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Suprema Corte di Cassazione

sezione V

sentenza 10 marzo 2015, n. 10117

REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. OLDI Paolo – Presidente
Dott. LAPALORCIA Grazia – Consigliere
Dott. MICCOLI Grazia – Consigliere
Dott. MICHELI Pao – rel. Consigliere
Dott. DEMARCHI ALBENGO Paolo G. – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza emessa il 18/07/2014 dal Tribunale di Reggio Calabria;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. FIMIANI Pasquale, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, limitatamente all’applicabilita’ dell’articolo 275 c.p.p., comma 2 bis, come modificato dal Decreto Legge n. 92 del 2014.
RITENUTO IN FATTO
Il difensore di (OMISSIS) propone ricorso avverso l’ordinanza indicata in epigrafe, con la quale il Tribunale di Reggio Calabria risulta avere rigettato la richiesta di riesame presentata ex articolo 309 c.p.p., nell’interesse dell’odierno ricorrente nei confronti di un provvedimento restrittivo emesso dal Gip dello stesso Tribunale in data 23/06/2014. A carico del (OMISSIS) risulta essere stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere in relazione a fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale: le presunte condotte criminose riguardano distrazioni di somme, veicoli e merci gia’ nella disponibilita’ della ” (OMISSIS)” s.a.s., dichiarata fallita nel (OMISSIS), nonche’ la sottrazione o distruzione delle relative scritture contabili (ovvero la tenuta delle stesse con modalita’ tali da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della ditta in argomento).
Con il ricorso oggi in esame la difesa torna ad eccepire l’inutilizzabilita’ degli atti di indagine su cui risulta essere stata fondata la primigenia ordinanza del Gip del Tribunale di Reggio Calabria, in quanto compiuti dopo la scadenza del termine previsto dall’articolo 407 del codice di rito e senza che nel frattempo fosse intervenuta una rituale richiesta di proroga da parte del P.M.; ribadito che a carico del prevenuto risulta essere stata disposta una sola iscrizione nel R.G.N.R., per effetto di un provvedimento del Procuratore della Repubblica adottato il 16-17/05/2011, il ricorrente osserva che:
– prima di quella data erano state depositate gia’ due relazioni L.F., ex articolo 33, il 15 marzo ed il 19 aprile 2011 (a fronte di una sentenza dichiarativa di fallimento pronunciata il 03/12/2010), per cui l’anzidetta iscrizione appare irragionevolmente tardiva;
– il 16 maggio il Procuratore della Repubblica aveva assegnato il procedimento (in relazione a reati di cui al Regio Decreto n. 267 del 1942, articoli 216 e 223) ad uno dei magistrati dell’ufficio, e quest’ultimo aveva ordinato la formale iscrizione del (OMISSIS) nel registro delle notitiae criminis con atto del giorno successivo;
– il fatto che a quell’ordine si diede corso in data posteriore, e cioe’ il 01/06/2011 (come parrebbe desumersi dalla fotocopia della copertina del fascicolo, prodotta dal P.M. al Tribunale del riesame), non puo’ risolversi in un pregiudizio per l’indagato, essendosi registrato nella fattispecie un ritardo di 14 giorni;
– la prima scadenza del termine semestrale di durata delle indagini preliminari, anche tenendo conto della sospensione estiva, avrebbe percio’ dovuto computarsi a partire dal 17 maggio, venendo cosi’ a scadere il 4, e non gia’ il 16, gennaio 2012: la richiesta del Pubblico Ministero e’ invece datata 13/01/2012;
– tutti gli atti di indagine da cui risultano essere stati ricavati gli elementi fondanti la piattaforma di gravità indiziaria a carico del (OMISSIS) (atti che il ricorso enumera con indicazione analitica) sono stati invece compiuti dopo quel primo semestre, a partire da una prima informativa curata dalla polizia giudiziaria (in evasione di una direttiva del magistrato inquirente datata 15/02/2012) depositata soltanto nel marzo 2013.
Ne conseguirebbe, secondo la ricostruzione della difesa, l’inosservanza ed erronea applicazione di norme processuali da parte del Tribunale del riesame, dovendosi ritenere inutilizzabili anche ai fini cautelari tutti gli atti di indagine acquisiti dopo il 03/01/2012, a termini gia’ scaduti e (in seguito) illegittimamente prorogati; nell’interesse del ricorrente si deduce altresi’ il vizio di mancanza e manifesta illogicita’ della motivazione del provvedimento impugnato, laddove l’ordinanza adottata si limita a prendere atto di un presunto carattere fidefaciente delle attestazioni unilaterali del P.M., desumibili dalla copia del frontespizio del fascicolo.
Il difensore del (OMISSIS) lamenta quindi mancanza di motivazione su alcune censure ulteriori proposte ai giudici reggini e rimaste ignorate, a proposito della indimostrata esistenza di rapporti tra la fallita e la (OMISSIS) s.a.s., come pure della accertata inattivita’ di altra societa’ facente capo all’indagato, nei cui confronti era stata parimenti avanzata istanza di fallimento, disattesa dal Tribunale competente; era stato inoltre provato come la curatela non avesse proposto azioni revocatorie relativamente ad alcune vendite di veicoli commerciali usati, a smentita dell’assunto che si fosse trattato di cessioni di valenza distrattiva, avvenute a prezzi inferiori ai valori di mercato.
Infine, il ricorrente evidenzia che il Tribunale di Reggio Calabria non avrebbe in alcun modo motivato sulla eccezione difensiva fondata sulle recenti modifiche apportate dal legislatore all’articolo 275 c.p.p., secondo cui e’ fatto divieto di applicazione della custodia cautelare in carcere qualora il giudice ritenga verosimile che in caso di condanna il prevenuto si trovi a dover scontare una pena, anche se residua, pari od inferiore ad anni 3 di reclusione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato, limitatamente all’ultima delle doglianze proposte nell’interesse del (OMISSIS).
2. Quanto al problema della tempestivita’ dell’iscrizione del nominativo dell’indagato nel registro previsto dall’articolo 335 del codice di rito, e’ la stessa giurisprudenza di legittimita’ richiamata nel corpo del ricorso ad offrire indicazioni decisive in senso contrario rispetto alle tesi prospettate dalla difesa. Infatti, la massima ufficiale della sentenza n. 25385 del 19/03/2012 (della Sezione Sesta di questa Corte, ric. P.M. in proc. G.) recita che “ai fini della previsione di cui all’articolo 405 c.p.p., la decorrenza del termine delle indagini preliminari va calcolata dal momento della formale ed effettiva iscrizione nell’apposito registro (articolo 335 c.p.p.,) delle generalita’ della persona alla quale il reato stesso sia stato attribuito e non da quello in cui il P.M. ha disposto l’iscrizione medesima” (Rv 253100).
Nella motivazione della pronuncia appena ricordata, che pure il ricorrente riporta per ampi stralci, si legge che “il termine di durata massima delle indagini preliminari, alla cui scadenza consegue l’inutilizzabilita’ degli atti di indagine successivi, non decorre dal momento in cui sia stata genericamente iscritta la notizia di reato nel registro di cui all’articolo 335 c.p.p., ma soltanto dalla data successiva nella quale sia avvenuta l’iscrizione delle generalita’ della persona cui il reato sia stato attribuito…. Le Sezioni unite… hanno affermato che il termine di durata delle indagini preliminari decorre dalla data in cui il Pubblico Ministero ha iscritto, nel registro delle notizie di reato, il nome della persona cui il reato e’ attribuito, senza che al Giudice per le indagini preliminari sia consentito stabilire una diversa decorrenza, sicche’ gli eventuali ritardi indebiti nella iscrizione, tanto della notizia di reato che del nome della persona cui il reato e’ attribuito, pur se abnormi, sono privi di conseguenze agli effetti di quanto previsto dall’articolo 407 c.p.p., comma 3, fermi restando gli eventuali profili di responsabilita’ disciplinare o penale del magistrato del P.M. che abbia ritardato l’iscrizione…. Cio’ che rileva e’, dunque, la formalizzazione dell’iscrizione (non solo della notizia di reato, ma) del nominativo della persona, che rappresenta l’unico ancoraggio per determinare con certezza la durata delle indagini preliminari. E se cio’ e’ vero – come efficacemente sottolinea il Procuratore generale requirente – nelle ipotesi in cui rimane inevaso l’obbligo di tempestivita’ gravante sull’organo dell’accusa (…), a maggior ragione deve valere nelle patologie minori, come quella – oggetto del caso di specie – in cui a risultare intempestiva e’ la traduzione formale, da parte del personale operante nell’ufficio del registro generale della Procura della Repubblica, dell’ordine di iscrizione”.
La situazione qui verificatasi e’ assolutamente identica: il P.M. ordino’ l’iscrizione del nominativo del (OMISSIS) nel R.G.N.R. il 17/05/2011, ma il personale di segreteria vi provvide il 01/06/2011, ed e’ in quest’ultima data che venne compiutamente formalizzata l’iscrizione de qua. Ne’, peraltro, e’ possibile intendere non dimostrata tale circostanza, che risulta invece dalla copertina del fascicolo degli atti di indagine preliminare acquisita in copia dal Tribunale del riesame: in quel frontespizio non si rinviene una “attestazione unilaterale ed autoreferenziata del P.M., su atto dallo stesso confezionato”, come lamenta la difesa, bensi’ da un’etichetta corrispondente a quelle estratte dal sistema informatico ReGe normalmente in uso, con tanto di indicazione degli estremi di iscrizione effettiva e della correlata scadenza dei termini di durata delle indagini (16/01/2012).
La richiesta di proroga a suo tempo avanzata dal P.M. procedente, del 13/01/2012, fu dunque tempestiva.
3. Quanto ai lamentati profili di carenza di motivazione, il contenuto dell’ordinanza oggetto dell’odierno ricorso smentisce gli assunti della difesa circa la presunta, mancata analisi di problemi afferenti le relazioni intercorse tra la societa’ fallita ed altre persone giuridiche (da riferire allo stesso (OMISSIS) od a suoi congiunti): a tacer d’altro, si legge a pag. 35 che la (OMISSIS) s.a.s. ebbe rapporti con la (OMISSIS) (facente capo al fratello dell’indagato) per oltre 610.000,00 euro, tutti risultati come saldati in contanti e ricavabili dalle annotazioni sul libro giornale, ma senza che ve ne fosse traccia in movimentazioni bancarie di sorta; mentre a nulla rileva, in un contesto dove l’assunto accusatorio presuppone la fittizieta’ di numerose operazioni con le quali l’attivo fallimentare era stato depauperato, la circostanza che alcune delle societa’ beneficiarie fossero o meno ancora attive. Altrettanto inconsistente – e tale da renderne inutile l’eventuale confutazione da parte dei giudici del riesame
e’ poi l’obiezione che sulle condotte distrattive de quibus la curatela del fallimento non avesse (ancora) inteso promuovere iniziative in sede civile.
4. E’ invece fondata l’ultima doglianza, riguardante il nuovo testo dell’articolo 275 c.p.p., comma 2 bis, come sostituito per effetto del Decreto Legge n. 92 del 2014. La norma appena richiamata prevede oggi che non possa applicarsi la misura coercitiva della custodia in carcere ove il giudice ritenga che, all’esito del giudizio, l’eventuale pena detentiva non sara’ superiore a 3 anni: limite che non riguarda alcune tipologie di reati ma non le ipotesi criminose di bancarotta fraudolenta. Il decreto legge recante l’anzidetta novella e’ datato 26 giugno 2014, ed e’ pertanto entrato in vigore in data anteriore rispetto alla decisione adottata dal Tribunale del riesame: malgrado la prospettata questione, nell’ordinanza non risulta in alcun modo valutata la possibilita’ di una eventuale condanna del (OMISSIS), all’esito del futuro giudizio di merito, a pena non superiore ai 3 anni di reclusione, ne’ detta verifica – cui dovra’ provvedere il giudice del rinvio – puo’ intendersi implicitamente compiuta attraverso il richiamo ai precedenti penali dell’indagato, operato soltanto in punto di illustrazione dell’ipotizzato pericolo di reiterazione criminosa.
5. Si impongono pertanto le determinazioni di cui al dispositivo.
Dal momento che alla presente decisione non consegue la rimessione in liberta’ del ricorrente, dovranno essere curati dalla Cancelleria gli adempimenti di cui al dispositivo.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria per nuovo esame.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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