Cassazione toga rossa

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 17 novembre 2015, n. 23528

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente

Dott. MANNA Felice – Consigliere

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 26783/2014 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso da se stesso;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO DI VIA (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta mandato in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza n. 4101/2014 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di ROMA del 7/02/2014, depositata il 20/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/09/2015 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito l’Avvocato (OMISSIS) (ricorrente) che ha chiesto che sia dichiarata l’ammissibilita’ del ricorso per la revoca dell’ordinanza n. 4101/2014 del 27/02/2014 della Corte di Cassazione.

FATTO E DIRITTO

1) E’ impugnata per revocazione la ordinanza n. 4101/14 della Corte di Cassazione 6 /2 Sezione, la quale ha rigettato un ricorso in materia possessoria proposto dall’odierno ricorrente avverso la sentenza n. 58 del 2012 della Corte di appello di Palermo.

Il ricorrente lamenta di non aver ricevuto avviso di udienza (recte adunanza camerale), sebbene egli avesse chiesto ex articolo 135 disp. att. c.p.c., di ricevere “le notifiche nel suo domicilio di (OMISSIS))”.

Il Condominio ha resistito con controricorso.

Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito camerale, proponendo la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso per revocazione.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

1.1) Ai sensi dell’articolo 391 bis c.p.c.: “Sul ricorso per revocazione (la Corte) pronuncia con ordinanza se lo dichiara inammissibile, altrimenti rinvia alla pubblica udienza”.

Il Collegio ritiene che non sussistano gli estremi per dichiarare inammissibile il ricorso.

2) Parte resistente ha eccepito la inammissibilita’ del ricorso, perche’ non contenente “alcuna allegazione e deduzione sul fatto e sul diritto di cui al precedente giudizio di legittimita’ conclusosi con l’ordinanza impugnata”.

Ad avviso del Condominio resistente, il ricorso conterrebbe solo “la domanda di revocazione della decisane sfavorevole al ricorrente, ma non quella di decisione sull’originaria domanda che andava accompagnata dalla necessaria riproposizione degli argomenti riportati nel ricorso originario”.

Questa tesi, un tempo prevalente, e’ stata smentita e superata dalle Sezioni Unite di questa Corte che, intervenendo in sede di composizione di contrasto giurisprudenziale sul punto, hanno ritenuto (Cass. SU 20 novembre 2003 n. 17631 in Giust. civ.2004, 2967; Giur. it., 2004, 1156) che la domanda di revocazione della sentenza della Corte di Cassazione per errore di fatto, da proporre, in base al disposto dell’articolo 391 bis c.p.c., con ricorso ai sensi degli articoli 365 e seguenti, deve contenere, a pena di inammissibilita’, l’indicazione del motivo della revocazione, prescritta dall’articolo 398 c.p.c., comma 2, e non anche la riproposizione dei motivi dell’originario ricorso per Cassazione.

Le Sezioni Unite hanno aggiunto che deve essere inoltre presente la esposizione dei fatti di causa rilevanti, richiesta dall’articolo 366 c.p.c., n. 3, ma con la precisazione (che purtroppo non risulta nella, massima.) “che l’esposizione sommaria dovra’ riguardare i soli fatti rilevanti al fine della decisione sull’errore revocatorio, e cioe’ tutti i fatti necessari a mettere il giudice in condizione di esaminare le ragioni revocatorie”.

Pertanto il ricorso per revocazione, che contiene l’indicazione dei soli fatti rilevanti ai fini della revocazione, e’ immune dal vizio di cui e’ stato tacciato.

3) La questione controversa va cosi riassunta in punto di fatto.

Il ricorrente, difesosi personalmente in questo e quel giudizio, nel depositare il ricorso n. 3749/2013 (che ha dato luogo alla ordinanza n. 4101/14 qui impugnata), non elesse domicilio in Roma, come prescritto dall’articolo 366 c.p.c., comma 2.

Egli nella nota di deposito chiese “ex articolo 135 disp. att. c.p.c., l’invio in copia dell’avviso di udienza di discussione ed il dispositivo della sentenza della Corte al suo domicilio di (OMISSIS)”.

Nell’intestazione del ricorso, oltre a eleggere domicilio al predetto indirizzo, sede del suo studio, indico’ subito dopo il numero di fax e l’indirizzo PEC, come risulta dall’esame degli atti, al quale la Corte puo’ e deve accedere, attesa la natura processuale della questione posta.

Non risulta che siano stati trasmessi l’avviso di udienza e la relazione preliminare.

Dal fascicolo emerge infatti che fu tentata la comunicazione via fax, rimasta senza esito perche’; “l’utente remoto non risponde”.

A seguito di detto tentativo fallito, la cancelleria avrebbe dovuto procedere a comunicazione a mezzo raccomandata ex articolo 135 disp. att. o almeno esperire un tentativo a mezzo PEC.

Venne invece soltanto eseguita la notificazione dell’avviso di udienza, con l’allegato, a mezzo ufficiale giudiziario presso la cancelleria civile della Corte di Cassazione.

3.1) Il ricorrente lamenta proprio che, nonostante la esplicita richiesta formulata in sede di iscrizione a ruolo, mai sia stato a lui comunicato ex articolo 135 cit. l’avviso di udienza con la relazione ex articolo 380 bis redatta dal consigliere relatore della causa n. 3749/13.

Ritiene che questa circostanza gli abbia impedito di depositare memoria e che tale circostanza possa avere avuto effetto sulla decisione finale, con la quale il Collegio confermo’ la proposta di inammissibilita’ e comunque “evidente infondatezza” del ricorso, dopo aver dato atto del fatto che non risultava depositata memoria difensiva ex articolo 380 bis c.p.c., comma 2.

Secondo parte ricorrente potrebbe essere rilevante ai fini della revocazione l’errore di fatto costituito dall’aver creduto che il silenzio difensivo fosse successivo alla comunicazione della relazione preliminare.

3.2) Il Collegio ritiene che questa tesi possa trovare considerazione.

Mette conto in proposito riprendere i passaggi motivazionali di Cass. 7032/15, ordinanza resa in fattispecie molto simile, con la quale la seconda Sezione della Corte ha affermato che nel giudizio di cassazione, qualora l’avvocato non domiciliato in Roma abbia chiesto di ricevere le comunicazioni di cancelleria mediante lettera raccomandata, ai sensi dell’articolo 135 disp. att. c.p.c., non e’ idonea la comunicazione di un’ordinanza di integrazione del contraddittorio eseguita presso la Cancelleria della Corte stessa o effettuata con altra modalita’ (nella specie, comunicazione a mezzo fax) che non sia andata a buon fine.

La Corte ha richiamato gli insegnamenti provenienti da SU 13908 del 2011, a mente dei quali il diritto del difensore non domiciliato in Roma di essere informato della data fissata per la discussione del ricorso e’ adeguatamente salvaguardato – nel contemperamento, operato dal legislatore, dei diversi interessi delle parti e delle esigenze dell’ufficio – dalla possibilita’ dello stesso difensore di chiedere che l’avviso gli sia inviato in copia mediante lettera raccomandata, a norma dell’articolo 135 disp. att. c.p.c..

Pertanto la mancanza di tale comunicazione puo’ incidere in modo determinante in casi in cui da essa derivi (come nel caso di una conseguente omessa integrazione del contraddittorio) inammissibilita’ ex articolo 331 c.p.c..

Il Collegio reputa che nell’ambito del procedimento camerale di cui all’articolo 380 bis c.p.c., ai fini del meccanismo processuale con essa innescato, sia essenziale la comunicazione alle parti costituite della relazione camerale, cosicche’ l’omessa comunicazione, anche a soli fini informativi ed eventualmente a mezzo fax o PEC, se risultanti in atti, puo’ assumere il rilievo invocato da parte ricorrente.

In ogni caso la rilevanza della questione, che si cala nel crogiuolo di novita’ relative alla comunicazioni telematiche gia’ oggetto di attenzione giurisprudenziale (SU 10143/12; Cass. 13857/14; Cass. 25215/14), impone di rimettere l’istanza di revocazione alla Sezione in sede di pubblica udienza, per valutare se siano configurabili gli estremi per la revocazione della sentenza, non sussistendo un’ipotesi di evidente inammissibilita’.

P.Q.M.

La Corte rimette la causa alla Pubblica Udienza.

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