cassazione 7

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 11 gennaio 2016, n. 591

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VECCHIO Massimo – Presidente

Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere

Dott. TARDIO Angela – Consigliere

Dott. MANCUSO Luigi Fabrizio – Consigliere

Dott. CENTONZE Alessandro – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

1) (OMISSIS), nato il (OMISSIS);

Avverso l’ordinanza n. 1001/2013 emessa il 15/04/2014 dalla Corte di appello di Roma;

Sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. CENTONZE Alessandro;

Lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del Dott. ANGELILLIS Ciro, che ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.

RILEVATO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa il 15/04/2014 la Corte di appello di Roma, quale giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza formulata nell’interesse di (OMISSIS), finalizzata a ottenere l’applicazione della disciplina della continuazione ai sensi dell’articolo 671 c.p.p., in relazione alle sentenze irrevocabili emesse il 15/04/2011 e il 04/07/2012 dalla stessa Corte territoriale, con conseguente rideterminazione della pena tenuto conto dei parametri ermeneutici affermati nella sentenza della Corte costituzionale 11 febbraio 2014, n. 32.

Si ritenevano, in particolare, ostativi all’applicazione della continuazione invocata l’ampiezza dell’arco temporale in esame e l’eterogeneita’ dei fatti delittuosi presupposti, ancorche’ afferenti a vicende delittuose riguardanti la detenzione di sostanze stupefacenti.

Si riteneva, infine, di sospendere la decisione sulla rideterminazione della pena in attesa della pronuncia delle Sezioni unite di questa Corte – genericamente citata – sugli effetti processuali dell’applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014.

2. Avverso questa ordinanza il (OMISSIS), a mezzo del suo difensore, ricorreva per cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione all’omesso riconoscimento della continuazione in sede esecutiva, che si imponeva tenuto conto della correlazione tipologica e temporale dei fatti delittuosi valutati dalle sentenze presupposte, che era stata valutata dalla Corte di appello di Roma con un percorso motivazionale contraddittorio e manifestamente illogico.

Si deduceva, in particolare, che l’incongruita’ motivazionale del provvedimento impugnato conseguiva alla mancata acquisizione delle dichiarazioni rese al magistrato di sorveglianza dal (OMISSIS), la cui acquisizione era stata sollecitata all’udienza del 15/04/2014 dal difensore di fiducia dell’esecutato, senza che a tale richiesta era stata data esecuzione, inficiando l’intero percorso motivazione della decisione in esame.

Queste ragioni processuali imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato.

Deve, in proposito, rilevarsi che, come correttamente dedotto dal ricorrente, nel verbale di udienza del 15/04/2014, l’istante aveva chiesto l’acquisizione delle dichiarazioni precedentemente rese al magistrato di sorveglianza, che si ritenevano indispensabili ai fini della decisione e che erano state erroneamente inserite nel procedimento esecutivo n. 825/13 LE., gia’ definito. Di tali dichiarazioni non vi e’ riscontro nel fascicolo processuale, ne’ risulta che sia stata disposta l’acquisizione da parte della Corte di appello di Roma, procedente quale giudice dell’esecuzione, pur espressamente richiesta dal (OMISSIS).

Ne discende la fondatezza della doglianza difensiva, atteso che, nel caso di specie, il giudice dell’esecuzione aveva deciso il merito della questione sottoposta alla sua cognizione, senza acquisire e valutare le dichiarazioni precedentemente rese al magistrato di sorveglianza dal (OMISSIS), con un incontestabile pregiudizio delle sue prerogative difensive, legittimamente esercitate nell’udienza camerale del 15/04/2014, rilevante nel caso di specie ai sensi dell’articolo 179 c.p.p., conformemente alla giurisprudenza di questa Corte che occorre ribadire (cfr. Sez. 2 , n. 29602 del 27/06/2006, Scarcia, Rv. 235313).

2. Per queste ragioni processuali, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio alla Corte di appello di Roma, affinche’ provveda a un nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Roma per un nuovo esame.

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