Corte di Cassazione, sezione V penale, sentenza 6 luglio 2017, n. 33012

Per lo stalking è ininfluente che sia stato il molestatore a interrompere la relazione.

Suprema Corte di Cassazione

sezione V penale

sentenza 6 luglio 2017, n. 33012

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUNO Paolo Anton – Presidente

Dott. SCOTTI Umbert – rel. Consigliere

Dott. MORELLI Francesca – Consigliere

Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

avverso l’ordinanza del 30/01/2017 del TRIB. LIBERTA’ di MESSINA;

sentita la relazione svolta dal Consigliere Dr. UMBERTO LUIGI SCOTTI;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Umberto Luigi Scotti;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Mura Antonello, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 30-31/1/2017 il Tribunale di Messina, quale Giudice del riesame, ha rigettato la richiesta di riesame proposta da (OMISSIS) nei confronti del provvedimento con cui il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina in data 11/1/2017 gli aveva applicato la misura cautelare degli arresti domiciliari per i delitti di cui all’articolo 612 bis c.p. e articolo 424 c.p., commi 1 e 2, rispettivamente ascrittigli ai capi a) e c) di incolpazione provvisoria.

2. Ha proposto ricorso il difensore di fiducia dell’imputato, avv. (OMISSIS), svolgendo un solo complesso motivo, in realta’ suscettibile di scissione in due articolati gruppi di doglianze, proposto ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e) in relazione agli articoli 125, 273, 274 e 275 c.p.p. e articoli 612 bis e 424 c.p..

2.1. Quanto alla gravita’ del compendio indiziario, secondo il ricorrente, il Tribunale si era limitato a recepire acriticamente i fatti esposti in denuncia dalla parte offesa Giorgia La Fauci, omettendo la valutazione degli elementi difensivi forniti dall’imputato e delle incongruenze emerse fra la denuncia e gli atti di indagine.

Innanzitutto non era stato tenuto conto del fatto che era stato il (OMISSIS) a interrompere la relazione sentimentale fra i due e non (OMISSIS) a causa dell’asserito comportamento morboso dell’indagato; inoltre era stata proprio la parte offesa a tentare di contattare piu’ volte il (OMISSIS) e a cercarlo al cellulare.

In secondo luogo, dai messaggi sms inviati dal (OMISSIS) non risultava affatto alcuna minaccia di morte all’indirizzo della (OMISSIS) e dei suoi amici e si desumeva chiaramente che egli si limitava a rispondere, forse focosamente, alle provocazioni e alle domande della ragazza.

In terzo luogo, le circostanze addebitate al (OMISSIS) circa le scritte offensive sui muri, il lancio di sassi e le contestuali minacce al vicino di casa erano state ritenute provate unicamente in base alla denuncia della parte offesa, che comunque non aveva dichiarato di aver visto il (OMISSIS) intento a tali condotte, e quindi esclusivamente sulla base di mere supposizioni.

Il (OMISSIS), poi, in sede di interrogatorio aveva ammesso solo il fatto di cui al capo c) di incolpazione.

Lo stato di ansia e paura ingenerato nella parte offesa era stato ravvisato in difetto di qualsiasi elemento di riscontro, in un contesto in cui la presunta vittima aveva mantenuto il proprio stile di vita e le proprie frequentazioni (inclusi i locali in cui vi era possibilita’ di incontro) e aveva piu’ volte preso l’iniziativa per contattare il (OMISSIS) e riprendere la relazione.

Il collegamento introdotto in sede di emissione della misura e nel provvedimento impugnato fra il reato di cui al capo c) e gli atti persecutori era del tutto indebito, poiche’ il reato era stato posto in essere verso altra persona, quando questa era da sola e non era in compagnia della (OMISSIS).

2.2. Il pericolo di reiterazione del reato era stato ravvisato senza adeguata motivazione e tantomeno era stato chiarito perche’ l’unica misura idonea a prevenire il pericolo temuto fosse nel caso concreta quella degli arresti domiciliari, tanto piu’ in considerazione dell’iniziativa dell’interruzione della relazione da parte del (OMISSIS) e dell’assenza attuale di rapporti fra i due, agevolmente riscontrabile attraverso l’esame dei tabulati telefonici richiesta dall’imputato, sia in sede di interrogatorio di garanzia, sia in sede di riesame.

Non era stato poi tenuto conto dell’atteggiamento pienamente collaborativo assunto dall’indagato, con l’ammissione degli unici fatti realmente commessi e della diversita’ fra la realta’ e le circostanze denunciate e cointestate in incolpazione.

2.3. Del tutto ingiustificato e’ stato anche il rigetto della richiesta di poter frequentare il corso serale di studi, inserito in un contesto del tutto estraneo, anche con modalita’ di accompagnamento ampiamente cautelative.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Le censure mosse dal ricorrente circa la gravita’ del compendio indiziario rimproverano al Tribunale di aver recepito acriticamente i fatti esposti in denuncia dalla parte offesa (OMISSIS), omettendo la valutazione degli elementi difensivi forniti dall’imputato e delle incongruenze emerse fra la denuncia e gli atti di indagine.

1.1. Tali recriminazioni tuttavia appaiono del tutto generiche, prive di puntuale correlazione con specifiche evidenze probatorie e mirano a sollecitare inammissibilmente dalla Corte di Cassazione una non consentita rivalutazione del fatto motivatamente ricostruito dal Giudice del merito, senza transitare, come impone l’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), attraverso la dimostrazione di vizi logici intrinseci della motivazione (mancanza, contraddittorieta’, illogicita’ manifesta) o denunciarne in modo puntuale e specifico la contraddittorieta’ estrinseca con “altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame”.

I limiti che presenta nel giudizio di legittimita’ il sindacato sulla motivazione, si riflettono anche sul controllo in ordine alla valutazione della prova, giacche’ altrimenti anziche’ verificare la correttezza del percorso decisionale adottato dai Giudici del merito, alla Corte di Cassazione sarebbe riservato un compito di rivalutazione delle acquisizioni probatorie, sostituendo, in ipotesi, all’apprezzamento motivatamente svolto nella sentenza impugnata, una nuova e alternativa valutazione delle risultanze processuali che ineluttabilmente sconfinerebbe in un eccentrico terzo grado di giudizio. Da qui, il ripetuto e costante insegnamento (Sez. 6, n. 10951 del 15/03/2006, Casula, Rv. 233708; Sez. 5, n. 44914 del 06/10/2009, Basile e altri, Rv. 245103) in forza del quale, alla luce dei precisi confini che circoscrivono, a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), il controllo del vizio di motivazione, la Corte non deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti, ne’ deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare, sulla base del testo del provvedimento impugnato, se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilita’ di apprezzamento.

In ogni caso il Tribunale ha dato ampiamente conto delle ragioni che militavano a sostegno della ricostruzione del fatto, oltretutto attuata, stante la sede processuale, in termini di sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, secondo il paradigma della probatio minor rilevante ai fini cautelari.

1.3. Il ricorrente lamenta infondatamente che non sia stato tenuto conto del fatto che era stato lui a interrompere la relazione sentimentale fra i due e non (OMISSIS) a causa dell’asserito comportamento morboso dell’indagato. Al contrario, il provvedimento impugnato descrive una serie di comportamenti posti in essere dal (OMISSIS) nel periodo autunnale, determinati da una gelosia morbosa, che avevano reso intollerabile la prosecuzione della relazione sentimentale iniziata ad (OMISSIS), ma recepisce anche puntualmente il fatto che fosse stato il (OMISSIS), a (OMISSIS) a comunicare la scelta di interrompere la relazione, non risparmiando neppure in quell’occasione gli insulti e le minacce.

Ne’ sussiste nel fatto cosi’ ricostruito alcuna incompatibilita’ logica fra la gelosia morbosa e ossessionante del (OMISSIS) e la chiusura del rapporto di sua iniziativa, peraltro accompagnata e seguita da un crescendo (obiettivamente impressionante) di molestie e minacce (scritte sui muri, lancio di sassi, minacce ai vicini di casa, incendio dell’autovettura di un accompagnatore occasionale della vittima).

1.4. Il ricorrente aggiunge che era stata era stata proprio la parte offesa a tentare di contattare piu’ volte il (OMISSIS) e a cercarlo al cellulare. La censura e’ di emblematica aspecificita’ e si basa per giunta su di una semplice e indimostrata affermazione proveniente dallo stesso indagato.

1.5. Il ricorrente sostiene che dai messaggi sms inviati dal (OMISSIS) non risultava affatto alcuna minaccia di morte all’indirizzo della (OMISSIS) e dei suoi amici e si desumeva chiaramente che egli si limitava a rispondere, forse focosamente, alle provocazioni e alle domande della ragazza. La censura e’ del tutto aspecifica e non reca alcuna descrizione, tantomeno particolareggiata del contenuto dei messaggi, ne’ tantomeno contiene la specifica indicazione dell’atto processuale che costituirebbe il riscontro di tale valutazione; omissione tanto piu’ grave in quanto l’ordinanza impugnata reca puntuale riferimento ai messaggi intimidatori e offensivi e anche recanti ripetute ed in equivoche minacce mortali, oggetto di esibizione da parte della persona offesa e testualmente elencati alla pagina 5 dell’ordinanza impugnata (e ancor piu’ chiaramente citati nell’ordinanza applicativa della misura cautelare dell’11/1/2017 del G.i.p. del Tribunale di Messina, alla pagina 1, nel capo a) di incolpazione provvisoria, e alla pagina 5).

1.6. Secondo il ricorrente le circostanze addebitate al (OMISSIS) circa le scritte offensive sui muri, il lancio di sassi e le contestuali minacce al vicino di casa erano state ritenute provate unicamente in base alla denuncia della parte offesa. Cosi’ argomentando, il ricorrente trascura il puntuale richiamo contenuto nell’ordinanza del Tribunale del riesame alla pagina 3 dell’ordinanza applicativa, senza contare che le dichiarazioni accusatorie della vittima del reato, fra l’altro pesantemente riscontrate dai messaggi intimidatori e minatori prodotti e dalla esplosione violenta dell'(OMISSIS), costituirebbero comunque un valido compendio indiziario almeno in sede cautelare.

1.7. Il ricorrente sostiene che comunque la parte offesa non aveva dichiarato di aver visto il (OMISSIS) intento a tali condotte, e quindi si era basata esclusivamente su mere supposizioni. Anche tale censura e’ del tutto aspecifica in difetto di indicazione dell’atto processuale che fonderebbe l’assunto. E’ sufficiente invece leggere l’ordinanza applicativa della misura, pag. 3, per verificare che (OMISSIS) ha riferito che il 28/11/2016, dopo essere scesa in strada, aveva potuto identificare nel (OMISSIS) il lanciatore incappucciato di pietre contro la sua finestra.

1.8. Il ricorrente aggiunge che il (OMISSIS) in sede di interrogatorio aveva ammesso solo il fatto di cui al capo c) di incolpazione, trascurando peraltro il rilievo, puntualmente segnalato nel provvedimento impugnato, che l’ammissione trovava agevole spiegazione nel fatto che la sua autovettura era stata ripresa dalle telecamere poste nel sito.

1.9. Lo stato di ansia e paura ingenerato nella vittima era stato ravvisato in difetto di qualsiasi elemento di riscontro, in un contesto in cui la presunta vittima aveva mantenuto il proprio stile di vita e le proprie frequentazioni (inclusi i locali in cui vi era possibilita’ di incontro) e aveva piu’ volte preso l’iniziativa per contattare il (OMISSIS) e riprendere la relazione.

Anche tale censura e’ palesemente infondata.

Secondo un costante orientamento giurisprudenziale di legittimita’, l’accertamento dello stato d’ansia o di paura denunciato dalla vittima del reato puo’ fondarsi su elementi sintomatici del turbamento psicologico ricavabili dalle dichiarazioni della stessa vittima, dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dall’agente ed anche da quest’ultima, se idonea a determinare in una persona comune tale effetto destabilizzante, sia in astratto, sia in concreto in riferimento alle effettive condizioni di luogo e di tempo in cui e’ stata consumata (Sez. 6, n. 20038 del 19/03/2014, T, Rv. 259458; Sez. 6, n. 50746 del 14/10/2014, P.C. e G, Rv. 261535; Sez. 5, n. 24135 del 09/05/2012, G., Rv. 253764); quindi, ai fini della prova dello stato d’ansia o di paura denunciato dalla vittima del reato, il giudice, senza fare necessariamente ricorso a una perizia medica, ben puo’ argomentare la sussistenza degli effetti destabilizzanti della condotta dell’agente sull’equilibrio psichico della persona offesa anche sulla base di massime di esperienza (Sez. 5, n. 18999 del 19/02/2014, C. e altro, Rv. 260412).

Nella fattispecie le condotte illustrate culminate addirittura in un tentativo di incendio, dopo minacce, molestie, sms minatori, lanci di sassi e scritte offensive, appaiono pienamente idonee, secondo l’id quod plerumque accidit a ingenerare uno stato di ansia e paura in una persona normale.

Merita comunque notazione il fatto che le circostanze addotte a sostegno della censura sollevata dal ricorrente non sono accompagnate dalla puntuale indicazione della fonte in atto processuale, incorrendo cosi’ nel conseguente vizio di aspecificita’.

1.10. La tesi del carattere indebito del collegamento introdotto in sede di emissione della misura e nel provvedimento impugnato fra il reato di cui al capo c) e gli atti persecutori, poiche’ il reato sarebbe stato posto in essere verso altra persona, quando questa era da sola e non era in compagnia della (OMISSIS), e’ palesemente infondata; infatti la contestazione inerisce all’incendio dell’autovettura di una persona, (OMISSIS), che aveva appena accompagnato a casa (OMISSIS) verso la mezzanotte ed era in cio’ stato avvistato dal (OMISSIS), indotto da questa sola ragione all’atto incendiario.

2. Quanto al pericolo di reiterazione del reato, il ricorrente lamenta che esso sia stato ravvisato senza adeguata motivazione.

La censura e’ del tutto infondata poiche’ l’ordinanza impugnata si e’ basata sul fatto che il (OMISSIS) ha continuato, malgrado la manifestazione di volonta’ di interrompere la relazione, a tener sotto controllo la vittima ed a porre in essere atti emulativi e violenti nei confronti di coloro che con lei si accompagnavano, concludendo per una prognosi di reiterazione di reati della stessa specie da parte dell’indagato, non rassegnato alla fine del rapporto.

Il ricorrente assume poi che non sarebbe stato chiarito perche’ l’unica misura idonea a prevenire il pericolo temuto fosse nel caso concreta quella degli arresti domiciliari, tanto piu’ in considerazione dell’iniziativa dell’interruzione della relazione da parte del (OMISSIS) e dell’assenza attuale di rapporti fra i due, agevolmente riscontrabile attraverso l’esame dei tabulati telefonici richiesta dall’imputato, sia in sede di interrogatorio di garanzia, sia in sede di riesame.

Cosi’ argomentando, il ricorrente trascura il riferimento puntuale e specifico operato dal Giudice del riesame al crescendo di atti emulativi che non consentiva, con giudizio di fatto, non suscettibile di sindacato in sede di legittimita’, e comunque espresso in modo logico e razionale, di pronosticare da parte del (OMISSIS) il rispetto delle prescrizioni collegate all’emissione di misure meno afflittive.

La residua censura secondo la quale non sarebbe stato poi tenuto conto dell’atteggiamento pienamente collaborativo assunto dall’indagato, con l’ammissione degli unici fatti realmente commessi e della diversita’ fra la realta’ e le circostanze denunciate e contestate in incolpazione, dimentica, per un verso, il carattere forzato dell’ammissione del reato di incendio, ripreso dalla telecamera in sito, e si colloca, per altro verso, sul versante di un’argomentazione del tutto generica e imprecisa, oltre che indimostrata.

3. La doglianza finale circa l’ingiustificato rigetto della richiesta di poter frequentare il corso serale di studi, inserito in un contesto del tutto estraneo, anche con modalita’ di accompagnamento ampiamente cautelative, e’ da un lato, inammissibile perche’ aspecifica, poiche’ non indica quando, come e in quali termini la richiesta insoddisfatta sia stata formulata (tanto piu’ che non ve ne e’ cenno nella richiesta di riesame e nel verbale del relativo procedimento), dall’altro, infondata, poiche’ il Tribunale ha escluso chiaramente di poter accedere a una prognosi di rispetto di prescrizioni meno afflittive della restrizione domiciliare.

4. Il ricorso, proposto per motivi manifestamente infondati o inammissibili, va quindi dichiarato inammissibile; ne consegue la condanna del ricorrente ai sensi dell’articolo 616 c.p.p. al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di Euro 2.000,00= in favore della Cassa delle ammende, cosi’ equitativamente determinata in relazione ai motivi di ricorso che inducono a ritenere il ricorrente in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ (Corte cost. 13/6/2000 n. 186).

5. In caso di diffusione del presente provvedimento, deve essere ordinata l’omissione delle generalita’ e degli altri dati identificativi a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, imposta dalla legge in relazione alla natura del procedimento.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 2.000,00 a favore della Cassa delle ammende.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposta dalla legge.

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