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Suprema Corte di Cassazione

sezione V

sentenza 4 novembre 2015, n. 44562

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUMO Maurizio – Presidente

Dott. SABEONE Gerardo – Consigliere

Dott. PEZZULLO Rosa – Consigliere

Dott. GUARDIANO Alfredo – rel. Consigliere

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato in (OMISSIS);

avverso la sentenza pronunciata dalla corte di appello di L’Aquila l’8.1.2014;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Alfredo Guardiano;

udito il Pubblico Ministero nella persona del sostituto procuratore generale Dott.ssa DI NARDO Marilia, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

FATTO E DIRITTO

 

1. Con sentenza pronunciata l’8.1.2014 la corte di appello di L’Aquila confermava la sentenza con cui il tribunale di Avezzano, in data 23.4.2012, aveva condannato (OMISSIS) alla pena ritenuta di giustizia in relazione ai reati di cui agli articoli 110 e 624 c.p., articolo 625 c.p., n. 4), commesso in danno del titolare di un esercizio commerciale di telefonia, (OMISSIS) (capo A); articolo 699 c.p., comma 2, (capo B).

2. Avverso la decisione della corte territoriale, di cui chiede l’annullamento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore di fiducia, avv. (OMISSIS) del Foro di Avezzano, lamentando violazione di legge in ordine alla ritenuta circostanza aggravante di cui all’articolo 625 c.p., comma 1, n. 4, in quanto la stessa descrizione dei fatti fornita dalla persona offesa, la quale ha chiarito di avere visto perfettamente l’imputato impadronirsi dei telefoni cellulari esposti nella vetrina del suo negozio, esclude la condizione di attenuata difesa, necessaria per configurare la menzionata aggravante; 2) violazione di legge in ordine al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’articolo 62 c.p., n. 6, che non puo’ essere esclusa sul presupposto che la restituzione di uno dei due telefoni cellulari oggetto di furto da parte dell’imputato (il secondo era gia’ stato recuperato all’atto dell’arresto) non esclude l’esistenza di un danno morale da risarcire, tenuto conto che la menzionata circostanza attenuante trova applicazione sia nel caso di risarcimento del danno che in quello di restituzione della cosa sottratta.

3. Il ricorso non puo’ essere accolto, perche’ sostenuto da motivi infondati.

4. Ed invero, con particolare riferimento al primo motivo di ricorso, va rilevato che, come affermato dall’orientamento dominante nella giurisprudenza di legittimita’, condiviso dal Collegio, in tema di furto, ai fini della configurabilita’ dell’aggravante della destrezza, e’ sufficiente che l’agente approfitti di una situazione favorevole nel consentirgli di eludere la vigilanza della persona offesa, adottando accorgimenti idonei a non destare la sua attenzione (cfr., ex plurimis, Cass., sez. 5 , 17.12.2014, n. 7314, rv. 262745).

Pertanto siffatta circostanza sussiste quando, come nel caso in esame, in cui l’imputato “per commettere il furto dei telefoni cellulari, ha approfittato del momento di distrazione della parte offesa, intenta a mostrare al complice altri apparecchi” (cfr. p. 3 della sentenza oggetto di ricorso), l’agente approfitti di una condizione contingentemente favorevole o di una frazione di tempo in cui la parte offesa ha momentaneamente sospesa la vigilanza sul bene perche’ impegnata, nello stesso luogo di detenzione della cosa o in luogo immediatamente prossimo, a curare attivita’ di vita o di lavoro (cfr. Cass., sez. 6 , 7.6.2012, n. 23108, rv. 252886).

Sul punto la versione dei fatti sostenuta dal ricorrente, secondo cui dalle stesse dichiarazioni della persona offesa si evincerebbe che lo (OMISSIS) ha visto il (OMISSIS) impossessarsi dei cellulari che si trovavano esposti in vetrina, non solo non si evince dal testo della sentenza oggetto di ricorso e nemmeno da quello della pronuncia di primo grado (dichiarazioni che, peraltro, il ricorrente non ha prodotto in violazione del principio della c.d. autosufficienza del ricorso: cfr. Cass., sez. 1 , 17/01/2011, n. 5833), ma non appare nemmeno in contrasto con la ritenuta sussistenza della menzionata circostanza aggravante.

Come affermato dalla stessa decisione del Supremo Collegio citata dal ricorrente a sostegno del proprio assunto (cfr. Cass., sez. 5 , 18.2.2014, n. 12473), infatti, anche la perdita di vista, per una frazione di tempo, del bene oggetto del furto da parte di chi ne ha il legittimo possesso, senza perderne il controllo e l’immediato ricongiungimento con esso, integra una condizione di minorata difesa, per cui essersi accorto dell’avvenuto impossessamento dei cellulari da parte dell’imputato non esclude, di per se’, che lo (OMISSIS), sia pure per un frazione di tempo, abbia perso di vista i beni in questione.

5. Infondato deve ritenersi anche il secondo motivo di ricorso.

La sola intervenuta restituzione all’avente diritto di uno dei due telefoni cellulari sottratti, di cui l’imputato ha consentito il recupero dopo la consumazione del furto, e’ inidonea ad integrare gli estremi della circostanza attenuante di cui all’articolo 62 c.p., n. 6, che richiede, come appare evidente dal tenore della relativa disposizione normativa, la riparazione integrale del danno derivante dal reato patito dalla persona offesa, configurabile esclusivamente alla luce della concorrente presenza di due condizioni: il risarcimento di esso, comprensivo, dunque, dei danni morali, e, nel caso in cui cio’ sia possibile in considerazione del tipo di reato commesso, attraverso la restituzione del bene oggetto dell’attivita’ illecita.

Ed invero, come e’ stato evidenziato in un condivisibile arresto del Supremo Collegio, l’articolo 62 c.p., n. 6), configura un’attenuante condizionata al fatto che il colpevole prima del giudizio abbia riparato interamente il danno mediante il risarcimento di esso e, quando sia possibile, mediante le restituzioni.

Trattasi di un’attenuante di natura squisitamente soggettiva, che trova la sua causa giustificatrice non tanto nel soddisfacimento degli interessi economici della persona offesa, quanto nel rilievo che l’avvenuto risarcimento del danno anteriormente al giudizio assume quale prova tangibile dell’avvenuto ravvedimento del reo e quindi della sua minore pericolosita’ sociale (cfr. Cass., sez. 2 , 7.1.1993, n. 1096, rv. 193505).

Perche’ il ravvedimento del reo possa essere ritenuto, e quindi perche’ l’attenuante possa trovare applicazione, occorre pertanto che il risarcimento del danno sia totale ed effettivo, non potendo ad esso supplire un ristoro soltanto parziale, avvenuto attraverso la sola restituzione della refurtiva, quando permanga un danno, anche morale, da eliminare.

6. Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso di cui in premessa va, dunque, rigettato, con condanna del ricorrente, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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