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SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE V PENALE
sentenza 3 ottobre 2014, n. 41191
Ritenuto in fatto
Con la sentenza impugnata veniva confermata la sentenza del Tribunale di Cagliari del 30/11/2012, con la quale R.S. era ritenuto responsabile del reato continuato di cui agli artt. 323 e 479 cod. pen., commesso fino al 13/04/2007, quale maresciallo in servizio presso le Stazioni dei Carabinieri di Sinnai prima e di Quartu S. Elena poi, nominando l’avv. O. difensore d’ufficio degli arrestati A.S. , M.G. , P.R. , A.M. , Ma.Ma. e C.D. nonostante lo stesso non fosse inserito nell’elenco dei difensori reperibili predisposto dal locale consiglio dell’ordine degli avvocati, sollecitando gli arrestati Me.Ma. , Pi.Ma. , C.G. , C.M. , m.e. , B.G. , L.F. e U.U. o i congiunti degli stessi a nominare l’avv. O. quale difensore di fiducia ed attestando falsamente, nei verbali di arresto di Ma.Ma. , E.A. , H.B.H.F. e Y.A. , che il Ma. era stato interpellato con esito negativo circa la volontà di nominare un difensore di fiducia, laddove l’arrestato se realmente sentito avrebbe nominato l’avv. L.M.A. , con successiva nomina quale difensore di ufficio, da parte dell’imputato, dell’avv. O. , e che gli altri avevano nominato quest’ultimo come difensore di fiducia; O.M. era ritenuto responsabile del concorso nel reato di abuso d’ufficio; e i predetti venivano condannati alle rispettive pene di anni due di reclusione per il R. e di anni uno e mesi quattro di reclusione per l’O. , ed al risarcimento dei danni in favore della parte civile L.M.A.
Gli imputati ricorrono sui punti e per i motivi di seguito indicati.
1. Sulle condotte di abuso d’ufficio relative alle nomine d’ufficio dell’avv. O. , il ricorrente R. deduce illogicità della motivazione nella ritenuta inattendibilità della tesi difensiva in ordine ai problemi di funzionamento del cali center dei difensori d’ufficio e delle utenze di questi ultimi, che avevano indotto l’imputato ad avvalersi di una lista informale di difensori prontamente reperibili, fra i quali l’avv. O. , nonostante tale versione avesse trovato riscontro nelle dichiarazioni dei testi Cap. An. e Lgt. S. . Lamenta la mancata assunzione di prove decisive costituite dall’acquisizione dei verbali di tutti gli arresti eseguiti dall’imputato e dall’audizione del presidente del consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Cagliari, e contraddittorietà della motivazione sul punto con il riferimento alla frequenza delle nomine dell’avv. O. effettuate dal R. ai fini della prova del dolo intenzionale del reato.
Rileva violazione di legge nel riferimento, ai fini del requisito dell’illegittimità della condotta, alla mancata adozione di un formale provvedimento di nomina di un difensore immediatamente irreperibile in luogo di quelli di turno, che l’art. 386 cod. proc. pen. riserva al pubblico ministero, e contraddittorietà della motivazione sul punto con il richiamo alla norma appena indicata a proposito dei fatti di indebita sollecitazione alla nomina fiduciaria dell’avv. O. .
2. Sulle condotte di abuso d’ufficio relative alle indicazioni agli arrestati del nominativo dell’avv. O. , il ricorrente R. deduce illogicità della motivazione nell’omessa valutazione del contesto in cui tali indicazioni venivano fornite, delle dichiarazioni degli arrestati, per le quali gli stessi recepivano liberamente i consigli dell’imputato, e dell’esistenza di analoghi comportamenti di colleghi dell’imputato, in quanto dato contraddittorio con l’affermazione di un rapporto personale fra quest’ultimo e l’O. .
3. Sull’elemento psicologico del reato di abuso d’ufficio, il ricorrente R. deduce violazione di legge ed illogicità della motivazione nella ritenuta esistenza del dolo intenzionale in base all’esperienza di servizio dell’imputato, che non comprendeva specifiche competenze in tema di deontologia forense, e a rapporti di amicizia e di convivialità fra il R. e l’O. , non significativi per la presenza agli incontri conviviali di altri militari ed in quanto riferiti dal teste Mar. Lo. all’intento dell’imputato di stabilire, tramite il legale, migliori contatti con gli informatori.
4. Sull’evento del reato di abuso d’ufficio, il ricorrente R. deduce violazione di legge nella ritenuta ravvisabilità di un ingiusto vantaggio patrimoniale in un guadagno del legale favorito costituente comunque congruo corrispettivo dell’attività professionale prestata.
5. Sul concorso nel reato di abuso d’ufficio, il ricorrente O. , dedotte censure analoghe a quelle proposte dal R. con riguardo all’elemento psicologico del reato, lamenta altresì violazione di legge nella ritenuta configurabilità della responsabilità concorsuale a seguito dell’inconsapevole conseguimento delle nomine, in assenza di comportamenti materiali dell’imputato finalizzati ad ottenerle, e di una posizione di garanzia dell’O. rispetto all’interesse tutelato dalla norma incriminatrice.
6. Sull’affermazione di responsabilità per il reato di falso ideologico, il ricorrente R. deduce illogicità della motivazione nella ritenuta attendibilità delle dichiarazioni degli arrestati a fronte dei rilievi difensivi sui problemi psichiatrici dell’E. , sulle contraddizioni del Ma. , sulle spiegazioni dell’imputato in ordine alla derivazione da un mero errore materiale della verbalizzazione della nomina dell’avv. O. da parte del F. e sul rancore manifestato da quest’ultimo e dal Ma. con l’asserzione di essere stati ingiustamente tratti in arresto.
Considerato in diritto
1. I motivi proposti dal ricorrente R. sulle condotte di abuso d’ufficio relative alle nomine d’ufficio dell’avv. O. sono infondati.
È in primo luogo infondata la censura di illogicità della motivazione sulla ritenuta inattendibilità della tesi difensiva per la quale le nomine di cui sopra sarebbero state indotte da difficoltà nel funzionamento del sistema di cali center per il reperimento dei difensori e dalla conseguente necessità di contattare un legale immediatamente disponibile. Il riscontro indicato dal ricorrente nelle dichiarazioni dei testi An. e S. era infatti esaminato dalla Corte territoriale e ritenuto inaffidabile per i termini vaghi con i quali si era espresso il S. e per la mancanza di collegamento temporale con i fatti contestati dei contenuti di entrambe le dichiarazioni. E, di contro, si osservava nella sentenza impugnata che i dati documentali sull’operatività del sistema ufficiale di reperimento dei difensori indicavano la presenza di venti legali disponibili e l’Effettivo rintraccio degli stessi, e che la ricostruzione della difesa non era stata confermata da altri militari escussi ed aveva trovato ulteriore smentita nell’assenza di alcuna menzione dei dedotti problemi nei verbali di arresto.
Anche la mancata assunzione delle prove, richieste dalla difesa nell’acquisizione dei verbali di tutti gli arresti eseguiti dall’imputato e nell’audizione del Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Cagliari, veniva congruamente giustificata dai giudici di merito con l’irrilevanza delle stesse, in considerazione del periodo temporale delimitato a cui si riferivano gli atti contestati, che escludeva la necessità di una verifica di tutte le attività di arresto riferibili al R. , e dell’impossibilità che il teste potesse indicare elementi ulteriori sul funzionamento di un sistema in ordine al quale erano state acquisite attestazioni documentali. Né sussiste la dedotta contraddittorietà di tale motivazione con il rilievo attribuito alla frequenza delle nomine dell’avv. O. ai fini della prova dell’elemento psicologico del reato, laddove nella sentenza impugnata si argomentava specificamente sulla sufficienza a questi fini del numero delle nomine risultanti dai verbali di arresto di cui all’imputazione.
Prive di decisività sono infine le doglianze sul tema della mancanza di formali provvedimenti di nomina dell’avv. O. in luogo dei difensori di turno, che non veniva in realtà valorizzato dalla Corte territoriale; la quale dava invece risalto, come si è detto, alla circostanza per la quale nei verbali di arresto contestati non erano menzionate la problematiche di funzionamento del sistema ufficiale.
2. Il motivo proposto dal ricorrente R. sulle condotte di abuso d’ufficio relative alle indicazioni agli arrestati del nominativo dell’avv. O. è infondato.
Non sussiste in particolare la dedotta illogicità della motivazione nella mancata valutazione del contesto in cui i fatti si verificavano e della spontanea accettazione, da parte degli arrestati, delle indicazioni dell’imputato. Si tratta invero di aspetti correttamente ritenuti dalla Corte territoriale irrilevanti nel momento in cui i testimoni confermavano che il R. caldeggiava la nomina dell’avv. O. esaltandone le qualità professionali; condotta, questa, sufficiente ad integrare il contestato reato di abuso d’ufficio, ravvisabile ove il soggetto agente impartisca comunque ai cittadini, con i quali abbia rapporti per ragioni inerenti alle proprie funzioni, consigli sulla nomina di un difensore (Sez. 6, n. 36592 del 06/07/2005, Tarallo, Rv. 232256). Né le conclusioni dei giudici di merito incorrono nella dedotta contraddizione con l’asserita presenza di comportamenti analoghi di colleghi dell’imputato, circostanza che non incide sulla descritta configurabilità del reato neppure sotto il profilo dell’esclusione dell’esistenza di un rapporto esclusivo fra il R. e l’O. , elemento irrilevante ai fini della realizzazione della fattispecie criminosa.
3. Il motivo proposto dal ricorrente R. sull’elemento psicologico del reato di abuso d’ufficio è infondato.
Non sono illogici i riferimenti della sentenza impugnata all’esperienza professionale dell’imputato ed ai rapporti di amicizia e convivialità fra lo stesso e l’O. , indicati quale dimostrativi della consapevolezza dell’ingiusto vantaggio conseguito al secondo a prescindere dalla conoscenza di specifici aspetti di deontologia forense, non necessaria per apprezzare i risultati positivi indebitamente conseguiti da un difensore per la preferenza nelle nomine rispetto ad altri legali, e del coinvolgimento di altri militari nei contatti conviviali.
Neppure elementi di illogicità sono introdotti nell’argomentazione della Corte territoriale dal richiamo della stessa alle dichiarazioni del teste Mar. Lo. sul possibile intento del R. di ottenere, coltivando i rapporti con l’O. , migliori opportunità di contatto con informatori. Il dolo intenzionale, proprio del reato di abuso d’ufficio, sussiste invero anche qualora il vantaggio patrimoniale procurato costituisca lo strumento che consente al soggetto agente di perseguire un fine ulteriore, anche lecito, che si sovrappone tuttavia, senza eliderla, alla finalità illecita di vantaggio; assumendo nel reato la posizione del movente, ben distinta da quella del dolo (Sez. 5, n. 14283 del 17/11/1999, Pinto, Rv. 216122).
Il ricorrente non considera peraltro l’ulteriore elemento valutato nella sentenza impugnata con riguardo alla varietà delle modalità con le quali l’avv. O. era favorito nelle nomine, ad ulteriore conferma della preminente e consapevole finalizzazione delle condotte a tale risultato.
4. Il motivo proposto dal ricorrente R. sull’evento del reato di abuso d’ufficio è inammissibile.
La doglianza del ricorrente è generica in quanto distonica, rispetto al contenuto della motivazione della sentenza impugnata, nel censurare la ritenuta sussistenza dell’evento in un profitto lecitamente conseguito dall’O. quale corrispettivo di un’attività professionale effettivamente prestata, laddove la Corte territoriale individuava invece l’ingiustizia del vantaggio nell’accaparramento dei clienti, vietato dall’art. 19 del codice deontologico forense e pertanto produttivo di una radicale illegittimità delle conseguenti prestazioni.
5. Il motivo proposto dal ricorrente O. sul concorso nel reato di abuso d’ufficio è infondato.
L’infondatezza delle censure proposte dal R. in tema di elemento psicologico del reato investe evidentemente anche gli analoghi rilievi dedotti in proposito dall’O.
Per quanto riguarda l’ulteriore censura di violazione di legge nella ritenuta configurabilità del concorso dell’O. in assenza di comportamenti materiali dello stesso, finalizzati al conseguimento delle nomine, va rammentato che il concorso dell’extraneus nel reato di abuso d’ufficio non richiede necessariamente la presenza di pressioni o sollecitazioni del primo nei confronti del secondo, essendo altresì bastevole l’esistenza di un’intesa fra i due soggetti (Sez. 6, n. 8121 del 29/05/2000, Margini, Rv. 216719; Sez. 6, n. 15116 del 25/02/2003, Gueli, Rv. 224690; Sez. 6, n. 2844 dell’01/12/2003 (27/01/2004), Celiano, Rv. 227260). Intesa che nella specie era ampiamente motivata, nella sentenza impugnata, con riguardo per un verso a quanto riportato nei punti precedenti in ordine ai rapporti di frequentazione fra il R. e l’O. , e per altro al rilievo, specificamente formulato dalla Corte territoriale sulla questione in esame, dell’accettazione delle nomine, da parte dell’O. , nella consapevolezza dell’irregolarità delle stesse.
6. Il motivo proposto dal ricorrente R. sull’affermazione di responsabilità per il reato di falso ideologico è infondato.
La sentenza impugnata rispondeva adeguatamente ai rilievi formulati già in sede di appello sull’attendibilità delle dichiarazioni degli arrestati, e riproposti nel ricorso, osservando in primo luogo ed in via generale come non potessero essere valutate a questi fini le affermazioni dei testi su domande riguardanti i fatti per i quali gli stessi erano stati tratti in arresto; tanto integrando congrua motivazione sui caratteri asseritamente contraddittori e interessati delle dichiarazioni dei testi Ma. e F. . In particolare, peraltro, la Corte territoriale argomentava in termini altrettanto coerenti sull’ininfluenza dei problemi psichiatrici dell’E. rispetto alla semplice asserzione dello stesso di non conoscere l’avv. O. , sufficiente ad escludere che l’arrestato lo avesse effettivamente nominato, e sul riscontro delle dichiarazioni del Ma. e del F. in quelle dei rispettivi difensori e, per il F. , anche nella verbalizzazione, in sede di convalida dell’arresto, delle rimostranze del predetto sulle modalità di nomina del difensore. Mentre il ricorrente non propone alcune specifica deduzione sulle dichiarazioni del teste Al. , anch’esse poste a fondamento dell’affermazione di responsabilità dell’imputato.
Va peraltro osservato, con riguardo alle posizioni di entrambi gli imputati, che per taluni dei fatti di abuso d’ufficio, in particolare quelli commessi l’01/10/2005, il 9/10/2005 e il 30/01/2006, risulta decorso il termine prescrizionale, da ultimo l’08/07/2014, pur tenendosi conto di sospensioni di detto termine per undici mesi e otto giorni. La sentenza deve pertanto essere annullata senza rinvio con la declaratoria di estinzione degli episodi indicati, e con rinvio alla Corte d’Appello di Cagliari per la conseguente rideterminazione della pena. I ricorsi devono per il resto essere rigettati.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo A come commesso fino al (omissis), nei confronti di entrambi gli imputati, perché estinto per prescrizione.
Annulla la predetta sentenza relativamente al trattamento sanzionatorio con rinvio per nuova determinazione alla Corte d’Appello di Cagliari.
Rigetta nel resto i ricorsi.