cassazione

Suprema Corte di Cassazione 

sezione VI

sentenza del  30 maggio 2014, n. 22706

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AGRO’ Antonio – Presidente –
Dott. ROTUNDO Vincenzo – Consigliere –
Dott. LEO Guglielmo – Consigliere –
Dott. VILLONI Orlando – rel. Consigliere –
Dott. DI SALVO Emanuele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
R.M., n. (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 4610/2013 Corte d’Appello di Milano del 28/06/2013;
esaminati gli atti e letti il ricorso ed il provvedimento decisorio impugnato;
udita in camera di consiglio la relazione del consigliere Dott. Orlando Villoni;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto PG, Dott.ssa FODARONI Maria Giuseppina, che ha concluso per l’annullamento con rinvio.

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza sopra indicata la Corte d’Appello di Milano confermava quella emessa dal Tribunale di Sondrio in data 18/06/2010, ribadendo la condanna di R.M. alla pena di cinque mesi e dieci giorni di reclusione, condizionalmente sospesa, per il reato di cui all’art. 337 c.p., ascrittogli per avere usato violenza ad un agente della Polizia Municipale di Sondrio nell’esercizio delle sue funzioni, il quale gli aveva contestato un’infrazione al codice della strada e si accingeva a redigere il relativo verbale di contestazione.

In via preliminare, la Corte si pronunziava sulla ritenuta infondatezza dell’istanza difensiva con cui era stata formulata richiesta di rinvio dell’udienza per concomitante impegno professionale del difensore, rilevando che non erano state esplicitate compiutamente le ragioni del dedotto impedimento a comparire del legale; nel merito affermava l’irrilevanza dell’intercettazione di una conversazione tra presenti di cui era stata chiesta l’acquisizione, oltre tutto perchè contenuta in un supporto magnetico (CD) di contenuto ignoto alla stessa difesa istante; ribadiva le valutazioni del primo giudice in ordine alla sussistenza di prove sufficienti a carico dell’imputato; respingeva la tesi della diversa qualificazione giuridica dei fatti in termini di rifiuto d’indicazioni della propria identità di cui all’art. 651 c.p..

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il R. deducendo un unico motivo di ricorso, ancorchè variamente articolato, di violazione di legge in relazione all’art. 486 c.p.p. (rectius art. 484 c.p.p., comma 2 bis), ed in riferimento all’omesso differimento dell’udienza del 28/06/2013 del giudizio di appello per impedimento del difensore dovuto a concomitante impegno professionale.

Secondo il ricorrente, il difensore aveva chiaramente esplicitato, già con istanza del 30 maggio 2013 corredata di specifiche allegazioni, che il concomitante impegno professionale riguardava un’udienza preliminare a carico di imputato detenuto, da cui la necessità di privilegiare il distinto impegno attesa la sua intrinseca delicatezza; aggiungeva, inoltre, che all’udienza del 28 giugno la Corte aveva omesso del tutto di rappresentare in aula l’esistenza dell’istanza di legittimo impedimento, tanto che della stessa non sussiste traccia nel verbale d’udienza, con palese violazione dell’art. 420 ter c.p.p., comma 5.

Motivi della decisione

3. Il ricorso appare fondato nei termini di cui in motivazione.

Dall’esame del fascicolo processuale, si ricava invero che alcuna menzione veniva fatta, nel verbale d’udienza del dibattimento d’appello del giorno 28 giugno 2103, dell’istanza (presente in atti) di differimento dell’udienza medesima, tempestivamente presentata il 30 maggio 2013 non appena il difensore del ricorrente aveva appreso della citazione in appello, pervenutagli successivamente alla comunicazione, ricevuta in data 9 maggio 2013, del rinvio proprio al giorno 28 giugno 2013 dell’udienza preliminare relativa a distinto procedimento in cui difendeva un imputato sottoposto agli arresti domiciliari, misura peraltro disposta nell’ambito di ulteriore procedimento.

La giurisprudenza di questa Corte ha sul punto affermato che in tema di legittimo impedimento a comparire del difensore, l’omessa valutazione dell’istanza di rinvio dell’udienza determina il difetto di assistenza dell’imputato, con la conseguente nullità assoluta di cui all’art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c), e art. 179 c.p.p., comma 1, (Cass. Sez. 6, sent. n. 42110 del 14/10/ 2009, Gaudio, Rv. 245127;

Sez. 2 n. 33553 del 30/04/2009, Russo, Rv. 245227; Sez. 5 sent. n. 2850 del 03/02/1999, Puma, Rv. 212604; Sez. 5 n. 829 dell’8/10/1992, Rv. 193480).

4. La nullità assoluta così determinatasi impone l’annullamento della sentenza impugnata ed il rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte territoriale; resta assorbito l’altro motivo d’impugnazione.

P.Q.M.

annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano.

Così deciso in Roma, il 4 aprile 2014.

Depositato in Cancelleria il 30 maggio 2014

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