Corte di Cassazione bis

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 13 novembre 2014, n. 24193

Svolgimenti del processo

1. La s.a.s. LEI di B.L. e C.C. ha citato in giudizio, davanti al Tribunale di Cuneo (ex Tribunale di Saluzzo), la FIX Design s.r.l., chiedendo la risoluzione del contratto di fornitura di capi di abbigliamento stipulato con la convenuta, oltre al risarcimento dei danni.
Si è costituita in giudizio la FIX Design s.r.l., eccependo preliminarmente l’incompetenza per territorio del Tribunale adito.
Il Tribunale, con ordinanza del 17 dicembre 2013, ha dichiarato la propria incompetenza, indicando come competente il Tribunale di Monza e fissando il termine per la riassunzione. Ciò sul rilievo che la clausola derogatoria della competenza per territorio (n. 13) inserita nel contratto era stata validamente sottoscritta insieme ad una serie di altre clausole, in quanto tutte vessatorie.
2. Avverso tale provvedimento propone regolamento di competenza la società attrice.
La FIX Design non ha svolto attività difensiva in questa sede.
Il P.M. presso questa Corte ha rassegnato le proprie conclusioni chiedendo che il ricorso venga accolto, dichiarandosi la competenza del Tribunale di Cuneo (già Tribunale di Saluzzo).

Motivi della decisone

1. Con il primo ed unico motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 29 cod. proc. civ., osservando che la decisione del Tribunale sarebbe errata in quanto la sottoscrizione della clausola in questione, certamente vessatoria, sarebbe avvenuta insieme ad altre clausole prive di tale connotato; sicché non sussisterebbero i requisiti per ritenere valida simile sottoscrizione.
2. Osserva il Collegio che il ricorso è fondato.
Dal testo del contratto trascritto nel ricorso, sul quale nessuna contestazione è stata mossa, emerge che la clausola derogatoria della competenza per territorio in favore del Tribunale di Monza è stata specificamente approvata e sottoscritta dalla società attrice, con un’unica fuma, unitamente alle clausole 1, 2, 3, 4, 5, 7, 8, 9, 10, 11 e 12 del medesimo contratto; in tale lungo elenco vi sono numerose clausole prive del carattere della vessatorietà. La giurisprudenza di questa Corte ha in più occasioni affermato che la specifica approvazione per iscritto delle clausole vessatorie deve essere separata ed autonoma rispetto a quella delle altre, perché solo in questo modo viene adeguatamente richiamata l’attenzione del contraente debole. Il richiamo in blocco di tutte le condizioni generali di contratto o di gran parte di esse, comprese quelle prive di carattere vessatorio, e la sottoscrizione indiscriminata delle stesse, sia pure apposta sotto la loro elencazione secondo il numero d’ordine, non determina la validità ed efficacia, ai sensi dell’art. 1341, secondo comma, cod. civ., di quelle onerose, non potendosi ritenere che in tal caso sia garantita l’attenzione del contraente debole verso la clausola a lui sfavorevole compresa fra quelle richiamate (v., tra le altre, le ordinanze 29 febbraio 2008, n. 5733, e 11 giugno 2012, n. 9492).
3. Esclusa, quindi, la validità della clausola derogatoria della competenza, questa Corte è chiamata a valutare se i fori alternativi invocati dalla società ricorrente – luogo di conclusione del contratto e luogo in cui il contratto doveva avere esecuzione – siano idonei o meno a radicare la competenza dell’adito Tribunale di Cuneo.
3.1. Si rileva, al riguardo, che non può ritenersi validamente invocato il foro del luogo in cui il contratto doveva avere esecuzione (che, secondo la ricorrente, sarebbe da individuare nel circondario del Tribunale di Cuneo, sede della società attrice), poiché l’art. 5 del contratto stipulato tra le parti afferma che la merce doveva intendersi consegnata tramite l’affidamento della stessa al vettore; vettore che, ragionevolmente, sarebbe partito dal luogo di residenza della società convenuta. Sicché il luogo di esecuzione del contratto va individuato nel circondano del Tribunale di Monza.
3.2. È validamente invocato, invece, il foro del luogo di conclusione del contratto.
Dall’art. 2 del citato contratto, infatti, emerge che esso doveva intendersi validamente concluso se la proposta irrevocabile formulata dal cliente – nel caso l’odierna società ricorrente – non avesse subito rifiuti o modifiche dalla società proponente – cioè la FIX Design – nel termine di 120 giorni. La proposta irrevocabile, quindi, deve ritenersi partita dalla sede della società oggi ricorrente e il contratto perfezionato presso la sede della medesima, non essendo pervenuto dalla FIX Design alcun atto contrario nel termine concordato (anzi, è pacifico che il contratto ha avuto esecuzione). Alla stregua di questa previsione contrattuale, deve affermarsi che il contratto è stato concluso nel circondario del Tribunale di Cuneo, foro alternativo rispetto a quello di Monza, che l’attore era libero di scegliere (art. 20 cod. proc. civ.).
4. Da tanto consegue che l’ordinanza impugnata deve essere annullata, dichiarandosi la competenza del Tribunale di Cuneo, davanti al quale il processo dovrà essere riassunto nel termini di mesi tre dalla comunicazione della presente ordinanza.
A tale pronuncia segue la condanna della FIX Design s.r.l. al pagamento delle spese del presente regolamento, liquidate in conformità ai parametri introdotti dal decreto ministeriale 10 marzo 2014, n. 55.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, annulla l’ordinanza impugnata, dichiara la competenza del Tribunale di Cuneo e condanna la FIX Design s.r.l. al
pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro 3.800, di cui euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge; fissa il termine di tre mesi per la riassunzione davanti al giudice competente.
Così deciso nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 23 ottobre 2014.

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