.c.
Va rilevato, infatti che detto principio – che, per la verità venne espresso dalle Sezioni Unite senza che Esse si occupassero specificamente del problema del rapporto tra il giudizio di riscatto e quello sulla cessazione della locazione allorché il primo penda in grado di impugnazione (e la lettura della motivazione evidenzia che il problema in alcun modo venne considerato) – al lume della evoluzione della giurisprudenza della Corte circa il rapporto fra il potere sospensivo ai sensi dell’art. 295 e quello ai sensi del secondo comma dell’art. 337, secondo comma, c.p.c., resta valido allorquando il rapporto tra il giudizio di riscatto e quello di finita locazione (o comunque altro giudizio sulla cessazione per qualsiasi causa della locazione per fatti successivi alla fattispecie di insorgenza di quella di riscatto) si ponga con riferimento alla pendenza di entrambi in primo grado, mentre non lo è più — ammesso che le Sezioni Unite non l’avessero pur implicitamente condiviso, il che non è, atteso che Esse pronunciarono in una situazione nella quale non era ancora sopravvenuta la novella della l. n. 353 del 1990 e successive modifiche riguardo all’art. 282 c.p.c., alla quale Sez. un. n. 10027 del 2012 ha annesso rilevanti effetti per giustificare l’avallo dell’orientamento qui condiviso (e, del resto, Esse non si occuparono nemmeno dell’ipotesi di pendenza dei due giudizio davanti allo stesso ufficio, caso nel quale dev’essere data prevalenza sulla sospensione alla riunione, giusta consolidata giurisprudenza della Corte, che reputa illegittima la sospensione ai sensi dell’art. 295 c.p.c., quando giudizio pregiudicato e giudizio pregiudicante pendano davanti allo stesso ufficio giudiziario: si veda già Cass. (ord. n. 21727 del 2006) – allorquando il giudizio di riscatto pregiudicante penda in grado di impugnazione, venendo in rilievo, invece, il secondo comma dell’art. 337 (in termini già Cass. (ord.) n. 4347 del 2011, che, però, si occupò di un caso di esercizio del potere ai sensi del detto secondo comma e, pertanto, giustamente lo ritenne legittimo) e non l’art. 295 c.p.c., trattandosi di valutare l’autorità della sentenza resa in primo grado sul giudizio di riscatto, cosa che avrebbe dovuto fare nella specie il Tribunale.

Ne consegue che il provvedimento di sospensione impugnato, quanto alla ragione di asserita pregiudizialità ai sensi dell’art. 295 c.p.c. relativa al giudizio di riscatto, è illegittimo sulla base del seguente principio di diritto: <<Qualora il conduttore di immobile ad uso non abitativo instauri giudizio per il riconoscimento del proprio diritto di riscatto, ai sensi dell’art. 39 della legge 27 luglio 1978 n. 392, e, successivamente, il terzo acquirente agisca per il rilascio, adducendo la cessazione del rapporto locativo per fatti posteriori al sorgere di detto diritto, la prima controversia, in quanto rivolta ad ottenere una sentenza dìchiarativa che sostituisca ex tunc il titolare della prelazione al terzo acquirente, cosi privando con pari decorrenza l’uno e l’altro delle rispettive posizioni di locatario e locatore, ha carattere pregiudiziale, e, pertanto, impone la sospensione della seconda, a norma dell’art. 295 cod. proc. civ. allorquando entrambi i giudizi pendano in primo grado (e sempre che la pendenza riguardi distinti uffici giudiziari, dovendo altrimenti il coordinamento attuarsi con il meccanismo della riunione). Ove, invece, il giudizio di riscatto penda in sede di impugnazione, il potere di sospensione da parte del giudice del giudizio sulla cessazione della locazione può essere esercitato solo ai sensi del secondo comma dell’art. 337 c.p.c. Ne consegue che, ove in tal caso sia stato esercitato ai sensi dell’art. 295 c.p.c., il provvedimento sospensivo è per ciò solo illegittimo>>.
§2.2. Quanto all’asserita pregiudizialità del giudizio sulla querela di falso, non appare condivisibile la valutazione del Pubblico Ministero circa l’impossibilità di poterla apprezzare separatamente da quella del giudizio di riscatto confligge con l’efficacia stessa della decisione sul falso civile, che non è limitata al giudizio principale in seno al quale l’incidente di falso è insorto.
Ciò non toglie che il potere sospensivo sia stato male esercitato ai sensi dell’art. 295 c.p.c.
Invero, essendo stato rimesso il giudizio di falso dalla Corte d’Appello di Napoli dinanzi al tribunale partenopeo, il coordinamento fra il giudizio di finita locazione e quello di falso si sarebbe potuto e dovuto ipoteticamente realizzare (alla stregua della già citata Cass. n. 21727 del 2006 e dell’orientamento da essa inaugurato) con il meccanismo della riunione, da realizzarsi a norma dell’art. 281-novies dinanzi al Tribunale in sede collegiale (competente sul giudizio di falso ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 221 c.p.c. ed in relazione all’art. 50-bis n. 1 c.p.c.,) e con trattazione delle due controversie con il rito ordinario, giusta il terzo comma dell’art. 40 c.p.c.).
Peraltro, atteso che il giudizio di falso concerne una sottoscrizione per conferimento di procura di un atto di costituzione del giudizio di riscatto in primo grado, mentre la costituzione nel giudizio di finita locazione è stata del tutto distinta, anche soggettivamente, quoad persona che conferì la procura, non è dato comprendere quale nesso di pregiudizialità si possa configurare tra i due giudizi, onde una riunione non sarebbe nemmeno giustificata.
§4. Dev’essere, conclusivamente, disposta la prosecuzione del giudizio.
§5. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi del d.m. n. 140 del 2012.

P.Q.M.

La Corte dispone la prosecuzione del giudizio. Fissa per la riassunzione termine di mesi tre dalla comunicazione del deposito della presente. Condanna parte resistente alla rifusione alla ricorrente delle spese del giudizio di regolamento, liquidate in euro quattromiladuecento, di cui duecento per esborsi, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile-3, il 6 dicembre 2012.

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