cassazione 7

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 5 febbraio 2015, n. 2164

 

In un procedimento di divorzio tra G.M. e B.P.R.M., la Corte d’Appello di Palermo con sentenza in data 30/03/2011, confermava la sentenza del Tribunale di Sciacca, emessa il 31/3/2010, che aveva posto a carico del marito assegno mensile di euro 300,00 per la moglie.
Ricorre per cassazione il marito. Resiste con controricorso la moglie.
Non si ravvisano violazioni di legge.
Quanto all’assegno per il coniuge, per giurisprudenza ampiamente consolidata, ~ deve tendere al mantenimento del tenore di vita da questo goduto durante la convivenza matrimoniale, e tuttavia indice di tale tenore di vita può essere l’attuale disparità di posizioni economiche tra i coniugi ( Cass. N. 2156 del 2010 ). i Pur essendo differenti caratteri, finalità e presupposti delloassegno di separazione e divorzio, quello di separazione può essere liberamente considerato ed apprezzato dal Giudice del divorzio (Cass.?`’20582 del 2010).
In sostanza il ricorrente propone profili e situazioni di fatto, insuscettibili di controllo in questa sede, a fronte di una sentenza caratterizzata da motivazione adeguata e non illogica. La pronuncia evidenzia un notevole divario tra i redditi dei coniugi. Quanto all’impossibilità di procurarsi mezzi adeguati, da parte della resistente, precisa il Giudice a quo che la stessa non è rimasta inerte, ma si è iscritta ad un corso universitario e si trova in Spagna per il progetto ,trasmus. Continua la sentenza impugnata, osservando che l’impegno negli studi universitari, che darà alla moglie in seguito maggiori possibilità lavorative, sarebbe compatibile solo con occupazioni saltuarie e limitate, tali da non permetterle di mantenere il pregresso tenore di vita.
Anche sulle spese giudiziali, il Giudice a quo fornisce motivazione adeguata: la domanda di assegno da parte della moglie, seppur in misura più limitata, è stata accolta, e il contenzioso riguardava in sostanza la sussistenza o meno del diritto all’assegno.
Va rigettato il ricorso.
Le spese seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in €. 2.100,00, comprensive di €. 100,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere generalità ed atti identificativi, a norma dell’art. 52 D.lgs. 196/03, in quanto imposto dalla legge

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