cassazione 8

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza  10 febbraio 2015, n. 2574

Fatto e diritto

In un procedimento di divorzio, tra B. O. e B. A., la Corte d’Appello di Trento, con sentenza in data 17/5/2011, riformava la sentenza del Tribunale di Trento, emessa il 25/3/2010, elevando l’assegno per la moglie ad euro 700,00 mensili.
Ricorre per cassazione il marito.
Resiste con controricorso la moglie, che pure propone ricorso incidentale, e deposita memoria per l’udienza.
Non si ravvisano violazioni di legge.
Quanto all’assegno per il coniuge, per giurisprudenza ampiamente consolidata, esso deve tendere al mantenimento del tenore di vita da questo goduto durante la convivenza matrimoniale, e tuttavia indice di tale tenore di vita può essere l’attuale disparità di posizioni economiche tra i coniugi (Cass. N. 2156 del 2010 ). In sostanza il ricorrente propone profili e situazioni di fatto, insuscettibili di controllo in questa sede, a fronte di una sentenza caratterizzata da motivazione adeguata e non illogica.
Il Giudice a quo ravvisa una disparità di posizioni economiche a favore del marito: la moglie, malata, con un’attività lavorativa saltuaria, legata alla stagionale produzione delle mele; il marito che opera con il fratello in un’affermata impresa edile e gode di buona salute, con passatempi costosi, come la caccia e la guida di auto assai potenti; egli dispone altresì di una sua casa e di un patrimonio immobiliare assai più importante di quello della moglie.
Il Giudice ha dunque esaminato dati reali e non si riferisce né a presunzioni, né a potenzialità economiche o ad aspettative future.
Appare affermazione apodittica ed indimostrata quella del ricorrente principale, per cui l’importo dell’assegno, come determinato dalla Corte d’Appello, condurrebbe la beneficiaria ad un reddito superiore a quello goduto durante la convivenza matrimoniale.
Né potrebbe parlarsi di motivazione della pronuncia meramente apparente, là dove il Giudice a quo individua nel marito il soggetto economicamente più forte, e dignitoso il tenore di vita goduto dalla coppia in costanza di matrimonio. Seppur sintetica, la motivazione della sentenza impugnata appare adeguata.
Quanto al ricorso incidentale, attinente al regime delle spese, il Giudice a quo, con motivazione adeguata e non illogica, determina il regime delle spese processuali, considerando la prevalente soccombenza del marito, ma pure la rinuncia della moglie a parte delle sue domande e il ridimensionamento delle sue pretese originarie: ne consegue la condanna del marito in ragione di metà e la compensazione tra le parti per l’altra metà, per il doppio grado di giudizio. All’evidenza il giudice di appello ha considerato l’intero procedimento di primo e secondo grado, valutando le posizioni originarie delle parti, i ridimensionamenti e le domande rinunciate, considerando comunque la prevalenza dell’odierna ricorrente incidentale, a differenza di quanto afferma la stessa, e compensando le spese soltanto per metà, e per l’altra condannando il marito. Si tratta di valutazione del giudice a quo, adeguatamente motivata, insuscettibile di ulteriore controllo in questa sede.
Vanno pertanto rigettati entrambi i ricorsi, con compensazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta entrambi i ricorsi, e compensa tra le parti le spese del presente giudizio.
In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere generalità ed atti identificativi, a norma dell’art. 52 D.lgs. 196/03, in quanto imposto dalla legge.

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