Ai fini della configurabilità del reato di mancata esecuzione dolosa di provvedimento del giudice (art. 388 c.p.)

Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 11 gennaio 2016, n. 578.

Ai fini della configurabilità del reato di mancata esecuzione dolosa di provvedimento del giudice (art. 388 c.p.), è necessario e sufficiente che vi sia stata una richiesta di adempimento (o una messa in mora), anche informale, purché si tratti di intimazione che sia precisa e non equivoca, rigorosamente provata anche quanto alla sua ricezione da parte del debitore

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza 11 gennaio 2016, n. 578

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IPPOLITO Francesco – Presidente

Dott. GIANESINI Maurizio – Consigliere

Dott. CITTERIO Carlo – rel. Consigliere

Dott. PETRUZZELLIS Anna – Consigliere

Dott. DE AMICIS Gaetano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 476/2013 CORTE APPELLO di SALERNO, del 04/11/2014;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/12/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. CARLO CITTERIO;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. BIRRITTERI Luigi per il rigetto;

udito, per la parte civile, l’avv. (OMISSIS) per l’inammissibilita’ o rigetto;

udito il difensore avv. (OMISSIS) per l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO

1. I coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS) sono stati dichiarati responsabili in primo e secondo grado di merito (Tribunale Nocera Inferiore 16.11.12; Corte app. Salerno 4.11.14) del reato di cui all’articolo 388 c.p. in danno di (OMISSIS): (OMISSIS) dal giugno al dicembre 2005 aveva venduto simulatamente a (OMISSIS) beni immobili (intestandoli fittiziamente alla donna ed a societa’ da lei amministrate) per sottrarsi all’adempimento degli obblighi civili nascenti da decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo emesso il 17.11.05. La Corte d’appello ha dichiarato la prescrizione del reato, confermando la condanna ai fini civili (la persona offesa essendosi costituita parte civile).

2. Ricorrono, a mezzo del comune difensore e con unico atto, (OMISSIS) e (OMISSIS), enunciando due motivi di violazione di legge e vizi alternativi della motivazione in ordine:

– all’erronea applicazione dell’articolo 388 c.p.: sarebbe mancata una rituale ingiunzione di eseguire il provvedimento, comunque non equiparabile ad una sentenza perche’ non deliberato a seguito di una plena cognitio; in particolare gli atti di compravendita sarebbero stati posti in essere in periodo (16.6.05 e 1.12.05) “decisamente” antecedente la notifica del decreto ingiuntivo esecutivo e del relativo precetto (2.1.06), quindi prima dell’inizio di alcuna procedura esecutiva ed in particolare del pignoramento;

– all’articolo 124 c.p., per la tardivita’ della querela presentata, nonostante l’avvenuta trascrizione della cessione degli immobili in tempi di gran lunga precedenti, solo il 3.1.07 (la sentenza di primo grado indica il 9.1.07).

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. I ricorsi sono infondati, risolvendosi in definitiva nella riproposizione di questioni pertinenti (indicate nella sentenza d’appello come contenuto dei motivi devoluti in quella sede) ma cui la Corte d’appello ha risposto con motivazione specifica e immune dai soli vizi logici rilevanti (manifesta illogicita’ e contraddittorieta’) e conforme a diritto. In particolare i Giudici del distretto hanno spiegato che: nella specie era sufficiente l’avvenuta richiesta azionata fin dal 2003 (il decreto ingiuntivo era stato chiesto con atto depositato il 30.9.03 e ottenuto il 12.12.03, a seguito dell’opposizione essendo stata chiesta la provvisoria esecuzione, concretamente dichiarata l’1.12.05) non essendo necessario l’avvio della procedura di esecuzione forzata; sussisteva il concorso della donna nella condotta del marito non trattandosi di reato proprio; sulla tempestivita’ della querela doveva condividersi quanto argomentato dal Tribunale (che a sua volta, per il vero, p. 2 sent. di primo grado, aveva richiamato l’argomentazione con cui in data 7.6.11 il GIP aveva giudicato tempestiva la richiesta punitiva della persona offesa, respingendo la richiesta di archiviazione e ordinando la formulazione dell’imputazione: esser sufficienti le parole della persona offesa in mancanza di alcuna anche mera allegazione contraria degli imputati).

La Corte di Salerno ha altresi’ fatto corretta applicazione della giurisprudenza ormai prevalente di questa Corte, da ultimo e per tutte Sez. 6 sent. 51218/14, massimata nei termini che seguono: “Ai fini della configurabilita’ del reato di mancata esecuzione dolosa di provvedimento del giudice (articolo 388 c.p.), e’ necessario e sufficiente che vi sia stata una richiesta di adempimento (o una messa in mora), anche informale, purche’ si tratti di intimazione che sia precisa e non equivoca, rigorosamente provata anche quanto alla sua ricezione da parte del debitore. In proposito ha quindi espresso specifico apprezzamento in fatto relativo a richiesta/ingiunzione gia’ risalente al 2003, rispetto alla quale nessuna deduzione e’ nel ricorso, che si limita a reiterare le originarie deduzioni d’appello. In ordine alla tempestivita’ della querela, il ricorso ignora la risposta della Corte e con il secondo motivo si limita a reiterare l’infondata tesi della efficacia astratta del sistema di conoscibilita’ della trascrizione, oltretutto in termini pure generici (posto che il ricorso non chiarisce le relative date), a fronte della consolidata giurisprudenza della Corte secondo cui il termine per la proposizione della querela decorre dal momento dell’effettiva personale e concreta conoscenza (Sez. 6 sent. 37962/10).

Consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonche’ alla rifusione delle spese di assistenza legale sostenute dalla costituita parte civile liquidate, in ragione dell’attivita’ prestata, come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonche’ alla rifusione delle spese di parte civile che liquida complessivamente in euro 3000 oltre iva e cpa.

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