Cassazione 4

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 8 aprile 2015, n. 7057

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI PALMA Salvatore – Presidente

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere

Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul rricorso 19166-2013 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta mandato in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 171/2013 della CORTE D’APPELLO di MESSINA del 25/02/2013, depositata il 07/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/02/2015 dal Consigliere Relatore Dott. ti MAGDA CRISTIANO.

E’ stata depositata la seguente relazione:

FATTO E DIRITTO

1) La Corte d’appello di Messina, con sentenza del 7.3.013, ha respinto l’appello proposto da (OMISSIS) contro la sentenza del Tribunale di Patti che le aveva addebitato la separazione dal marito (OMISSIS), aveva conseguentemente revocato il provvedimento interinale con il quale era stato posto a carico dello (OMISSIS) l’obbligo di corrisponderle un assegno mensile di’ mantenimento ed aveva respinto la sua domanda di corresponsione di un assegno alimentare ai sensi dell’articolo 433 c.c..

La corte territoriale ha ritenuto che l’intollerabilita’ della prosecuzione della convivenza fra i coniugi fosse stata determinata dalla violazione del dovere di fedelta’ da parte della (OMISSIS), la quale non aveva fornito prova dell’anteriorita’ della crisi matrimoniale rispetto al suo accertato tradimento; a tale riguardo il giudice del merito ha escluso, in primo luogo, che la crisi potesse farsi risalire al 2001 – anno nel corso del quale lo (OMISSIS) aveva depositato una prima domanda di separazione giudiziale cui aveva poi rinunciato – atteso che l’abbandono del ricorso costituiva indice sintomatico della persistenza, all’epoca, dell’affectio coniugalis; ha inoltre ritenuto non significativo il fatto che nel (OMISSIS), poco tempo dopo l’introduzione del giudizio, la (OMISSIS) avesse denunciato lo (OMISSIS) per lesioni e maltrattamenti e che questi fosse stato rinviato a giudizio per il reato di cui all’articolo 572 c.p., tanto piu’ che erano ignoti gli elementi di prova che sorreggevano l’azione penale, ed ha infine rilevato che il certificato medico prodotto dall’appellante, ricoverata in ospedale a seguito di trauma cranico provocato da un oggetto contundente, risaliva al (OMISSIS) e faceva percio’ riferimento ad un episodio lontano nel tempo.

Quanto alla domanda di corresponsione di un assegno alimentare, la corte palermitana ha affermato che non v’era prova dello stato di bisogno della (OMISSIS) e, soprattutto, dell’impossibilita’ per la stessa di provvedere al proprio mantenimento. (OMISSIS) ha impugnato la sentenza con ricorso per cassazione affidato a due motivi.

(OMISSIS) non ha svolto attivita’ difensiva.

2) Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione degli articoli 143, 151 e 2697 c.c. nonche’ vizio di motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che la separazione dovesse esserle addebitata.

Deduce che, contrariamente a quanto affermato dal giudice d’appello, non vi sarebbe alcuna prova che la relazione extraconiugale da lei intrattenuta sia stata causa, anziche’ effetto, della disgregazione del matrimonio, risultando dagli atti che la crisi risaliva al 2001, quando lo (OMISSIS) aveva presentato la prima domanda di separazione, ritirata, per sua stessa ammissione “soprattutto per le insistenze dei familiari (dichiarazione, questa, che dimostrerebbe il carattere meramente formale della riconciliazione successivamente intervenuta). Lamenta inoltre che la corte territoriale abbia escluso la rilevanza del comportamento violento del marito, che si era manifestato in numerose occasioni, era culminato nell’aggressione che l’aveva costretta al ricovero ospedaliero ed era comprovato dal rinvio a giudizio dello (OMISSIS) per il reato di maltrattamenti, consumato in suo danno dall'(OMISSIS).

3.1) Il motivo, ad avviso di questo relatore, e’ manifestamente infondato nella parte in cui denuncia la violazione delle regole che, in materia, presiedono alla ripartizione dell’onere della prova.

Infatti, secondo quanto affermato nella sentenza n. 2059/012, richiamata dalla stessa ricorrente, in tema di addebito della separazione personale l’inosservanza dell’obbligo di fedelta’ coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave la quale, determinando normalmente l’intollerabilita’ della prosecuzione della convivenza, deve ritenersi, di regola, circostanza sufficiente a giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile, mentre i fatti che escludono il nesso di causalita’ tra la violazione accertata e l’intollerabilita’ della prosecuzione della convivenza, ove non emergano dagli atti del processo, devono essere allegati e provati dalla parte che resiste alla domanda di addebito.

3.2) La censura appare invece inammissibile nella parte in cui lamenta un vizio di motivazione della sentenza impugnata, versandosi in tema di ricorso soggetto – ratione temporis – al disposto dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come novellato dal dalla Legge n. 134 del 2012, articolo 54, comma 1 lettera b) che ha ricondotto tale vizio all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti, e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia).

Nel caso di specie la corte territoriale ha esaminato tutti gli elementi addotti dalla (OMISSIS) a prova della pregressa insorgenza della crisi matrimoniale, ma li ha ritenuti inidonei a vincere la presunzione di addebitabilita’ della separazione alla violazione del dovere di fedelta’ che le incombeva: non ricorre, pertanto, l’ipotesi delineata dalla norma citata, e cio’ a prescindere dal rilievo che le censure svolte dalla ricorrente si risolvono nella richiesta di una diversa valutatone, nel merito, degli elementi probatori in questione.

4) Col secondo motivo la ricorrente, lamentando violazione dell’articolo 433 c.c., sostiene che la corte territoriale avrebbe respinto la domanda di corresponsione dell’assegno alimentare senza considerare che la sua impossidenza emergeva dagli atti e che, tenuto conto della sua eta’, delle sue effettive capacita’ e del contesto sociale nel quale ella vive, non le e’ data alcuna effettiva possibilita’ di svolgere un’attivita’ lavorativa retribuita.

Anche questo motivo, che, benche’ qualificato ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si risolve nella denuncia di un vizio di insufficiente motivazione, appare inammissibile, attesa l’omessa indicazione delle circostanze decisive, ignorate dalla corte territoriale, dalle quali si sarebbe dovuto desumere lo stato di bisogno della ricorrente.

Tanto potrebbe essere deciso in camera di consiglio, ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c..

Il collegio ha esaminato gli atti, ha letto la relazione e ne ha condiviso le conclusioni, peraltro non contrastate dalla ricorrente, che non ha depositato memoria.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Non v’e’ luogo alla liquidazione delle spese processuali in favore della parte intimata, che non ha svolto attivita’ difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalita’ delle parti e dei soggetti in esso menzionati.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater introdotto dalla Legge 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, si da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la stessa impugnazion

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