Cassazione 3

Suprema Corte di Cassazione

sezione V

sentenza 25 marzo 2015, n. 12703

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VESSICHELLI Maria – Presidente

Dott. MICCOLI Grazia – rel. Consigliere

Dott. SETTEMBRE Antonio – Consigliere

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere

Dott. LIGNOLA Ferdinando – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 478/2009 CORTE APPELLO di TORINO, del 02/10/2013;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/11/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GRAZIA MICCOLI;

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dott. Umberto DE AUGUSTINIS ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilita’.

Per il ricorrente, l’avv. (OMISSIS) ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Torino ha confermato la pronunzia in primo grado emessa, all’esito del giudizio abbreviato, dal G.U.P. del Tribunale di Aosta, con la quale (OMISSIS) era stata condannata per il reato di furto aggravato in abitazione.

2. Propone ricorso l’imputata, con atto sottoscritto dal suo difensore, deducendo i seguenti due motivi.

2.1 Con il primo motivo viene dedotta la violazione di legge processuale, per essere stata rigettata dalla Corte territoriale la richiesta di differimento dell’udienza sebbene fosse stato rappresentato e documentato l’impedimento dell’imputata a comparire.

2.2 Con il secondo motivo viene dedotto il vizio di motivazione in ordine ai motivi di appello relativi alla risultanze probatorie.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ infondato e, di conseguenza, va rigettato.

1. Privo di fondamento deve ritenersi il motivo con il quale si deduce la nullita’ del giudizio e della sentenza impugnata in conseguenza della prospettata illegittimita’ del diniego del differimento dell’udienza camerale davanti alla Corte di appello, chiesto dalla ricorrente per ragioni di salute.

Va a tal proposito precisato che nel caso in esame il giudizio di appello si e’ svolto in seguito all’impugnazione di una sentenza emessa all’esito di giudizio abbreviato.

1.1. L’articolo 599 c.p.p., comma 2 dispone che, per il giudizio camerale d’appello avverso la sentenza pronunciata con il rito abbreviato, il legittimo impedimento dell’imputato comporta il rinvio dell’udienza soltanto allorche’ l’imputato stesso abbia manifestato in qualsiasi modo la volonta’ di comparire (Sez. U, n. 35399 del 24/06/2010 – dep. 01/10/2010, F., Rv. 247835).

A fronte di un contrasto giurisprudenziale in ordine all’individuazione delle modalita’ attraverso cui tale volonta’ puo’ essere legittimamente manifestata, sono intervenute le Sezioni Unite, chiarendo che nel giudizio d’appello avverso la sentenza pronunciata all’esito del rito abbreviato la richiesta di partecipazione da parte dell’imputato impedito puo’ essere tratta anche da “facta concludentia”, da cui possa desumersi la sua inequivoca manifestazione di volonta’ di comparire all’udienza camerale (Sez. U, n. 4694 del 27/10/2011 – dep. 07/02/2012, Casani ed altri, Rv. 251272).

In tale sentenza si e’ dato atto dell’indirizzo interpretativo secondo il quale “nel giudizio di appello contro la sentenza pronunciata all’esito del giudizio abbreviato non trova applicazione l’istituto della contumacia dell’imputato, sicche’ il legittimo impedimento dello stesso impone il rinvio dell’udienza solo se egli abbia direttamente e tempestivamente manifestato la volonta’ di comparire, non essendo sufficiente a tale fine la mera istanza di rinvio avanzata dal difensore allegante l’impedimento” (Sez. 2, n. 8040 del 09/02/2010 – dep. 01/03/2010, Fiorito, Rv. 246713).

Tuttavia, il Collegio ha ritenuto maggiormente conforme al compiuto esercizio dei diritti della difesa il diverso orientamento secondo il quale la richiesta di partecipazione da parte dell’imputato di cui all’articolo 599 c.p.p., comma 2 puo’ essere tratta anche da facta concludentia (quale la produzione, da parte del difensore, di una certificazione medica attestante l’impedimento a comparire dell’imputato con espressa istanza di rinvio) da cui possa desumersi la inequivoca manifestazione della volonta’ dell’imputato medesimo di comparire all’udienza camerale (Sez. 6, n. 1320 del 14/10/1996 – dep. 12/12/1996, Surace, Rv. 206890; Sez. 6, n. 43201 dell’11/10/2004, Viti; Sez. 6, n. 2811 del 18/12/2006, Ramelli). Quanto ai poteri valutativi del giudice rispetto alle ragioni di salute documentate in un certificato medico prodotto a sostegno della richiesta di rinvio dell’udienza, le Sezioni Unite, gia’ da tempo (Sez. U, n. 36635 del 27/09/2005 – dep. 11/10/2005, Gagliardi, Rv. 231810), hanno avuto modo di precisare che, in tema di impedimento a comparire dell’imputato, il giudice, nel disattendere un certificato medico ai fini della dichiarazione di contumacia, deve attenersi alla natura dell’infermita’ e valutarne il carattere impeditivo, potendo pervenire ad un giudizio negativo circa l’assoluta impossibilita’ a comparire solo disattendendo, con adeguata valutazione del referto, la rilevanza della patologia da cui si afferma colpito l’imputato. E, in ordine a tale necessaria valutazione, questa Corte ha fissato i seguenti principi. Il legittimo impedimento a comparire dell’imputato, oltre che grave e assoluto, deve presentare il carattere dell’attualita’ e cioe’ deve sussistere in relazione all’udienza per la quale egli e’ stato citato, in quanto l’impossibilita’ a presenziare alla stessa deve risultare dagli elementi addotti, come non altrimenti superabile (Sez. 5, n. 43373 del 06/10/2005 – dep. 30/11/2005, Fontana, Rv. 233079; Sez. 5, n. 3392 del 14/12/2004 – dep. 02/02/2005, Curaba, Rv. 231406);

Inoltre, il giudice di merito non ha alcun obbligo di disporre accertamenti fiscali per accertare l’impedimento dell’imputato a comparire al dibattimento, al fine di completare la insufficiente documentazione prodotta, purche’ dia ragione del suo convincimento di non assolutezza dell’impedimento con motivazione logica e corretta (Sez. 6, n. 36636 del 03/06/2014 – dep. 02/09/2014, F, Rv. 260814; Sez. 5, n. 3400 del 15/12/2004 – dep. 02/02/2005, Sabino, Rv. 231410; Sez. 2, n. 10731 del 22/09/1998 – dep. 13/10/1998, Bevilacqua, Rv. 211660; Sez. 4, n. 9530 del 09/10/1996 – dep. 07/11/1996, Pochetti, Rv. 206968).

Infine, e’ stata ribadita la legittimita’ del provvedimento di diniego della richiesta di rinvio per impedimento dell’imputato a comparire, in ipotesi di produzione di un certificato medico che si limiti ad attestare l’infermita’ (nella specie, faringo-tracheite) con esiti febbrili e la prognosi, senza indicare il grado della febbre, essenziale alla valutazione della fondatezza, serieta’ e gravita dell’impedimento (Sez. 6, n. 20811 del 12/05/2010 – dep. 03/06/2010, S., Rv. 247348).

Cosi’ come e’ stato ritenuto necessario che vi sia nel certificato medico anche una attestazione in ordine alla impossibilita’ assoluta di comparire (Sez. 2, n. 42595 del 27/10/2009 – dep. 09/11/2009, Errico, Rv. 255119).

1.2. Evidenziati i suddetti principi, va rilevato che nel caso in esame, all’udienza del 2 ottobre 2013, risulta presentato un certificato medico (non proveniente da struttura pubblica) riferito alla (OMISSIS), redatto il precedente 1 ottobre 2013 ed attestante che l’imputata “lamenta lombosciatalgia dx per cui le e’ impossibile uscire di casa per 5 gg s.c”.

La Corte di Appello ha rigettato l’istanza di rinvio, ritenendo che il certificato prodotto non fosse idoneo a provare l’assoluto impedimento dell’imputata a comparire perche’ contenente solo “la sintomatologia denunziata e comunque una patologia di per se stessa inidonea a giustificare la possibilita’ di comparizione”.

Tale decisione, alla stregua della consolidata giurisprudenza di questa Corte, di cui si e’ sopra dato conto, deve considerarsi assolutamente corretta, in quanto esente da vizi logici e di metodo e, comunque, implicante valutazioni di merito certamente non censurabili in questa sede.

A tal proposito e’ il caso di sottolineare che “il giudice di merito puo’ ritenere l’insussistenza dell’impedimento a comparire dell’imputato, dedotto mediante l’allegazione di certificato medico, anche indipendentemente da una verifica fiscale e facendo ricorso a nozioni di comune esperienza idonee a valutare l’impossibilita’ del soggetto portatore della prospettata patologia di essere presente in giudizio, se non a prezzo di un grave e non evitabile rischio per la propria salute. (Fattispecie in cui, la Corte ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito che aveva escluso la sussistenza dell’impedimento a comparire dell’imputato, addotto mediante la produzione di certificato medico attestante “lombosciatalgia acuta” con necessita’ di “riposo assoluto”, non emergendo dalla documentazione l’impossibilita’ di deambulare o comunque di raggiungere l’aula di udienza trasportato da altri) (Sez. 6, n. 36636 del 03/06/2014 – dep. 02/09/2014, F, Rv. 260814).

2. Manifestamente infondato deve ritenersi l’altro motivo di ricorso.

A questa Corte non possono essere sottoposti giudizi di merito, non consentiti neppure alla luce del nuovo testo dell’articolo 606 c.p.p., lettera e); la modifica normativa di cui alla legge 20 febbraio 2006 n. 46 lascia inalterata la natura del controllo demandato alla Corte di cassazione, che puo’ essere solo di legittimita’ e non puo’ estendersi ad una valutazione di merito. Il nuovo vizio introdotto e’ quello che attiene alla motivazione, la cui mancanza, illogicita’ o contraddittorieta’ puo’ essere desunta non solo dal testo del provvedimento impugnato, ma anche da altri atti del processo specificamente indicati; e’ percio’ possibile ora valutare il cosiddetto travisamento della prova, che si realizza allorche’ si introduce nella motivazione un’informazione rilevante che non esiste nel processo oppure quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronunzia. Attraverso l’indicazione specifica di atti contenenti la prova travisata od omessa, si consente nel giudizio di cassazione di verificare la correttezza della motivazione. Piu’ approfonditamente, si e’ affermato che la specificita’ dell’articolo 606 c.p.p., lettera e), dettato in tema di ricorso per Cassazione al fine di definirne l’ammissibilita’ per ragioni connesse alla motivazione, esclude che tale norma possa essere dilatata per effetto delle regole processuali concernenti la motivazione, attraverso l’utilizzazione del vizio di violazione di legge di cui al citato articolo, lettera e). E cio’, sia perche’ la deducibilita’ per Cassazione e’ ammessa solo per la violazione di norme processuali stabilita a pena di nullita’, inutilizzabilita’, inammissibilita’ o decadenza, sia perche’ la puntuale indicazione di cui al punto e) ricollega ai limiti in questo indicati ogni vizio motivazionale; sicche’ il concetto di mancanza di motivazione non puo’ essere utilizzato sino a ricomprendere ogni omissione od errore che concernano l’analisi di determinati, specifici elementi probatori (Sez. 3, n. 44901 del 17/10/2012, F., Rv. 253567).

Tanto premesso, occorre rilevare che il motivo dedotto dalla ricorrente si limita a censurare proprio la sussistenza di prove a suo carico, sostenendo, in particolare, l’insufficienza degli elementi desunti dal riconoscimento effettuato dalla persona offesa.

Quanto dedotto risulta pero’ del tutto generico e le censure sono formulate in maniera tale da rendere necessarie delle valutazioni di merito, inibite a questa Corte.

I rilievi critici, peraltro, non considerano adeguatamente gli elementi evidenziati e gli argomenti spesi nella sentenza impugnata e in quella di primo grado, cui il giudice d’appello ha anche fatto specificamente rinvio.

L’assenza di un collegamento concreto con la motivazione della sentenza impugnata impedisce di ritenere rispettati i requisiti di forma e di contenuto minimo voluti per il ricorso di legittimita’, che deve rivolgersi al provvedimento e non puo’ invocare una mera rilettura dei fatti. Peraltro, l’esame del provvedimento impugnato consente di apprezzare come la motivazione del giudice d’appello sia congrua ed improntata a criteri di logicita’ e coerenza. Ne’ va trascurato nel caso in esame che la sentenza impugnata ha confermato quella di primo grado, come si e’ detto emessa all’esito di giudizio abbreviato, sicche’ vanno ribaditi i principi secondo i quali, in tema di ricorso per cassazione, quando ci si trova dinanzi a una “doppia pronuncia conforme” e cioe’ a una doppia pronuncia (in primo e in secondo grado) di eguale segno (vuoi di condanna, vuoi di assoluzione), l’eventuale vizio di travisamento puo’ essere rilevato in sede di legittimita’ solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che l’argomento probatorio asseritamente travisato e’ stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado (Sez. 4, n. 4060 del 12/12/2013 – dep. 29/01/2014, Capuzzi e altro, Rv. 258438).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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