cassazione

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza 17 dicembre 2014, n. 52393

REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AGRO’ Antonio – Presidente
Dott. LANZA Luigi – Consigliere
Dott. CITTERIO Carlo – Consigliere
Dott. PETRUZZELLIS Ann – rel. Consigliere
Dott. PATERNO’ RADDUSA Benedett – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 25/02/2014 della Corte d’appello di Torino;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal componente Anna Petruzzellis;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. RIELLO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Torino, con sentenza del 25/02/2014, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Aosta del 31/05/2013, qualificata l’imputazione ai sensi dell’articolo 570 c.p., comma 1, e concesse le attenuati generiche, ha rideterminato la pena nei confronti di (OMISSIS) in mesi uno di reclusione, con i doppi benefici, con conferma della sentenza di primo grado nel resto.
2. (OMISSIS) ha proposto ricorso personalmente con il quale si contesta violazione di legge penale e vizio di motivazione, con particolare riguardo al richiamo operato nella sentenza impugnata alla pronuncia di primo grado, che nell’atto di appello era stata denunciata come largamente omissiva sull’analisi delle emergenze dibattimentali. In particolare, non risulta considerato lo stato di indigenza dell’obbligato, conclamato dal licenziamento subito e dalla conseguente sua ammissione al patrocinio a spese dello Stato, elemento quest’ultimo che non ha costituito oggetto di valutazione da parte del giudice di merito.
Si evidenzia l’irragionevolezza della motivazione, che ha ritenuto semplicemente non credibile il perdurare per oltre un anno dello stato di impossibilita’ di adempiere, anche parziale, deduzione irragionevole, anche in considerazione della crisi economica in corso.
In tal senso si ritiene che la Corte abbia argomentato senza verificare la responsabilita’, al di la’ del ragionevole dubbio imposto dalla legge per la condanna.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato.
2. La pronuncia impugnata ha accertato la responsabilita’ di (OMISSIS) per il reato di cui all’articolo 570 c.p., comma 1, nel presupposto dell’insussistenza della fattispecie di cui al comma 2, in precedenza contestata per la verificata assenza dello stato di bisogno della beneficiaria, ed ha cosi’ riconosciuto una graduazione tra le violazioni prevista dalla norma, che rapporta in entrambi i casi la condotta all’inadempimento.
Tale applicazione si fonda su quanto stabilito dalla Corte di legittimita’ nella sua piu’ autorevole composizione (Sez. U, n. 23866 del 31/01/2013 – dep. 31/05/2013, S., Rv. 255271) in merito alla riconducibilita’ della sanzione prevista per la violazione di cui alla Legge 1 dicembre 1970, n. 898, articolo 12 sexies, come aggiunto dalla l. 6 marzo 1987 n. 74, alla fattispecie di cui all’articolo 570 c.p., comma 1, poiche’ in esso e’ prevista la violazione di assistenza morale e materiale del coniuge, cui puo’ riconnettersi anche l’omesso adempimento economico.
La citata equiparazione pero’ non considera la specificita’ del reato ritenuto, cosi’ come gia’ tratteggiata nella pronuncia richiamata, ove si chiarisce che l’inadempimento all’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento in favore del coniuge separato realizza la condotta illecita prevista dall’articolo 570 c.p., comma 1, ove questo si accompagni agli ulteriori elementi costitutivi della fattispecie, con cio’ dovendosi intendere che, per la sussistenza di quel reato, deve potersi accertare che l’inadempimento economico si riconnette ad una volonta’ inadempiente direttamente correlata alla deliberata negazione del vincolo di assistenza ancora sussistente, che per l’effetto possa considerarsi contraria all’ordine o alla morale della famiglia, secondo quanto richiesto dalla disposizione invocata quale elemento caratterizzante della condotta tipica del reato.
In conseguenza di tale caratterizzazione, assente nella fattispecie applicabile in caso di divorzio, la verifica sulle cause dell’inadempimento deve essere piu’ accurata, non potendosi in tal caso applicare i criteri interpretativi stabiliti per l’articolo 570 c.p., comma 2, per la diversita’ dei presupposti. Invero solo in quest’ultimo caso lo stato di bisogno del beneficiario esclude la rilevanza della condizione economica dell’obbligato, in quanto la condizione di disagio concreto del creditore esige un obbligo di attivazione superabile solo con la dimostrazione, che grava sull’obbligato, dell’assoluta impossibilita’ di adempiere.
Nella diversa fattispecie ritenuta nel caso che ci occupa, poiche’ l’elemento costitutivo del reato e’ individuabile nel disconoscimento degli obblighi familiari, rileva verificare la condizione economica dell’obbligato, per accertare se questa, e non il consapevole disconoscimento di tali conseguenze giuridiche del vincolo matrimoniale ancora in atto, sia stata causa dell’inadempimento, eventualita’ che escluderebbe, per quanto illustrato, la configurazione della fattispecie tipica.
Del resto, se l’assegno in favore del coniuge separato ha una funzione di mantenimento dello stesso tenore della vita coniugale, nella situazione in cui il beneficiario non versi in stato di bisogno appare del tutto irragionevole non esaminare, al fine dell’accertamento del reato, se l’obbligato abbia subito variazioni di reddito tali da poter incidere su tale tenore di vita, che avrebbero inciso anche in caso di persistenza del rapporto matrimoniale, e pertanto risultano da sole non idonee a ricondurre l’inadempimento ad un difetto di considerazione degli obblighi discendenti dal vincolo, come letteralmente richiesto dalla fattispecie, ma rimandano alla considerazione di una condizione di incapacita’ di adempiere, suscettibile di escludere l’antigiuridicita’ del fatto.
3. Lo svolgimento di tale verifica impone l’approfondimento del dato di fatto, che risulta nel corso del giudizio specificamente dedotto dall’interessato, e non esaminato dal giudice di merito, sulla base del presupposto della sua irrilevanza, per quanto detto non condivisibile in relazione alla diversa qualificazione giuridica del reato riconosciuta nel grado di merito.
L’accertamento ritenuto rilevante per integrare la fattispecie incriminatrice risulta incompleto, non essendosi verificato che la condizione economica dell’interessato consentisse l’adempimento, condizione necessaria al fine di ricondurre il mancato adempimento alla volonta’ di disconoscere i vincoli di assistenza materiale e morale sussistenti, sia pure in forma attenuata, durante il periodo di separazione.
4. La mancata valutazione sul punto impone l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d’appello di Torino, in diversa composizione.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’appello di Torino.

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