Cassazione toga rossa

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 19 febbraio 2015, n. 3348

Rilevato che la Corte d’Appello di Salerno, adita nel procedimento relativo alla cessazione degli effetti civili del matrimonio di V. P. e M. D.T., accogliendo parzialmente l’appello proposto da quest’ultima disponeva, per ciò che ancora rileva
– che, all’interno della sentenza non definitiva n. 238 del 2003, divenuta irrevocabile, il giudice di primo grado aveva dichiarato la cessazione degli effetti civili del matrimonio civile tra i suddetti coniugi e aveva confermato la sentenza di separazione giudiziale tra gli stessi (sent. n. 3 del 1998), solo relativamente all’affidamento del figlio Giuseppe P. alla madre alle modalità di visita da parte del padre;
– che, contestualmente alla sent. 238 de 2003, il giudice di primo grado aveva, con ordinanza, disposto la rimessione della causa sul ruolo, al fine di decidere in merito all’assegno di mantenimento del figlio;
– che, pertanto, il Tribunale di Vallo della Lucania aveva il potere di disporre relativamente al mantenimento del figlio del P. e della D.T. anche per il periodo antecedente alla sentenza impugnata, non essendovi alcuna pronuncia antecedente ad essa;
– che per legge gli effetti della sentenza decorrono dall’epoca della domanda giudiziale a prescindere da una specifica richiesta in tal senso delle parti;
– che, secondo un consolidato principio giurisprudenziale, in tema di separazione o divorzio, nella ipotesi in cui uno dei coniugi abbia chiesto un assegno di mantenimento per i figli, la domanda, se ritenuta fondata, deve essere accolta, in mancanza di espresse limitazioni, dalla data della sua proposizione, e non da quella della sentenza [Cass. 21087 del 2004];
– che alla parte che abbia richiesto la corresponsione di un assegno a titolo di contributo per il mantenimento della prole deve essere riconosciuta la facoltà di chiedere un adeguamento del relativo ammontare, non costituendo tale richiesta una domanda nuova;
– che, pertanto, l’obbligo gravante in capo al P. di corresponsione all’appellante un assegno mensile di 500,00 euro a titolo di contributo per il mantenimento del figlio, doveva farsi decorrere dalla data di deposito del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, con conseguente obbligo del P. di corrispondere alla D.T. la somma pari alla differenza tra quanto dovuto e quanto corrisposto nel periodo anteriore alla sentenza appellata;
Rilevato che avverso tale sentenza il P. ha presentato ricorso per Cassazione, affidandosi ai seguenti motivi:
– violazione del principio del contraddittorio ex art. 101 cod. proc. civ. e violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 155 quinquies cod. civ., ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ. perché la Corte d’Appello di Salerno, disponendo che l’aumento dell’assegno di mantenimento dovesse decorrere dalla data di deposito del ricorso introduttivo nonostante la relativa domanda fosse stata formulata solo con comparsa conclusionale, aveva negato all’odierno ricorrente il diritto al contradditorio sul punto. La Corte, in particolare, aveva applicato all’intero periodo una somma parametrata alle esigenze del figlio così come risultanti al momento della sentenza, senza valutare che al momento del deposito del ricorso le predette esigenze potevano essere differenti, stante il notevole lasso di tempo trascorso;
– violazione dell’art. 183 cod. proc. civ., ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., per avere la Corte d’Appello omesso di considerare che la domanda relativa al mantenimento del figlio andava proposta all’udienza di trattazione di cui all’art. 183 cod. proc. civ., non dichiarando la tardività e conseguente inammissibilità della domanda di parte avversaria;
– violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., per avere la Corte d’Appello disposto che la domanda relativa alla decorrenza dell’assegno per il minore dal 2002 fosse ammissibile e aver quindi disposto la retroattività dell’accertamento e, conseguentemente, della decisione assunta, nonostante il notevole lasso di tempo trascorso e la possibilità che le condizioni fossero mutate;
– violazione dell’ars. 91 cod. proc. civ., ex art 360 n. 3 cod. proc. civ. per avere la Corte d’Appello compensato le spese di lite; Rilevato in particolare:
– che, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, la decorrenza dell’assegno in favore dei figli va fatta risalire di regola alla data della domanda, prescindendo l’obbligo di mantenimento dei figli dalla sentenza di scioglimento degli effetti civili del matrimonio [ex multis 21087 del 2004; 10119 del 2006];
– che, in tale materia, poiché si verte in tema di conservazione del contenuto reale del credito fatto valere con la domanda originaria, deve ammettersi la possibilità, per il genitore istante, di chiedere un adeguamento del relativo ammontare, e la proposizione in primo grado o in appello di simili istanze o eccezioni non ricade sotto il divieto di “ius novorum” [Cass. 10119 del 2006];
– che, da quanto detto, discende la correttezza della decisione del giudice d’appello di rilevare l’ammissibilità della domanda della D.T. e di disporre che il nuovo importo dovesse valere dalla data della domanda introduttiva del giudizio;
– che, pertanto i primi tre motivi di ricorso sono manifestamente infondati. La Corte d’Appello di Salerno, come già evidenziato, ha fatto corretta applicazione dei principi giurisprudenziali sopra richiamati in materia di obblighi di mantenimento dei figli e connesse istanze;
– che anche l’ultimo motivo di ricorso è assorbito dal rigetto degli altri e, comunque la compensazione è fondata sulla. parziale soccombenza di entrambe le parti;
– che ove si condividano i predetti rilievi il ricorso deve essere rigettato;
Il Collegio aderisce alla relazione depositata, osservando in ordine alla memoria di parte ricorrente che il chiaro contenuto delle statuizioni relative alla sentenza parziale sul vincolo non inducono alcun dubbio sulla preesistenza della domanda avente ad oggetto il contributo al mantenimento del figlio minore da parte del genitore affidatario. L’ammissibilità della domanda medesima è confermata dalla giurisprudenza citata nella relazione. L’anticipazione della decorrenza dalla domanda oltre ad esser coerente con i precedenti citati, del tutto in termini, costituisce esercizio del potere officioso del giudice d’appello, nella specie congruamente argomentato. In conclusione il ricorso deve essere respinto.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso

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