Corte di Cassazione, sezione VI penale, sentenza 24 gennaio 2017, n. 3635

Non rileva agli effetti dell’autorizzazione al lavoro la situazione economica dei familiari, poiché essa non è presa in considerazione dalla legge, né sussiste alcun obbligo di mantenimento del sottoposto agli arresti domiciliari a carico dei componenti la famiglia, al di fuori di quello strettamente alimentare, che, peraltro, presuppone una incapacità del congiunto di procurarsi autonomamente un reddito, che potrebbe essere risolta proprio dal provvedimento di autorizzazione al lavoro

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI penale

sentenza 24 gennaio 2017, n. 3635

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CONTI Giovanni – Presidente

Dott. CRISCUOLO Anna – rel. Consigliere

Dott. VILLONI Orlando – Consigliere

Dott. CALVANESE Ersilia – Consigliere

Dott. D’ARCANGELO Fabrizia – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso l’ordinanza del 04/07/2016 del Tribunale del riesame di Bari;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Anna Criscuolo;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. LORI Perla, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Premesso che con l’ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Bari ha respinto l’appello proposto nell’interesse di (OMISSIS) avverso l’ordinanza del 12 maggio 2016 con la quale il Tribunale di Trani aveva rigettato l’istanza di autorizzazione al lavoro, ritenendo non provato lo stato di assoluta indigenza dell’appellante ed incompatibile lo svolgimento di attivita’ lavorativa con il regime cautelare applicato, indispensabile per contenere il pericolo di reiterazione criminosa, desumibile dal coinvolgimento dell’imputato in un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, attiva in vari ambiti territoriali;

2. rilevato che avverso l’ordinanza cautelare ricorre il difensore del (OMISSIS), che denuncia violazione di legge e illogicita’ della motivazione, in quanto il Tribunale ha fatto riferimento ad un concetto restrittivo e superato di assoluta indigenza, ignorando che nell’istanza erano stati segnalati l’obbligo di mantenimento di un figlio minore, imposto dal Tribunale per i Minorenni, lo stato di gravidanza della compagna e l’onerosita’ del canone di locazione, che assorbe interamente il reddito dichiarato. Segnala, inoltre, che il Tribunale ha errato nel ritenere la convivente, anziche’ la sorella, titolare della societa’ presso la quale dovrebbe essere assunto il (OMISSIS), e ha errato nel ritenere incompatibile con il regime cautelare l’attivita’ di lavoro da svolgere a causa dei continui spostamenti necessari, mentre invece, il (OMISSIS) dovrebbe svolgere l’attivita’ di operatore call center in luogo fisso, facilmente controllabile;

3. il ricorso e’ fondato.

Tenuto conto che l’autorizzazione al lavoro non e’ un diritto del detenuto agli arresti domiciliari, ma una disposizione eccezionale, che, in presenza dei presupposti previsti dall’articolo 284 c.p.p., comma 3, di stretta interpretazione, consente di derogare al regime detentivo, la valutazione dei giudici di merito quanto all’insussistenza dello stato di assoluta indigenza non risulta corretta ne’ operata in modo completo.

Precisato che tale condizione va riferita ai bisogni primari dell’individuo e dei familiari a suo carico (vitto, vestiario, alloggio, educazione, salute), deve farsi riferimento alle condizioni reddituali e patrimoniali del soggetto, eventualmente comprensive delle utilita’ economiche, costituenti anche esse reddito personale, che siano corrisposte dalle persone obbligate per legge o per rapporti contrattuali al suo mantenimento per motivi che prescindano dalla capacita’ al lavoro dell’assistito.

In particolare, non rileva a tal fine la situazione economica dei familiari, poiche’, come ritenuto da questa Corte, essa non e’ presa in considerazione dalla legge, ne’ sussiste alcun obbligo di mantenimento del sottoposto agli arresti domiciliari a carico dei componenti la famiglia, al di fuori di quello strettamente alimentare, che, peraltro, presuppone una incapacita’ del congiunto di procurarsi autonomamente un reddito, che potrebbe essere risolta proprio dal provvedimento di autorizzazione al lavoro.

Il Tribunale non ha fatto corretta applicazione di tali principi, in quanto non solo ha considerato i redditi familiari come direttamente fruibili dal (OMISSIS), ma non ne ha analizzato l’effettiva entita’, ed e’ incorso in errore laddove ha ritenuto che la compagna del (OMISSIS) sia titolare della societa’ presso la quale l’imputato dovrebbe prestare l’attivita’ di lavoro, mentre, invece, dall’istanza risulta che titolare ed amministratore della societa’ sia la sorella della compagna: ne discende che la valutazione e’ fondata anche su un dato errato e sulla presunta mancata allegazione della situazione patrimoniale dell’impresa.

Non risulta decisiva la ulteriore valutazione del Tribunale secondo la quale l’autorizzazione al lavoro vanificherebbe le esigenze cautelari, in quanto, anche se tale parametro puo’ ritenersi implicitamente evocato dalla norma in esame, che attribuisce in proposito al giudice un potere discrezionale pur in presenza di un accertato stato di “assoluta indigenza”, la concreta necessita’ di salvaguardare le esigenze cautelari merita una motivazione di particolare aderenza alle peculiarita’ del caso, atteso che ad essa si contrappone la necessita’ di assicurare all’individuo condizioni di vita decenti, riferibile a valori costituzionali (Sez. 6, n. 32574 del 03/06/2005, Politano’, Rv. 231869; Sez. 2, n. 12618 del 12/02/2015, Bosco, Rv. 262775).

L’ordinanza impugnata va pertanto, annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Bari, Sezione per il riesame delle misure coercitive.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Bari, Sezione per il riesame delle misure coercitive

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