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La massima

1. L’espropriazione forzata dell’intera quota, spettante ad un compartecipe, dei beni compresi in una comunione, è certamente possibile, ma limitatamente a tutti i beni indivisi di una singola specie (immobili, mobili o crediti). Iniziata l’espropriazione della stessa, il giudice dell’esecuzione può disporre la separazione in natura della quota spettante al debitore esecutato, se questa è possibile, o, in caso contrario, ordinare che si proceda alla divisione, oppure disporre la vendita della quota indivisa

2. Non è invece ammissibile l’espropriazione forzata della quota di un singolo bene indiviso, quando la massa in comune comprenda più beni della stessa specie, perché, potendo, in sede di divisione, venire assegnato al debitore una parte di un altro bene facente parte della massa, il pignoramento potrebbe non conseguire i suoi effetti, per inesistenza nel patrimonio del debitore, dell’oggetto dell’esecuzione.

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE VI

ORDINANZA 19 marzo 2013, n.6809 

Svolgimento del processo e motivi della decisione

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti.

Il relatore, cons. Adelaide Amendola esaminati gli atti, osserva:

1. Con atto notificato il 6 maggio 2008, Equitalia Friuli Venezia Giulia s.p.a. pignorò, ex artt. 543 e segg. cod. proc. civ., i saldi attivi esistenti presso la Banca di Credito Cooperativo di Manzano, intestati al signor S..G., deceduto ab intestato il 9 marzo 2007. I predetti beni appartenevano in comunione a G.I. , debitore esecutato, nonché ad G.A. e a R. .

Resa la dichiarazione di quantità, all’udienza del 16 luglio 2009 il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Udine dispose l’assegnazione al creditore procedente di un terzo del compendio pignorato.

Con ricorso in data 4 agosto 2009 I..G. propose opposizione avverso l’ordinanza di assegnazione, eccependo l’inespropriabilità di un singolo bene indiviso facente parte di una comunione ereditaria.

Disposta la sospensione dell’esecuzione, con contestuale assegnazione di un doppio termine per l’introduzione sia di un giudizio di divisione, sia del giudizio di merito successivo alla fase interinale dell’opposizione, Equitalia Fiuli Venezia Giulia diede corso ad entrambi, segnatamente deducendo, relativamente al giudizio che qui interessa, l’applicabilità delle disposizioni di cui agli artt. 599 e segg. cod. proc. civ. anche nel caso di comunione ereditaria e, in particolare, di cointestazione ereditaria di un conto corrente.

I..G. contestò le avverse deduzioni, insistendo per la caducazione del provvedimento di assegnazione.

Nel processo si costituirono anche G.A. e R. , chiedendo di esserne estromessi per carenza di legittimazione passiva.

2. Con sentenza depositata il 7 dicembre 2010 il Tribunale ha rigettato l’opposizione, affermando l’applicabilità della procedura prevista dagli artt. 599 e segg. cod. proc. civ. anche nel caso di divisione di comunione ereditaria.

3. Avverso detta pronuncia ricorre per cassazione G.I. formulando tre motivi.

I Resiste con controricorso Equitalia Friuli Venezia Giulia s.p.a..

4. Il ricorso è soggetto, in ragione della data della sentenza impugnata, successiva al 4 luglio 2009, alla disciplina dettata dall’art. 360 bis, inserito dall’art. 47, comma 1, lett. a) della legge 18 giugno 2009, n. 69. Esso può pertanto essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ. per esservi accolto. Queste le ragioni.

5. Con il primo motivo l’impugnante lamenta nullità della sentenza o del procedimento, ex art. 360, n. 4, cod. proc. civ., per mancata concessione dei termini di cui all’art. 183, comma 6, cod. proc. civ. Assume che la facoltà attribuita dalla predetta norma era stata dall’opponente esercitata proprio al fine di dimostrare l’esistenza di beni ereditati ulteriori, rispetto a quelli oggetto di pignoramento da parte di Equitalia, di talché il Tribunale aveva illegittimamente precluso il pieno esercizio del suo diritto di difesa. Con il secondo mezzo, denunciando violazione degli artt. 183, comma 6, 115 e 116 cod. proc. civ., 2697 cod. civ., nonché vizi motivazionali, il ricorrente torna a censurare il diniego dei termini per la compiuta articolazione del thema decidendum e del thema probandum. Sostiene che l’affermazione del giudice di merito secondo cui neppure era stata allegata la presenza, nella massa ereditaria, di altri beni di diversa natura, sarebbe in contrasto con le deduzioni svolte dall’opponente nella comparsa di risposta.

Con il terzo motivo l’impugnante deduce violazione degli artt. 599 e segg. cod. proc. civ., 713 cod. civ., nonché vizi motivazionali, criticando, in particolare, la ritenuta applicabilità della procedura di cui agli artt. 599 e segg. cod. civ. anche nel caso di pignoramento di beni ricadenti in comunione ereditaria.

6. La resistente Equitalia Friuli Venenzia Giulia s.p.a., dal canto suo, ha evidenziato che l’esistenza di beni ereditari ulteriori e diversi da quelli pignorati costituiva e costituisce, contrariamente a quanto affermato dal giudice di merito, fatto pacifico in causa (confr. pag. 3, 4, 5 e 6 del controricorso).

7. Tanto premesso e precisato in ordine alle deduzioni bine et inde formulate, non è inutile ricordare che questa Corte ha già avuto modo di precisare: a) che l’espropriazione forzata dell’intera quota, spettante ad un compartecipe, dei beni compresi in una comunione, è certamente possibile, ma limitatamente a tutti i beni indivisi di una singola specie (immobili, mobili o crediti); b) che, iniziata l’espropriazione della stessa, il giudice dell’esecuzione può disporre la separazione in natura della quota spettante al debitore esecutato, se questa è possibile, o, in caso contrario, ordinare che si proceda alla divisione, oppure disporre la vendita della quota indivisa; c) che non è invece ammissibile l’espropriazione forzata della quota di un singolo bene indiviso, quando la massa in comune comprenda più beni della stessa specie, perché, potendo, in sede di divisione,venire assegnato al debitore una parte di un altro bene facente parte della massa, il pignoramento potrebbe non conseguire i suoi effetti, per inesistenza nel patrimonio del debitore, dell’oggetto dell’esecuzione (confr. Cass. civ. 17 maggio 2005, n. 10334; Cass. civ. 20 dicembre 1985, n. 6549; Cass. civ. 23 ottobre 1967, n. 2615; Cass. civ. 13 agosto 1964, n. 2308).

8. Deriva da quanto sin qui detto che l’evoluzione del dialogo processuale non ha fatto venir meno l’interesse del ricorrente all’accoglimento delle censure svolte nei primi due motivi di ricorso.

Se è vero infatti che l’impugnante, nell’osservanza del principio per cui la denuncia di vizi di attività del giudice comportanti la nullità della sentenza o del procedimento deve essere accompagnata dalla indicazione della specifica lesione che in concreto ne sia derivata – non tutelando l’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma soltanto l’eliminazione del pregiudizio effettivamente subito dal diritto di difesa della parte in dipendenza del denunciato errar in procedendo (confr. Cass. civ. 21 marzo 2011, n. 6343; Cass. civ. 12 settembre 2009, n. 18635) — ha individuato nella mancata allegazione e prova dell’esistenza di altri beni, oltre quelli pignorati, facenti parte del compendio ereditario, l’attività difensiva che gli era stata preclusa, le ammissioni fatte da Equitalia in ordine alla rispondenza al vero di tale deduzione non tolgono ogni decisività al lamentato vulnus, considerato che è rimasta del tutto ignota la natura e la specie dei beni costituenti la complessiva massa. Ma tale accertamento, per quanto innanzi detto, non è affatto privo di rilievo ai fini del giudizio sulla pignorabilità del bene staggito, giudizio che andrà riformulato all’esito del compiuto espletamento di tutte le attività deduttive e probatorie riconosciute all’opponente. Ne deriva che la sentenza impugnata, in accoglimento dei primi due motivi di rio nei quali resta assorbito il terzo, appare destinata a essere cassata’.

Il collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni della relazione, che non sono in alcun modo infirmate dalle deduzioni svolte nella memoria di Equitalia Friuli Venezia Giulia s.p.a..

La sentenza impugnata deve quindi essere cassata con rinvio, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Udine in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione al Tribunale di Udine in diversa composizione.

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