cassazione 8

Suprema Corte di Cassazione

sezione V

sentenza 14 marzo 2016, n. 10747

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente

Dott. PALLA Stefano – Consigliere

Dott. MICHELI Paolo – Consigliere

Dott. PISTORELLI Luca – rel. Consigliere

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 16/4/2014 della Corte d’appello di L’Aquila;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. PISTORELLI Luca;

udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. D’AMBROSIO Vito, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di L’Aquila ha confermato la condanna di (OMISSIS) e (OMISSIS) per il reato di tentato furto aggravato in abitazione.

2. Avverso la sentenza ricorrono personalmente gli imputati con atti autonomi ma identici nel contenuto ed articolati su due motivi. Con il primo deducono errata applicazione della legge penale e correlato vizi della motivazione in merito alla prospettata inoffensivita’ del fatto. Con il secondo analoghi vizi vengono dedotti con riguardo alla qualificazione del fatto ai sensi degli articoli 56 e 624-bis codice penale anziche’ degli articoli 56 e 624 codice penale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono fondati nei limiti che di seguito verranno illustrati.

2. Invero inammissibile e’ il primo motivo comune ai due ricorsi, atteso che gia’ con i motivi d’appello era stato prospettato in maniera generica ed assertiva (per non dire congetturale) che i cavi elettrici oggetto del tentato furto avessero valore talmente esiguo da risultare irrilevante ai fini della causazione dell’offesa tipica, talche’ legittimamente la Corte territoriale non ha confutato l’obiezione.

3. Coglie invece nel segno il secondo dei motivi proposti dagli imputati. Questa Corte ha gia’ avuto modo di precisare come la previsione di cui all’articolo 624-bis codice penale tuteli i luoghi in cui si svolgano atti afferenti alla vita privata – ivi compresa quella lavorativa delle persone e come, pertanto, ai fini della sua operativita’ sia necessario che nel luogo di commissione del furto possa essere concretamente prefigurata la presenza di qualcuno intento, anche in via occasionale, alle predette attivita’. In applicazione del principio si e’ quindi escluso che la fattispecie prevista dalla citata disposizione sia configurabile nel caso il furto venga commesso all’interno di uno stabilimento industriale, durante la chiusura notturna, senza accertare concretamente che le caratteristiche dell’attivita’ ivi normalmente svolta o, comunque, la consuetudine o le esigenze del ciclo produttivo richiedessero che taluno si trattenesse durante la chiusura notturna (Sez. 5, n. 18211 del 10 marzo 2015, Hadovic, Rv. 263458). Nel caso di specie, non solo il fatto e’ stato parimenti commesso in ore notturne, ma addirittura il capannone industriale e il cortile che ne sono stati il teatro sarebbero stati utilizzati come mero deposito dal loro proprietario, circostanza questa prospettata con i motivi d’appello e del tutto trascurata dalla Corte territoriale, che in ogni caso non ha argomentato sulla sussistenza dei presupposti di fatto necessari per la qualificazione accolta. In altri termini e’ si’ vero che la nozione di “privata dimora” nella fattispecie di furto in abitazione e’ piu’ ampia di quella di “abitazione”, in quanto va riferita al luogo nel quale la persona compie, anche in modo transitorio e contingente, atti della vita privata, si’ che alla suddetta nozione possono essere ricondotti anche i luoghi in cui la persona offesa svolge la sua attivita’ lavorativa, purche’, pero’ e per l’appunto, in essa venga accertato lo svolgimento di tali atti, che nel caso di specie i giudici dell’appello hanno omesso di identificare.

4. La sentenza deve conseguentemente essere annullata con rinvio alla Corte d’appello di Perugia per nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Perugia per nuovo esame.

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