Cassazione 14

Suprema Corte di Cassazione

sezione V

sentenza 2 novembre 2015, n. 44171

Ritenuto in fatto

Con la sentenza impugnata, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Bologna del 31/07/2014, veniva confermata l’affermazione di responsabilità di M.K. e A.A.i per il reato continuato di cui agli artt. 624 e 625 cod. pen. e 55 d. lgs. 21 novembre 2007, n. 231, commesso in Bologna il 30/07/2014 impossessandosi di un navigatore satellitare e due paia di occhiali da sole, sottratti dall’autovettura in sosta di A. B., e della borsa di C.G.C., sottratta dall’autovettura in sosta di M.B., tentando di impossessarsi di oggetti custoditi sull’autovettura in sosta di Salvatore D. e utilizzando abusivamente una tessera bancomat prelevata dalla borsa della C. per effettuare un prelievo ad uno sportello automatico. La sentenza di primo grado veniva riformata con l’esclusione dell’aggravante di cui all’art. 525 n. 7 cod. pen. per il furto della borsa sull’autovettura dei B. e la rideterminazione della pena in anni tre e mesi otto di reclusione ed € 380 di multa.
Gli imputati ricorrenti deducono:
1. violazione di legge e vizio motivazionale sull’aggravante di cui all’art. 625 n. 7 cod. pen. con riguardo al furto commesso sull’autovettura della B. ed al tentato furto commesso sull’autovettura del D.; l’esposizione per necessità o consuetudine alla pubblica fede sarebbe ravvisabile solo per oggetti costituenti normale dotazione di un veicolo, tali non essendo un navigatore satellitare, nella specie estraibile, e occhiali da sole, costituenti oggetti personali come la borsa per la quale, con la stessa sentenza impugnata, veniva esclusa l’aggravante per altro capo di imputazione; non sarebbe poi motivata la sussistenza dell’aggravante nell’ipotesi del tentato furto di oggetti non meglio identificati;
2. violazione di legge e vizio motivazionale sulla determinazione della pena; la sentenza impugnata sarebbe contraddittoria laddove per un verso si confermava l’applicazione della contestata recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale, e per altro all’esclusione dell’aggravante contestata per il furto sull’autovettura dei B. si faceva seguire un minore aumento di pena per detta recidiva; l’aumento per i reati satelliti nella continuazione sarebbe stato quantificato in misura complessivamente superiore a quella stabilita nella sentenza di primo grado, in violazione del divieto di reformatio in pejus; non sarebbe stata infine operata la diminuzione per il rito abbreviato.

Considerato in diritto

1. I motivi dedotti sull’aggravante di cui all’art. 625 n. 7 cod. pen., con riguardo al furto commesso sull’autovettura della B. ed al tentato furto commesso sull’autovettura del D., sono infondati.
Secondo i principi costantemente affermati da questa Corte, gli oggetti lasciati incustoditi a bordo di un’autovettura in sosta devono ritenersi esposti alla pubblica fede laddove gli stessi, pur non essendone parti essenziali o pertinenze, ne costituiscano, secondo l’uso corrente, normale dotazione (Sez. 4, n. 6523 del 05/05/1995, Ventura, Rv. 201707; Sez. 5, n. 10298 del 29/09/1993, Violante, Rv. 195554); orientamento, questo, recentemente ribadito ed integrato nel senso che tali devono essere considerati gli oggetti destinati in modo durevole al servizio o all’ornamento del veicolo (Sez. 5, n. 44035 del 01/10/2014, El Abid, Rv. 262117).
La motivazione della sentenza impugnata, per la quale il navigatore satellitare sottratto dall’autovettura della B. era ascrivibile a tali categorie di oggetti in quanto apparecchiatura che rende più agevole il viaggio, faceva corretta applicazione dei principi appena richiamati. L’apparecchio in esame, infatti, costituisce senza un dubbio un dispositivo stabilmente destinato, nella comune pratica, al servizio dell’autovettura; ed in quanto tale va ormai incluso nella normale dotazione dei veicoli. Né indicazioni contrarie possono essere tratte dal riferimento del ricorrente all’estraibilità dell’apparecchio, già ritenuta irrilevante, con riguardo alle autoradio, dalla giurisprudenza citata (si veda in particolare Rv. 201707). E parimenti irrilevanti sono le ulteriori considerazioni del ricorso sugli occhiali da sole pure asportati dall’automobile della B., essendo sufficiente, ai fini della configurabilità della contestata aggravante, il riconoscimento del navigatore quale oggetto lasciato esposto alla pubblica fede.
Quanto alla ravvisabilità del tentativo di furto di oggetti non meglio identificati dall’autovettura del D., il lamentato vizio di carenza motivazionale è insussistente. La Corte territoriale giustificava infatti congruamente la sussistenza dell’ipotesi criminosa contestata con riguardo alla possibile presenza, sull’autovettura in esame, di oggetti in dotazione alla stessa, quale ad esempio l’autoradio; tanto in conformità alla prospettiva ex ante dalla quale deve essere valutata, nel giudizio sulla ravvisabilità del tentato furto in autoveicoli, la possibilità che gli stessi contengano cose che possano essere oggetto di sottrazione (Sez. 5, n. 4269 del 13/10/2000, Benmoussa, Rv. 217914; Sez. 5, n. 84 del 09/12/1996, Tansino, Rv. 206562).
2. Sono invece fondati, nei termini che seguono, i motivi dedotti sulla determinazione della pena.
Il relativo computo, operato con la sentenza impugnata, presenta invero più aspetti oscuri, nel momento in cui, a fronte di una pena determinata in primo grado nella misura base di anni tre e mesi tre di reclusione ed € 300 di multa, con aumento per la contestata recidiva ad anni cinque e mesi cinque ed € 500 e per la continuazione ad anni sei ed € 600, e riduzione per il rito abbreviato ad anni quattro ed € 400, la Corte territoriale per un verso faceva incomprensibilmente derivare dall’esclusione dell’aggravante della pubblica fede per il solo furto in danno del B. un’asserita riduzione dell’aumento per la recidiva, e per altro, nel calcolo materiale della pena, ometteva del tutto di applicare tale aumento su una pena-base rideterminata in anni tre di reclusione ed € 200 di multa, effettuando unicamente un aumento per la continuazione di otto mesi ed € 180, di per sé superiore, come osservato dal ricorrente, a quello stabilito in primo grado. In questa situazione, veniva omessa, come pure esattamente rilevato nel ricorso, la diminuzione finale per il rito abbreviato. Omissione, questa, sufficiente a rendere necessario l’annullamento della sentenza impugnata sul punto, con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Bologna per un nuovo esame che non potrà che investire, per gli ulteriori profili problematici segnalati, la complessiva rideterminazione del trattamento sanzionatorio.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello
di Bologna limitatamente al trattamento sanzionatorio.
Rigetta nel resto i ricorsi.

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