Cassazione 4

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 28 gennaio 2016, n. 1627

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente

Dott. MANNA Felice – Consigliere

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20942-2012 proposto da:

(OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

(OMISSIS);

– intimata –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di CAGLIARI, Rep. 2062, depositata l’8/06/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/07/2015 dal Consigliere Dott. MILENA FALASCHI;

uditi gli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), che si riportano entrambi.

 

CONSIDERATO IN FATTO

 

Con ricorso depositato in data 17 gennaio 2012, (OMISSIS) proponeva opposizione al decreto di liquidazione degli onorari e delle spese spettanti al consulente tecnico d’ufficio, Dott. (OMISSIS), per l’attivita’ svolta in un precedente giudizio di scioglimento del matrimonio tra l’opponente e (OMISSIS).

Il ricorso era parzialmente rigettato dal Tribunale di Cagliari con ordinanza depositata in data 8 giugno 2012 e non notificata.

Avverso quest’ultima ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), articolando quattro motivi.

Con il primo motivo ha denunciato la violazione e falsa applicazione degli articoli 62 e 194 c.p.c..

Con il secondo motivo ha dedotto la violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 50 e degli articoli 1 e 2 della tabella di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 352 del 1998.

Con il terzo motivo ha lamentato la violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 52.

Con un ultimo motivo ha denunciato la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 56.

(OMISSIS), diversamente da (OMISSIS), pur regolarmente intimata, ha resistito con controricorso.

Il consigliere relatore, nominato a norma dell’articolo 377 c.p.c., ha depositato la relazione di cui all’articolo 380 bis c.p.c. proponendo l’accoglimento del secondo motivo del ricorso ed il rigetto dei restanti motivi.

Parte resistente ha depositato memoria illustrativa ex articolo 378 c.p.c. in prossimita’ dell’adunanza camerale.

 

RITENUTO IN DIRITTO

 

Vanno condivise e ribadite le argomentazioni e le conclusioni di cui alla relazione ex articolo 380 bis c.p.c. che di seguito si riporta: “In primo luogo, non e’ suscettibile di accoglimento la censura secondo cui le ricerche svolte dal consulente avrebbero superato i confini d’indagine tracciati dal giudice.

Come gia’ esplicato nell’ordinanza impugnata, l’oggetto dell’incarico peritale affidato al consulente tecnico d’ufficio comprendeva anche un’attivita’ di analisi della consistenza di tutti i conti correnti riferibili al (OMISSIS), a prescindere dalla circostanza che fossero a lui direttamente intestati. Cio’ emerge tanto dalla formulazione ampia dei quesiti rivolti dal tribunale al momento dell’affidamento dell’incarico, i quali fanno riferimento alla necessita’ di accertare l’effettiva consistenza patrimoniale e reddituale del ricorrente, quanto dal contenuto degli specifici provvedimenti istruttori adottati dal giudice alfine di ricostruire la capacita’ finanziaria del coniuge. Del resto, cio’ emerge dalle medesime formule utilizzate dal giudice, il quale, nel formulare il quesito, ha espresso l’esigenza di andare “al di la’ dei dati ufficiali risultanti”. Ne’ tale conclusione puo’ essere indebolita dall’affermazione secondo ad i cespiti finanziari di ricchezza di un individuo sarebbero ontologicamente estranei alla sfera patrimoniale dello stesso, rilevando ai fini dell’accertamento le effettive disponibilita’ economico-monetarie del soggetto.

E’ opportuno rilevare, inoltre, che anche laddove tali accertamenti fossero stati estranei alle indagini commesse dal giudice, nondimeno il consulente avrebbe potuto, pur in mancanza di un’espressa autorizzazione, assumere informazioni da terzi e procedere all’accertamento dei fatti accessori costituenti presupposti necessari per rispondere ai quesiti postigli (cosi’, Cass. Sez. 3, n. 1020 del 2006). Tale potere, derivante dall’articolo 194 c.p.c., e’ conseguenza della natura anfibiologica della consulenza d’ufficio, che, pur non costituendo un mezzo istruttorio in senso proprio, consente comunque al CTU di acquisire ogni elemento necessario a rispondere ai quesiti, con l’unico limite, posto a tutela del principio del contraddittorio, di non provare i presupposti di fatto delle domande e delle eccezioni diparte (Cass., sez. 3, n. 3191 del 2006).

Puo’ diversamente riconoscersi la fondatezza del secondo motivo d’impugnazione, con cui il ricorrente contesta i criteri di liquidazione utilizzati dal giudice dell’opposizione, il quale ha applicato le percentuali della tabella di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 352 del 1998 con riferimento ai singoli conti correnti analizzati.

E’ principio consolidato di questa Corte quello secondo cui, ai fini della liquidazione dell’onorario del consulente tecnico d’ufficio, l’unicita’ dell’incarico non e’ esclusa dalla pluralita’ degli accertamenti domandati dal giudice, i quali impongono tuttavia una diversificazione ai fini della liquidazione del compenso: allorche’ il consulente sia chiamato a operare una molteplicita’ di accertamenti tra loro autonomi e indipendenti, egli avra’ diritto a una remunerazione che, sebbene unica, deve tener conto del valore dei singoli accertamenti realizzati (cosi’, ex multis, Cass., n. 18092 del 2002); laddove invece la pluralita’ degli accertamenti non precluda l’omogeneita’ dell’oggetto della domanda posta dal giudice, il consulente avra’ diritto a un compenso che tenga conto del valore della controversia nella sua complessita’ (Cass., Sez. 2, n. 7186 del 2007).

Nella specie risulta che l’accertamento domandato al consulente riguardava la situazione patrimoniale del coniuge nella sua globalita’, rilevando ai fini della decisione non tanto la consistenza di ciascuno dei conti correnti esaminati, quanto piuttosto l’insieme omogeneo ed indifferenziato degli stessi.

Allo stesso tempo, non appare dirimente il rilievo della gravosita’ e complessita’ degli accertamenti operati dal consulente, il quale assume rilevanza precipua solo qualora il valore della controversia rimanga indeterminabile, mentre nel caso di specie esso indica unicamente il tipo di attivita’ svolte dal consulente, del tutto irrilevante ai fini della liquidazione dell’onorario (Cass., sez. 2, n. 7186 del 2007).

Pertanto, il giudice avrebbe dovuto considerare unitariamente l’incarico conferito al consulente, liquidando il compenso sul valore complessivo risultante dagli accertamenti. E’ infine infondato il terzo motivo, con il quale il ricorrente denuncia l’omessa decurtazione dell’onorario del consulente, pur in presenta dei presupposti del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 52 deducendo il mancato completamento della consulenza a causa della sopravvenuta conciliazione tra i coniugi.

Tralasciando il rilievo secondo cui, in virtu’ dei principi di leale collaborazione e di buona fede processuale, il ricorrente avrebbe dovuto avvertire il consulente della imminente conciliazione con il coniuge, provando poi in giudizio tale attivita’, e’ qui sufficiente rilevare come la fattispecie concreta non sia sussumibile in quella descritta dall’articolo 52, avendo il consulente sostanzialmente concluso la propria attivita’ al momento della conciliazione. Solo due giorni dopo l’intervenuta sospensione delle operazioni peritali, l’ausiliare ha infatti depositato venticinque corposi allegati, contenuti in trefaldoni, per cui il giudice ha ritenuto che l’attivita’ di accertamento era ormai in una fase assai prossima alla conclusione. E dunque la stessa ratio della norma in questione che ne preclude l’operativita’ nel caso di specie, non potendosi privare il consulente di una piena e proporzionale remunerazione del lavoro svolto.

Altrettanto, puo’ dirsi infondato l’ultimo motivo d’impugnazione, relativo alla mancata produzione della nota spese richiesta dall’articolo 56 del T. U. sulle spese di giustizia. Emerge infatti dall’ordinanza de qua che il consulente, nell’esercizio delle possibilita’ riconosciute al convenuto dall’articolo 702 bis c.p.c., ha tempestivamente prodotto pezze giustificative delle spese domandate e liquidate nella precedente fase di giudizio.”.

Gli argomenti e le proposte contenuti nella relazione di cui sopra sono condivisi dal Collegio e le critiche formulate dal resistente nella memoria illustrativa non hanno alcuna incidenza su dette conclusioni, giacche’ ribadiscono difese che – per le ragioni sopra esposte – sono state superate dalle argomentazioni predette e non rappresentano alcuna lacuna motivazionale, non apportando alcun ulteriore elemento di valutazione, e conseguentemente il ricorso va accolto limitatamente al secondo motivo, respinte le restanti censure.

L’ordinanza impugnata va cassata, con rinvio al Tribunale di Cagliari, in persona di diverso magistrato, che provvedera’ a determinare gli onorari del c.t.u. alla luce del principio di cui sopra, nonche’ alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’.

 

P.Q.M.

 

La Corte, accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettati i restanti;

cassa l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Cagliari in persona di diverso magistrato, anche per le spese del giudizio di Cassazione.

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