Cassazione 11

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza 9 novembre 2015, n. 44775

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AGRO’ Antonio – Presidente

Dott. PAOLONI Giacomo – Consigliere

Dott. CARCANO Domenico – Consigliere

Dott. CITTERIO Carlo – rel. Consigliere

Dott. BASSI Alessandra – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 901/2014 TRIBUNALE di TRANI, del 29/04/2014;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/10/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. CARLO CITTERIO;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. SPINACI Sante che ha concluso per il rigetto.

RITENUTO IN FATTO

1. Avverso la sentenza con cui il Tribunale di Trani in data 29.4.14 ha applicato, su richiesta delle parti, pena di giustizia per reato Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 73, comma 5, concedendo la sospensione condizionale della pena subordinata alla pubblicazione dell’estratto della sentenza su un quotidiano locale, ricorre l’imputato (OMISSIS) enunciando motivi di violazione di legge e vizi della motivazione relativamente a tale disposta subordinazione.

Osserva il ricorrente che:

. l’originaria richiesta di applicazione della pena era subordinata al beneficio della sospensione condizionale della pena ex articolo 163 cod. pen., senza alcun riferimento ad altri incombenti. La previsione della pubblicazione sarebbe stata adottata senza la necessaria interlocuzione delle parti, che avrebbero dovuto essere invitate ad integrare la loro originaria richiesta con l’indicazione specifica dell’obbligo aggiuntivo;

. il Tribunale non aveva indicato le ragioni della scelta del tipo di obbligo ex articolo 165 cod. proc. pen.;

. gli articoli 165 e 186 cod. pen. riguarderebbero la riparazione del danno nel solo caso di sentenza di condanna, quindi non pure per quella di “patteggiamento”.

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Risulta dalla sentenza impugnata e dalla istanza di applicazione della pena depositata il 22.4.2014 che:

– la richiesta di applicazione della pena finale di dieci mesi di reclusione e 2.000 euro di multa era subordinata alla “concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena (ex articolo 163 c.p.)”;

– il dispositivo della sentenza reca la previsione della “pena sospesa subordinata alla pubblicazione dell’estratto della sentenza su “La Gazzetta del Mezzogiorno”, a cura e spese dell’imputato, ed entro 3 mesi dal passaggio in “giudicato””;

– la motivazione della sentenza sul punto cosi’ si esprime: “ricorrono i presupposti per concedere il beneficio ex articolo 163 c.p. alla condizione specificata nel dispositivo (condizione obbligatoria ex articolo 165 c.p., visto che il beneficio viene concesso all’imputato per la seconda volta)”.

3. Il ricorso e’ fondato nei termini che seguono.

La concessione della sospensione condizionale della pena era parte integrante dell’accordo intercorso tra le parti. Nella richiesta, il beneficio non era sottoposto ad alcuna condizione.

Il Tribunale, invece, osservato correttamente che nel caso di specie il beneficio doveva ex lege essere sottoposto a condizione in ragione dei precedenti penali dell’imputato (articolo 165 c.p., comma 2), anziche’ respingere l’accordo ovvero sottoporre la questione alle parti per un’eventuale sua rideterminazione, ha d’ufficio applicato il beneficio richiesto imponendo una condizione scelta (oltretutto senza motivare sul punto) tra quelle indicate nell’articolo 165, comma 1.

L’applicazione d’ufficio della condizione costituisce deliberazione diversa da quella sulla quale era intervenuto l’accordo tra le parti e quindi illegittima.

Ne’ il fatto che le condizioni soggettive dell’imputato rendessero obbligatoria l’applicazione di una condizione rileva ad escludere la violazione dell’accordo, la condizione influendo apprezzabilmente sui termini del consenso prestato (e nella fattispecie neppure potendo essere valorizzata in concreto alcuna manifestazione implicita di consenso – Sez. 6 sent. 13894/14 – considerando che tra l’altro erroneamente il Tribunale ha applicato una condizione propria dei soli reati che presuppongono un danno risarcibile).

Il vizio di legittimita’ relativo alla definizione del processo in termini diversi da quelli dell’accordo intervenuto tra le parti assorbe concorrenti ragioni di annullamento (sopravvenuta legge n. 79/2014 in relazione a Sez. Un., sentenza deliberata all’udienza del 25.6.15 in proc. Della Fazia).

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Trani per l’ulteriore corso.

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