Cassazione 3

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 1 aprile 2016, n. 6407

Svolgimento del processo

È stata depositata la seguente relazione.
1. E.R. convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Viterbo, Sezione distaccata di Civita Castellana, la F. moda s.r.l., chiedendo il risarcimento dei danni conseguenti alla sua caduta, avvenuta dentro il negozio della convenuta a causa della presenza di un gradino non adeguatamente segnalato.
Si costituì in giudizio la società convenuta, chiedendo di essere autorizzata a chiamare in causa la società di assicurazione Axa e sollecitando, nel merito, il rigetto della domanda. Si costituì anche l’Axa Assicurazioni s.p.a., chiedendo pure il rigetto della domanda.
Espletata prova per testi e fatta svolgere una c.t.u. medica, il Tribunale rigettò la domanda, condannando l’attrice al pagamento delle spese di lite.
2. Proposto appello dalla parte soccombente, la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 4 marzo 2014, ha respinto il gravame, confermando la pronuncia di primo grado e condannando l’appellante al pagamento delle ulteriori spese del grado.
3. Contro la sentenza d’appello ricorre E.R. con atto affidato a due motivi.
Resistono la Fedeli moda s.r.l, e 1’Axa Assicurazioni s.p.a. con separati controricorsi.
4. Osserva il relatore che il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ., in quanto appare destinato ad essere rigettato. 5. Il primo motivo di ricorso lamenta erronea applicazione dell’art. 2051 del codice civile.
5.1. Il motivo non è fondato.
La giurisprudenza di questa Corte ha riconosciuto che, ai fini di cui all’art. 2051 cod. civ., il caso fortuito può essere integrato anche dalla colpa del danneggiato, poiché la pericolosità della cosa impone un obbligo massimo di cautela, proprio in quanto il pericolo è altamente prevedibile. E tale prevedibilità con l’ordinaria diligenza è sufficiente ad escludere la responsabilità del custode anche ai sensi dell’art. 2051 cod. civ. (sentenze 22 ottobre 2013, n. 23919, e 20 gennaio 2014, n. 999, e 13 gennaio 2015, n. 287).
A tale principio si è correttamente attenuta la Corte d’appello, la quale ha avuto cura di precisare che, nella specie, il dislivello era lieve, il gradino era largo circa un metro ed era presente anche una guida antiscivolo, sicché la caduta della R. doveva essere imputata ad un suo difetto di attenzione nell’affrontare il gradino che aveva determinato la caduta.
6.2. Il secondo motivo di ricorso lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. 6.1. Il motivo è inammissibile.
Ed infatti, trattandosi di sentenza pubblicata in data successiva all’11 settembre 2012, deve essere applicato il nuovo testo dell’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., introdotto dal decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modifiche, nella legge 7 agosto 2012, n. 134, secondo cui è configurabile il vizio di omesso esame circa un
fatto decisivo per il giudi!zo che è stato oggetto di discussione tra le parli. Nel caso in esame, tutti i punti posti all’esame della Corte sono stati oggetto di esame e valutazione da parte della Corte d’appello, sicché le censure sono da ritenere inammissibili sulla base dei criteri indicati dalla sentenza 7 aprile 2014, n. 8053, delle Sezioni Unite di questa Corte. È evidente, tra l’altro, che la censura è finalizzata ad ottenere un nuovo e non consentito esame del merito.
7. Si ritiene, pertanto, che il ricorso debba essere rigettato».

Motivi della decisione

1. La parte ricorrente ha depositato una memoria alla trascritta relazione, insistendo per l’accoglimento del ricorso. AA seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione medesima e di doverne fare proprie le conclusioni, precisando che le osservazioni critiche contenute nella citata memoria non valgono a superare il contenuto della relazione, risolvendosi in parte nella ripetizione di argomenti già proposti e, quanto al resto, nel tentativo di sollecitare questa Corte ad un nuovo e non consentito esame del merito.
2. Il ricorso, pertanto, è rigettato.
A tale esito segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del d.m. 10 marzo 2014. n. 55.
Sussistono inoltre le condizioni di cui all’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi euro 3.200, di cui euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-qoater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

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