Cassazione toga rossa

Suprema Corte di Cassazione

sezione V

sentenza 30 settembre 2015, n. 39480

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDI Alfredo – Presidente

Dott. BEVERE Antonio – Consigliere

Dott. DE BERARDINIS Silvana – Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. CAPUTO Angelo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS);

Avverso sentenza della Corte di Appello di Ancona in data 30.1.2014;

Visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

Udita in Pubblica Udienza la relazione fatta Dal Consigliere Dott. DE BERARDINIS Silvana;

Udito il Procuratore Generale, Dott. IZZO Gioacchino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Udito il difensore Avv. (OMISSIS).

 

RITENUTO IN FATTO

 

Con sentenza in data 30.1.14 la Corte di Appello di Ancona pronunziava la parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Macerata in data 4.2.2011, con la quale (OMISSIS) era stato condannato alla pena di mesi 9 di reclusione ed euro 200,00 di multa, nonche’ al risarcimento dei danni subiti dalla costituita parte civile, da liquidarsi in separata sede, quale responsabile dei reati di lesioni, danneggiamento, furto e tentativo di danneggiamento aggravati, commessi in danno di (OMISSIS) (convivente), in data (OMISSIS) – dichiarando non doversi procedere nei confronti dell’imputato per essere i reati estinti per prescrizione, e confermava le statuizioni civili della sentenza impugnata.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputato, deducendo:

1 – difetto di motivazione sulla dedotta configurabilita’ dell’esimente prevista dall’articolo 649 c.p., che la difesa aveva evidenziato con la memoria depositata in udienza, il 30.1.2014.

Rilevava altresi’ che tale esimente, della quale ricorrevano i presupposti per i reati di danneggiamento e furto ascritti ai capi B) e C) della rubrica, era rilevabile anche d’ufficio dal giudice.

Censurava pertanto la decisione, con la quale la Corte non si era pronunciata sull’argomento, avendo rilevato l’inammissibilita’ dei motivi aggiunti contenuti nella memoria difensiva, in quanto presentata al di la’ del termine previsto dall’articolo 585 c.p.p..

Il ricorrente evidenziava altresi’ che l’esimente prevista dall’articolo 649 c.p., deve ritenersi applicabile anche ai casi di convivenza di fatto, e nel caso di mancato riconoscimento della richiesta esimente prospetta questione di legittimita’ costituzionale della disposizione ex articolo 649 c.p., per contrasto con l’articolo 3 Cost..

Chiedeva pertanto l’annullamento della sentenza.

 

RILEVA IN DIRITTO

 

Il ricorso deve ritenersi dotato di fondamento.

Invero -premesso che i reati per i quali e’ stata pronunziata la condanna dell’imputato risultano essersi verificati ai danni della convivente – dal testo del provvedimento impugnato si desume che il giudice di appello ha omesso di valutare ai fini della decisione, la sussistenza dei presupposti che integrano l’esimente prevista dall’articolo 649 c.p., che, pur rilevandosi la tardivita’ delle deduzioni contenute nella memoria depositata in udienza dal difensore, avrebbe dovuto essere valutata d’ufficio dal giudice di merito, per i reati contro il patrimonio. Va richiamato sul punto il principio enunciato da questa Corte, con sentenza Sez. 4 , del 6-8-2009, n. 32190 – RV244692 – per cui non e’ punibile il furto commesso in danno del convivente “more uxorio”, ma e’ punibile, a querela dell’offeso, il furto commesso in danno di persona gia’ convivente “more uxorio”.

La verifica delle condizioni per l’applicazione di tale norma e’ riservata ad elementi di fatto avulsi dal giudizio di legittimita’.

Pertanto deve essere pronunziato l’annullamento dell’impugnata sentenza agli effetti civili, limitatamente ai reati di furto e danneggiamento, disponendo il rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.

Nel resto i motivi di gravame si presentano ai limiti della ammissibilita’, ove censurano la applicazione dell’articolo 585 c.p.p., dato che dalla sentenza si evince che la memoria difensiva inerente ai motivi sub 1) e 3) (sulla inattendibilita’ della persona offesa e sulla definizione della pena) formulava per la prima volta deduzioni nuove, onde ricorrevano i presupposti per ritenere inammissibili tali motivi.

In conclusione il ricorso deve essere rigettato nel resto, non assumendo incidenza la dedotta questione di legittimita’ costituzionale, non richiamata innanzi al giudice di appello.

 

P.Q.M.

 

Annulla la sentenza impugnata agli effetti civili limitatamente ai reati di furto e danneggiamento con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.

Rigetta nel resto il ricorso. Dispone l’oscuramento dei dati.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere la generalita’ e gli altri identificativi a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.

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