Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
ordinanza 10 giugno 2014, n. 13037
“1. – Il Comune di Salussola ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza n. 501/2011 del Tribunale di Biella con la quale era stato respinto l’appello del medesimo ente territoriale avverso la decisione del Giudice di Pace di Biella che aveva annullato, su ricorso di C.F., il verbale, redatto dalla Polizia Municipale di quella città, di accertamento della violazione dell’art. 146, III comma, d.lgs 285/2002, in cui il F. sarebbe incorso, traversando un incrocio in Salussola, presidiato da una lanterna semaforica con luce in fase di interdizione.
2. – A sostegno del ricorso il Comune fa valere la violazione degli artt. 383 e 385 d.P.R. 495/1992 – portante il regolamento di esecuzione del c.d. codice della strada – per aver ritenuto, il giudice del gravame, insufficiente per la identificazione del luogo della infrazione, la mera indicazione “via Martiri della Libertà- direzione Santhià” contenuta nel verbale e per aver, per tale ragione, confermato la già resa decisione di illegittimità della contestazione; sostiene al contrario il ricorrente, da un lato, l’applicabilità alla fattispecie della seconda delle norme richiamate, attesa la sussistenza dei presupposti che avrebbero consentito la contestazione non immediata e quindi la sufficienza della indicazione di “tempo, luogo e fatto” di cui all’art. 385 reg; dall’altro la idoneità della esposizione del fatto a verbale, al fine di garantire al contravventore la possibilità di approntare le proprie difese, anche tenuto conto della presenza di un unico incrocio semaforico in città.
3. – E’ convincimento del relatore che la specificità della contestazione – costituente parametro necessario per l’approntamento della difesa del preteso contravventore- non abbia caratteristiche diverse a seconda che si tratti di verbalizzazione contestuale o differita (legittimamente, a’ sensi dell’art. 384 reg. esec.): nella fattispecie, dalla lettura del verbale trascritto integralmente ai foll 2.3 del ricorso, emerge che non solo furono genericamente indicate le circostanze di tempo, luogo e fatto (come formalmente imporrebbe l’art. 385 reg. esec. in caso di contestazione differita) – ma furono altresì esposti i parametri temporali (“il giorno 7/12/2006 alle ore 09,42) in cui si sarebbe svolta la condotta censurata, la quale poi fu ulteriormente specificata, ai fini identificativi, con il riferimento al semaforo ivi esistente ed al fatto che della trasgressione fu tratta documentazione fotografica messa a disposizione dell’interessato.
4. – Poste tali premesse, appare al relatore potersi dare continuità a quell’indirizzo interpretativo di legittimità che assume che il requisito della specificità dell’atto di accertamento deve dirsi osservato per il tramite dell’indicazione del giorno e dell’ora, della natura della violazione, del tipo e della targa del veicolo, nonché della località del verificarsi del fatto, senza necessità di ulteriori indicazioni non indispensabili ad assicurare il diritto di difesa dell’incolpato e ciò, in quanto l’infrazione deve essere contestata in breve periodo di tempo, entro il quale può aversi ancora un collegamento mnemonico con il fatto ascritto, così che il soggetto è in grado, anche con la semplice indicazione della via, di sostenere e provare che la sua vettura non si trovava affatto in detta località (vedi Cass., Sez. I n. 21058/2006).
5. – Ne consegue che erroneamente il Tribunale di Biella ha delimitato i confini applicativi delle norme in esame pretendendo – in disparte da qualunque ulteriore accertamento resosi eventualmente necessario a tenore delle difese sviluppate dal trasgressore (neppure riportate nella gravata decisione) – che la semplice omessa indicazione del numero civico o della intersezione stradale a presidio della quale sarebbe stato posto il semaforo – pur in presenza di tutti gli altri parametri identificativi della condotta – facesse venir meno la specificità della contestazione e, quindi, determinasse un vulnus alla difesa del preteso trasgressore.
6. – Se verranno condivise le suesposte argomentazioni il ricorso può esser trattato in camera di consiglio per esser colà dichiarato manifestamente fondato”.
Il Collegio condivide le conclusioni e le argomentazioni della relazione, non contrastate dalla costituzione dell’intimato o dal deposito di memoria illustrativa da parte del medesimo.
La sentenza va dunque cassata e la causa rinviata al Tribunale di Biella, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte
Accoglie il ricorso; cassa la gravata decisione e rinvia al Tribunale di Biella, in diversa composizione, anche per la regolazione dell’onere delle spese del giudizio di legittimità.
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