Corte di Cassazione, sezione V penale, sentenza 8 giugno 2017, n. 28566

Da un lato, il provvedimento di “cessazione” delle intercettazioni adottato del P.M. assume i connotati di una vera e propria rinuncia da parte del P.M. all’attività investigativa da svolgere mediante l’intercettazione di conversazioni sull’utenza oggetto di captazione (rinuncia della quale la P.G. e gli altri enti interessati devono tener conto, astenendosi dall’operare l’attività captativa in assenza di un formale provvedimento di “riattivazione” di essa), e, dall’altro, che ove l’attività captativa realizzata a seguito del provvedimento di cessazione del P.M. si intenda quale attività “sine titulo”, giammai potrebbe configurarsi la “proroga” di un’attività illegittimamente compiuta

Suprema Corte di Cassazione

sezione V penale

sentenza 8 giugno 2017, n. 28566

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente

Dott. PEZZULLO Rosa – rel. Consigliere

Dott. MICCOLI Grazia – Consigliere

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere

Dott. SABEONE Gerardo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato il (OMISSIS) a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 31/03/2015 della CORTE APPELLO di BARI;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 03/02/2017, la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa PEZZULLO ROSA;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. PINELLI MARIO MARIA STEFANO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. PINELLI Mario Maria Stefano che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 31.3.2015 la Corte d’Appello di Bari, in riforma della sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del locale Tribunale in data 12.7.2012, rideterminava la pena inflitta a (OMISSIS) in mesi otto di reclusione per il reato di agli articoli 81 cpv. 110, 117, 479 c.p. e articolo 476 c.p., comma 2, per avere – in concorso con i pubblici ufficiali, in qualita’ di ingegnere incaricato dalla societa’ (OMISSIS) del gruppo (OMISSIS), in relazione alla pratica n. (OMISSIS), presentata sia presso il comando provinciale dei VVFF di Bari, sia presso l’Ufficio Tecnico comunale di Bari, protocollata in entrata in data 17.4.2007- provveduto a produrre l’ulteriore elaborato grafico “2 PI 4, Via d’esodo dalla Galleria Metropolitana….” (mancante alla data di presentazione e istruzione della pratica) sul quale veniva apposta la falsa attestazione di ricezione del 5.4.2007 (e non quella dell’effettiva ricezione in data 20.4.2007), in uno all’originario atto pubblico, con apposizione degli stessi estremi di protocollo del 5.4 ed un diverso timbro recante la dicitura parere favorevole, secondo la nota pari data e numero, seguito dalla firma dei pubblici ufficiali ( (OMISSIS) e (OMISSIS)) e dell’imputato quale tecnico progettista.

1.1. Secondo la sentenza impugnata, la determinazione a produrre l’elaborato grafico 2 PI 4 – per il quale risultava falsamente attestata la data di ricezione – era connessa al fatto che lo scopo di tale falsita’ non era quello di consentire l’approvazione del progetto in via definitiva da parte del Comune di Bari (esito positivo del tutto scontato con la soluzione delle problematiche di sicurezza oggetto della tavola incriminata), bensi’ l’approvazione proprio nella sessione pomeridiana del 20 aprile 2007, al fine di scongiurare l’inevitabile rinvio che si sarebbe determinato in mancanza della predetta tavola e del relativo nulla osta del Comando VV.FF., rinvio che avrebbe potuto incidere sulla concessione dei finanziamenti europei.

2. Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso, a mezzo del suo difensore di fiducia, affidato a cinque motivi, lamentando:

– con il primo, la ricorrenza del vizio di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), per inosservanza delle norme sulla utilizzabilita’ delle intercettazioni telefoniche, unica fonte di prova a carico del ricorrente; invero, in data 11.1.2007, il P.M. richiedeva al Giudice per le indagini preliminari l’autorizzazione a disporre l’esecuzione delle intercettazioni sull’utenza in uso a (OMISSIS) che veniva concessa in pari data; il 15.1.2007 lo stesso P.M. disponeva la cessazione delle operazioni di intercettazione, ma la polizia giudiziaria, nel verbale datato 16.1.2007, dava atto di aver iniziato le operazioni tecniche di intercettazione in data 15.1.2007; ne’ puo’ ritenersi che gli esiti inutilizzabili delle intercettazioni possano essere recuperati con una implicita “ratifica”, mediante le successive richieste di proroga delle intercettazioni, atteso che la ratifica non e’ contemplata dal codice di rito e, comunque, le successive richieste di proroga evocate ai fini della ratifica sono viziate perche’ fondate su elementi di prova inutilizzabili;

– con il secondo motivo, la ricorrenza dei vizi di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) c) ed e), in relazione all’articolo 476 c.p., commi 1 e 2 e articolo 62 bis c.p., atteso che plurime ragioni sussistono per ritenere che il giudice di primo grado abbia ritenuto configurabile la fattispecie di cui all’articolo 479 c.p., in relazione all’articolo 476 c.p., comma 1 (e non all’articolo 476 c.p., comma 2), e segnatamente: che non risulta contestata in fatto l’aggravante ex articolo 476 c.p., comma 2, riferibile esclusivamente agli atti pubblici di fede privilegiata; che e’ mancante ogni motivazione in ordine alla sussistenza in concreto dell’aggravante in questione; che la diminuzione della pena, con conseguente concessione delle attenuanti generiche risulta non quale risultato del giudizio di bilanciamento, ma come conseguenza dell’applicazione diretta delle attenuanti;

– con il terzo motivo, la ricorrenza del vizio di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), in relazione all’articolo 6 CEDU e all’aggravante di cui all’articolo 476 c.p., comma 2, non contestata in fatto, ne’ qualificata giuridicamente; invero, a prescindere dal giudicato formatosi sul punto della esclusione in concreto della circostanza aggravante ex articolo 476 c.p., comma 2, in ogni caso sussiste violazione irrimediabile del diritto di difesa, nel caso in cui sia stata ritenuta in sentenza l’ipotesi aggravata del reato di falso in atto pubblico, non esplicitata in contestazione;

– con il quarto motivo, la ricorrenza dei vizi di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), avendo la Corte territoriale ritenuto sussistente l’ipotesi aggravata di cui all’articolo 476 c.p.p., senza fornire congrua ed adeguata motivazione;

– con il quinto motivo, la ricorrenza dei vizi di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e) in ordine all’esclusione del falso innocuo relativamente all’apposizione del timbro datario sulla tavola in contestazione; invero, presso il competente ufficio comunale, non risultava rilevante la data apposta sulla tavola oggetto di contestazione, essendo, invece, esclusivamente rilevante che, alla data di deliberazione da parte dell’Ufficio comunale, la tavola fosse effettivamente presente agli atti.

3. In data 10.1.2017 l’imputato ha depositato memoria con la quale ha ulteriormente illustrato i motivi di ricorso, sviluppando argomentazioni ad essi pertinenti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso e’ fondato ed assorbe la valutazione degli ulteriori motivi.

Il ricorrente lamenta, innanzitutto, l’inutilizzabilita’ delle intercettazioni telefoniche, costituenti fonte di prova a suo carico, in considerazione del fatto che l’attivita’ captativa da parte della P.G. e’ avvenuta nonostante il Pubblico Ministero avesse disposto la cessazione di essa.

La questione posta con tale eccezione, va premesso, si presenta rilevante ai fini del decidere, atteso che dal tenore della medesima sentenza impugnata emerge che il contenuto delle conversazioni intercettate e’ stato posto a base dell’affermazione di responsabilita’ dell’ (OMISSIS) (cfr. pg. 1 e 2) e che, in particolare, a suo carico risulta “cruciale” “la telefonata intercettata la mattina del 20.4.2007 alle ore 11.54 sull’utenza mobile intestata a (OMISSIS) (Rit. 52/07) tra il predetto ed il chiamante (OMISSIS), il quale comunica al (OMISSIS) che nella seduta pomeridiana, il Comune non avrebbe approvato il progetto definitivo….” (cfr. pag. 6).

1.1. Va, altresi’, premesso, per un corretto inquadramento della vicenda, che in data 11.1.2007 il P.M. presso il Tribunale di Bari chiedeva, tra l’altro, l’autorizzazione al Giudice per le indagini preliminari a disporre intercettazioni di conversazioni telefoniche sull’utenza di (OMISSIS), n. (OMISSIS), autorizzazione rilasciata in data 11.1.2007. Con provvedimento in data 15.1.2017, il P.M., tuttavia, disponeva la cessazione delle intercettazioni delle conversazioni telefoniche sull’utenza indicata, ma, ciononostante, le operazioni in questione avevano luogo, come si rileva dal contenuto del verbale datato 16.1.2007, intestato “verbale di apertura di intercettazione telefonica”, nel quale si dava atto appunto che il flusso delle telefonate captate aveva avuto inizio in data 15.1.2017, con la conversazione delle ore 17:07:18.

1.2. A fronte dell’eccezione di illegittimita’ e conseguente inutilizzabilita’ delle captazioni operate in siffatto contesto- stante il provvedimento con cui veniva disposta la cessazione delle operazioni di intercettazione – la sentenza impugnata ha ritenuto l’insussistenza del vizio dedotto, atteso che la sanzione di inutilizzabilita’ “conseguirebbe se l’utenza monitorata fosse diversa da quella autorizzata con decreto dal G.i.p. e non invece, come nel caso in esame, la medesima utenza”; inoltre “irrilevante a tal fine e’ la disposta cessazione da parte del PM delle attivita’ materiali di intercettazioni, dettata evidentemente da una temporanea inattivita’ superata nei fatti dalla riattivazione in pari data della stessa, ratificata dallo stesso P.G. con successiva richiesta di proroga di intercettazione al G.u.p. (cosi’ come evidenziato dalla stessa difesa in sede di gravame sulla base dell’esame della documentazione in atti)”.

1.3. Tali argomentazioni non sono condivisibili. Ed invero, la Corte territoriale non affronta minimamente il problema della natura giuridica dell’atto con il quale e’ stata disposta dal P.M. in data 15.1.2017 la cessazione delle intercettazioni delle conversazioni telefoniche sull’utenza indicata, atto questo che, come si evince dalla documentazione allegata al ricorso, risulta, peraltro, debitamente comunicato con immediatezza anche alla (OMISSIS) e all’ (OMISSIS) s.p.a. di (OMISSIS). Il provvedimento di “cessazione” delle intercettazioni adottato del P.M. pare assumere, invero, i connotati di una vera e propria rinuncia da parte del P.M. all’attivita’ investigativa da svolgere mediante l’intercettazione di conversazioni sull’utenza del (OMISSIS), rinuncia della quale la P.G. e gli altri enti interessati avrebbero dovuto tener conto, astenendosi dall’operare l’attivita’ captativa in assenza di un formale provvedimento di “riattivazione” di essa. Le ripercussioni di tale “rinuncia” andavano analizzate, quindi, in relazione al disposto di cui all’articolo 271 c.p.p., comma 1, al fine di verificare, appunto, se la fattispecie si configurasse come una attivita’ captativa “eseguita senza osservare le disposizioni di cui all’articolo 267 c.p.p.”.

1.4. Inconferente si presenta, nel contesto descritto, il richiamo ad un precedente di questa Corte (sentenza n. 19675/2001) dal quale si desumerebbe l’assenza di illegittimita’ nell’attivita’ captiva compiuta. Il precedente richiamato, invero, afferisce ad un caso completamente diverso da quello in esame, nel quale le intercettazioni originariamente autorizzate, in relazione ad un determinato numero telefonico, erano state, invece, effettuate sul diverso numero telefonico risultante pero’ dalla modifica di quello originario identificante l’utenza intestata al soggetto sottoposto a captazione. Nella fattispecie in esame invece, come gia’ accennato, occorreva analizzare l’incidenza del provvedimento di cessazione delle attivita’ adottato dal P.M., previa qualificazione dello stesso, laddove non risulta dirimente il fatto che l’utenza oggetto di captazione sia la stessa di quella interessata dell’originario provvedimento autorizzativo.

1.5. Neppure si presenta condivisibile l’ulteriore affermazione della Corte territoriale, secondo cui la successiva richiesta di proroga al Giudice per le indagini preliminari avrebbe “ratificato” l’attivita’ captiva svolta, comunque, dalla P.G.. Sul punto va, innanzitutto, evidenziato che la Corte territoriale non da’ conto del momento in cui sarebbe intervenuta tale richiesta di proroga, ne’ del contenuto della stessa, anzi parrebbe aver accertato la presenza di una proroga in atti, desumendola “da quanto peraltro evidenziato dalla stessa difesa in sede di gravame sulla base della documentazione in atti”. In tale contesto – a prescindere dal rilievo dell’inammissibilita’ di una “ratifica” attraverso la proroga dell’attivita’ captativa “abusivamente” espletata, atteso che l’attivita’ di proroga e’ ammissibile sempre che corrisponda, come “dies a quo”, con quello successivo alla proroga gia’ concessa e, come “dies ad quem”, con la scadenza del periodo autorizzato, sicche’ sono inutilizzabili, ex articolo 271 c.p.p., comma 1, le captazioni allorquando il provvedimento autorizzativo si discosti da detta scansione temporale (Sez. 6, n. 7772 del 11/12/2015; Sez. 2, n. 19483 del 16/04/2013, Rv. 256041) -, in ogni caso resta il fatto che, ove l’attivita’ captativa realizzata a seguito del provvedimento di cessazione del P.M. debba intendersi quale attivita’ “sine titulo”, giammai potrebbe configurarsi la “proroga” di un’attivita’ illegittimamente compiuta.

1.6. L’istituto della “ratifica”, poi, deve ritenersi del tutto estraneo alla delicata materia delle intercettazioni, consentendo il legislatore la compressione temporanea del diritto costituzionalmente garantito alla segretezza della corrispondenza sulla base di un procedimento sequenziale, che si fonda sul rispetto di tempi e forme idonei a consentire il controllo, ovviamente preventivo, dei presupposti e dei limiti nell’ambito dei quali tale compressione e’ consentita.

1.8. In relazione alla fattispecie in esame, la proroga indicata nella sentenza impugnata potrebbe aver assunto natura di autonomo provvedimento di autorizzazione all’effettuazione delle suddette operazioni, ma in tal caso occorreva verificare se essa fosse dotata di autonomo apparato giustificativo, che desse conto della ritenuta sussistenza delle condizioni legittimanti l’intromissione nella altrui sfera di riservatezza (Sez. 5, n. 4572 del 17/07/2015).

2. Per tutte le ragioni esposte la sentenza impugnata va annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Bari per nuovo esame in merito all’eccezione preliminare relativa all’inutilizzabilita’ delle intercettazioni telefoniche poste a fondamento della condanna dell’imputato.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Bari per nuovo esame.

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