Corte di Cassazione, sezione VI penale, sentenza 24 agosto 2017, n. 39411 

Manifesta infondatezza delle eccezioni attinenti allo stato di disoccupazione, che non scrimina dall’obbligo di contribuzione al mantenimento, a meno che non si provi l’assoluta impossibilità di fare fronte alle obbligazioni attraverso la dimostrazione di una fruttuosa attivazione in tal senso, e l’irrilevanza della verifica di uno stato di indigenza della minore, atteso che lo stato di bisogno è insito in tale condizione, per pacifica giurisprudenza

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI penale

sentenza 24 agosto 2017, n. 39411 

Ritenuto in fatto e considerato in diritto

1. La Corte d’appello di Lecce, con sentenza del 11/05/2016, ha confermato l’affermazione di responsabilità di Gi. Gi. pronunciata dal Tribunale di Brindisi il 21/05/2014, in relazione all’imputazione di cui all’art. 570 cod. pen.
2. Con il ricorso proposto dalla difesa di Gi. si deduce:
2.1. violazione di legge, conseguente alla mancata analisi della prova testimoniale a discarico, resa dalla figlia del ricorrente, e riguardante la mancanza dello stato di indigenza nel creditore, che deve caratterizzare il reato;
2.2. vizio di motivazione, per la mancata analisi della documentazione riguardante lo stato di disoccupazione dell’interessato, già esibita in primo grado, oltre che di ulteriori atti riguardanti la sua impossibilità di adempiere;
2.3. vizio di motivazione inerente alla sollecitazione all’accertamento della prescrizione del reato, dovendo collocarsi la consumazione del reato non oltre il giugno 2008, posto che da data successiva la minore era andata a vivere con il padre; tale eccezione è stata svolta in atto di appello, e ad essa il giudicante non ha dato risposta; in ogni caso, anche a volere diversamente fissare la decorrenza del periodo all’anno successivo, il reato doveva comunque intendersi prescritto.
3. Il ricorso è infondato.
4. Si deve richiamare la manifesta infondatezza delle eccezioni attinenti allo stato di disoccupazione, che non scrimina dall’obbligo di contribuzione, a meno che non si provi l’assoluta impossibilità di fare fronte alle obbligazioni attraverso la dimostrazione di una fruttuosa attivazione in tal senso, e l’irrilevanza della verifica di uno stato di indigenza della minore, atteso che lo stato di bisogno è insito in tale condizione, per pacifica giurisprudenza.
Inoltre non assume rilievo la mancata considerazione della deposizione della figlia, contestata nel ricorso, a fondamento della pretesa cessazione dell’omissione alla data di raggiungimento della maggiore età della ragazza, posto che tale condotta non elide gli effetti di quanto già realizzato, e continua a sussistere per effetto del mancato adempimento delle prestazioni scadute.
Deve altresì escludersi il vizio della sentenza in merito all’eccezione di prescrizione.
Invero, se effettivamente è mancata una confutazione sul punto, tale profilo è sanabile in questa sede stante la natura meramente accertativa della condizione eccepita; è del tutto pacifico che il ricorrente non ha mai dedotto di aver fatto fronte alle obbligazioni scadute, cosicché rispetto ad esse l’omissione è ancora in atto e correttamente si è ritenuta la permanenza del reato fino alla data della sentenza di primo grado, che segna il limite della permanenza della condotta, esclusivamente per la necessità di ancorare l’accertamento di responsabilità all’oggetto del giudizio, non potendo la valutazione proiettarsi per il futuro.
La permanenza delle omissioni maturate in precedenza impedisce quindi la maturazione della causa estintiva del reato.
3. Il rigetto del ricorso impone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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