Cassazione 13

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza 11 gennaio 2016, n. 579

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IPPOLITO Francesco – Presidente

Dott. GIANESINI Maurizio – Consigliere

Dott. CITTERIO Carlo – rel. Consigliere

Dott. PETRUZZELLIS Anna – Consigliere

Dott. DE AMICIS Gaetano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso il decreto n. 34/2014 TRIBUNALE di PALERMO, del 04/12/2014;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CARLO CITTERIO.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 30.10/4.12.14 il Tribunale di Palermo – sezione misure di prevenzione ha rigettato “istanze e opposizioni” proposte nel procedimento nei confronti degli eredi di (OMISSIS), deceduto il (OMISSIS).

Dal provvedimento si evince che, con riferimento a decreti di sequestro del 24.3.14 e del 26.6.14 ( (OMISSIS) srl, (OMISSIS) srl, (OMISSIS) srl):

– (OMISSIS) e (OMISSIS) (nipoti di (OMISSIS)) hanno chiesto la revoca del sequestro delle quote della (OMISSIS) srl ad esse intestate;

– (OMISSIS) (figlio) ha chiesto la revoca del sequestro delle quote societarie e dei beni immobili a lui intestati: cio’ ha fatto con due istanze depositate alle udienze del 25.9.14 e del 30.10.14;

– i difensori di (OMISSIS) e (OMISSIS) (nipoti) hanno proposto atti di opposizione avverso i due sequestri, rispettivamente in data 6.6.14 e 25.9.14.

Il Tribunale ha qualificato tutti gli atti dei cinque interessati come atti di opposizione ai due sequestri.

1.1 Ritenuta la potenziale irrilevanza dell’acquisto di alcuni dei beni, da parte degli istanti, con atti inter vivos e non iure successionis, stante la lettera e la ratio del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 18, comma 3 il Tribunale ha prima osservato che secondo la prospettiva dell’autorita’ proponente quanto oggetto dei due sequestri riguarderebbe quote sociali e compendi aziendali di societa’ che, a prescindere dalle formali intestazioni, sarebbero state nella disponibilita’ diretta o indiretta di (OMISSIS): quindi eredi dovevano considerarsi coloro i quali avrebbero potuto direttamente beneficiare anche del patrimonio fittiziamente intestato ma riconducibile al proposto deceduto (vuoi perche’ i beni potevano essere attribuiti iure ereditario vuoi perche’ potevano transitare dal proposto all’intestatario fittizio, comunque a seguito della morte del primo), pena la vanificazione dell’evidente scopo della disciplina speciale. Ha poi argomentato che allo stato degli atti della procedura cautelare l’affermazione della proposta era supportata dal complesso di elementi su cui era stato fondato il giudizio di pericolosita’ sociale di (OMISSIS) nonche’ dalla ritenuta sproporzione tra redditi leciti dei familiari e valore di quote sociali e beni ad essi intestati; quindi ha dato atto che alcune delle attivita’ imprenditoriali oggetto della proposta di confisca erano state formalmente avviate in autonomia da figli e nipoti ma ha spiegato che, ai fini cautelari unici allo stato rilevanti e riservato l’approfondimento del tema al merito, le stesse dovessero esser ritenute direttamente riconducibili al proposto o frutto del reimpiego di mezzi derivanti da patrimonio illecitamente costituito, nell’ambito di una complessa strategia volta a sganciare formalmente le singole attivita’ dal capostipite, coinvolto in procedimento penale per associazione mafiosa, proprio al fine di sottrarre beni e aziende da possibili sequestri e confische.

1.1.1 Quanto poi ai beni oggetto del sequestro con data 26.6.14 ed all’eccezione di improcedibilita’ per tardivita’ (sull’assunto che la proposta era stata depositata il 19.6.14, nel contesto di autonomo procedimento iscritto dalla procura della Repubblica e non dalla D.I.A., e quindi oltre i cinque anni dalla morte di (OMISSIS)) il Tribunale, ricostruiti i termini in fatto della vicenda (proposta del direttore della D.I.A. depositata il 7.3.14, prima della scadenza dei cinque anni, adozione del decreto di sequestro in data 24.3.14, immissione in possesso dell’amministrazione giudiziario e sua segnalazione della presenza di altre tre societa’ direttamente o indirettamente riconducibili al medesimo gruppo societario asseritamente controllato dal defunto, espletamento dei necessari accertamenti anche formali, richiesta di sequestro basata sui medesimi presupposti oggettivi e soggettivi della prima), argomentava che al di la’ dell’iscrizione formalmente autonoma questo procedimento risultava oggettivamente e funzionalmente connesso a quello gia’ iniziato, in esito alla stessa attivita’ di immissione in possesso, trovando pertanto applicazione il Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 22, comma 2 e articolo 17, commi 1 e 2: tant’e’ che si era poi proceduto alla immediata riunione dei due procedimenti cosi’ superando la mera discrasia formale. Ne’ aveva rilievo che la richiesta del secondo sequestro, finalizzato alla confisca, fosse stata proposta dal procuratore della Repubblica, a cio’ legittimato dalla gia’ avvenuta celebrazione della prima udienza (12.6.14), trattandosi appunto di beni ulteriori emersi nel corso del medesimo procedimento.

1.1.2 Da ultimo, il Tribunale ha ritenuto non compatibili con la cognizione cautelare (tenuto conto del commentato idoneo quadro indiziario) gli approfondimenti propri della fase di merito, relativi alle deduzioni in fatto di (OMISSIS) (quanto all’effettiva disponibilita’ in capo a (OMISSIS) in ragione delle modalita’ di acquisizione delle quote (OMISSIS) spa, (OMISSIS) spa ed alle operazioni (OMISSIS) e (OMISSIS) srl), (OMISSIS) e (OMISSIS).

2. Cinque i ricorsi proposti, con tre atti di impugnazione.

2.1 (OMISSIS) e (OMISSIS) (avv. (OMISSIS) e (OMISSIS) per il primo, (OMISSIS) per il secondo) enunciano motivi di:

– violazione di legge e difetto di motivazione per la mancata dichiarazione di improcedibilita’ delle due proposte aventi ad oggetto i beni di proprieta’ dei due ricorrenti, non essendo gli stessi eredi a titolo ne’ universale ne’ particolare di (OMISSIS), non rilevando alcuna nozione o qualita’ di “successore di fatto”, invece dovendo farsi riferimento all’esclusiva nozione civilistica, altrimenti versandosi nell’applicazione analogica in malam partem di norma eccezionale (che del resto prevede un limite temporale di cinque anni) fino ad escludere le consapevoli differenze rispetto alla disciplina generale ex articolo 20;

– medesimi vizi in relazione al decreto di sequestro 26.6.14, perche’ il termine di cinque anni sarebbe perentorio a tutela della garanzia dei rapporti giuridici e determinerebbe la nullita’ del procedimento, rilevabile d’ufficio (Sez. 6 sent. 484/12), rilevando comunque la diversita’ di iscrizione dei procedimenti e dell’autorita’ proponente;

– medesimi vizi per l’omessa considerazione delle deduzioni difensive a sostegno dell’inesistenza dei presupposti per i provvedimenti di sequestro: precisato che le deduzioni erano state proposte anche nell’interesse di (OMISSIS), i ricorrenti lamentano che il generale rinvio al merito rispetto alle determinanti questioni dedotte (tra cui il giudizio di non pericolosita’ del deceduto alla data del 2006 affermata con provvedimento del medesimo Tribunale, tale da imporre motivazione sul rapporto temporale tra acquisizione dei beni sequestrati e momento della pericolosita’; e il reddito dimostrato dai ricorrenti per il periodo dal 1996 al 2008) costituirebbe mera assenza di motivazione, oltretutto in contesto in cui gli stessi decreti di sequestro si sarebbero limitati ad affermare la pericolosita’ del deceduto.

2.2 (OMISSIS) e (OMISSIS) (avv. (OMISSIS), (OMISSIS)) enunciano motivo di violazione di legge e vizi alternativi della motivazione in relazione al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 23, comma 3, articolo 18, comma 3 e articolo 24, comma 1, con riferimento al 50% delle quote di (OMISSIS) srl acquistate per atto tra vivi dopo la morte di (OMISSIS) cl. (OMISSIS), nel luglio 2013 e con effettiva corresponsione del prezzo (non sussistendo pertanto la qualita’ e condizione di eredi, ne’ il dubbio della fittizia intestazione). Il Tribunale avrebbe del tutto eluso il tema sottopostogli dell’effettiva titolarita’ del bene, con un criptico riferimento a testamento attribuito a (OMISSIS), soggetto tuttora in vita e privo di alcuna efficacia dispositiva.

2.3 (OMISSIS) (avv. (OMISSIS)) enuncia tre motivi:

– violazione del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 18, comma 3, per la mancata dichiarazione di improcedibilita’ per non essere stati i beni sequestrati con decreti 24.3.14 e 26.6.14 acquisiti iure successionis dal padre defunto il (OMISSIS) (trattandosi di societa’ di cui il ricorrente sarebbe titolare dalla costituzione o per successione ereditaria dalla madre, ancora vivente il padre);

– mancanza assoluta di motivazione sulle ragioni difensive volte ad escludere la sussistenza delle condizioni per i sequestri, in particolare sull’epoca degli acquisti e sulla valenza del testamento predisposto in favore di moglie e figli dopo l’acquisizione di beni per morte della madre, vivente ancora il padre, e delle quote sociali di cui era proprietario;

– violazione del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 18, comma 3 e articoli 20 e 22, per la mancata dichiarazione di improcedibilita’/nullita’ del procedimento intrapreso con la proposta 17.6.14 avente ad oggetto anche (OMISSIS) srl, per superamento del limite tassativo dei cinque anni; i due procedimenti sarebbero autonomi per diversita’ dei soggetti proponenti, del numero di registro generale, dei magistrati che hanno deliberato i due sequestri; ne’ sarebbe pertinente il richiamo all’articolo 22, comma 2 ed alla procedura d’urgenza, il provvedimento essendo stato in concreto motivato e adottato secondo la procedura dell’articolo 20, trattandosi quindi di proposta nuova e autonoma.

3. Il procuratore generale in sede ha presentato conclusioni scritte perche’, qualificato il ricorso come opposizione ai sensi dell’articolo 676 c.p.p. e articolo 667 c.p.p., comma 4, gli atti siano trasmessi al Tribunale di Palermo per il giudizio.

Sul punto la difesa di (OMISSIS) e (OMISSIS) ha depositato memoria che, richiamando Sez. 1 sent. 21691/08, chiede accogliersi il ricorso.

Sono pervenute anche memorie degli altri tre ricorrenti, sulla questione in rito ed a sostegno dei motivi dei rispettivi ricorsi.

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. La Corte giudica corretta la proposizione dei ricorsi quale mezzo di impugnazione/contestazione dell’ordinanza emessa il 30.10/4.12.14 dal Tribunale di Palermo, condividendo l’insegnamento di Sez. 1 sent. 21691/08 e tenuto conto dell’apprezzamento specifico operato sul punto dal medesimo Tribunale, nei termini che seguono.

Come evidenziato, il Tribunale ha qualificato i cinque atti quali opposizione ai due sequestri. Cio’ assorbe l’astratta possibilita’ di distinguere invece, sul piano strettamente formale, le istanze di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) da quelle di (OMISSIS) e (OMISSIS).

Ha poi trattato nella pienezza del contraddittorio orale le questioni proposte in ciascuno di essi, dando ogni spazio alla trattazione delle ragioni di merito (sicche’, va osservato incidentalmente ed anche alla luce del principio costituzionale di ragionevole durata del processo, nessuna ragione di difesa sostanziale potrebbe essere invocata – oltretutto in palese contrasto con le diverse specifiche richieste di tutti gli interessati – per imporre un nuovo passaggio “di merito” davanti al medesimo collegio).

Come avvertito dalla richiamata sentenza 21691/08 siamo pertanto dinanzi ad una opposizione al giudice della prevenzione quale rimedio esperibile avverso i provvedimenti di sequestro (o di confisca) adottati nel medesimo procedimento di confisca (v. anche Sez. 2 sent. 4400/15 e Sez. 1 sent. 34048/06). Opposizione che non trova spazi per provvedimenti de plano ed invece si caratterizza per l’immediata instaurazione del contraddittorio, nelle forme mutuate dal procedimento di esecuzione, volto al contrasto del provvedimento cautelare (o ablativo), con procedura che si conclude con ordinanza immediatamente impugnabile col ricorso per cassazione ai sensi dell’articolo 666 c.p.p., comma 6. Il precedente richiamato dal procuratore generale (Sez. 1 sent. 16806/10) non appare immediatamente pertinente, laddove non pare confrontarsi con la giurisprudenza appena richiamata.

5. Quanto alle posizioni dei quattro nipoti, la Corte giudica fondati i comuni rilievi di alcuni dei ricorrenti relativi alle nozioni di erede e di successore a titolo universale o particolare (rilevante nella procedura di prevenzione alla luce dell’articolo 18, commi 2 e 3), nonche’ all’individuazione del termine di cinque anni dal decesso (18, comma 3), con le implicazioni che seguono.

Va premesso in fatto che dai due decreti di sequestro e dalla documentazione ri-allegata ai ricorsi risulta che:

– (OMISSIS) cl. (OMISSIS) e’ deceduto il (OMISSIS);

– eredi di (OMISSIS) cl. (OMISSIS) sono solo i tre figli: (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS);

– il decreto di sequestro con data 24.3.14 e’ stato emesso nei confronti dei tre figli e dei nipoti (OMISSIS) cl. (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), tutti indicati (solo) “nella qualita’ di eredi”;

– il decreto di sequestro con data 26.6.14 (relativo appunto a tre societa’: (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)) e’ stato emesso dal Tribunale in composizione collegiale con riferimento a proposta di applicazione di misura di prevenzione patrimoniale in data 17.6.14 “a carico degli eredi”, dichiaratamente sulla base di quanto emerso, a seguito di acquisizioni documentali effettuate presso gli uffici della societa’ (OMISSIS), nelle operazioni di immissioni in possesso del patrimonio posto in sequestro nel procedimento precedente.

6. A giudizio della Corte le nozioni di “erede” e di “successore a titolo universale o particolare”, cui fa riferimento il Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 18, commi 2 e 3, sono solo quelle proprie del codice civile, senza alcuna possibilita’ di dar rilievo a nozioni di erede o successore “di fatto”.

L’allargamento dell’ambito temporale della possibile apprensione dei beni, di cui sia titolare, o abbia la disponibilita’ (anche attraverso interposta persona), colui che decede mentre e’ in corso la procedura di delibazione della proposta di misura di prevenzione patrimoniale ovvero colui che e’ deceduto nei cinque anni precedenti, con il coinvolgimento dei suoi eredi e successori a titolo generale o particolare, costituisce una scelta legislativa con i connotati della eccezione.

Il venir meno del soggetto proposto, la cui pericolosita’ sociale pur incidentalmente valutata costituisce comunque il presupposto logico e di fatto della successiva apprensione, determina infatti una situazione caratterizzata da ampi connotati di discrezionalita’, propri del ruolo del legislatore e delle scelte di merito/equilibrio/opportunita’ che a lui solo competono e che, quando immuni da manifesta irrazionalita’, si sottraggono pure alla censura di costituzionalita’, in definitivo unico effettivo limite giuridico alle autonome e discrezionali scelte del legislatore.

Pertanto, l’esito del concreto bilanciamento tra le esigenze di sottrarre comunque al libero mercato beni caratterizzati da un’illiceita’ originaria di acquisizione (anche se di essi il proposto non potra’ piu’ disporre, in qualunque forma diretta o indiretta), di stabilire il momento in cui cio’ puo’ accadere (introducendo un limite alle esigenze di certezza proprie delle regole della circolazione dei beni) e di individuare i soggetti, diversi dal proposto/pericoloso, cui tali beni possono comunque essere sottratti, costituisce soluzione che tendenzialmente vincola l’interprete. In particolare, a fronte del consapevole riferimento che il legislatore opera a termini ed istituti che trovano definizione specifica nella pertinente disciplina civile, tenuto conto del ricordato contesto di potenziale radicale conflitto tra le diverse esigenze tutelate ed alla luce della peculiare natura preventiva della confisca (pure secondo la recente Sez. U, sent. 4880/15 assimilabile alle misure di sicurezza), deve escludersi alcuna interpretazione di tipo analogica, quale quella proposta dal Tribunale.

6.1 Sul punto giudica opportuno la Corte osservare che il Tribunale pare sovrapporre due aspetti che debbono essere tenuti differenti: quello dell’individuazione dei soggetti nei confronti dei quali puo’ essere proseguita o intrapresa la proposta procedura di misura di prevenzione patrimoniale; quello della possibilita’ che alcuni dei beni che potrebbero rientrare nel patrimonio dei primi siano in concreto impropriamente a disposizione di terzi.

Le due problematiche non si risolvono estendendo la nozione di eredi (con l’anomala costruzione della figura dell’erede di fatto) ai secondi, bensi’ verificando la possibilita’ di coinvolgere nella procedura, che puo’ essere diretta solo nei confronti degli eredi, successori a titolo universale o particolare che tali siano per il codice civile, soggetti terzi che gestiscano in fittizia autonomia i beni in realta’ riconducibili al defunto, in ragione di atti dispositivi (di fittizia intestazione o trasferimento) che ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 26 possano essere dichiarati nulli. In altri termini, la proposta deve proseguire o essere iniziata solo nei confronti dei soggetti indicati nell’articolo 18, commi 2 e 3 ma all’interno di tale procedura deve ritenersi possano essere trattate posizioni di beni fittiziamente intestati o trasferiti a testi, che dovrebbero invece rientrare nella disponibilita’ del patrimonio degli eredi per essere poi, ricorrendone le condizioni, confiscati.

6.2 Tenuto conto di come il primo decreto di sequestro e’ stato concretamente formulato, con l’indicazione specifica della qualita’ di erede anche per i due nipoti ricorrenti quale ragione legittimante l’azione di prevenzione patrimoniale, le considerazioni che precedono allo stato risultano sufficienti ad imporre il suo annullamento innanzitutto nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), con la conseguente restituzione di quanto a loro sequestrato.

6.3 La medesima conclusione si impone allo stato per le posizioni di (OMISSIS) e (OMISSIS).

Vero che le stesse sono nella procedura non perche’ coinvolte nella proposta in qualita’ di eredi (che in effetti non sono), bensi’ per intervento volontario quali soggetti che si qualificano terzi estranei, tuttavia il bene che riguarda la loro posizione e’ costituito da quote della societa’ (OMISSIS) srl, le cui restanti quote risultavano sequestrate a (OMISSIS) e (OMISSIS). Il venir meno del sequestro presupposto assorbe allo stato la questione delle modalita’ e dei tempi di acquisizione delle quote della societa’ sequestrata da parte di queste due ricorrenti.

7. E’ fondata anche la comune censura relativa alla tardivita’ del secondo decreto di sequestro, adottato su proposta formalizzata dopo il decorso del quinquennio dal decesso di (OMISSIS) cl. (OMISSIS).

In fatto, il dato non e’ in discussione.

Secondo il Tribunale la genesi del secondo sequestro (conseguente a proposta che in concreto avrebbe solo costituito prosecuzione, comunque gemmazione, della prima e certamente tempestiva proposta, con il conseguente primo decreto di sequestro dalla cui applicazione erano emerse le condizioni per procedere al secondo) consentirebbe pero’ di ricondurre anche la seconda iniziativa alla prima, sussumendola nella pertinente tempestivita’.

Le difese, come visto, evidenziano invece i dati, anche formali, che comunque imporrebbero di considerare la seconda parte della richiesta come proposta comunque autonoma, e pertanto sicuramente intempestiva.

7.1 La questione di diritto sottesa alle diverse prospettazioni si risolve nel quesito se, pendendo procedura per l’applicazione di misura di prevenzione patrimoniale nei confronti degli eredi, l’emergenza di ulteriori beni passibili di sequestro e confisca, nel corso dello svolgimento di attivita’ proprie delle funzioni dell’amministratore giudiziario nominato a seguito di un decreto di sequestro emesso nell’ambito di precedente proposta, determini o meno la pendenza di un autonomo distinto procedimento di prevenzione (prescindendo dall’eventuale successiva riunione delle procedure, quando le tematiche oggettive e soggettive siano omogenee), al quale si applichi autonomamente il termine quinquennale.

La risposta deve essere positiva.

Si e’ gia’ detto della ragione di legge che fonda l’estensione della possibilita’ di confisca di beni anche nei confronti degli eredi, evidenziandone il peculiare contenuto di discrezionalita’ che caratterizza la soluzione normativa prescelta.

Le medesime considerazioni debbono essere riproposte quanto al tema dell’individuazione di un termine perentorio entro il quale l’azione/proposta di prevenzione deve essere esercitata (“la richiesta di applicazione della misura di prevenzione puo’ essere proposta … entro il termine di cinque anni dal decesso”: articolo 18, comma 3).

In definitiva, il legislatore ha ampliato la possibilita’ di acquisizione dei beni del soggetto gia’ pericoloso, individuando, prima, i soggetti specifici nei confronti dei quali, soli, l’azione/proposta puo’ essere proseguita o iniziata, poi, il termine ultimo entro il quale, in ogni caso, l’azione/proposta puo’ essere esercitata.

In particolare, con l’indicazione di tale termine il legislatore ha operato una scelta di valore specifica: quale che sia la fonte di acquisto del singolo bene, il decorso di quel determinato periodo di tempo impedisce alcun intervento su quello stesso bene.

Quindi, l’esigenza di certezza dei rapporti giuridici prevale, una volta consumato quel termine, sull’esigenza pubblicistica dell’impedire la circolazione di beni di provenienza non lecita.

Cio’, innanzitutto, comporta che il termine non possa che essere inteso come perentorio, il suo rispetto costituendo condizione di legittimita’ della stessa azione di prevenzione; in secondo luogo, impone di apprezzare le implicazioni di tale perentorieta’, che non puo’ che essere legata al singolo bene e, quindi, ad un’espressa tempestiva richiesta/proposta che quel singolo bene riguardi.

7.2 Nel nostro caso, il decreto 26.6.14 fa si’ riferimento (nella motivazione della sussistenza delle ragioni di cautela) a quanto emerso in sede di immissione nel possesso del patrimonio a seguito del precedente sequestro e dichiara la propria natura di integrazione del precedente decreto, ma e’ adottato dal Tribunale in composizione collegiale e, dichiaratamente, sulla base della successiva proposta in data 17.6.14: quindi, ai sensi dell’articolo 20. Proprio la composizione collegiale ed il generico riferimento alle ragioni del precedente decreto, senza alcun’indicazione ad alcuna particolare urgenza, escludono la sussumibilita’ del provvedimento in quelli d’urgenza disciplinati dall’articolo 22. Ne’ potrebbe ritenersi che il provvedimento collegiale in concreto abbia unito le due fasi (decreto presidenziale e convalida nei dieci giorni successivi): non solo si tratterebbe di procedura del tutto irrituale ed ingiustificata (atteso che in mancanza di una particolare urgenza e’ necessaria la preventiva proposta relativa a specifici beni), ma nella fattispecie, come ricordato, il decreto collegiale fa espresso e inequivoco riferimento alla ulteriore proposta.

Neppure assume rilievo il riferimento specifico che la seconda parte dell’articolo 22, comma 2, fa a situazione potenzialmente corrispondente alla nostra (“Analogamente si procede se, nel corso del procedimento, anche su segnalazione dell’amministratore giudiziario, emerge l’esistenza di altri beni che potrebbero formare oggetto di confisca”). Rimangono infatti sempre distinti i due aspetti obiettivamente diversi: quello, cautelare, del concreto pericolo di dispersione/sottrazione/alienazione; quello, contenutistico, della richiesta di applicazione della confisca a quel determinato bene.

Tale secondo aspetto mantiene, pur all’interno della peculiare disciplina di urgenza, piena autonomia. Cio’ significa che, pur quando nel corso della prima procedura emerga l’esistenza di ulteriori beni suscettibili di confisca, questa deve essere oggetto di motivata e specifica (necessariamente nuova) proposta, non potendo quella precedente estendersi ad ogni bene anche non originariamente indicato, quasi una sorta di proposta “innominata”, avente ad oggetto quel che (eventualmente) si trovera’. D’altra parte, sia la misura sostanziale (la confisca) sia quella cautelare (il sequestro), si riferiscono necessariamente a beni specifici e debbono essere argomentate in relazione a presupposti specifici (sproporzione, frutto o reimpiego di attivita’ illecite).

7.3 Appare comunque opportuno osservare, da ultimo, che l’interpretazione (apparentemente propugnata dal Tribunale) che sganciasse dal termine perentorio l’individuazione del singolo bene nel caso in cui lo stesso fosse individuato all’interno di procedura di prevenzione patrimoniale originata da tempestiva proposta (relativa pur a beni diversi), si risolverebbe in autonoma violazione della norma. Essa infatti condurrebbe in concreto ad un prolungamento, di tale termine, dalla durata incerta e dall’individuazione discrezionale, non potendosi predeterminare con profili di necessaria certezza anche solo la durata della procedura originata dalla tempestiva proposta, al cui interno ed in relazione a innominati operazioni/accadimenti potrebbero, in ipotesi, individuarsi sempre nuovi beni. Infatti, anche l’unico fatto di procedimento che, sul piano sistematico, potrebbe apparire idoneo a concretizzare un dato obiettivo e non evanescente (la chiusura del procedimento di prevenzione patrimoniale in primo grado), non potrebbe mai essere idoneo a vincolare l’originario proponente a termini oggettivi e certi, pur se diversi da quello dei cinque anni.

In altri termini, si perverrebbe a situazione del tutto incompatibile con quella palesemente scelta dal legislatore nella propria responsabilita’ funzionale, certo non esposta, nella fattispecie, a censure di palese irrazionalita’.

7.4 Deve pertanto concludersi che la proposta 17.6.14, presupposto del decreto di sequestro 26.6.14, sia improcedibile perche’ formulata oltre il perentorio termine quinquennale e, come tale, inidonea a giustificare il decreto di sequestro, che deve pertanto essere annullato, con le consequenziali restituzioni, come da dispositivo.

8. (OMISSIS) e’ erede di (OMISSIS) cl. (OMISSIS).

Il suo terzo motivo (relativo al secondo decreto di sequestro) e’ fondato per le ragioni indicate sub 7/7 A.

Primo e secondo motivo sono fondati nei termini che seguono. Il ricorrente lamenta omessa motivazione sulle proprie puntuali deduzioni volte ad escludere che i beni sequestrati anche con il primo decreto di sequestro fossero nella sua disponibilita’ nella qualita’ di erede del padre: aveva dedotto che, invece, gli stessi (delle societa’) erano alcuni a lui pervenuti per successione dalla madre ed altri a lui appartenenti dalla costituzione.

Osserva la Corte che effettivamente il Tribunale ha omesso alcuna motivazione specifica sul punto, apparentemente rinviando l’esame di ogni questione di merito al seguito del procedimento dopo avere, con argomentazione generale, e generica (p. 4 e 5 ord.), per tutti i beni sequestrati affermato la diretta riconducibilita’ al proposto o a frutto del reimpiego di mezzi derivanti da patrimonio illecitamente costituito, precisando che cio’ avveniva ai fini esclusivamente cautelari e richiamando il decreto di sequestro. Ora, siffatta metodologia argomentativa costituisce appunto motivazione solo apparente, quando l’interessato abbia svolto rilievi specifici nel merito. Se e’ infatti vero che l’apprezzamento dei presupposti per l’adozione della misura cautelare reale ha un contenuto piu’ sintetico ed essenziale rispetto a quello che deve caratterizzare la deliberazione che conclude la procedura (disporre o meno la confisca dei singoli beni), anche in ragione del diverso contesto probatorio che generalmente caratterizza le due decisioni, tuttavia anche in sede cautelare sussiste l’obbligo del confronto argomentativo con il nucleo almeno delle deduzioni della parte destinataria del sequestro e con riferimento specifico ai beni cui si riferiscono le deduzioni di tale parte. Non avrebbe altrimenti senso sistematico l’opposizione al decreto di sequestro, quando la decisione della prima si risolvesse nella conferma del secondo a prescindere dall’esame delle questioni anche di fatto dedotte. E’ ovviamente ben possibile che il Tribunale, che pur ha emesso il decreto di sequestro, nell’esaminare specificamente le censure dell’opponente richiami le argomentazioni del decreto, quando ritenga di rinvenire in esse anticipate risposte specifiche alle contingenti successive doglianze della parte ovvero ritenga la genericita’ di queste ultime. Quel che non puo’ fare e’, in particolare a fronte di posizioni articolate e complesse per le quali siano svolte deduzioni specifiche e distinte per le varie posizioni, confermare in via generale e complessiva la precedente deliberazione, rinviando ogni risposta sulle distinte posizioni e deduzioni a fase successiva, senza alcuna delibazione e senza spiegare perche’, posizione per posizione, le deduzioni proposte in relazione ai singoli beni non presentino caratteristiche tali da imporre la revoca della misura cautelare reale, tenuto conto degli effetti invasivi che la caratterizzano.

Quanto alla posizione di (OMISSIS) si impone pertanto l’annullamento con rinvio per nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio il decreto di sequestro emesso dal Tribunale di Palermo il 24.3.14, limitatamente ai beni sequestrati a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), beni dei quali ordina la restituzione agli aventi diritto.

Annulla il medesimo decreto, quanto a (OMISSIS) e limitatamente ai beni di cui e’ stata chiesta la revoca del sequestro e rinvia al Tribunale di Palermo per nuovo esame.

Annulla senza rinvio il decreto di sequestro emesso il 26.6.14 e dispone la restituzione dei beni agli aventi diritto.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 626 c.p.p..

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