Suprema Corte di Cassazione
sezione V
sentenza 3 marzo 2015, n. 9266
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. OLDI Paolo – Presidente
Dott. ZAZA Carlo – rel. Consigliere
Dott. PEZZULLO Rosa – Consigliere
Dott. SETTEMBRE Antonio – Consigliere
Dott. MICHELI Paolo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
1. (OMISSIS) s.p.a. quale parte civile;
2. (OMISSIS), nata a (OMISSIS);
3. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
4. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
5. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
6. (OMISSIS), nata a (OMISSIS);
7. (OMISSIS), nato a (OMISSIS) quali imputati;
avverso la sentenza del 04/12/2012 della Corte d’Appello di Firenze;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ZAZA Carlo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. PINELLI Mario, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente alle statuizioni civili, in accoglimento del ricorso della parte civile (OMISSIS) s.p.a, e per il rigetto dei ricorsi degli imputati;
udito per la parte civile ricorrente l’avv. (OMISSIS) in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento del proprio ricorso e per il rigetto dei ricorsi degli imputati, depositando nota spese;
udito per la parte civile (OMISSIS) e, in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), per le parti civili (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) l’avv. (OMISSIS), che ha concluso per il rigetto dei ricorsi depositando nota spese;
uditi per l’imputato (OMISSIS) l’avv. (OMISSIS) in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), per l’imputata (OMISSIS) l’avv. (OMISSIS), per l’imputata (OMISSIS) l’avv. (OMISSIS) e per l’imputato (OMISSIS) l’avv. (OMISSIS), che hanno concluso per l’accoglimento dei ricorsi.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. OLDI Paolo – Presidente
Dott. ZAZA Carlo – rel. Consigliere
Dott. PEZZULLO Rosa – Consigliere
Dott. SETTEMBRE Antonio – Consigliere
Dott. MICHELI Paolo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
1. (OMISSIS) s.p.a. quale parte civile;
2. (OMISSIS), nata a (OMISSIS);
3. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
4. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
5. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
6. (OMISSIS), nata a (OMISSIS);
7. (OMISSIS), nato a (OMISSIS) quali imputati;
avverso la sentenza del 04/12/2012 della Corte d’Appello di Firenze;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ZAZA Carlo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. PINELLI Mario, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente alle statuizioni civili, in accoglimento del ricorso della parte civile (OMISSIS) s.p.a, e per il rigetto dei ricorsi degli imputati;
udito per la parte civile ricorrente l’avv. (OMISSIS) in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento del proprio ricorso e per il rigetto dei ricorsi degli imputati, depositando nota spese;
udito per la parte civile (OMISSIS) e, in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), per le parti civili (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) l’avv. (OMISSIS), che ha concluso per il rigetto dei ricorsi depositando nota spese;
uditi per l’imputato (OMISSIS) l’avv. (OMISSIS) in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), per l’imputata (OMISSIS) l’avv. (OMISSIS), per l’imputata (OMISSIS) l’avv. (OMISSIS) e per l’imputato (OMISSIS) l’avv. (OMISSIS), che hanno concluso per l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, in parziale riforma delle sentenze pronunciate dal Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Firenze il 20/12/2007 nei confronti di (OMISSIS) e dal Tribunale di Firenze il 19/05/2009 nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), veniva confermata l’affermazione di responsabilita’ degli imputati per il reato di cui al Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, articoli 216 e 223, commesso dal (OMISSIS) e dalla (OMISSIS) quali amministratori delegati della (OMISSIS) s.p.a., societa’ di intermediazione mobiliare posta in liquidazione coatta amministrativa e dichiarata in stato di insolvenza in (OMISSIS), distruggendo il patrimonio aziendale e della clientela in conseguenza di scelte organizzative che davano luogo a totale confusione fra tali patrimoni e quelli dei singoli clienti fra loro, si traducevano nella mancata istituzione di procedure di controllo interno sull’operato dei promotori finanziari e di adeguati sistemi informatici e di registrazione e trattamento degli ordini di negoziazione e nell’omissione di informative ai clienti e di misure idonee a salvaguardarne i diritti sui beni affidati alla societa’, e consentivano ai promotori finanziari di eseguire ordini privi di documentazione o fondati su moduli prestampati o falsamente sottoscritti, omettere l’informazione ai clienti sui rischi negli investimenti in prodotti derivati, falsificare i rendiconti periodici, concordare con gli amministratori forme anomale di finanziamento mediante rilascio di assegni e cambiali in bianco, e cosi’ determinare o aggravare il dissesto della societa’; dalla (OMISSIS), responsabile del controllo interno della societa’, omettendo di rilevare le irregolarita’ di cui sopra e di effettuare un effettivo monitoraggio dell’attivita’ dei promotori e cosi’ si concorrendo nella distruzione del patrimonio; dal (OMISSIS) quale presidente del collegio sindacale e dall’ (OMISSIS) e dal (OMISSIS) quali sindaci omettendo di segnalare la confusione patrimoniale e le carenze organizzative e nei controlli interni, e cosi’ consentendo la gestione irregolare della societa’ ed il conseguente dissesto; dal (OMISSIS), dalla (OMISSIS) e dalla (OMISSIS) concorrendo nella tenuta delle scritture contabili in modo da impedire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della societa’. La sentenza veniva riformata con la declaratoria di non doversi procedere nei confronti del (OMISSIS) in ordine al reato di bancarotta preferenziale, contestato nel trasferimento presso la (OMISSIS) di titoli per un importo non inferiore ad euro 1.900.000 e in restituzioni e compensazioni effettuate al fine di favorire taluni creditori in danno di altri, in quanto estinto per intervenuta prescrizione, e con la rideterminazione della pena inflitta al (OMISSIS) in anni due, mesi due e giorni venti di reclusione; mentre venivano confermate la condanne della (OMISSIS) alla pena di anni due e mesi otto di reclusione, della (OMISSIS) alla pena di anni due e mesi quattro di reclusione e del (OMISSIS), dell’ (OMISSIS) e del (OMISSIS) alla pena di anni due di reclusione ciascuno, e di tutti gli imputati al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, ad eccezione della (OMISSIS).
La parte civile (OMISSIS) e gli imputati ricorrono sui punti e per i motivi di seguito indicati.
1. Sulla regolarita’ della notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello, la ricorrente (OMISSIS) deduce violazione di legge nell’esecuzione di detta notifica al solo difensore avv. (OMISSIS) e non anche al codifensore avv. (OMISSIS).
2. Sulla regolarita’ della notifica dell’avviso di deposito della sentenza impugnata, la ricorrente (OMISSIS) deduce violazione di legge nell’esecuzione di tale notifica al domicilio precedentemente eletto dall’imputata presso il difensore avv. (OMISSIS) e non al nuovo domicilio eletto presso l’avv. (OMISSIS) come da atto depositato il 07/09/2012.
3. Sulla disposta riunione in appello dei procedimenti definiti in primo grado dal Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Firenze il 20/12/2007, a seguito di giudizio abbreviato, nei confronti del (OMISSIS), e dal Tribunale di Firenze il 19/05/2009, a seguito di giudizio ordinario, nei confronti degli altri imputati, il ricorrente (OMISSIS) deduce violazione di legge nella trattazione congiunta di procedimenti celebrati con riti diversi, per effetto della quale il (OMISSIS), che aveva optato per il rito abbreviato, si era trovato ad essere giudicato in appello sulla base di un patrimonio conoscitivo integrato da prove acquisite nel dibattimento a carico degli imputati, alla cui formazione egli non aveva partecipato, e mancanza di motivazione nel mero riferimento dell’ordinanza dispositiva della riunione al formale rispetto della differenziazione delle regole di acquisizione probatoria, a fronte di eccezioni difensive nelle quali era stato sottolineato l’inevitabile riflesso sostanziale delle prove acquisite nei confronti dei coimputati e degli stessi apporti di questi ultimi sulla posizione del (OMISSIS). Analogo motivo e’ proposto dalla ricorrente (OMISSIS), che deduce abnormita’ del provvedimento dispositivo della riunione.
4. Sul rigetto dell’eccezione di nullita’ del decreto dispositivo del giudizio per genericita’ dell’imputazione, tale da non consentire all’imputato di comprendere per quali specifiche ipotesi di reato lo stesso fosse stato tratto a giudizio, il ricorrente (OMISSIS) deduce violazione di legge nell’argomentazione della Corte territoriale per la quale la contestazione sostanziale individuava la condotta in pregiudizio per i creditori nell’impossibilita’ della ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della societa’ e nell’aver consentito il dissesto, osservando che in tal modo si priverebbe di contenuti il principio normativo di chiarezza e precisione dell’enunciazione del fatto contestato, con riguardo ad un’imputazione che nei generici riferimenti agli articoli 216 e 223 legge fall, non consentiva di comprendere se il richiamo alla prima norma riguardasse la bancarotta documentale o quella patrimoniale e quali delle diverse ipotesi ricomprese nella seconda norma fossero addebitate.
5. Sull’affermazione di responsabilita’, il ricorrente (OMISSIS) deduce illogicita’ della motivazione nella ricostruzione delle cause del dissesto in base alla relazione del commissario liquidatore, alla cui gestione la difesa attribuiva la produzione del dissesto richiamando il resoconto ispettivo della (OMISSIS) dalla quale risultava che la situazione patrimoniale della societa’ non ne rendeva necessaria la liquidazione, e nel riferimento alla relazione del commissario straordinario sulla sussistenza di un preesistente stato di insolvenza, laddove la stessa relazione riconosceva come dalle scritture contabili non risultasse alcuna confusione fra il patrimonio della societa’ e quello della clientela. Lamenta altresi’ violazione di legge ed illogicita’ della motivazione nell’attribuzione agli amministratori di responsabilita’ per l’operato dei promotori finanziari, ai quali soli l’articolo 108 del Regolamento della Consob attribuisce il compito di verificare l’identita’ dei clienti, e le cui condotte dissimulatorie l’imputato non era pertanto nella condizione di rilevare, tenuto conto che la contestata confusione patrimoniale riguardava clienti non censiti. Ulteriore illogicita’ e’ dedotta dal ricorrente con riguardo alla mancanza di alcun interesse del (OMISSIS) a coprire il comportamento dei promotori, in quanto titolare di una partecipazione azionaria nella societa’.
6. Sulla qualificazione giuridica dei fatti contestati a titolo di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la ricorrente (OMISSIS) deduce violazione di legge nella mancata individuazione nei fatti della diversa ipotesi di causazione dell’aggravamento del dissesto per violazione degli obblighi dell’amministratore, di cui all’articolo 224, n. 2, legge fall., in presenza dell’attribuzione all’imputata di deleghe relative unicamente ai rapporti con il personale, rispetto alle ben piu’ ampie deleghe conferite al (OMISSIS), e della circostanza per la quale le somme affidate al promotore finanziario (OMISSIS) da clienti non censiti, che pertanto non potevano essere considerati clienti della societa’, costituivano un patrimonio illecitamente accumulato dal promotore, non incluso in quello aziendale, la cui distruzione non era quindi riferibile all’imputata. Ulteriore violazione di legge, anche con riguardo alla prospettata ipotesi di bancarotta semplice, e’ dedotta con riferimento all’eliminazione dell’obbligo di controllo sul generale andamento della gestione, posto a carico degli amministratori delle societa’ dalla previgente formulazione dell’articolo 2392 c.c., comma 2, a seguito della modifica di cui al Decreto Legislativo 17 gennaio 2003, n. 6.
7. Sull’affermazione di responsabilita’ per i fatti di bancarotta fraudolenta documentale, la ricorrente (OMISSIS) deduce violazione di legge ed illogicita’ della motivazione rispetto alla circostanza per la quale la ricostruzione della contabilita’ era stata effettuata dal perito, e comunque nella ritenuta sussistenza dell’elemento psicologico del reato con riguardo al comportamento di terzi estranei alla tenuta della contabilita’, quali i promotori finanziari, e ad una sopravvenuta inaccessibilita’ del programma contabile informatico, per il commissario liquidatore ed il perito, derivante dalla mancata collaborazione dell’addetta allo stesso.
8. Sull’affermazione di responsabilita’ per i fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la ricorrente (OMISSIS) deduce illogicita’ della motivazione e travisamento della prova in una ricostruzione dei fatti che, eludendo le censure rivolte con l’atto di appello all’argomentazione della sentenza di primo grado, fondata sulla carenza dei controlli dell’imputata nei confronti dell’attivita’ del promotore (OMISSIS) a fronte di verifiche regolarmente effettuate in altri settori, si incentrava invece sull’ipotesi di un accordo fra l’imputata e gli amministratori nel garantire a questi ultimi controlli compiacenti, in contrasto con l’espressa esclusione di verifiche ispettive presso i promotori dai poteri conferiti alla (OMISSIS) nell’atto di nomina, allegato alla perizia, e con la conseguente assenza di una posizione di garanzia dell’imputata. Lamenta poi ulteriori illogicita’ nell’acritica adesione dei giudici di merito alle opinioni del commissario straordinario e del commissario liquidatore, rispetto alle conclusioni del perito per le quali l’imputata aveva formulato rilievi che, se accolti dagli amministratori, avrebbero impedito la prosecuzione dell’illecita attivita’ dei promotori; nella ritenuta prova della consapevolezza dei contenuti di tale attivita’, da parte della (OMISSIS), in base a prove testimoniali non significative; e nell’omessa valutazione della circostanza per la quale l’imputata assumeva, la propria carica solo nel 1998.
9. Sull’affermazione di responsabilita’ per i fatti di bancarotta fraudolenta documentale, la ricorrente (OMISSIS) deduce illogicita’ della motivazione nell’assimilazione della posizione dell’imputata a quella del collegio sindacale, istituzionalmente deputato al controllo sulla tenuta della contabilita’, e nella mancata valutazione delle questioni relative all’individuazione della fonte negoziale dalla quale sarebbero derivati obblighi analoghi per la (OMISSIS) ed alla possibilita’ per quest’ultima di rilevare anomalie contabili nella gestione di clienti non censiti, che emergevano successivamente dai documenti sequestrati dalla polizia giudiziaria.
10. Sull’affermazione di responsabilita’, il ricorrente (OMISSIS) deduce illogicita’ della motivazione della sentenza impugnata laddove nella stessa si dava atto della regolarita’ delle verifiche trimestrali del collegio sindacale e delle segnalazioni dallo stesso effettuate. Lamenta altresi’ violazione di legge rispetto alla normativa vigente all’epoca dei fatti, che agli articoli 2403 e 2407 cod. civ. imponeva ai sindaci di operare con la diligenza del mandatario controllando l’amministrazione della societa’, l’osservanza della legge e dell’atto costitutivo, la regolare tenuta della contabilita’, la corrispondenza del bilancio alla stessa, la consistenza di cassa e l’esistenza del patrimonio sociale, e non, come attualmente previsto, di agire con la professionalita’ e la diligenza richieste dalla natura dell’incarico vigilando anche sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e sull’adeguatezza ed il concreto funzionamento dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della societa’. Rileva ancora illogicita’ della motivazione rispetto alle conclusioni del consulente tecnico per le quali il collegio sindacale non e’ strutturalmente idoneo a verificare l’adeguatezza di programmi informatici, e non era pertanto nella specie in grado di individuare gli atti di illecita gestione e di prevedere il dissesto della societa’. Deduce infine violazione di legge e mancanza di motivazione sul rapporto causale fra la condotta dell’imputato ed il dissesto.
11. Sull’affermazione di responsabilita’, i ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) deducono illogicita’ della motivazione laddove la stessa, pur richiamando le conclusioni peritali, se ne discostava nel momento in cui il perito si limitava ad evidenziare solo un blando controllo dei sindaci sull’assetto organizzativo della societa’, sostanzialmente connotato da mera negligenza o imperizia, attribuendo significativita’, quale prova della consapevolezza degli imputati in ordine alle illecite attivita’ dei promotori, ad elementi per i quali il perito aveva escluso tale rilevanza. Lamenta altresi’ carenza di motivazione sulla questione della riconducibilita’ del mancato intervento dei sindaci ad accettazione del rischio del dissesto piuttosto che ad erronea certezza che lo stesso non si sarebbe verificato.
12. Sulla mancata assoluzione nel merito dall’imputazione di bancarotta preferenziale, il ricorrente (OMISSIS) deduce violazione di legge rispetto al principio di separazione del patrimonio della societa’ di intermediazione mobiliare da quello della clientela, previsto dal Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, articolo 22, che rende impossibile per i creditori della societa’ agire nei confronti dei patrimoni dei clienti, e comunque esclude nella specie la sussistenza del dolo specifico di favorire taluni creditori danneggiandone altri.
13. Sulla determinazione della pena, la ricorrente (OMISSIS) deduce mancanza di motivazione nella mera conferma della sanzione inflitta in primo grado e nell’omessa individuazione della pena-base e delle ragioni per le quali non veniva applicata la massima diminuzione per le riconosciute attenuanti generiche.
14. Sulle disposizioni civili, la parte civile ricorrente deduce contraddittorieta’ dell’esclusione del danno non patrimoniale lamentato dalla (OMISSIS) rispetto alla disposizione di conferma delle statuizioni civili delle sentenze di primo grado, delle quali quella emessa dal Giudice dell’udienza preliminare nei confronti del (OMISSIS) aveva riconosciuto tale danno condannando l’imputato al pagamento di una provvisionale. Lamenta altresi’ mancanza di motivazione sui rilievi proposti dalla parte civile con l’appello avverso la sentenza del Tribunale nei confronti della (OMISSIS) e di altri, che aveva escluso il danno di cui sopra; violazione di legge nella ritenuta impossibilita’, in quella sede, della liquidazione di un danno non patrimoniale in favore di una persona giuridica, in presenza di una lesione della personalita’ della (OMISSIS) nella sua piu’ ampia accezione, comprensiva della reputazione e della credibilita’ sociale; ed illogicita’ del riferimento della sentenza impugnata al mancato uso della ragione sociale della (OMISSIS) dopo i fatti, considerato come il fatto che il marchio della societa’ non fosse stato ricollocato sul mercato costituiva uno dei danni patrimoniali fatti valere dal liquidatore nella diversa sede civile, quale danno emergente e mancato guadagno da perdita di avviamento.
15. Sulle disposizioni civili, la ricorrente (OMISSIS) deduce violazione di legge nella condanna al risarcimento dei danni in favore di clienti che non avevano concluso contratti con la societa’, e pertanto non legittimati ad agire nei confronti della stessa, ma semmai nei confronti del promotore, il cui vincolo di solidarieta’ si stabilisce ai sensi del Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 31 con la societa’, ma non con gli amministratori della stessa. Ulteriore violazione di legge e’ dedotta per la condanna al risarcimento dei danni in favore degli effettivi clienti della societa’, per le considerazioni svolte dalla ricorrente nei motivi relativi alla configurabilita’ del reato.
16. Sulle disposizioni civili, la ricorrente (OMISSIS) deduce mancanza di motivazione in ordine alla riconducibilita’ all’imputata dei danni riconosciuti alle parti civili, alla determinazione della provvisionale ed alla quantificazione del rimborso delle spese sostenute dalle parti civili, priva di riferimento alle singole voci di spesa.
La parte civile (OMISSIS) e gli imputati ricorrono sui punti e per i motivi di seguito indicati.
1. Sulla regolarita’ della notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello, la ricorrente (OMISSIS) deduce violazione di legge nell’esecuzione di detta notifica al solo difensore avv. (OMISSIS) e non anche al codifensore avv. (OMISSIS).
2. Sulla regolarita’ della notifica dell’avviso di deposito della sentenza impugnata, la ricorrente (OMISSIS) deduce violazione di legge nell’esecuzione di tale notifica al domicilio precedentemente eletto dall’imputata presso il difensore avv. (OMISSIS) e non al nuovo domicilio eletto presso l’avv. (OMISSIS) come da atto depositato il 07/09/2012.
3. Sulla disposta riunione in appello dei procedimenti definiti in primo grado dal Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Firenze il 20/12/2007, a seguito di giudizio abbreviato, nei confronti del (OMISSIS), e dal Tribunale di Firenze il 19/05/2009, a seguito di giudizio ordinario, nei confronti degli altri imputati, il ricorrente (OMISSIS) deduce violazione di legge nella trattazione congiunta di procedimenti celebrati con riti diversi, per effetto della quale il (OMISSIS), che aveva optato per il rito abbreviato, si era trovato ad essere giudicato in appello sulla base di un patrimonio conoscitivo integrato da prove acquisite nel dibattimento a carico degli imputati, alla cui formazione egli non aveva partecipato, e mancanza di motivazione nel mero riferimento dell’ordinanza dispositiva della riunione al formale rispetto della differenziazione delle regole di acquisizione probatoria, a fronte di eccezioni difensive nelle quali era stato sottolineato l’inevitabile riflesso sostanziale delle prove acquisite nei confronti dei coimputati e degli stessi apporti di questi ultimi sulla posizione del (OMISSIS). Analogo motivo e’ proposto dalla ricorrente (OMISSIS), che deduce abnormita’ del provvedimento dispositivo della riunione.
4. Sul rigetto dell’eccezione di nullita’ del decreto dispositivo del giudizio per genericita’ dell’imputazione, tale da non consentire all’imputato di comprendere per quali specifiche ipotesi di reato lo stesso fosse stato tratto a giudizio, il ricorrente (OMISSIS) deduce violazione di legge nell’argomentazione della Corte territoriale per la quale la contestazione sostanziale individuava la condotta in pregiudizio per i creditori nell’impossibilita’ della ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della societa’ e nell’aver consentito il dissesto, osservando che in tal modo si priverebbe di contenuti il principio normativo di chiarezza e precisione dell’enunciazione del fatto contestato, con riguardo ad un’imputazione che nei generici riferimenti agli articoli 216 e 223 legge fall, non consentiva di comprendere se il richiamo alla prima norma riguardasse la bancarotta documentale o quella patrimoniale e quali delle diverse ipotesi ricomprese nella seconda norma fossero addebitate.
5. Sull’affermazione di responsabilita’, il ricorrente (OMISSIS) deduce illogicita’ della motivazione nella ricostruzione delle cause del dissesto in base alla relazione del commissario liquidatore, alla cui gestione la difesa attribuiva la produzione del dissesto richiamando il resoconto ispettivo della (OMISSIS) dalla quale risultava che la situazione patrimoniale della societa’ non ne rendeva necessaria la liquidazione, e nel riferimento alla relazione del commissario straordinario sulla sussistenza di un preesistente stato di insolvenza, laddove la stessa relazione riconosceva come dalle scritture contabili non risultasse alcuna confusione fra il patrimonio della societa’ e quello della clientela. Lamenta altresi’ violazione di legge ed illogicita’ della motivazione nell’attribuzione agli amministratori di responsabilita’ per l’operato dei promotori finanziari, ai quali soli l’articolo 108 del Regolamento della Consob attribuisce il compito di verificare l’identita’ dei clienti, e le cui condotte dissimulatorie l’imputato non era pertanto nella condizione di rilevare, tenuto conto che la contestata confusione patrimoniale riguardava clienti non censiti. Ulteriore illogicita’ e’ dedotta dal ricorrente con riguardo alla mancanza di alcun interesse del (OMISSIS) a coprire il comportamento dei promotori, in quanto titolare di una partecipazione azionaria nella societa’.
6. Sulla qualificazione giuridica dei fatti contestati a titolo di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la ricorrente (OMISSIS) deduce violazione di legge nella mancata individuazione nei fatti della diversa ipotesi di causazione dell’aggravamento del dissesto per violazione degli obblighi dell’amministratore, di cui all’articolo 224, n. 2, legge fall., in presenza dell’attribuzione all’imputata di deleghe relative unicamente ai rapporti con il personale, rispetto alle ben piu’ ampie deleghe conferite al (OMISSIS), e della circostanza per la quale le somme affidate al promotore finanziario (OMISSIS) da clienti non censiti, che pertanto non potevano essere considerati clienti della societa’, costituivano un patrimonio illecitamente accumulato dal promotore, non incluso in quello aziendale, la cui distruzione non era quindi riferibile all’imputata. Ulteriore violazione di legge, anche con riguardo alla prospettata ipotesi di bancarotta semplice, e’ dedotta con riferimento all’eliminazione dell’obbligo di controllo sul generale andamento della gestione, posto a carico degli amministratori delle societa’ dalla previgente formulazione dell’articolo 2392 c.c., comma 2, a seguito della modifica di cui al Decreto Legislativo 17 gennaio 2003, n. 6.
7. Sull’affermazione di responsabilita’ per i fatti di bancarotta fraudolenta documentale, la ricorrente (OMISSIS) deduce violazione di legge ed illogicita’ della motivazione rispetto alla circostanza per la quale la ricostruzione della contabilita’ era stata effettuata dal perito, e comunque nella ritenuta sussistenza dell’elemento psicologico del reato con riguardo al comportamento di terzi estranei alla tenuta della contabilita’, quali i promotori finanziari, e ad una sopravvenuta inaccessibilita’ del programma contabile informatico, per il commissario liquidatore ed il perito, derivante dalla mancata collaborazione dell’addetta allo stesso.
8. Sull’affermazione di responsabilita’ per i fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la ricorrente (OMISSIS) deduce illogicita’ della motivazione e travisamento della prova in una ricostruzione dei fatti che, eludendo le censure rivolte con l’atto di appello all’argomentazione della sentenza di primo grado, fondata sulla carenza dei controlli dell’imputata nei confronti dell’attivita’ del promotore (OMISSIS) a fronte di verifiche regolarmente effettuate in altri settori, si incentrava invece sull’ipotesi di un accordo fra l’imputata e gli amministratori nel garantire a questi ultimi controlli compiacenti, in contrasto con l’espressa esclusione di verifiche ispettive presso i promotori dai poteri conferiti alla (OMISSIS) nell’atto di nomina, allegato alla perizia, e con la conseguente assenza di una posizione di garanzia dell’imputata. Lamenta poi ulteriori illogicita’ nell’acritica adesione dei giudici di merito alle opinioni del commissario straordinario e del commissario liquidatore, rispetto alle conclusioni del perito per le quali l’imputata aveva formulato rilievi che, se accolti dagli amministratori, avrebbero impedito la prosecuzione dell’illecita attivita’ dei promotori; nella ritenuta prova della consapevolezza dei contenuti di tale attivita’, da parte della (OMISSIS), in base a prove testimoniali non significative; e nell’omessa valutazione della circostanza per la quale l’imputata assumeva, la propria carica solo nel 1998.
9. Sull’affermazione di responsabilita’ per i fatti di bancarotta fraudolenta documentale, la ricorrente (OMISSIS) deduce illogicita’ della motivazione nell’assimilazione della posizione dell’imputata a quella del collegio sindacale, istituzionalmente deputato al controllo sulla tenuta della contabilita’, e nella mancata valutazione delle questioni relative all’individuazione della fonte negoziale dalla quale sarebbero derivati obblighi analoghi per la (OMISSIS) ed alla possibilita’ per quest’ultima di rilevare anomalie contabili nella gestione di clienti non censiti, che emergevano successivamente dai documenti sequestrati dalla polizia giudiziaria.
10. Sull’affermazione di responsabilita’, il ricorrente (OMISSIS) deduce illogicita’ della motivazione della sentenza impugnata laddove nella stessa si dava atto della regolarita’ delle verifiche trimestrali del collegio sindacale e delle segnalazioni dallo stesso effettuate. Lamenta altresi’ violazione di legge rispetto alla normativa vigente all’epoca dei fatti, che agli articoli 2403 e 2407 cod. civ. imponeva ai sindaci di operare con la diligenza del mandatario controllando l’amministrazione della societa’, l’osservanza della legge e dell’atto costitutivo, la regolare tenuta della contabilita’, la corrispondenza del bilancio alla stessa, la consistenza di cassa e l’esistenza del patrimonio sociale, e non, come attualmente previsto, di agire con la professionalita’ e la diligenza richieste dalla natura dell’incarico vigilando anche sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e sull’adeguatezza ed il concreto funzionamento dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della societa’. Rileva ancora illogicita’ della motivazione rispetto alle conclusioni del consulente tecnico per le quali il collegio sindacale non e’ strutturalmente idoneo a verificare l’adeguatezza di programmi informatici, e non era pertanto nella specie in grado di individuare gli atti di illecita gestione e di prevedere il dissesto della societa’. Deduce infine violazione di legge e mancanza di motivazione sul rapporto causale fra la condotta dell’imputato ed il dissesto.
11. Sull’affermazione di responsabilita’, i ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) deducono illogicita’ della motivazione laddove la stessa, pur richiamando le conclusioni peritali, se ne discostava nel momento in cui il perito si limitava ad evidenziare solo un blando controllo dei sindaci sull’assetto organizzativo della societa’, sostanzialmente connotato da mera negligenza o imperizia, attribuendo significativita’, quale prova della consapevolezza degli imputati in ordine alle illecite attivita’ dei promotori, ad elementi per i quali il perito aveva escluso tale rilevanza. Lamenta altresi’ carenza di motivazione sulla questione della riconducibilita’ del mancato intervento dei sindaci ad accettazione del rischio del dissesto piuttosto che ad erronea certezza che lo stesso non si sarebbe verificato.
12. Sulla mancata assoluzione nel merito dall’imputazione di bancarotta preferenziale, il ricorrente (OMISSIS) deduce violazione di legge rispetto al principio di separazione del patrimonio della societa’ di intermediazione mobiliare da quello della clientela, previsto dal Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, articolo 22, che rende impossibile per i creditori della societa’ agire nei confronti dei patrimoni dei clienti, e comunque esclude nella specie la sussistenza del dolo specifico di favorire taluni creditori danneggiandone altri.
13. Sulla determinazione della pena, la ricorrente (OMISSIS) deduce mancanza di motivazione nella mera conferma della sanzione inflitta in primo grado e nell’omessa individuazione della pena-base e delle ragioni per le quali non veniva applicata la massima diminuzione per le riconosciute attenuanti generiche.
14. Sulle disposizioni civili, la parte civile ricorrente deduce contraddittorieta’ dell’esclusione del danno non patrimoniale lamentato dalla (OMISSIS) rispetto alla disposizione di conferma delle statuizioni civili delle sentenze di primo grado, delle quali quella emessa dal Giudice dell’udienza preliminare nei confronti del (OMISSIS) aveva riconosciuto tale danno condannando l’imputato al pagamento di una provvisionale. Lamenta altresi’ mancanza di motivazione sui rilievi proposti dalla parte civile con l’appello avverso la sentenza del Tribunale nei confronti della (OMISSIS) e di altri, che aveva escluso il danno di cui sopra; violazione di legge nella ritenuta impossibilita’, in quella sede, della liquidazione di un danno non patrimoniale in favore di una persona giuridica, in presenza di una lesione della personalita’ della (OMISSIS) nella sua piu’ ampia accezione, comprensiva della reputazione e della credibilita’ sociale; ed illogicita’ del riferimento della sentenza impugnata al mancato uso della ragione sociale della (OMISSIS) dopo i fatti, considerato come il fatto che il marchio della societa’ non fosse stato ricollocato sul mercato costituiva uno dei danni patrimoniali fatti valere dal liquidatore nella diversa sede civile, quale danno emergente e mancato guadagno da perdita di avviamento.
15. Sulle disposizioni civili, la ricorrente (OMISSIS) deduce violazione di legge nella condanna al risarcimento dei danni in favore di clienti che non avevano concluso contratti con la societa’, e pertanto non legittimati ad agire nei confronti della stessa, ma semmai nei confronti del promotore, il cui vincolo di solidarieta’ si stabilisce ai sensi del Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 31 con la societa’, ma non con gli amministratori della stessa. Ulteriore violazione di legge e’ dedotta per la condanna al risarcimento dei danni in favore degli effettivi clienti della societa’, per le considerazioni svolte dalla ricorrente nei motivi relativi alla configurabilita’ del reato.
16. Sulle disposizioni civili, la ricorrente (OMISSIS) deduce mancanza di motivazione in ordine alla riconducibilita’ all’imputata dei danni riconosciuti alle parti civili, alla determinazione della provvisionale ed alla quantificazione del rimborso delle spese sostenute dalle parti civili, priva di riferimento alle singole voci di spesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il motivo proposto dalla ricorrente (OMISSIS) sulla regolarita’ della notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello e’ inammissibile.
Posto che detto decreto risulta in effetti notificato al difensore dell’imputato nella sola persona dell’avv. (OMISSIS) e non anche in quella del codifensore indicato dal ricorrente nell’avv. (OMISSIS), vi e’ da dire in primo luogo che la nomina di quest’ultimo non risulta agli atti trasmessi a questa Corte e non e’ oggetto di allegazione nel ricorso, pertanto generico sul punto laddove non adempie all’onere di porre la Corte nella condizione di verificare la fondatezza del presupposto dell’eccezione difensiva, tenuto conto peraltro che gia’ nell’intestazione della sentenza di primo grado l’imputata era indicata come difesa unicamente dall’avv. (OMISSIS). Ma, anche a voler dare per ammessa l’esistenza di tale presupposto, ossia di una nomina fiduciaria dell’avv. (OMISSIS) non successivamente revocata, l’omessa notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello a detto codifensore integrerebbe comunque una nullita’ a regime intermedio, in quanto tale sanata ove non dedotta nel giudizio dal difensore avvisato e comparso (Sez. U, n. 39060 del 16/07/2009, Aprea, Rv. 244187; Sez. 3, n. 38021 del 12/06/2013, Esposito, Rv. 256980; Sez. 1, n. 19982 del 21/03/2013, Panella, Rv. 256182; Sez. 6, n. 17267 del 16/04/2010, Gabriele, Rv. 247086); e tanto si verificava per l’appunto nel caso in esame, risultando dal verbale dibattimentale d’appello che all’udienza del 16/03/2012, in sede di costituzione delle parti, il sostituto dell’avv. (OMISSIS), presente, nulla eccepiva in ordine alla notifica del decreto di citazione ad altro difensore. La questione e’ pertanto preclusa in questa sede.
2. Il motivo proposto dalla ricorrente (OMISSIS) sulla regolarita’ della notifica all’imputata dell’avviso di deposito della sentenza impugnata e’ inammissibile.
Detta notifica era effettivamente eseguita presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), quale difensore domiciliatario dell’imputata, nonostante quest’ultima il 07/09/2012, successivamente al rinvio del giudizio d’appello dalla prima udienza del 16/03/2012 a quella del 04/12/2012, a seguito della rinuncia al mandato dell’avv. (OMISSIS), avesse nominato quale nuovo difensore e domiciliatario l’avv. (OMISSIS). La censura dedotta sul punto e’ tuttavia carente nell’interesse ad impugnare, nel momento in cui il ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello, alla cui proposizione la notifica in esame era funzionale, veniva regolarmente presentato e sottoscritto dalla stessa imputata; nessun pregiudizio per i diritti della difesa di quest’ultima essendo pertanto ravvisabile, e neppure contenendo il ricorso alcuna doglianza specifica in proposito.
3. I motivi proposti dai ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) sulla disposta riunione in appello dei procedimenti definiti in primo grado dal Giudice dell’udienza preliminare a seguito di giudizio abbreviato nei confronti del (OMISSIS), e dal Tribunale di Firenze a seguito di giudizio ordinario nei confronti degli altri imputati, sono infondati.
Il provvedimento con il quale il giudice dispone la riunione di procedimenti, in quanto avente carattere meramente ordinatorio e discrezionale con riguardo a ragioni di economia processuale, non e’ impugnabile laddove non si risolva in concreto nella violazione delle norme sulla competenza (Sez. 5, n. 8404 del 03/10/2013 (dep. 21/02/2014), Corti, Rv. 259050; Sez. 1, n. 42990 del 18/09/2008, Montalto, Rv. 241822). E’ ben vero che il ricorso della (OMISSIS) e’ proposto sotto il profilo dell’abnormita’ del provvedimento. Ma siffatta abnormita’, alla luce dei principi definitori della relativa nozione affermati da questa Corte (Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, Toni, Rv. 243590; Sez. 6, n. 25810 del 08/05/2014, Decreto Ministeriale, Rv. 260069), non ricorre nella specie, laddove il provvedimento impugnato non puo’ essere considerato avulso dal sistema processuale, non esorbita dai poteri riconosciuti al giudice del dibattimento e non determina alcuna stasi processuale. Non senza considerare che il precedente giurisprudenziale citato dai ricorrenti a sostegno della tesi dell’abnormita’ del contemporaneo giudizio di piu’ imputati nei confronti dei quali siano stati adottati riti diversi (Sez. 6, n. 45586 del 25/10/2001, Parrella, Rv. 220327), oltre ad essere riferito al diverso caso del contestuale giudizio di tali differenziate posizioni processuali in primo grado e comunque precedente al citato intervento regolatore delle Sezioni Unite, e’ comunque superato da pronunce di plurime e successive pronunce di segno contrario, che hanno evidenziato, con specifico riguardo al giudizio di appello (Sez. 1, n. 18760 del 18/02/2005, Di Gregorio, Rv.231570), e comunque in termini generali (Sez. 6, n. 16365 del 27/04/2012, Trani, Rv. 252509; Sez. 1, n. 21376 del 09/03/2004, Biondino, Rv. 228989), come la trattazione congiunta delle posizioni di imputati che abbiano optato taluni per il rito abbreviato e talaltri per il rito ordinario non determini alcuna nullita’ o abnormita’, ove nella decisione sia stata comunque osservata la conseguente distinzione dei relativi regimi probatori; condizione, quest’ultima, il cui rispetto e’ stato espressamente affermato nella sentenza impugnata e non e’ contestato dai ricorrenti, il che esclude la sussistenza dell’ulteriore vizio di carenza motivazionale denunciato con i ricorsi.
4. Il motivo proposto dal ricorrente (OMISSIS) sul rigetto dell’eccezione di nullita’ del decreto dispositivo del giudizio per genericita’ dell’imputazione e’ infondato.
E’ ben vero che, nella parte dell’imputazione contestata relativa all’indicazione delle norme incriminatrici violate, la limitazione del riferimento a queste ultime alla menzione degli articoli 216 e 223 legge fall, non chiarirebbe di per se’ quali delle plurime ipotesi criminose previste da dette norme siano in concreto addebitate agli imputati. Tuttavia il corpo testuale dell’imputazione, come riportato in premessa, fa chiaro riferimento ad una condotta omissiva contestata ai sindaci della (OMISSIS) in quanto tale da aver consentito la confusione patrimoniale ed il dissesto della societa’; e questa espressione richiama all’evidenza il piu’ descrittivo e dettagliato contenuto dell’imputazione formulata nello stesso procedimento, e pertanto inclusa nell’ambito conoscitivo della difesa dei sindaci, nei confronti della coimputata (OMISSIS). L’accenno alla confusione patrimoniale, in particolare, avendo ad oggetto quello che meglio si’ vedra’ in seguito essere il passaggio fondamentale della sequenza di eventi che nella prospettiva accusatoria portava alla distruzione del patrimonio della societa’, non poteva che essere letto nel senso dell’estensione ai sindaci di tale addebito distruttivo e dell’ulteriore e connessa imputazione di bancarotta documentale nell’aver permesso un regime contabile produttivo della descritta confusione. Ne’ l’indicazione del dissesto della societa’, fra i risultati della condotta, era idonea a creare dubbio sulla contestazione della diversa fattispecie prevista dall’articolo 223 nella causazione del fallimento per effetto di operazioni dolose, soccorrendo anche a questi fini la contestualita’ delle imputazioni nell’evidenziare come il predetto evento fosse menzionato quale significativo della distruzione del patrimonio sociale, effettivo oggetto dell’accusa comune agli imputati.
5. I motivi proposti dal ricorrente (OMISSIS) sull’affermazione di responsabilita’ sono infondati.
La censura di illogicita’ della motivazione rispetto al contenuto della relazione del commissario straordinario della (OMISSIS), che avrebbe escluso un’effettiva confusione contabile fra il patrimonio della societa’ e quello dei clienti, non coglie i reali termini nei quali l’esistenza di una siffatta conclusione era ritenuta dai giudici di merito; termini adeguatamente illustrati gia’ nella sentenza di primo grado nel giudizio ordinario a carico della (OMISSIS) e di altri. In quella sede, nel riportare le conclusioni del perito, peraltro confermative di quelle del commissario straordinario e del commissario liquidatore, si osservava che una totale confusione contabile aveva attinto direttamente ed in primo luogo la gestione dei conti dei clienti da parte dei promotori finanziari, impedendo di attribuire le perdite registrate al normale andamento degli investimenti piuttosto che ad illecite operazioni dei promotori stessi; e che tanto aveva generato la necessita’ di coprire le perdite, fino a che cio’ era stato possibile, con risorse provenienti dal patrimonio della societa’, in questo senso venutosi di fatto a confondere con quello dei clienti, in sostanziale contrasto con il principio di separazione patrimoniale previsto dal Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 22, comma 1. Emblematica di questa situazione, nella prospettazione della Corte territoriale, era l’attivita’ del promotore (OMISSIS), il quale aveva fatto affluire indifferentemente su un unico conto corrente bancario, denominato (OMISSIS) dal cognome della propria moglie, le somme investite dai clienti, fossero gli stessi ufficialmente censiti o meno nella contabilita’ della societa’; operandovi poi “in monte”, ossia con una gestione cumulativa del risparmio propria dei fondi comuni, e peraltro in concreto caratterizzata da rischiose operazioni anche su titoli derivati, delle quali la descritta modalita’ di gestione rendeva impossibile una tempestiva informazione ai clienti, il mantenimento di adeguati margini di garanzia e l’attribuzione delle perdite all’una piuttosto che all’altra delle singole posizioni. Essendo conseguenza di cio’ che gli investimenti, dei quali i clienti reclamavano il rimborso, si traducevano in debiti a cui la societa’ doveva far fronte con le proprie disponibilita’.
Il rilievo del ricorrente sull’insussistenza di ragioni che imponessero la liquidazione della societa’ alla luce di una relazione ispettiva all’epoca redatta dalla (OMISSIS), posto altresi’ alla base di una censura di illogicita’ dell’affidamento probatorio alla relazione di un commissario liquidatore alla cui gestione sarebbe da ascrivere la causazione del dissesto, veniva congruamente affrontato nella sentenza impugnata, in cui si evidenziava l’inattendibilita’ dell’ipotesi di un repentino deterioramento della situazione patrimoniale della societa’ nella fase del commissariamento, a fronte di una situazione finale in cui l’attivo della societa’ non era sufficiente a coprire le spese prededucibili ed alla palese inadeguatezza dei precedenti interventi di rifinanziamento degli amministratori, limitati al versamento di liquidita’ per soli euro 103.000. Non senza considerare che, comunque, l’argomentazione dei giudici di merito era complessivamente fondata sulla concordanza, nei termini esposti, delle conclusioni del commissario liquidatore con quelle del commissario straordinario e del perito.
Per cio’ che riguarda la responsabilita’ degli amministratori, e fra essi in particolare del (OMISSIS), la Corte territoriale evidenziava che nel 1997 una verifica ispettiva della Consob si concludeva con un provvedimento sanzionatorio a carico degli amministratori e dei sindaci della (OMISSIS), rilevandosi in particolare a carico della (OMISSIS) la confluenza sugli stessi conti correnti di liquidita’ della societa’ e della clientela e l’impossibilita’ di riferire dette liquidita’ ai singoli clienti, e la (OMISSIS) contestava un’insufficiente attenzione alla tenuta della contabilita’, anomalie delle registrazioni ed insufficienze nel controllo interno; che nel 1998 il Ministero del Tesoro decretava ingiunzione di pagamento nei confronti degli amministratori e dei sindaci per aver consentito ai promotori di operare senza controllo con frenetiche acquisizione di ordinativi anche all’insaputa dei clienti; e che gia’ nel 1999 l’illecita condotta gestionale del promotore finanziario (OMISSIS) determinava perdite per circa due miliardi di lire. Si aggiungeva, riportando le anche qui concordi conclusioni dei commissari e del perito, che nonostante tali avvisaglie gli amministratori avevano continuato ad affidare totalmente i rapporti con i clienti ai promotori, consentendo agli stessi di eseguire operazioni allo scoperto e di creare posizioni debitorie, ed anzi si erano attivati per non far emergere tali debiti, chiedendo ai clienti di emettere assegni non datati o richiedendo finanziamenti a nome dei promotori. La posizione del (OMISSIS) era poi specificamente trattata, osservando la Corte d’Appello come all’imputato fossero ascrivibili le condotte appena descritte sia nell’aver tollerato l’anomala gestione del conto (OMISSIS), l’esecuzione di ordinativi con distinte di versamento prive di assegni, le coperture delle perdite dei clienti con anticipi sulla provvigioni e la complessiva condizione di impossibilita’ di controllare i saldi liquidi dei clienti e di comunicare agli stessi perdite pari anche al 50% delle somme investite, che nell’aver coperto i saldi negativi del conto trasferendovi disponibilita’ della societa’ con assegni emessi dalla moglie (OMISSIS) ed iscritti in contabilita’ come cassa per attivita’ di terzi, incrementando di pari importo l’attivo del conto dei clienti.
A fronte di una motivazione articolata senza vizi logici in questa pluralita’ di elementi, e’ insussistente la violazione di legge dedotta nella ritenuta responsabilita’ dell’imputato per l’attivita’ di promotori finanziari ai quali competeva in via esclusiva la verifica dell’identita’ dei clienti, nel momento in cui detta responsabilita’ era riferita non ai rapporti dei promotori con i singoli investitori, ma alla per quanto detto irregolare gestione cumulativa del risparmio investito ed alla conseguente incidenza sull’integrita’ del patrimonio sociale. Irrilevante poi, con riguardo alla conoscibilita’ da parte dell’imputato dell’irregolarita’ di detta gestione, e’ la tematica relativa ai clienti non censiti, peraltro non sollevata con i motivi di appello. La questione e’ infatti superata, anche per questo aspetto, dall’essere la condotta incentrata sulla gestione collettiva delle somme dei clienti, a prescindere dall’essere gli stessi censiti o meno. Tanto a voler tralasciare le considerazioni della sentenza impugnata, pur decisive anche a questi fini, per un verso sull’emersione della problematica relativa a tale gestione nei precedenti e reiterati interventi delle autorita’ di vigilanza, e per altro sui comportamenti attivi dello stesso (OMISSIS) nell’occultamento delle perdite, indicativi di consapevolezza dell’irregolarita’ della situazione; considerazioni che concorrono nel manifestare l’irrilevanza, rispetto alla complessiva logicita’ dell’argomentazione dei giudici di merito, degli ulteriori rilevi del ricorrente sull’interesse del (OMISSIS) a coprire i comportamenti dei promotori.
6. I motivi proposti dalla ricorrente (OMISSIS) sulla qualificazione giuridica dei fatti contestati a titolo di bancarotta fraudolenta patrimoniale sono infondati.
Quanto esposto al punto precedente sulle similari censure dedotte dal (OMISSIS) evidenzia in primo luogo l’infondatezza delle doglianze della ricorrente sull’impossibilita’ di riferire la contestata condotta distruttiva al patrimonio di clienti non censiti, come tale non appartenente alla societa’; laddove, come si e’ detto, tale condotta era chiaramente ritenuta come posta in essere sulle disponibilita’ della societa’ in quanto impiegate per necessita’ di copertura di perdite dei clienti, insorta a seguito dell’irregolare gestione dei patrimoni degli stessi.
L’ulteriore questione posta dalla ricorrente, con riguardo al contenuto delle deleghe rilasciate alla (OMISSIS), e’ superata da quanto osservato nella sentenza impugnata in ordine al riconoscimento della responsabilita’ dell’imputata sulla base della violazione degli obblighi inerenti alla posizione di garanzia propria della funzione amministrativa della stessa, a prescindere dalle deleghe affidatele. In base ai noti principi affermati da questa Corte, l’amministratore, pur se privo di deleghe, risponde penalmente, ai sensi dell’articolo 40 cod. pen., per l’omesso impedimento, in violazione dei doveri di controllo previsti dall’articolo 2392 cod. civ., dell’evento criminoso del quale abbia percepito segnali peculiari ed allarmanti in quanto indicativi dell’anomalia dell’operazione, tale da imporre l’attivazione di detti doveri (Sez. 5, n. 36595 del 16/04/2009, Bossio, Rv. 245138; Sez. 5, n. 23838 del 04/05/2007, Amato, Rv. 237251), e da configurare, in caso contrario, quanto meno l’accettazione del rischio del verificarsi dell’evento (Sez. 5, n. 42519 dell’08/06/2012, Bonvino, Rv. 253765). Nel caso di specie, siffatti segnali erano coerentemente individuati dai giudici di merito nelle segnalazioni del Ministero del Tesoro, della Consob e della (OMISSIS), di cui pure si e’ detto in precedenza, e in quanto riferito dai testi (OMISSIS) e (OMISSIS) sull’essere la (OMISSIS) solita chiedere alle dipendenti dell’ufficio contabilita’ se fossero pervenute le comunicazioni per via telefax con le evidenze del giroconto (OMISSIS) e controllare se i saldi a debito dei clienti fossero stati pareggiati, cosi’ mostrando di avere cognizione dell’operato illecito dei promotori.
E’ insussistente, in questa prospettiva, il vizio di violazione di legge dedotto dalla ricorrente con riguardo all’intervenuta modifica dell’articolo 2392 c.c., comma 2, relativamente agli obblighi di controllo dell’amministratore privo di deleghe sul generale andamento della gestione. La validita’ dei principi appena richiamati, dei quali per quanto detto la Corte territoriale ha fatto buon governo, e’ stata infatti specificamente affermata da questa Corte con riferimento alla situazione normativa venutasi a creare a seguito della modifica citata (Sez. 5, n. 3708 del 30/11/2011 (dep. 30/01/2012), Ballatoli, Rv. 252945).
7. Il motivo proposto dalla ricorrente (OMISSIS) sull’affermazione di responsabilita’ per i fatti di bancarotta fraudolenta documentale e’ infondato.
Infondato e’ in primo luogo il rilievo relativo al conseguimento della ricostruzione contabile ad opera del perito. Il reato contestato sussiste non solo quando tale ricostruzione sia assolutamente impossibile, ma anche laddove la stessa sia ottenuta con accertamenti di particolare diligenza (Sez. 5, n. 21588 del 19/04/2010, Suardi, Rv. 247965; Sez. 5, n. 24333 del 18/05/2005, Mattia, Rv. 232212), quali, nella specie, quello effettuato extra contabilmente in sede di accertamento tecnico giudiziale.
Quanto alle ulteriori censure proposte con riguardo all’elemento psicologico del reato, la riferibilita’ del disordine contabile all’attivita’ dei promotori finanziari e’ irrilevante rispetto ad un addebito contestato agli amministratori, e fra essi alla ricorrente, nell’aver consentito una tenuta della contabilita’ che rendeva impossibile la verifica della gestione delle posizioni dei singoli clienti, in violazione di obblighi propri degli amministratori stessi. Altrettanto irrilevante e’ la doglianza relativa all’incidenza, sulle successive operazioni di ricostruzione contabile del perito, della mancata collaborazione dell’impiegata addetta al sistema informatico, circostanza collocata temporalmente in una fase nella quale, per quanto detto in precedenza, la contestata condotta di bancarotta fraudolenta documentale si era gia’ realizzata.
8. I motivi proposti dalla ricorrente (OMISSIS) sull’affermazione di responsabilita’ per i fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale sono infondati.
Va premesso che e’ insussistente il vizio di carenza motivazionale dedotto dalla ricorrente con riferimento alle censure sollevate con l’appello alla ricostruzione della sentenza di primo grado, che fondava la responsabilita’ dell’imputata su difformita’ nei controlli della stessa sull’operato del (OMISSIS) rispetto a quello di altri soggetti. Posto che, come ammesso dalla stessa ricorrente, nella sentenza impugnata si adottava la diversa prospettiva del concorso dell’imputata con gli amministratori mediante la garanzia di controlli non debitamente approfonditi sull’attivita’ dei promotori, le censure di cui sopra, come le argomentazioni riproposte a sostegno delle stesse con il ricorso, devono ritenersi superate.
Nella prospettiva appena indicata, la Corte territoriale motivava congruamente le proprie conclusioni nel riferimento ai contributi informativi del commissario straordinario, il quale evidenziava come il controllo interno fosse stato limitato a meri riscontri formali sulla presenza di ordini sottoscritti dai clienti, non avesse rilevato dati significativi quali la mancanza del registro degli ordini e il rilascio, a garanzia dei finanziamenti, di cambiali o assegni non versati, e si fosse astenuto da effettive verifiche ispettive presso i promotori, nonostante l’attivita’ degli stessi fosse stata oggetto dei reiterati interventi della Consob e dalla (OMISSIS); del commissario liquidatore, il quale riferiva che le carenze strutturali nella gestione patrimoniale non erano state oggetto di alcuna attenzione da parte della (OMISSIS) nei quattro anni in cui la stessa aveva assunto la funzione di controllo interno, avendo l’imputata ridotto la propria attivita’ a sporadici esami della cassa e di estratti conto dei clienti scelti dagli amministratori, appena sufficienti per la compilazione della relazione annuale dovuta, ed omesso di verificare i conti dei promotori ed il conto (OMISSIS) in particolare; e del perito, il quale confermava l’inadeguatezza dei controlli effettuati dall’imputata e l’affidamento degli stessi sull’attivita’ degli amministratori. Coerentemente i giudici di merito concludevano che la (OMISSIS) aveva sostanzialmente abdicato, in favore degli amministratori, ad un’attivita’ di controllo che, ove esercitata in maniera piu’ penetrante, avrebbe consentito di rilevare le illiceita’ della gestione dei promotori, e la cui necessita’ era d’altra parte resa evidente dai precedenti richiami delle autorita’ esterne di vigilanza e dalle contenute dimensioni della societa’, che, come riferito dai testi (OMISSIS) e (OMISSIS), rendeva inevitabile per chiunque vi operasse all’interno essere a conoscenza dell’esistenza del conto (OMISSIS); in tal modo dando luogo ad un consapevole ed efficiente concorso nella condotta omissiva degli imputati, rispetto al quale venivano altrettanto logicamente valorizzate, nella sentenza impugnata, la mancanza, nella delibera di nomina della (OMISSIS), di alcuna valutazione sull’idoneita’ della stessa alla funzione attribuitale, e le stesse ammissioni dell’imputata sulla propria inadeguatezza all’incarico.
Deve escludersi, di contro, la sussistenza del lamentato vizio di illogicita’ e travisamento della prova relativamente all’esclusione dai poteri, conferiti dalla (OMISSIS) con l’atto di nomina, della facolta’ di eseguire verifiche ispettive presso i promotori. La ricorrente non ha per il vero adempiuto all’onere di allegazione del documento di nomina rispetto al quale viene dedotto il travisamento, non depositato con il ricorso ne’, per quanto risulta agli atti pervenuti a questa Corte, con la memoria indicata dalla ricorrente come depositata nel corso del giudizio di appello; ma, a parte questo, l’elemento asseritamente trascurato e’ in ogni caso privo di decisivita’. I poteri ispettivi del responsabile del controllo interno ineriscono infatti alle responsabilita’ di tale soggetto alla luce del contenuto dell’articolo 57 del regolamento attuativo del Decreto Legislativo n. 58 del 1998, adottato dalla Consob con delibera n. 11522 del 01/07/1998 e successive modifiche, che include, fra le funzioni tipiche del controllo interno nelle societa’ di intermediazione finanziaria, quella della costante verifica dell’idoneita’ delle procedure interne ad assicurare il rispetto delle disposizioni del citato decreto, ivi evidentemente incluse, per cio’ che qui direttamente interessa, quelle relative alla separazione patrimoniale, e del rispetto di dette procedure; funzione che, per tali caratteristiche di pregnanza, non puo’ prescindere dall’esecuzione di controlli ispettivi sull’attuazione delle procedure interne, pertanto correttamente ritenute dai giudici di merito propri dell’incarico assunto dalla (OMISSIS) a prescindere da quanto esplicitato nel provvedimento di nomina, comunque integrato dall’implicito richiamo delle disposizioni normative in materia. E’ altresi’ significativo che il citato articolo 57 preveda espressamente l’assegnazione dell’incarico ad un responsabile svincolato da rapporti gerarchici con i preposti ai settori della societa’ soggetti al controllo, e lo svolgimento dell’attivita’ del responsabile in termini improntati ad indipendenza, autonomia, obiettivita’ ed imparzialita’; il che ulteriormente evidenzia la correttezza delle osservazione della Corte territoriale sul contrasto, con i doveri tipici del responsabile del controllo interno, del sostanziale affidamento all’operato degli amministratori, che caratterizzava in concreto lo svolgimento dell’incarico da parte dell’imputata. La quale era investita in conclusione, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, di una posizione di garanzia che consente di attribuire rilevanza concorsuale all’omissione di attivita’ di controllo per quanto detto inerenti a tale posizione.
Infondata e’ la censura di acritica adesione alle opinioni del commissario straordinario e del commissario liquidatore, che si e’ visto essere state invece adeguatamente valutate nella sentenza impugnata nella loro conformita’ con i precedenti rilevi delle autorita’ di vigilanza e con le osservazioni peritali; a proposito delle quali la ricorrente propone mere doglianze di merito sulla possibilita’ di considerare sufficienti ad impedire la prosecuzione dell’illecita attivita’ dei promotori, ove accolti dagli amministratori, i limitati rilievi sollevati a suo tempo dalla (OMISSIS). Attengono altresi’ al merito della valutazione dei singoli elementi di prova le ulteriori censure della ricorrente sulla consapevolezza dell’imputata in ordine alla predetta attivita’, che non prospettano vizi logici, apprezzabili in questa sede, sulla motivazione della sentenza impugnata a riguardo; non decisiva essendo peraltro sul punto la circostanza, della quale il ricorso lamenta il mancato esame, dell’assunzione della carica da parte dell’imputata a partire dal 1998, a fronte di quanto dettagliatamente esposto nella citata motivazione sulla inevitabile conoscenza dei precedenti e ripetuti interventi delle autorita’ di vigilanza e dell’operativita’ del conto (OMISSIS), e sulla durata comunque consistente dello svolgimento dell’incarico da parte della (OMISSIS).
9. E’ invece fondato il motivo proposto dalla ricorrente (OMISSIS) sull’affermazione di responsabilita’ per i fatti di bancarotta fraudolenta documentale.
Decisivo ed assorbente, in proposito, e’ il tema posto dal ricorrente sulla possibilita’ di assimilare la posizione dell’imputata, anche in una prospettiva concorsuale, a quella dei soggetti istituzionalmente responsabili del controllo sulla tenuta della contabilita’, e sull’individuazione delle fonti di obblighi del responsabile del controllo interno in materia.
Una siffatta assimilazione presupporrebbe invero il riconoscimento, nei confronti dell’imputata, di una posizione di garanzia che si estenda fino a comprendere tale funzione di controllo. La motivazione della sentenza impugnata e’ tuttavia carente sul punto; essendosi i giudici di merito limitati a porre in rilievo l’accettazione, da parte della (OMISSIS), della irricostruibilita’ del patrimonio e del movimento degli affari della societa’, omettendo di valutare la sussistenza di obblighi dell’imputata, in ragione della propria carica, di intervenire sulle modalita’ di tenuta della contabilita’ che generavano tale risultato. Ne’ e’ utile a questi fini fare riferimento ad un implicito richiamo motivazionale ai contenuti della posizione di garanzia dell’imputata, per come ricostruiti al punto precedente con riguardo alla diversa fattispecie della bancarotta patrimoniale. Se infatti tali contenuti comprendono la verifica sulle procedure previste dalla normativa in materia di corretto svolgimento dell’attivita’ di intermediazione finanziaria, e’ da escludersi che gli stessi riguardino il controllo sulla tenuta della contabilita’ ai ben differenti fini della ostensibilita’ ai terzi dell’esatta situazione patrimoniale e finanziaria della societa’.
La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata sul punto, con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Firenze per un nuovo esame sulle indicate carenze motivazionali.
10. I motivi proposti dal ricorrente (OMISSIS) sull’affermazione di responsabilita’ sono infondati.
Nessuna contraddittorieta’ e’ rilevabile nella sentenza impugnata laddove la stessa dava atto dell’effettuazione delle verifiche trimestrali e di segnalazioni da parte del collegio sindacale. La Corte territoriale, sulla base di quanto ricostruito dal commissario straordinario, dal commissario liquidatore e dal perito, osservava infatti come tale attivita’ si riducesse a verifiche meramente formali e ad un controllo di natura ordinaria, con verbalizzazioni sintetiche; laddove esami piu’ approfonditi, imposti dagli interventi delle autorita’ di vigilanza, avrebbero evidenziato significative anomalie quali la registrazione in cassa e non sui conti correnti bancari di assegni non datati, utilizzati solo per non far emergere situazioni di illiquidita’ nei rapporti con i clienti. E neppure tale argomentazione soffre di illogicita’ rilevabili in questa sede per le generiche valutazioni del consulente tecnico, riprese dal ricorrente, sull’idoneita’ strutturale del collegio sindacale a verificare l’adeguatezza di programmi informatici, a fronte di precise indicazioni della sentenza impugnata su specifici aspetti documentali che richiedevano approfondimenti.
E’ poi infondata la censura di violazione di legge nell’attribuzione ai sindaci di obblighi di controllo sull’assetto organizzativo della societa’, non previsti dalla normativa vigente all’epoca dei fatti. I giudici di merito rilevavano infatti correttamente come, anche in quell’epoca, l’articolo 2403 cod. civ. imponesse ai sindaci il controllo sulla corretta amministrazione della societa’; tanto conformemente ai principi affermati da questa Corte in quel precedente contesto normativo, che gia’ allora escludevano che il controllo sindacale si esaurisse in una mera verifica formale, essendovi invece compreso il riscontro fra la realta’ e la sua rappresentazione (Sez. 5, n. 8327 del 22/04/1998, Bagnasco, Rv. 211368), ed in particolare ne estendevano l’ambito operativo all’amministrazione del patrimonio diretto al perseguimento dei fini sociali (Sez. 5, n. 7527 del 27/05/1997, Rossetto, Rv. 208246), in evidente attinenza con la vicenda in esame, incentrata sulla gestione irregolare di tale patrimonio.
Infondata e’ infine, in quanto concernente un aspetto ininfluente ai fini della configurabilita’ del reato, la censura di mancanza di motivazione sul rapporto causale fra la condotta ed il dissesto.
Il precedente giurisprudenziale citato dal ricorrente (Sez. 5, n. 47502 del 24/09/2012, Corvetta, Rv. 253493) e’ isolato rispetto ad un costante orientamento nel senso dell’estraneita’ del dissesto alla struttura essenziale del reato e della conseguente impossibilita’ di qualificarlo come evento dello stesso, con le ulteriori implicazioni dell’irrilevanza del suo collegamento eziologico con la condotta (Sez. 5, n. 34584 del 06/05/2008, Casillo, Rv. 241349; Sez. 1, n. 40172 dell’01/10/2009, Simonte, Rv. 245350; Sez. 5, n. 16759 del 24/03/2010, Fiume, Rv. 246879; Sez. 5, n. 232 del 09/10/2012 (07/01/2013), Sistro, Rv. 254061; Sez. 5, n. 7545 del 25/10/2012 (15/02/2013), Lanciotti, Rv. 254634; Sez. 5, n. 27993 del 12/02/2013, Di Grandi, Rv. 255567). Ne’ rilevano in contrario gli indirizzi giurisprudenziali che qualificano la dichiarazione di fallimento come elemento costitutivo del reato, nel momento in cui gli stessi vanno letti alla luce del loro richiamo all’originaria decisione delle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 2 del 25/01/1958, Mezzo, Rv. 98004), che riconduceva in realta’ la dichiarazione di fallimento alla diversa definizione della condizione di esistenza del reato; e devono pertanto essere intesi come riferiti alla nozione di un elemento di fattispecie diverso da quelli propriamente costitutivi del reato (come chiarito in Sez. 5, n. 15850 del 26/06/1990, Bordoni, Rv. 185883) ed invece connotato dalla duplice funzione di qualificare l’offensivita’ della condotta distrattiva, gia’ in se’ lesiva della garanzia generica che il patrimonio dell’imprenditore, secondo la previsione dell’articolo 2740 cod. civ., offre ai creditori (Sez. 5, n. 36629 del 05/06/2003, Longo, Rv. 227148), messa in pericolo dalla destinazione di componenti del patrimonio a finalita’ diverse da quelle inerenti all’attivita’ imprenditoriale (Sez. 5, n. 16759 del 24/03/2010, Fiume, Rv. 246879), nella prospettiva del pericolo che, nell’eventualita’ dell’intervento della procedura concorsuale, il soddisfacimento per quanto possibile delle pretese creditorie, a cui la stessa e’ finalizzata, sia pregiudicato dalla pregressa ed indebita diminuzione patrimoniale, e di attualizzare tale lesivita’ con l’effettiva apertura della procedura indicata (Sez. 5, n. 32031 del 07/05/2014, Dacco’).
11. I motivi proposti dai ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) sull’affermazione di responsabilita’ sono infondati.
Richiamate in proposito le considerazioni di cui al punto precedente sull’analoga posizione del coimputato (OMISSIS), le stesse non sono pregiudicate nella loro illogicita’ dalle valutazioni del perito, richiamate dai ricorrenti. Come ben chiarito nella sentenza impugnata, e contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, il riferimento del perito alla blanda e laconica segnalazione di adeguatezza dell’organizzazione della societa’, da parte dei sindaci, rimarcava il carattere meramente formale dei controlli effettuati, che non rilevavano problematiche addirittura gia’ evidenziate dai richiami anche sanzionatori delle autorita’ di vigilanza. Tale conclusione e’ in se’ incompatibile con la prospettiva meramente colposa evocata dai ricorrenti, ed e’ pertanto implicitamente quanto chiaramente affermativa di un atteggiamento doloso nell’omissione delle verifiche imposte dai pregnanti segnali di allarme piu’ volte in precedenza sottolineati; tanto escludendo i lamentati vizi di carenza motivazionale sul punto.
12. Il motivo proposto dal ricorrente (OMISSIS) sulla mancata assoluzione nel merito dall’imputazione di bancarotta preferenziale e’ infondato.
La sentenza impugnata era congruamente motivata nei termini, imposti dalla ricorrenza della causa estintiva della prescrizione, della mancanza di una prova evidente di insussistenza del reato, in una situazione nella quale patrimoni di clienti, fra i quali parenti o amici degli amministratori e investitori di particolare importanza, erano trasferiti in una sicura collocazione bancaria in un momento nel quale l’insolvenza della societa’ era conclamata, ed il patrimonio della (OMISSIS) non era sufficiente a soddisfare le pretese della clientela nella sua interezza.
Il tema posto dal ricorrente con riguardo alla previsione normativa di separazione del patrimonio della societa’ di intermediazione mobiliare da quello dei clienti, oltre a non essere specificamente oggetto dei motivi di appello sul punto, e’ comunque irrilevante nel momento in cui, per quanto detto, i due ambiti patrimoniali avevano subito una confusione di fatto, per la quale correttamente venivano ritenuti pregiudizievoli anche per i creditori della societa’ gli atti dispositivi dei rapporti patrimoniali con i clienti; situazione che, alla luce delle argomentazioni della sentenza impugnata sulla conoscenza della stessa in capo agli amministratori, era altrettanto correttamente considerata inidonea ad escludere la sussistenza del dolo specifico del reato.
13. Il motivo proposto dalla ricorrente (OMISSIS) sulla determinazione della pena e’ infondato.
Il lamentato vizio di carenza motivazionale sul punto e’ insussistente laddove la sentenza impugnata richiamava la confermata decisione di primo grado nella quale, riconosciute attenuanti generiche prevalenti, la pena era determinata nella misura di anni due e mesi quattro di reclusione alla luce dei criteri di cui all’articolo 133 cod. pen.; riferimento, quest’ultimo, sufficiente a giustificare l’irrogazione di una pena che, al netto della diminuzione per le attenuanti, si attestava all’evidenza sui tre anni e sei mesi di reclusione, e quindi ad un livello di poco superiore al minimo edittale (Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, Serratore, Rv. 256197; Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, Denaro, Rv. 245596).
14. I motivi proposti dalla ricorrente parte civile (OMISSIS) sulle disposizioni civili sono fondati.
Nel confermare la decisione reiettiva della richiesta di condanna degli imputati al risarcimento del danno non patrimoniale in favore della (OMISSIS), di cui alla sentenza emessa in primo grado nei confronti della (OMISSIS) e dei coimputati della stessa nel relativo procedimento, la sentenza impugnata non considerava in effetti come analoga richiesta avesse invece trovato accoglimento nella sentenza pronunciata dal Giudice dell’udienza preliminare nei confronti del (OMISSIS), dando cosi’ luogo ad un’indiscutibile contraddittorieta’ della disposizione genericamente confermativa delle statuizioni civili delle sentenze appellate. Ma, a parte questo, gli ulteriori rilievi della ricorrente sono corretti in ordine ad entrambi i profili per i quali la Corte territoriale motivava la ritenuta impossibilita’ di liquidare il danno in oggetto. Con riguardo in primo luogo all’affermata improponibilita’ del riconoscimento di danno non patrimoniale a carico di una persona giuridica, e’ viceversa configurabile il danno all’immagine o alla reputazione di una societa’ (Sez. 5, n. 5848 del 13/11/2012 (dep. 06/02/2013), Corallo, Rv. 254832). Per il diverso aspetto della ritenuta esclusione dell’effettivita’ di un danno del genere, nel caso in esame, per la mancata utilizzazione della ragione sociale successivamente ai fatti a seguito della cessazione dell’attivita’ della (OMISSIS), tale argomentazione non si sottrae alle dedotte censure di manifesta illogicita’, nel momento in cui l’operativita’ della societa’ cessava proprio a seguito della perdita delle risorse conseguente alle condotte contestate.
Anche su questo punto la sentenza deve pertanto essere annullata con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte d’Appello di Firenze.
15. I motivi proposti dalla ricorrente (OMISSIS) sulle disposizioni civili sono infondati.
La ritenuta infondatezza dei motivi dedotti dalla ricorrente con riguardo all’affermazione di responsabilita’ implica analoga infondatezza delle doglianze sollevate in questa sede sulla condanna al risarcimento dei danni in favore dei clienti che avevano effettivamente concluso contratti con la societa’, per le quali il ricorso fa espresso rinvio alle medesime ragioni poste a sostegno dei motivi di cui sopra.
Per cio’ che riguarda invece la dedotta violazione di legge nelle disposizioni risarcitorie in favore dei clienti che non avevano concluso contratti con la societa’, che si sostiene essere legittimati ad agire nei confronti dei promotori, ma non della societa’, la stessa ricorrente richiama la previsione del Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 31, comma 3, per la quale il soggetto conferente dell’incarico al promotore, quale nella specie era la (OMISSIS), e’ solidalmente responsabile dei danni arrecati a terzi dal promotore, con espressa inclusione fra gli stessi di quelli conseguenti a responsabilita’ accertate in sede penale. Ne’ tale formulazione letterale, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, vale a distinguere la responsabilita’ della societa’ da quella degli amministratori della stessa, nel momento in cui a questi ultimi, ed alla (OMISSIS) in particolare, viene addebitato nella situazione in esame un concorso omissivo nell’attivita’ dei promotori in violazione di doveri sugli stessi incombenti proprio quali legali responsabili della societa’.
16. E’ da ultimo infondato il motivo proposto, ancora sulle disposizioni civili, dalla ricorrente (OMISSIS).
Dalle argomentazioni motivazionali relative alla responsabilita’ penale dell’imputata, che si e’ detto essere immuni dalle censure della ricorrente, discende l’affermazione della responsabilita’ per le relative obbligazioni civili; tanto escludendo la sussistenza del vizio di mancanza di motivazione dedotto sul punto dalla ricorrente.
Non sono invece proponibili in questa sede le doglianze sollevate dalla ricorrente sulla misura della somma liquidata a titolo di provvisionale (Sez. 4, n. 34791 del 23/06/2010, Mazzamurro, Rv. 248348; Sez. 5, n. 5001 del 17/01/2007, Mearini, Rv. 236068).
Insussistente e’ infine il lamentato vizio di carenza motivazione sulla determinazione del rimborso delle spese sostenute dalle parti civili nel grado d’appello, disposta nella contenuta misura di euro 2.000 per ciascuna delle parti, largamente inferiore agli importi di cui alle note spese presentate e sostanzialmente corrispondente ai minimi tariffari.
All’integrale rigetto dei ricorsi del (OMISSIS), della (OMISSIS), del (OMISSIS), del (OMISSIS) e dell’ (OMISSIS) segue la condanna dei predetti ricorrenti al pagamento delle spese processuali e delle spese sostenute nel grado dalle parti civili, che avuto riguardo alla dimensione dell’impegno processuale si liquidano per le parti civili (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) in euro 3.500, e per la parte civile (OMISSIS) in euro 2.800, oltre accessori come per legge.
Posto che detto decreto risulta in effetti notificato al difensore dell’imputato nella sola persona dell’avv. (OMISSIS) e non anche in quella del codifensore indicato dal ricorrente nell’avv. (OMISSIS), vi e’ da dire in primo luogo che la nomina di quest’ultimo non risulta agli atti trasmessi a questa Corte e non e’ oggetto di allegazione nel ricorso, pertanto generico sul punto laddove non adempie all’onere di porre la Corte nella condizione di verificare la fondatezza del presupposto dell’eccezione difensiva, tenuto conto peraltro che gia’ nell’intestazione della sentenza di primo grado l’imputata era indicata come difesa unicamente dall’avv. (OMISSIS). Ma, anche a voler dare per ammessa l’esistenza di tale presupposto, ossia di una nomina fiduciaria dell’avv. (OMISSIS) non successivamente revocata, l’omessa notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello a detto codifensore integrerebbe comunque una nullita’ a regime intermedio, in quanto tale sanata ove non dedotta nel giudizio dal difensore avvisato e comparso (Sez. U, n. 39060 del 16/07/2009, Aprea, Rv. 244187; Sez. 3, n. 38021 del 12/06/2013, Esposito, Rv. 256980; Sez. 1, n. 19982 del 21/03/2013, Panella, Rv. 256182; Sez. 6, n. 17267 del 16/04/2010, Gabriele, Rv. 247086); e tanto si verificava per l’appunto nel caso in esame, risultando dal verbale dibattimentale d’appello che all’udienza del 16/03/2012, in sede di costituzione delle parti, il sostituto dell’avv. (OMISSIS), presente, nulla eccepiva in ordine alla notifica del decreto di citazione ad altro difensore. La questione e’ pertanto preclusa in questa sede.
2. Il motivo proposto dalla ricorrente (OMISSIS) sulla regolarita’ della notifica all’imputata dell’avviso di deposito della sentenza impugnata e’ inammissibile.
Detta notifica era effettivamente eseguita presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), quale difensore domiciliatario dell’imputata, nonostante quest’ultima il 07/09/2012, successivamente al rinvio del giudizio d’appello dalla prima udienza del 16/03/2012 a quella del 04/12/2012, a seguito della rinuncia al mandato dell’avv. (OMISSIS), avesse nominato quale nuovo difensore e domiciliatario l’avv. (OMISSIS). La censura dedotta sul punto e’ tuttavia carente nell’interesse ad impugnare, nel momento in cui il ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello, alla cui proposizione la notifica in esame era funzionale, veniva regolarmente presentato e sottoscritto dalla stessa imputata; nessun pregiudizio per i diritti della difesa di quest’ultima essendo pertanto ravvisabile, e neppure contenendo il ricorso alcuna doglianza specifica in proposito.
3. I motivi proposti dai ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) sulla disposta riunione in appello dei procedimenti definiti in primo grado dal Giudice dell’udienza preliminare a seguito di giudizio abbreviato nei confronti del (OMISSIS), e dal Tribunale di Firenze a seguito di giudizio ordinario nei confronti degli altri imputati, sono infondati.
Il provvedimento con il quale il giudice dispone la riunione di procedimenti, in quanto avente carattere meramente ordinatorio e discrezionale con riguardo a ragioni di economia processuale, non e’ impugnabile laddove non si risolva in concreto nella violazione delle norme sulla competenza (Sez. 5, n. 8404 del 03/10/2013 (dep. 21/02/2014), Corti, Rv. 259050; Sez. 1, n. 42990 del 18/09/2008, Montalto, Rv. 241822). E’ ben vero che il ricorso della (OMISSIS) e’ proposto sotto il profilo dell’abnormita’ del provvedimento. Ma siffatta abnormita’, alla luce dei principi definitori della relativa nozione affermati da questa Corte (Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, Toni, Rv. 243590; Sez. 6, n. 25810 del 08/05/2014, Decreto Ministeriale, Rv. 260069), non ricorre nella specie, laddove il provvedimento impugnato non puo’ essere considerato avulso dal sistema processuale, non esorbita dai poteri riconosciuti al giudice del dibattimento e non determina alcuna stasi processuale. Non senza considerare che il precedente giurisprudenziale citato dai ricorrenti a sostegno della tesi dell’abnormita’ del contemporaneo giudizio di piu’ imputati nei confronti dei quali siano stati adottati riti diversi (Sez. 6, n. 45586 del 25/10/2001, Parrella, Rv. 220327), oltre ad essere riferito al diverso caso del contestuale giudizio di tali differenziate posizioni processuali in primo grado e comunque precedente al citato intervento regolatore delle Sezioni Unite, e’ comunque superato da pronunce di plurime e successive pronunce di segno contrario, che hanno evidenziato, con specifico riguardo al giudizio di appello (Sez. 1, n. 18760 del 18/02/2005, Di Gregorio, Rv.231570), e comunque in termini generali (Sez. 6, n. 16365 del 27/04/2012, Trani, Rv. 252509; Sez. 1, n. 21376 del 09/03/2004, Biondino, Rv. 228989), come la trattazione congiunta delle posizioni di imputati che abbiano optato taluni per il rito abbreviato e talaltri per il rito ordinario non determini alcuna nullita’ o abnormita’, ove nella decisione sia stata comunque osservata la conseguente distinzione dei relativi regimi probatori; condizione, quest’ultima, il cui rispetto e’ stato espressamente affermato nella sentenza impugnata e non e’ contestato dai ricorrenti, il che esclude la sussistenza dell’ulteriore vizio di carenza motivazionale denunciato con i ricorsi.
4. Il motivo proposto dal ricorrente (OMISSIS) sul rigetto dell’eccezione di nullita’ del decreto dispositivo del giudizio per genericita’ dell’imputazione e’ infondato.
E’ ben vero che, nella parte dell’imputazione contestata relativa all’indicazione delle norme incriminatrici violate, la limitazione del riferimento a queste ultime alla menzione degli articoli 216 e 223 legge fall, non chiarirebbe di per se’ quali delle plurime ipotesi criminose previste da dette norme siano in concreto addebitate agli imputati. Tuttavia il corpo testuale dell’imputazione, come riportato in premessa, fa chiaro riferimento ad una condotta omissiva contestata ai sindaci della (OMISSIS) in quanto tale da aver consentito la confusione patrimoniale ed il dissesto della societa’; e questa espressione richiama all’evidenza il piu’ descrittivo e dettagliato contenuto dell’imputazione formulata nello stesso procedimento, e pertanto inclusa nell’ambito conoscitivo della difesa dei sindaci, nei confronti della coimputata (OMISSIS). L’accenno alla confusione patrimoniale, in particolare, avendo ad oggetto quello che meglio si’ vedra’ in seguito essere il passaggio fondamentale della sequenza di eventi che nella prospettiva accusatoria portava alla distruzione del patrimonio della societa’, non poteva che essere letto nel senso dell’estensione ai sindaci di tale addebito distruttivo e dell’ulteriore e connessa imputazione di bancarotta documentale nell’aver permesso un regime contabile produttivo della descritta confusione. Ne’ l’indicazione del dissesto della societa’, fra i risultati della condotta, era idonea a creare dubbio sulla contestazione della diversa fattispecie prevista dall’articolo 223 nella causazione del fallimento per effetto di operazioni dolose, soccorrendo anche a questi fini la contestualita’ delle imputazioni nell’evidenziare come il predetto evento fosse menzionato quale significativo della distruzione del patrimonio sociale, effettivo oggetto dell’accusa comune agli imputati.
5. I motivi proposti dal ricorrente (OMISSIS) sull’affermazione di responsabilita’ sono infondati.
La censura di illogicita’ della motivazione rispetto al contenuto della relazione del commissario straordinario della (OMISSIS), che avrebbe escluso un’effettiva confusione contabile fra il patrimonio della societa’ e quello dei clienti, non coglie i reali termini nei quali l’esistenza di una siffatta conclusione era ritenuta dai giudici di merito; termini adeguatamente illustrati gia’ nella sentenza di primo grado nel giudizio ordinario a carico della (OMISSIS) e di altri. In quella sede, nel riportare le conclusioni del perito, peraltro confermative di quelle del commissario straordinario e del commissario liquidatore, si osservava che una totale confusione contabile aveva attinto direttamente ed in primo luogo la gestione dei conti dei clienti da parte dei promotori finanziari, impedendo di attribuire le perdite registrate al normale andamento degli investimenti piuttosto che ad illecite operazioni dei promotori stessi; e che tanto aveva generato la necessita’ di coprire le perdite, fino a che cio’ era stato possibile, con risorse provenienti dal patrimonio della societa’, in questo senso venutosi di fatto a confondere con quello dei clienti, in sostanziale contrasto con il principio di separazione patrimoniale previsto dal Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 22, comma 1. Emblematica di questa situazione, nella prospettazione della Corte territoriale, era l’attivita’ del promotore (OMISSIS), il quale aveva fatto affluire indifferentemente su un unico conto corrente bancario, denominato (OMISSIS) dal cognome della propria moglie, le somme investite dai clienti, fossero gli stessi ufficialmente censiti o meno nella contabilita’ della societa’; operandovi poi “in monte”, ossia con una gestione cumulativa del risparmio propria dei fondi comuni, e peraltro in concreto caratterizzata da rischiose operazioni anche su titoli derivati, delle quali la descritta modalita’ di gestione rendeva impossibile una tempestiva informazione ai clienti, il mantenimento di adeguati margini di garanzia e l’attribuzione delle perdite all’una piuttosto che all’altra delle singole posizioni. Essendo conseguenza di cio’ che gli investimenti, dei quali i clienti reclamavano il rimborso, si traducevano in debiti a cui la societa’ doveva far fronte con le proprie disponibilita’.
Il rilievo del ricorrente sull’insussistenza di ragioni che imponessero la liquidazione della societa’ alla luce di una relazione ispettiva all’epoca redatta dalla (OMISSIS), posto altresi’ alla base di una censura di illogicita’ dell’affidamento probatorio alla relazione di un commissario liquidatore alla cui gestione sarebbe da ascrivere la causazione del dissesto, veniva congruamente affrontato nella sentenza impugnata, in cui si evidenziava l’inattendibilita’ dell’ipotesi di un repentino deterioramento della situazione patrimoniale della societa’ nella fase del commissariamento, a fronte di una situazione finale in cui l’attivo della societa’ non era sufficiente a coprire le spese prededucibili ed alla palese inadeguatezza dei precedenti interventi di rifinanziamento degli amministratori, limitati al versamento di liquidita’ per soli euro 103.000. Non senza considerare che, comunque, l’argomentazione dei giudici di merito era complessivamente fondata sulla concordanza, nei termini esposti, delle conclusioni del commissario liquidatore con quelle del commissario straordinario e del perito.
Per cio’ che riguarda la responsabilita’ degli amministratori, e fra essi in particolare del (OMISSIS), la Corte territoriale evidenziava che nel 1997 una verifica ispettiva della Consob si concludeva con un provvedimento sanzionatorio a carico degli amministratori e dei sindaci della (OMISSIS), rilevandosi in particolare a carico della (OMISSIS) la confluenza sugli stessi conti correnti di liquidita’ della societa’ e della clientela e l’impossibilita’ di riferire dette liquidita’ ai singoli clienti, e la (OMISSIS) contestava un’insufficiente attenzione alla tenuta della contabilita’, anomalie delle registrazioni ed insufficienze nel controllo interno; che nel 1998 il Ministero del Tesoro decretava ingiunzione di pagamento nei confronti degli amministratori e dei sindaci per aver consentito ai promotori di operare senza controllo con frenetiche acquisizione di ordinativi anche all’insaputa dei clienti; e che gia’ nel 1999 l’illecita condotta gestionale del promotore finanziario (OMISSIS) determinava perdite per circa due miliardi di lire. Si aggiungeva, riportando le anche qui concordi conclusioni dei commissari e del perito, che nonostante tali avvisaglie gli amministratori avevano continuato ad affidare totalmente i rapporti con i clienti ai promotori, consentendo agli stessi di eseguire operazioni allo scoperto e di creare posizioni debitorie, ed anzi si erano attivati per non far emergere tali debiti, chiedendo ai clienti di emettere assegni non datati o richiedendo finanziamenti a nome dei promotori. La posizione del (OMISSIS) era poi specificamente trattata, osservando la Corte d’Appello come all’imputato fossero ascrivibili le condotte appena descritte sia nell’aver tollerato l’anomala gestione del conto (OMISSIS), l’esecuzione di ordinativi con distinte di versamento prive di assegni, le coperture delle perdite dei clienti con anticipi sulla provvigioni e la complessiva condizione di impossibilita’ di controllare i saldi liquidi dei clienti e di comunicare agli stessi perdite pari anche al 50% delle somme investite, che nell’aver coperto i saldi negativi del conto trasferendovi disponibilita’ della societa’ con assegni emessi dalla moglie (OMISSIS) ed iscritti in contabilita’ come cassa per attivita’ di terzi, incrementando di pari importo l’attivo del conto dei clienti.
A fronte di una motivazione articolata senza vizi logici in questa pluralita’ di elementi, e’ insussistente la violazione di legge dedotta nella ritenuta responsabilita’ dell’imputato per l’attivita’ di promotori finanziari ai quali competeva in via esclusiva la verifica dell’identita’ dei clienti, nel momento in cui detta responsabilita’ era riferita non ai rapporti dei promotori con i singoli investitori, ma alla per quanto detto irregolare gestione cumulativa del risparmio investito ed alla conseguente incidenza sull’integrita’ del patrimonio sociale. Irrilevante poi, con riguardo alla conoscibilita’ da parte dell’imputato dell’irregolarita’ di detta gestione, e’ la tematica relativa ai clienti non censiti, peraltro non sollevata con i motivi di appello. La questione e’ infatti superata, anche per questo aspetto, dall’essere la condotta incentrata sulla gestione collettiva delle somme dei clienti, a prescindere dall’essere gli stessi censiti o meno. Tanto a voler tralasciare le considerazioni della sentenza impugnata, pur decisive anche a questi fini, per un verso sull’emersione della problematica relativa a tale gestione nei precedenti e reiterati interventi delle autorita’ di vigilanza, e per altro sui comportamenti attivi dello stesso (OMISSIS) nell’occultamento delle perdite, indicativi di consapevolezza dell’irregolarita’ della situazione; considerazioni che concorrono nel manifestare l’irrilevanza, rispetto alla complessiva logicita’ dell’argomentazione dei giudici di merito, degli ulteriori rilevi del ricorrente sull’interesse del (OMISSIS) a coprire i comportamenti dei promotori.
6. I motivi proposti dalla ricorrente (OMISSIS) sulla qualificazione giuridica dei fatti contestati a titolo di bancarotta fraudolenta patrimoniale sono infondati.
Quanto esposto al punto precedente sulle similari censure dedotte dal (OMISSIS) evidenzia in primo luogo l’infondatezza delle doglianze della ricorrente sull’impossibilita’ di riferire la contestata condotta distruttiva al patrimonio di clienti non censiti, come tale non appartenente alla societa’; laddove, come si e’ detto, tale condotta era chiaramente ritenuta come posta in essere sulle disponibilita’ della societa’ in quanto impiegate per necessita’ di copertura di perdite dei clienti, insorta a seguito dell’irregolare gestione dei patrimoni degli stessi.
L’ulteriore questione posta dalla ricorrente, con riguardo al contenuto delle deleghe rilasciate alla (OMISSIS), e’ superata da quanto osservato nella sentenza impugnata in ordine al riconoscimento della responsabilita’ dell’imputata sulla base della violazione degli obblighi inerenti alla posizione di garanzia propria della funzione amministrativa della stessa, a prescindere dalle deleghe affidatele. In base ai noti principi affermati da questa Corte, l’amministratore, pur se privo di deleghe, risponde penalmente, ai sensi dell’articolo 40 cod. pen., per l’omesso impedimento, in violazione dei doveri di controllo previsti dall’articolo 2392 cod. civ., dell’evento criminoso del quale abbia percepito segnali peculiari ed allarmanti in quanto indicativi dell’anomalia dell’operazione, tale da imporre l’attivazione di detti doveri (Sez. 5, n. 36595 del 16/04/2009, Bossio, Rv. 245138; Sez. 5, n. 23838 del 04/05/2007, Amato, Rv. 237251), e da configurare, in caso contrario, quanto meno l’accettazione del rischio del verificarsi dell’evento (Sez. 5, n. 42519 dell’08/06/2012, Bonvino, Rv. 253765). Nel caso di specie, siffatti segnali erano coerentemente individuati dai giudici di merito nelle segnalazioni del Ministero del Tesoro, della Consob e della (OMISSIS), di cui pure si e’ detto in precedenza, e in quanto riferito dai testi (OMISSIS) e (OMISSIS) sull’essere la (OMISSIS) solita chiedere alle dipendenti dell’ufficio contabilita’ se fossero pervenute le comunicazioni per via telefax con le evidenze del giroconto (OMISSIS) e controllare se i saldi a debito dei clienti fossero stati pareggiati, cosi’ mostrando di avere cognizione dell’operato illecito dei promotori.
E’ insussistente, in questa prospettiva, il vizio di violazione di legge dedotto dalla ricorrente con riguardo all’intervenuta modifica dell’articolo 2392 c.c., comma 2, relativamente agli obblighi di controllo dell’amministratore privo di deleghe sul generale andamento della gestione. La validita’ dei principi appena richiamati, dei quali per quanto detto la Corte territoriale ha fatto buon governo, e’ stata infatti specificamente affermata da questa Corte con riferimento alla situazione normativa venutasi a creare a seguito della modifica citata (Sez. 5, n. 3708 del 30/11/2011 (dep. 30/01/2012), Ballatoli, Rv. 252945).
7. Il motivo proposto dalla ricorrente (OMISSIS) sull’affermazione di responsabilita’ per i fatti di bancarotta fraudolenta documentale e’ infondato.
Infondato e’ in primo luogo il rilievo relativo al conseguimento della ricostruzione contabile ad opera del perito. Il reato contestato sussiste non solo quando tale ricostruzione sia assolutamente impossibile, ma anche laddove la stessa sia ottenuta con accertamenti di particolare diligenza (Sez. 5, n. 21588 del 19/04/2010, Suardi, Rv. 247965; Sez. 5, n. 24333 del 18/05/2005, Mattia, Rv. 232212), quali, nella specie, quello effettuato extra contabilmente in sede di accertamento tecnico giudiziale.
Quanto alle ulteriori censure proposte con riguardo all’elemento psicologico del reato, la riferibilita’ del disordine contabile all’attivita’ dei promotori finanziari e’ irrilevante rispetto ad un addebito contestato agli amministratori, e fra essi alla ricorrente, nell’aver consentito una tenuta della contabilita’ che rendeva impossibile la verifica della gestione delle posizioni dei singoli clienti, in violazione di obblighi propri degli amministratori stessi. Altrettanto irrilevante e’ la doglianza relativa all’incidenza, sulle successive operazioni di ricostruzione contabile del perito, della mancata collaborazione dell’impiegata addetta al sistema informatico, circostanza collocata temporalmente in una fase nella quale, per quanto detto in precedenza, la contestata condotta di bancarotta fraudolenta documentale si era gia’ realizzata.
8. I motivi proposti dalla ricorrente (OMISSIS) sull’affermazione di responsabilita’ per i fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale sono infondati.
Va premesso che e’ insussistente il vizio di carenza motivazionale dedotto dalla ricorrente con riferimento alle censure sollevate con l’appello alla ricostruzione della sentenza di primo grado, che fondava la responsabilita’ dell’imputata su difformita’ nei controlli della stessa sull’operato del (OMISSIS) rispetto a quello di altri soggetti. Posto che, come ammesso dalla stessa ricorrente, nella sentenza impugnata si adottava la diversa prospettiva del concorso dell’imputata con gli amministratori mediante la garanzia di controlli non debitamente approfonditi sull’attivita’ dei promotori, le censure di cui sopra, come le argomentazioni riproposte a sostegno delle stesse con il ricorso, devono ritenersi superate.
Nella prospettiva appena indicata, la Corte territoriale motivava congruamente le proprie conclusioni nel riferimento ai contributi informativi del commissario straordinario, il quale evidenziava come il controllo interno fosse stato limitato a meri riscontri formali sulla presenza di ordini sottoscritti dai clienti, non avesse rilevato dati significativi quali la mancanza del registro degli ordini e il rilascio, a garanzia dei finanziamenti, di cambiali o assegni non versati, e si fosse astenuto da effettive verifiche ispettive presso i promotori, nonostante l’attivita’ degli stessi fosse stata oggetto dei reiterati interventi della Consob e dalla (OMISSIS); del commissario liquidatore, il quale riferiva che le carenze strutturali nella gestione patrimoniale non erano state oggetto di alcuna attenzione da parte della (OMISSIS) nei quattro anni in cui la stessa aveva assunto la funzione di controllo interno, avendo l’imputata ridotto la propria attivita’ a sporadici esami della cassa e di estratti conto dei clienti scelti dagli amministratori, appena sufficienti per la compilazione della relazione annuale dovuta, ed omesso di verificare i conti dei promotori ed il conto (OMISSIS) in particolare; e del perito, il quale confermava l’inadeguatezza dei controlli effettuati dall’imputata e l’affidamento degli stessi sull’attivita’ degli amministratori. Coerentemente i giudici di merito concludevano che la (OMISSIS) aveva sostanzialmente abdicato, in favore degli amministratori, ad un’attivita’ di controllo che, ove esercitata in maniera piu’ penetrante, avrebbe consentito di rilevare le illiceita’ della gestione dei promotori, e la cui necessita’ era d’altra parte resa evidente dai precedenti richiami delle autorita’ esterne di vigilanza e dalle contenute dimensioni della societa’, che, come riferito dai testi (OMISSIS) e (OMISSIS), rendeva inevitabile per chiunque vi operasse all’interno essere a conoscenza dell’esistenza del conto (OMISSIS); in tal modo dando luogo ad un consapevole ed efficiente concorso nella condotta omissiva degli imputati, rispetto al quale venivano altrettanto logicamente valorizzate, nella sentenza impugnata, la mancanza, nella delibera di nomina della (OMISSIS), di alcuna valutazione sull’idoneita’ della stessa alla funzione attribuitale, e le stesse ammissioni dell’imputata sulla propria inadeguatezza all’incarico.
Deve escludersi, di contro, la sussistenza del lamentato vizio di illogicita’ e travisamento della prova relativamente all’esclusione dai poteri, conferiti dalla (OMISSIS) con l’atto di nomina, della facolta’ di eseguire verifiche ispettive presso i promotori. La ricorrente non ha per il vero adempiuto all’onere di allegazione del documento di nomina rispetto al quale viene dedotto il travisamento, non depositato con il ricorso ne’, per quanto risulta agli atti pervenuti a questa Corte, con la memoria indicata dalla ricorrente come depositata nel corso del giudizio di appello; ma, a parte questo, l’elemento asseritamente trascurato e’ in ogni caso privo di decisivita’. I poteri ispettivi del responsabile del controllo interno ineriscono infatti alle responsabilita’ di tale soggetto alla luce del contenuto dell’articolo 57 del regolamento attuativo del Decreto Legislativo n. 58 del 1998, adottato dalla Consob con delibera n. 11522 del 01/07/1998 e successive modifiche, che include, fra le funzioni tipiche del controllo interno nelle societa’ di intermediazione finanziaria, quella della costante verifica dell’idoneita’ delle procedure interne ad assicurare il rispetto delle disposizioni del citato decreto, ivi evidentemente incluse, per cio’ che qui direttamente interessa, quelle relative alla separazione patrimoniale, e del rispetto di dette procedure; funzione che, per tali caratteristiche di pregnanza, non puo’ prescindere dall’esecuzione di controlli ispettivi sull’attuazione delle procedure interne, pertanto correttamente ritenute dai giudici di merito propri dell’incarico assunto dalla (OMISSIS) a prescindere da quanto esplicitato nel provvedimento di nomina, comunque integrato dall’implicito richiamo delle disposizioni normative in materia. E’ altresi’ significativo che il citato articolo 57 preveda espressamente l’assegnazione dell’incarico ad un responsabile svincolato da rapporti gerarchici con i preposti ai settori della societa’ soggetti al controllo, e lo svolgimento dell’attivita’ del responsabile in termini improntati ad indipendenza, autonomia, obiettivita’ ed imparzialita’; il che ulteriormente evidenzia la correttezza delle osservazione della Corte territoriale sul contrasto, con i doveri tipici del responsabile del controllo interno, del sostanziale affidamento all’operato degli amministratori, che caratterizzava in concreto lo svolgimento dell’incarico da parte dell’imputata. La quale era investita in conclusione, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, di una posizione di garanzia che consente di attribuire rilevanza concorsuale all’omissione di attivita’ di controllo per quanto detto inerenti a tale posizione.
Infondata e’ la censura di acritica adesione alle opinioni del commissario straordinario e del commissario liquidatore, che si e’ visto essere state invece adeguatamente valutate nella sentenza impugnata nella loro conformita’ con i precedenti rilevi delle autorita’ di vigilanza e con le osservazioni peritali; a proposito delle quali la ricorrente propone mere doglianze di merito sulla possibilita’ di considerare sufficienti ad impedire la prosecuzione dell’illecita attivita’ dei promotori, ove accolti dagli amministratori, i limitati rilievi sollevati a suo tempo dalla (OMISSIS). Attengono altresi’ al merito della valutazione dei singoli elementi di prova le ulteriori censure della ricorrente sulla consapevolezza dell’imputata in ordine alla predetta attivita’, che non prospettano vizi logici, apprezzabili in questa sede, sulla motivazione della sentenza impugnata a riguardo; non decisiva essendo peraltro sul punto la circostanza, della quale il ricorso lamenta il mancato esame, dell’assunzione della carica da parte dell’imputata a partire dal 1998, a fronte di quanto dettagliatamente esposto nella citata motivazione sulla inevitabile conoscenza dei precedenti e ripetuti interventi delle autorita’ di vigilanza e dell’operativita’ del conto (OMISSIS), e sulla durata comunque consistente dello svolgimento dell’incarico da parte della (OMISSIS).
9. E’ invece fondato il motivo proposto dalla ricorrente (OMISSIS) sull’affermazione di responsabilita’ per i fatti di bancarotta fraudolenta documentale.
Decisivo ed assorbente, in proposito, e’ il tema posto dal ricorrente sulla possibilita’ di assimilare la posizione dell’imputata, anche in una prospettiva concorsuale, a quella dei soggetti istituzionalmente responsabili del controllo sulla tenuta della contabilita’, e sull’individuazione delle fonti di obblighi del responsabile del controllo interno in materia.
Una siffatta assimilazione presupporrebbe invero il riconoscimento, nei confronti dell’imputata, di una posizione di garanzia che si estenda fino a comprendere tale funzione di controllo. La motivazione della sentenza impugnata e’ tuttavia carente sul punto; essendosi i giudici di merito limitati a porre in rilievo l’accettazione, da parte della (OMISSIS), della irricostruibilita’ del patrimonio e del movimento degli affari della societa’, omettendo di valutare la sussistenza di obblighi dell’imputata, in ragione della propria carica, di intervenire sulle modalita’ di tenuta della contabilita’ che generavano tale risultato. Ne’ e’ utile a questi fini fare riferimento ad un implicito richiamo motivazionale ai contenuti della posizione di garanzia dell’imputata, per come ricostruiti al punto precedente con riguardo alla diversa fattispecie della bancarotta patrimoniale. Se infatti tali contenuti comprendono la verifica sulle procedure previste dalla normativa in materia di corretto svolgimento dell’attivita’ di intermediazione finanziaria, e’ da escludersi che gli stessi riguardino il controllo sulla tenuta della contabilita’ ai ben differenti fini della ostensibilita’ ai terzi dell’esatta situazione patrimoniale e finanziaria della societa’.
La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata sul punto, con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Firenze per un nuovo esame sulle indicate carenze motivazionali.
10. I motivi proposti dal ricorrente (OMISSIS) sull’affermazione di responsabilita’ sono infondati.
Nessuna contraddittorieta’ e’ rilevabile nella sentenza impugnata laddove la stessa dava atto dell’effettuazione delle verifiche trimestrali e di segnalazioni da parte del collegio sindacale. La Corte territoriale, sulla base di quanto ricostruito dal commissario straordinario, dal commissario liquidatore e dal perito, osservava infatti come tale attivita’ si riducesse a verifiche meramente formali e ad un controllo di natura ordinaria, con verbalizzazioni sintetiche; laddove esami piu’ approfonditi, imposti dagli interventi delle autorita’ di vigilanza, avrebbero evidenziato significative anomalie quali la registrazione in cassa e non sui conti correnti bancari di assegni non datati, utilizzati solo per non far emergere situazioni di illiquidita’ nei rapporti con i clienti. E neppure tale argomentazione soffre di illogicita’ rilevabili in questa sede per le generiche valutazioni del consulente tecnico, riprese dal ricorrente, sull’idoneita’ strutturale del collegio sindacale a verificare l’adeguatezza di programmi informatici, a fronte di precise indicazioni della sentenza impugnata su specifici aspetti documentali che richiedevano approfondimenti.
E’ poi infondata la censura di violazione di legge nell’attribuzione ai sindaci di obblighi di controllo sull’assetto organizzativo della societa’, non previsti dalla normativa vigente all’epoca dei fatti. I giudici di merito rilevavano infatti correttamente come, anche in quell’epoca, l’articolo 2403 cod. civ. imponesse ai sindaci il controllo sulla corretta amministrazione della societa’; tanto conformemente ai principi affermati da questa Corte in quel precedente contesto normativo, che gia’ allora escludevano che il controllo sindacale si esaurisse in una mera verifica formale, essendovi invece compreso il riscontro fra la realta’ e la sua rappresentazione (Sez. 5, n. 8327 del 22/04/1998, Bagnasco, Rv. 211368), ed in particolare ne estendevano l’ambito operativo all’amministrazione del patrimonio diretto al perseguimento dei fini sociali (Sez. 5, n. 7527 del 27/05/1997, Rossetto, Rv. 208246), in evidente attinenza con la vicenda in esame, incentrata sulla gestione irregolare di tale patrimonio.
Infondata e’ infine, in quanto concernente un aspetto ininfluente ai fini della configurabilita’ del reato, la censura di mancanza di motivazione sul rapporto causale fra la condotta ed il dissesto.
Il precedente giurisprudenziale citato dal ricorrente (Sez. 5, n. 47502 del 24/09/2012, Corvetta, Rv. 253493) e’ isolato rispetto ad un costante orientamento nel senso dell’estraneita’ del dissesto alla struttura essenziale del reato e della conseguente impossibilita’ di qualificarlo come evento dello stesso, con le ulteriori implicazioni dell’irrilevanza del suo collegamento eziologico con la condotta (Sez. 5, n. 34584 del 06/05/2008, Casillo, Rv. 241349; Sez. 1, n. 40172 dell’01/10/2009, Simonte, Rv. 245350; Sez. 5, n. 16759 del 24/03/2010, Fiume, Rv. 246879; Sez. 5, n. 232 del 09/10/2012 (07/01/2013), Sistro, Rv. 254061; Sez. 5, n. 7545 del 25/10/2012 (15/02/2013), Lanciotti, Rv. 254634; Sez. 5, n. 27993 del 12/02/2013, Di Grandi, Rv. 255567). Ne’ rilevano in contrario gli indirizzi giurisprudenziali che qualificano la dichiarazione di fallimento come elemento costitutivo del reato, nel momento in cui gli stessi vanno letti alla luce del loro richiamo all’originaria decisione delle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 2 del 25/01/1958, Mezzo, Rv. 98004), che riconduceva in realta’ la dichiarazione di fallimento alla diversa definizione della condizione di esistenza del reato; e devono pertanto essere intesi come riferiti alla nozione di un elemento di fattispecie diverso da quelli propriamente costitutivi del reato (come chiarito in Sez. 5, n. 15850 del 26/06/1990, Bordoni, Rv. 185883) ed invece connotato dalla duplice funzione di qualificare l’offensivita’ della condotta distrattiva, gia’ in se’ lesiva della garanzia generica che il patrimonio dell’imprenditore, secondo la previsione dell’articolo 2740 cod. civ., offre ai creditori (Sez. 5, n. 36629 del 05/06/2003, Longo, Rv. 227148), messa in pericolo dalla destinazione di componenti del patrimonio a finalita’ diverse da quelle inerenti all’attivita’ imprenditoriale (Sez. 5, n. 16759 del 24/03/2010, Fiume, Rv. 246879), nella prospettiva del pericolo che, nell’eventualita’ dell’intervento della procedura concorsuale, il soddisfacimento per quanto possibile delle pretese creditorie, a cui la stessa e’ finalizzata, sia pregiudicato dalla pregressa ed indebita diminuzione patrimoniale, e di attualizzare tale lesivita’ con l’effettiva apertura della procedura indicata (Sez. 5, n. 32031 del 07/05/2014, Dacco’).
11. I motivi proposti dai ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) sull’affermazione di responsabilita’ sono infondati.
Richiamate in proposito le considerazioni di cui al punto precedente sull’analoga posizione del coimputato (OMISSIS), le stesse non sono pregiudicate nella loro illogicita’ dalle valutazioni del perito, richiamate dai ricorrenti. Come ben chiarito nella sentenza impugnata, e contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, il riferimento del perito alla blanda e laconica segnalazione di adeguatezza dell’organizzazione della societa’, da parte dei sindaci, rimarcava il carattere meramente formale dei controlli effettuati, che non rilevavano problematiche addirittura gia’ evidenziate dai richiami anche sanzionatori delle autorita’ di vigilanza. Tale conclusione e’ in se’ incompatibile con la prospettiva meramente colposa evocata dai ricorrenti, ed e’ pertanto implicitamente quanto chiaramente affermativa di un atteggiamento doloso nell’omissione delle verifiche imposte dai pregnanti segnali di allarme piu’ volte in precedenza sottolineati; tanto escludendo i lamentati vizi di carenza motivazionale sul punto.
12. Il motivo proposto dal ricorrente (OMISSIS) sulla mancata assoluzione nel merito dall’imputazione di bancarotta preferenziale e’ infondato.
La sentenza impugnata era congruamente motivata nei termini, imposti dalla ricorrenza della causa estintiva della prescrizione, della mancanza di una prova evidente di insussistenza del reato, in una situazione nella quale patrimoni di clienti, fra i quali parenti o amici degli amministratori e investitori di particolare importanza, erano trasferiti in una sicura collocazione bancaria in un momento nel quale l’insolvenza della societa’ era conclamata, ed il patrimonio della (OMISSIS) non era sufficiente a soddisfare le pretese della clientela nella sua interezza.
Il tema posto dal ricorrente con riguardo alla previsione normativa di separazione del patrimonio della societa’ di intermediazione mobiliare da quello dei clienti, oltre a non essere specificamente oggetto dei motivi di appello sul punto, e’ comunque irrilevante nel momento in cui, per quanto detto, i due ambiti patrimoniali avevano subito una confusione di fatto, per la quale correttamente venivano ritenuti pregiudizievoli anche per i creditori della societa’ gli atti dispositivi dei rapporti patrimoniali con i clienti; situazione che, alla luce delle argomentazioni della sentenza impugnata sulla conoscenza della stessa in capo agli amministratori, era altrettanto correttamente considerata inidonea ad escludere la sussistenza del dolo specifico del reato.
13. Il motivo proposto dalla ricorrente (OMISSIS) sulla determinazione della pena e’ infondato.
Il lamentato vizio di carenza motivazionale sul punto e’ insussistente laddove la sentenza impugnata richiamava la confermata decisione di primo grado nella quale, riconosciute attenuanti generiche prevalenti, la pena era determinata nella misura di anni due e mesi quattro di reclusione alla luce dei criteri di cui all’articolo 133 cod. pen.; riferimento, quest’ultimo, sufficiente a giustificare l’irrogazione di una pena che, al netto della diminuzione per le attenuanti, si attestava all’evidenza sui tre anni e sei mesi di reclusione, e quindi ad un livello di poco superiore al minimo edittale (Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, Serratore, Rv. 256197; Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, Denaro, Rv. 245596).
14. I motivi proposti dalla ricorrente parte civile (OMISSIS) sulle disposizioni civili sono fondati.
Nel confermare la decisione reiettiva della richiesta di condanna degli imputati al risarcimento del danno non patrimoniale in favore della (OMISSIS), di cui alla sentenza emessa in primo grado nei confronti della (OMISSIS) e dei coimputati della stessa nel relativo procedimento, la sentenza impugnata non considerava in effetti come analoga richiesta avesse invece trovato accoglimento nella sentenza pronunciata dal Giudice dell’udienza preliminare nei confronti del (OMISSIS), dando cosi’ luogo ad un’indiscutibile contraddittorieta’ della disposizione genericamente confermativa delle statuizioni civili delle sentenze appellate. Ma, a parte questo, gli ulteriori rilievi della ricorrente sono corretti in ordine ad entrambi i profili per i quali la Corte territoriale motivava la ritenuta impossibilita’ di liquidare il danno in oggetto. Con riguardo in primo luogo all’affermata improponibilita’ del riconoscimento di danno non patrimoniale a carico di una persona giuridica, e’ viceversa configurabile il danno all’immagine o alla reputazione di una societa’ (Sez. 5, n. 5848 del 13/11/2012 (dep. 06/02/2013), Corallo, Rv. 254832). Per il diverso aspetto della ritenuta esclusione dell’effettivita’ di un danno del genere, nel caso in esame, per la mancata utilizzazione della ragione sociale successivamente ai fatti a seguito della cessazione dell’attivita’ della (OMISSIS), tale argomentazione non si sottrae alle dedotte censure di manifesta illogicita’, nel momento in cui l’operativita’ della societa’ cessava proprio a seguito della perdita delle risorse conseguente alle condotte contestate.
Anche su questo punto la sentenza deve pertanto essere annullata con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte d’Appello di Firenze.
15. I motivi proposti dalla ricorrente (OMISSIS) sulle disposizioni civili sono infondati.
La ritenuta infondatezza dei motivi dedotti dalla ricorrente con riguardo all’affermazione di responsabilita’ implica analoga infondatezza delle doglianze sollevate in questa sede sulla condanna al risarcimento dei danni in favore dei clienti che avevano effettivamente concluso contratti con la societa’, per le quali il ricorso fa espresso rinvio alle medesime ragioni poste a sostegno dei motivi di cui sopra.
Per cio’ che riguarda invece la dedotta violazione di legge nelle disposizioni risarcitorie in favore dei clienti che non avevano concluso contratti con la societa’, che si sostiene essere legittimati ad agire nei confronti dei promotori, ma non della societa’, la stessa ricorrente richiama la previsione del Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 31, comma 3, per la quale il soggetto conferente dell’incarico al promotore, quale nella specie era la (OMISSIS), e’ solidalmente responsabile dei danni arrecati a terzi dal promotore, con espressa inclusione fra gli stessi di quelli conseguenti a responsabilita’ accertate in sede penale. Ne’ tale formulazione letterale, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, vale a distinguere la responsabilita’ della societa’ da quella degli amministratori della stessa, nel momento in cui a questi ultimi, ed alla (OMISSIS) in particolare, viene addebitato nella situazione in esame un concorso omissivo nell’attivita’ dei promotori in violazione di doveri sugli stessi incombenti proprio quali legali responsabili della societa’.
16. E’ da ultimo infondato il motivo proposto, ancora sulle disposizioni civili, dalla ricorrente (OMISSIS).
Dalle argomentazioni motivazionali relative alla responsabilita’ penale dell’imputata, che si e’ detto essere immuni dalle censure della ricorrente, discende l’affermazione della responsabilita’ per le relative obbligazioni civili; tanto escludendo la sussistenza del vizio di mancanza di motivazione dedotto sul punto dalla ricorrente.
Non sono invece proponibili in questa sede le doglianze sollevate dalla ricorrente sulla misura della somma liquidata a titolo di provvisionale (Sez. 4, n. 34791 del 23/06/2010, Mazzamurro, Rv. 248348; Sez. 5, n. 5001 del 17/01/2007, Mearini, Rv. 236068).
Insussistente e’ infine il lamentato vizio di carenza motivazione sulla determinazione del rimborso delle spese sostenute dalle parti civili nel grado d’appello, disposta nella contenuta misura di euro 2.000 per ciascuna delle parti, largamente inferiore agli importi di cui alle note spese presentate e sostanzialmente corrispondente ai minimi tariffari.
All’integrale rigetto dei ricorsi del (OMISSIS), della (OMISSIS), del (OMISSIS), del (OMISSIS) e dell’ (OMISSIS) segue la condanna dei predetti ricorrenti al pagamento delle spese processuali e delle spese sostenute nel grado dalle parti civili, che avuto riguardo alla dimensione dell’impegno processuale si liquidano per le parti civili (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) in euro 3.500, e per la parte civile (OMISSIS) in euro 2.800, oltre accessori come per legge.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente al reato di bancarotta fraudolenta documentale, nonche’ nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) limitatamente al rigetto della domanda risarcitoria proposta dalla parte civile (OMISSIS), con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Firenze per nuovo esame. Rigetta nel resto il ricorso della (OMISSIS).
Rigetta i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) che condanna al pagamento delle spese processuali, nonche’ in solido alla rifusione delle spese sostenute nel presente giudizio di legittimita’ dalle parti civili (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), liquidate in euro 3.500,00 per onorari, e dalla parte civile (OMISSIS), liquidate in euro 2.800,00, oltre accessori come per legge.
Rigetta i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) che condanna al pagamento delle spese processuali, nonche’ in solido alla rifusione delle spese sostenute nel presente giudizio di legittimita’ dalle parti civili (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), liquidate in euro 3.500,00 per onorari, e dalla parte civile (OMISSIS), liquidate in euro 2.800,00, oltre accessori come per legge.
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